Diritti umani: c’è anche quello all’acqua

Lanciata una nuova campagna per un trattato internazionale

14/06/2015
MASSIMO RECCHIA da lastampa.it
Nell’anno dedicato al cibo c’è chi pensa anche all’acqua. Indispensabile per dissetare gli uomini e la terra, così come per garantire l’igiene. Un bene prezioso al centro di una battaglia che spesso si svolge lontano dai riflettori. Eppure la sua gestione è cruciale per il futuro del pianeta. E’ nata così la nuova campagna Water Human Right Treaty per la firma di un trattato internazionale che riconosca l’acqua come diritto umano. A lanciarla in Italia è il Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua (Cicma), sostenuto dalle Ong Cesvi e Man Tese. L’occasione per presentarla è stata il convegno “Water, Energy, Food (The Nexus approach)”, organizzato di recente dalla Cooperazione italiana a Milano.

L’obiettivo è garantire a tutti, entro il 2020, il diritto umano all’acqua e ai servizi igienici come già previsto da una risoluzione delle Nazioni Unite del luglio 2010. Per raggiungerlo, i promotori cercheranno di individuare – attraverso la mobilitazione di cittadini, movimenti sociali e Ong – un gruppo di Stati e istituzioni disposti ad avviare negoziati per un secondo protocollo Onu del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. Si tenterà in questo modo di definire le modalità di realizzazione di un diritto umano all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. In senso più ampio, la campagna è anche uno strumento per contrastare i trattati internazionali come TTIP, CETA ed EPA, che secondo il Cicma e i suoi alleati mirano ad influenzare la sovranità degli Stati.

“E’ necessario chiedere alla comunità internazionale di stabilire norme giuridicamente vincolanti per il diritto all’acqua per realizzare la risoluzione 64/292 del luglio 2010. Questa ha sancito che ‘il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienici è un diritto umano essenziale per la qualità della vita e l’esercizio di tutti i diritti umani’, spiega Rosario Lembo, presidente del Cicma. “Dopo cinque anni non vi è ancora stata alcuna attuazione concreta, mentre nell’attuale processo di globalizzazione è urgente sancire i diritti umani attraverso strumenti giuridici internazionali”.

L’accesso all’acqua è minacciato quasi ovunque. Sulla scia dell’accaparramento delle terre o land grabbing, è infatti emerso il fenomeno del water grabbing. Ci si impossessa dell’acqua in vari modi. Il primo è il controllo dei fiumi per produrre energia: più di 5mila dighe sono state costruite nel mondo modificando il corso naturale del 60% dei fiumi. Il secondo è la privatizzazione della gestione dell’acqua a favore delle multinazionali, com’è accaduto in America latina, Asia ed Europa.

Ci sono poi le licenze per lo sfruttamento delle sorgenti, che permettono di imbottigliare l’acqua e venderla. Non da meno è l’industria estrattiva, che usa l’acqua per la lavorazione di oro, argento, rame e diamanti, oltre che per il water-fracking, pratica pericolosa che comporta un alto rischio di inquinamento per le falde acquifere. La minaccia finale, ricordano i sostenitori del trattato sull’acqua, è la finanziarizzazione delle risorse idriche attraverso la loro trasformazione in beni economici per i quali vengono creati appositi strumenti di finanza speculativa.

In realtà, qualcosa si è già mosso a livello internazionale per garantire il diritto all’acqua. Alla risoluzione Onu del luglio 2010 è infatti seguita quella del Consiglio per i Diritti Umani del settembre 2010, che afferma che ‘il diritto fondamentale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari è associato al diritto ad un adeguato standard di vita ed è indissolubilmente legato al miglioramento della salute fisica e mentale’. Quest’ultima risoluzione sancisce anche (art. 8, comma a) che spetta agli Stati, in prima istanza, la responsabilità di garantire il pieno esercizio di tutti i diritti dell’uomo. Ma per il momento non si è andati molto oltre le dichiarazioni di principio. Per questo i movimenti della società civile hanno deciso di lanciare la nuova campagna. E per arrivare a un pubblico più vasto possibile hanno scelto Milano, la città dell’Expo.

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