Elezioni – Il dibattito politico – Francesco Lo Dico

«Altro che nani e ballerine! questi son grillini: è molto peggio…»

INTERVISTA A RINO FORMICA di FRANCESCO LO DICO

da ildubbio

Membro di spicco del Psi di Craxi, ministro delle Finanze e del Lavoro, Rino Formica non ha smarrito a 90 anni la sua arguzia. Ma la nota espressione con la quale bollò nel ‘ 91 il parlamentino del Psi ( che definì come una corte di nani e ballerine), oggi pare assai riduttiva. «No – spiega – i grillini non sono i nani e le ballerine del secondo millennio. Nel mio tempo politico, nani e ballerine si muovevano all’interno di palcoscenici organizzati che avevano come copione una politica forte. Oggi no».

 

RINO FORMICA

«I grillini sono saltimbanchi che vanno dove tira il vento del consenso»

FRANCESCO LO DICO

«No, i grillini non sono i nani e le ballerine del secondo millennio. Nel mio tempo politico, nani e ballerine si muovevano all’interno di palcoscenici organizzati che avevano come copione una politica forte. I pentastellati invece no. Non organizzano spettacoli. Danno lo spettacolo al pubblico che si forma davanti a loro. Sono piuttosto giocolieri di strada, trampolieri da fiera, acrobati a gettone che fanno numeri a richiesta mentre fluttuano nel vuoto». Membro di spicco del Psi di Bettino Craxi, ministro delle Finanze e poi del Lavoro, RinoFormica non ha smarrito a 90 anni un solo grammo della sua arguzia. Ma la nota espressione con la quale bollò nel ‘ 91 il parlamentino del Psi ( che definì per l’appunto come una corte di nani e ballerine in vista delle candidature), oggi pare assai riduttiva per descrivere i guasti dell’attuale classe dirigente del Paese. La stessa che, all’alba della campagna elettorale, Formica striglia duramente in una disamina che non fa sconti a nessuno.

La campagna elettorale è già salpata insieme a un ampio carico di veleni. Che cosa si attende da qui a marzo?

In un clima di così forte incertezza, fare previsioni sull’esito del voto sarebbe come indovinare i numeri vincenti della ruota di Napoli. È facile immaginare invece, più a breve termine, che il balletto dei sospetti e dei rancori durerà ancora 15 o 20 giorni, fin tanto che non saranno definite liste e candidature. E che ciò non basterà tuttavia a frenare l’ambiguità dei protagonisti che guidano forze politiche e coalizioni. Tutti, senza mezzi termini, mettono sul tavolo identiche provvidenze, sistemazioni, elargizioni. Si con- tinua a distribuire pane che non è mai stato infornato.

Dice in altri termini che mancano programmi elettorali affidabili?

Dico che è tutto il quadro generale della politica economica e internazionale che non è approfondito. E dico che ciò dipende dalla défaillance del sistema politico organizzato. Dico che i corpi intermedi politici e sociali sono in difficoltà ma nessuno affronta il problema. È in corso, in altre parole, una crisi istituzionale che rispetto al passato non può più fare appello alle virtù del Parlamento, ma alla speranza di un’illuminazione del presidente della Repubblica. È tutto uno scommettere.

Che cosa la preoccupa in particolare?

A fronte di un quadro di riferimento internazionale enormemente incerto, che chiama in causa il Fiscal compact e la fine del quantitative easing della Bce, le forze politiche in campo non hanno finora dato, e forse neppure immaginato, risposte politiche precise. Pd compreso.

I dem sono passati dall’esperienza di governo di Renzi a quella di Gentiloni. Una differenza che forse incide sull’in- determinatezza da lei individuata in vista del voto?

Non dobbiamo legarci alla forma ma alla sostanza. La sostanza dice che nell’ultimo quinquennio il debito pubblico è aumentato di 200 miliardi, dei quali 71 sono riconducibili all’esperienza di governo del premier Gentiloni. Pensare che milioni di persone che vivono nell’incertezza del domani possano votare sulla base del galateo, è una pura illusione.

Le proposte di spesa in deficit e di addio all’euro del M5s non devono sembrarle quindi particolarmente allettanti.

