Il sogno dei giovani e il villaggio globale. di Giulio Della Rocca

Il villaggio globale ed i sogni dei giovani.
Il mondo è cambiato. Certo. Non parlo della presenza dei telefonini o del fatto che non
serva andare in banca per fare bonifico, versamento o pagare una multa.
In un famoso sketch televisivo Renzo Arbore voleva convincere Massimo Troisi che in
realtà lui fosse Rossano Brazzi perchè se lo diceva la televisione…. Nono è più vero. La
televisione è poco seguita e comunicare è diventato uno slogan diversamente coniugato.
I giornali stampati sono obsoleti, solo l’1% li legge, Con i social, sono cambiate le realtà
di tutti i giorni e la nostra percezione della stessa, la nostra sicurezza o mancanza della
stessa sulle informazioni e la loro veridicità. Se qualcosa non avviene sui socials non
avviene.Il loro avvento ha riposizionato “chiacchiere da paese”, attacchi più o meno
personali e fatti. Il baricentro della nostra vita è ormai stabilmente occupato da qualcosa
cui non siamo più abituati e questo crea seri problemi.Fosse solo doversi globalizzare non
sarebbe un problema serio: significherebbe vendere in tutto il mondo come del resto già
facciamo.
Ricordo all’età di 18 anni, quasi mezzo secolo fa, giravamo su una vespa 50 special ed in
un giorno di pioggia per ripararci con una amica andammo al supermercato ma senza
destinazione o commissione da fare. Tra l’altro entrambi senza una lira in tasca. Lei prese
una banana di quattro e la mangiò con una certa scioltezza. Tenemmo la buccia in mano
senza nasconderla. Di li a poco si avvicinò un uomo, che poi scoprimmo essere del
servizio d’ordine, e ci mise in mano le altre tre banane. Senza coraggio di dire nulla le
prendemmo capendo che dovevamo pagare tutto. Ripeto senza una lira in tasca. Le carte
di credito erano di la dall’essere inventate. Con una calma che continua a sorprendermi a
distanza di 50 anni dissi :” Tanto viene qualcuno che conosciamo”. Di li a poco arrivò un
mio parente alla lontana cui spiegai l’accaduto ed accettò con un sorriso di pagare le 4
banane. Un tempo nel baricentro della nostra vita c’erano i rapporti umani. Ero certo che
sarebbe arrivato qualcuno e ci avrebbe aiutato. Portando questo concetto agli estremi
questo significava che in banca o all’ospedale o un pò ovunque nella nostra vita,
speravamo di incontrare o un parente o un amico di gioventù che potesse aiutarci, per
saltare la fila, o assicurarci un trattamento di favore o nel nostro caso, la salvezza al costo
di 1020 lire di allora.La certezza dell’aiuto era un atteggiamento, il mio, che capisco solo
ora essere sbagliato. Cerco tutti i giorni di trasmettere a mia figlia l’esigenza di
indipendenza e per fortuna ha in tasca la carta di credito e se ha fame compra. Non
dipende da un amico maschio o dal fidanzato o futuro marito per sfamarsi. Non dipende
da nessuno anche perché per lei la probabilità di incontrare qualcuno amico o parente al
supermercato è zero. Questo è la globalizzazione. Lei come tutti i giovani vive e cresce
lontano da casa. O comunque da dove i genitori sono conosciuti. Forse questo è un
progresso ma ci sono anche altri risvolti. Credo possano riassumersi con un
distaccamento dai rapporti umani. L’amore della mia vita potrebbe passare la giornata
senza dire una parola ad un amico-a. Potrebbe prendere le classi online, fare i compiti
online, andare al supermercato e pagare da sola nelle file veloci senza interagire con
alcuno. Non dipendere da nessuno le dovrebbe dare sicurezza ma, al contrario, soffre
l’insoddisfazione ed l’infelicità. Si sente sola.
E’ migliore la vita di mia figlia? Io affermo con forza e con convinzione no. Eravamo di
certo più ingenui ma ci appoggiavamo ad altri sapendo che non ci avrebbero fatto
cascare. Hillary Clinton estese la propria notorietà con un libro dal titolo :” —It takes a
village—Ci vuole un villaggio per crescere un bambino”. Subito presa in giro dai
repubblicani che rispondevano :”Ci vuole una famiglia”. Credo che i repubblicani si
sbaglino, credo che mia figlia debba provare a fare amicizie e credo che dovrei essere in
grado di limitare l’uso del telefono a poche ore al giorno ma non credo di riuscire.
La vita è cambiata e non ci siamo fatti trovare pronti alla sfida. Il problema, parafrasando
Giovanotti, è che è difficile fermarsi quando tutto va bene e pensare. Purtroppo il piccolo
paesello che tengo stretto al cuore, Viterbo, soffre e non riesce mai a pensare al futuro
neanche quando è l’unica maniera per uscire dai problemi. Il villaggio globale ci impone di
pensare in termini diversi e programmare. La qualità della vita che continuo a ritenere di
altissimo livello nella Vetus Urbs, è a rischio. Al centro non vive più nessuno. I ragazzi
cambiano spesso scuola, in strada non gioca più nessuno. I cenoni si fanno al ristorante
perché socializzare a casa è diventato complicato. Purtroppo questo ha conseguenze.
La nostra vita è cambiata con un drammatico macro risultato: i nostri giovani non hanno
più sogni. Anziché essere il contrario visto il villaggio globale i ragazzi non lasciano più
volare libere le aspettative.
Ed a Viterbo che cosa è successo? I rapporti umani ancora regolano le attività ma le
opportunità sono quasi esclusivamente di nuova generazione e dobbiamo far evolvere le
aspettative. Dobbiamo accettare il turismo come realtà economica in crescita e prepararci
sopratutto in modo culturale. Dobbiamo accettare che la politica non dia risposte e
cercarcele in modi diversi. Dobbiamo accettare che siamo tutti egoisti e che serve uno
sforzo erculeo per pensare in maniera trasversale. Dobbiamo pensare al villaggio globale
e non al nostro orticello. Ritengo che la mia generazione, come tutte le precedenti, ha
fatto bene e male. Ma, peccato mortale, abbiamo ucciso la capacità di sognare dei nostri
ragazzi. Questo non ce lo toglie nessuno. Per restaurare la capacità di pensare in grande
e sognare dobbiamo iniziare a pensare noi in modo diverso, più rete e meno egoismi, e
sperare di trasmetterla alle nuove generazioni. Dobbiamo dire ai ragazzi di cercare
risposte coalizzate e discutere delle divergenze. In altre parole dobbiamo prima di tutto
abbassare i toni in famiglia e sperare di ispirarli. Se debbo giudicare dalla politica sia
americana che italiana ed europea non abbiamo speranza. Per adesso vince solo chi
strilla più forte. La colpa è sempre di noi genitori.

Giulio Della Rocca

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