Mi ferisce l’immagine di Grillo che assiste dall’alto la seduta della Camera che discute la riduzione delle indennità dei parlamentari.
Che ride e che sghignazza alzando la voce e violando le regole che tutelano il rispetto dell’aula. Peggio ancora il commento sul suo blog dove i deputati sono definiti “vacche autonominatesi sacre“. Una frase che ricorda il discorso di Mussolini del 1922: “Potevo trasformare quest’aula sorda e grigia in bivacco di manipoli”.
Certo la storia, quando si ripete, tende a trasformarsi in farsa, cioè in una buffonata, in una rappresentazione comica e priva di serietà che può essere interpretata solo da un comico del valore di Grillo. Però sbaglieremmo a sottovalutare la carica di antiparlamentarismo insita nel discorso “grillino”; la critica distruttiva e sprezzante alla massima istituzione democratica del Paese che rischia di essere l’anticamera della caduta della democrazia.
In tutto questo esiste una latente egemonia della destra, un suo ritorno inatteso e improvviso. In effetti le risposte a questa tendenza profonda della vita politica italiana si caratterizzano e si assomigliano per un’intrinseca debolezza e sono tutte accomunate dall’idea che la questione sociale non sia nel tempo attuale dirimente; che i confini tra destra e sinistra siano superati dall’era della globalizzazione e del progresso tecnologico illimitato.
Sono tutte spinte contro il Novecento, dove invece si trovano ancora le radici dei nostri problemi e delle nostre risposte possibili alla crisi. Vedo in generale una corsa da più parti al superamento delle differenze tra destra e sinistra che altro non è che una resa alla destra, alla cultura del più forte che si insinua nell’alto e nel basso senza pudore.
I 5stelle riducono tutto al problema della rappresentanza ed evocano lo spettro della “democrazia diretta” come unica soluzione. Lavorano alla ricerca del consenso in maniera trasversale, parlano indifferentemente a destra e sinistra, combinano il risentimento sociale con l’antipolitica, il revanscismo con l’antieuropeismo e la xenofobia.
Le larghe intese, che tornano di moda, sono anche esse una corsa verso l’indifferenza tra destra e sinistra, una coalizione dall’alto tra élite deboli contro la marea populista dal basso. E infine anche la cura omeopatica di Renzi, che ha ottenuto qualche successo ma si sta rivelando complessivamente inadeguata, è una lunga marcia contro il passato e contro il Novecento.
La sua idea, che l’agenda politica del paese debba essere aggiornata non più sull’asse destra/sinistra ma su quello conservatorismo/innovazione, ha la marca di un analogo indifferentismo. Anche la sua importantissima e solitaria campagna in Europa per l’accoglienza dei profughi ha bisogno di nuove alleanze e di una grande iniziativa del partito socialista europeo.
Non possiamo fare da soli né nella vita economica, né nella cooperazione. Intanto la destra profonda si ricompone attorno a problemi antichi. I suoi idoli sono ancora vivi. Come nel primo dopoguerra e nella crisi del ’29 essa individua il suo specchio nella paura della mondializzazione, nei fili spinati, nella paura e nell’odio per lo straniero, nell’egoismo e nell’appartenenza etnica a una terra e in questo specchio incendia l’Europa e suoi valori fondativi.
Oggi la parabola dell’uomo e del mondo passa da Mosul e arriva a Calais, passando per Goro, e noi non ne siamo immuni per niente. Persino, come ha notato Macaluso, in zone storicamente di sinistra come il Polesine e la provincia di Ferrara.
Anche l’Italia è nel centro di questo incendio. La sedia vuota, l’ospite in ritardo, il grande assente è la sinistra, muta e immobile dinanzi a questo inferno. Penso che oggi, non domani, la sinistra italiana deve uscire da questa paralisi.
La parola è il socialismo, il programma è riassumibile in pochi punti: 1) investimenti e piena occupazione 2) contrasto al capitale finanziario 3) lotta alla povertà 4) un nuovo piano per la protezione sociale 5) istruzione e sanità per tutti 6) liberazione dell’individuo da ogni apparato repressivo.
Sanders e Corbyn lo hanno capito. Anche il Financial Times ne ha scritto con Wolfgang Munchau come di una svolta necessaria per salvare l’Europa. Cosa aspettiamo? È in gioco l’umanità oltre che il futuro del nostro paese. Il mio auspicio è che sia questo il punto di partenza del prossimo congresso nazionale del partito democratico. Abbiamo dei nemici agguerriti e una destra feroce da contrastare e continuiamo a non vedere la nostra fragilità e la nostra debolezza.