Il fenomeno del Movimento Cinque Stelle ha un punto di debolezza strutturale invalicabile. Il M5s non organizza il consenso, ma prende il consenso spontaneo dovunque si forma. È una questione sostanziale: una cosa è organizzare il consenso, mediare e sviluppare una politica che abbia un coordinamento tra l’oggi e il domani, il contingente e la prospettiva. Un’altra è succhiare il consenso, raccoglierne il beneficio spontaneo che si forma sul ribellismo. È una varabile, questa, che rimuove tutta la visione valoriale di fondo. Voglio dire in altre parole che una classe politica è giudicata sulla capacità di ante- vedere. Come può il cittadino accettare una guida se essa non ha la capacità di vedere gli ostacoli che il cittadino non vede?

Tutto affidato al senso del contingente è il nuovo codice di comportamento varato pochi giorni fa. Che idea se ne è fatta?

Le nuove regole confermano qual è l’autentica matrice degli orientamenti grillini. Di volta in volta, se tira il vento del giustizialismo diventano giustizialisti, se tira il vento del garantismo, garantisti, e se tira il vento dell’antieuropeismo, antieuropeisti. “Accettiamo il vincolo estero ma lo negoziamo”, dicono. Ma che cosa vuol dire negoziare se non hai la forza per farlo?

Teme anche lei un clima di grande instabilità dopo il voto?

Sono convinto di una sola cosa: dopo le elezioni si scioglieranno tutte le coalizioni ed entreranno in fibrillazione tutte le forze politiche. Del resto l’unica cosa che il M5s ha intuito con norme puramente declamatorie e prive di efficacia, è che bisognerà fare i conti con un Parlamento liquido.

Intanto Berlusconi è tornato in auge. Se lo sarebbe aspettato?

Sono dell’opinione che quando c’è un ritorno al passato è perché il presente appare deludente e poco presentabile. Chi non ha la possibilità di rinnovare il guardaroba, va nell’armadio a cercare un vecchio abito da adattare al momento. Il ritorno di speranza in Berlusconi è il segno di una crisi: le abbiamo provate tutte, non sono riuscite. E allora torniamo a quelle che sono riuscite meno peggio di tutte.

Sulla politica, dal codice Antimafia ai trojan per le intercettazioni, continua a soffiare la stessa aria giustizialista di Tangentopoli. Ne usciremo mai?

C’è una differenza tra lo spirito odierno e quello che si impose agli inizi degli anni 90. Allora si trattò dell’esaltazione del giustizialismo da applicare ora e subito perché salvifico. Quello di oggi è invece un giustizialismo da tenere scritto sulla carta, da vedere licenziato con le leggi, ma che in definitiva confida che la capacità applicativa possa renderle armi spuntate. Basti pensare a quello che le istituzioni hanno detto del nuovo codice Antimafia dopo averlo varato: monitoratelo bene, e poi vediamo se ci sono delle escandescenze o meno.

Ha più volte parlato di crisi istituzionale. Che idea si è fatto del cortocircuito tra governo e Bankitalia?

In un sistema democratico forte caratterizzato dalla distinzione dei poteri, i poteri sono tutti molto forti ma contemporaneamente rispettosi degli altri perché consci dei possibili sconfini. Quando c’è viceversa un indebolimento del sistema tutti i poteri invadono il campo altrui. La debolezza di sistema ha rotto le frontiere e la coscienza dei limiti, con l’effetto che ogni potere cerca di invadere il campo altrui, ma tutti sono impotenti nel conquistarlo.

È questa la ragione per cui la rottamazione non ha dato i risultatisperati?

Renzi è stato l’espressione di un potere politico debole che si è mosso in un sistema indebolito all’insegna del velleitarismo. L’ex premier ha debordato per questa ragione, ma ha debordato invano. La sua è la storia di un provinciale a Roma, rimasto abbacinato dalle luci della città.

«I NANI E LE BALLERINE DEI MIEI TEMPI AVEVANO COME COPIONE UNA POLITICA FORTE.

I PENTASTELLATI INVECE NO.

NON ORGANIZZANO SPETTACOLI.

OFFRONO LO SPETTACOLO AL PUBBLICO CHE SI FORMA DAVANTI A LORO»

 

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