Per la politica non esiste alcuna vertenza banda larga

Piattaforma Altolazio 2.0 – L’intervento di Massimo Pistilli

Riceviamo e pubblichiamo – Caro direttore, ho letto con interesse il tuo intervento che ha scatenato un confronto di idee che non si vedeva da tempo in questo territorio… terra bellissima, sofferente per la crisi pur se piena di risorse, ma anche piuttosto sonnolenta quando si tratta di spirito di innovazione.

da tusciaweb

Mi pare di avere ravvisato almeno tre temi di rilevanza cruciale per lo sviluppo della Tuscia, prospettati con ottima sintesi, ma ciononostante ciascuno per sé di importanza e complessità tali da meritare un confronto di riflessioni specifico.

Prima di tutto, la cronica incapacità della rappresentanza politica (soprattutto), e poi economico – sociale e culturale di questa terra nell’elaborare, presentare e sostenere una selezione delle priorità di sviluppo; certo, tutti parlano di infrastrutture (prevalentemente fisiche) salute, istruzione / formazione / cultura, rilancio dell’occupazione e nuove opportunità, turismo… ma ciascuno marcia per proprio conto, e generalmente senza prospettive di innovazione.

E di qui all’altro tema che affronti, e cioè quello della consapevolezza che le infrastrutture della comunicazione (in specie digitale) sono oggi importanti almeno quanto le infrastrutture fisiche (non che queste ultime non occorrano, ovviamente).

Anche da questo punto di vista, pare quasi incredibile che nessuno si sia posto o abbia posto il problema del diritto alla banda larga, all’accesso alla rete di qualità e senza costi; specie se consideriamo che ormai pressoché ogni attività si esplica prevalentemente con l’uso delle reti telematiche.

Proprio in questo mese sono state inaugurate le prime procedure obbligatorie del processo civile digitale (le ingiunzioni di pagamento, per ora; ma in breve tutto il processo civile si svolgerà telematicamente); ma dalla cartella clinica digitale in sanità, fino agli ebook nelle scuole, non è difficile comprendere dove si stia dirigendo il futuro.

Tuttavia, sembra che per la politica non esista alcuna “vertenza banda larga”; né la sinistra sembra accorgersi dei nuovi bisogni, che divengono nuovi diritti da difendere.

È, però, sulla terza questione che vorrei provare a contribuire quel minimo che posso, e vale a dire sulle potenzialità culturali del territorio, intese in senso lato: archeologiche, artistiche, storiche, naturalistiche, termali, eno-.gastronomiche…

Nel marketing si direbbe: offerte per la domanda di turismo.

Ora, da questo punto di vista è sempre piacevole leggere la prosa suggestiva e seduttiva del mio amico Antonello Ricci, che denuncia la incapacità di questo territorio di declinare un proprio “racconto”; e, certo, il racconto racconta il passato (la storia), l’identità, racconta perfino i valori (il mito).

Però, anche il marketing è – in un certo senso – racconto. Un racconto che, mentre descrive un’offerta, induce o rafforza un bisogno… e conduce all’acquisto. Del bene materiale come del prodotto o del servizio culturale.

E, allora, mi vengono in mente due idee; perché si fa presto a dire: bisogna fare rete, mettere a sistema… questo lo ho sentito dire da tutti, ovunque sia stato, nella politica, nelle organizzazioni di categoria, nelle fondazioni culturali.

Ma esistono modi utili ed efficaci di fare rete, e modi piuttosto casuali (far rete come, dove e con chi capita).

E, allora, accanto alla immagine retorica degli strati (come in un panino) si potrebbe aggiungere l’immagine delle linee geografiche che uniscono in una comunanza storica, artistica, eno-gastronomica… e così raccordano un percorso che diviene semplicemente un pacchetto di offerta turistica che può essere offerto ovunque nel mondo (magari proprio attraverso la rete).

Da occidente ad oriente (più o meno, come in tutte le metafore) Vulci (Montalto di Castro), Tarquinia (le necropoli e la collezione di palazzo Vitelleschi), Tuscania (le necropoli), Viterbo (Castel D’Asso), Monte Romano (Norchia), Barbarano Romano e i suoi dintorni (San Giuliano e San Giovenale) condividono mentre ne sono custodi il maggior (di gran lunga) patrimonio della cultura etrusca; e anche qualche peculiarità eno-gastronomica, oltre alle spiagge, e con la riserva dei cimini praticamente di strada.

Un percorso turistico che, se strutturato, può interessare tutti quelli nei quali si potrebbe instillare il bisogno di arte e cultura etrusca, da saziare insieme a una gita al mare e un’altra in montagna!

Da settentrione a meridione, passa un percorso rinascimentale e medioevale (e perfino paleocristiano) di tutto rispetto.

Acquapendente (il castello di Torre Alfina), Bolsena (Santa Cristina) Montefiascone (San Flaviano, la Rocca papale, la cupola rinascimentale), Bagnoregio (la Civita) Marta (le chiese del Sangallo sull’Isola Bisentina), Capodimonte (la rocca), Tuscania (San Pietro, Santa Maria Maggiore, le mura e la città medioevale), Viterbo, (il palazzo Papale, il quartiere medievale, San Sisto, Santa Maria Nuova), Bagnaia (Villa Lante), Vasanello (il castello), Caprarola (palazzo Farnese); più un paio di bellezze di epoca romana (gli anfiteatri di Ferento e di Sutri), volendo… e molto altro mi sto scordando.

Un altro percorso turistico niente male, specie se integrato – per esempio – con i gusti della nuova area a vocazione vinicola nata intorno a Civitella D’Agliano, o ai prodotti Dop che fornisce in gran copia la direttrice della Cassia, da Onano alle frazioni di Capranica.

E non abbiamo neppure bisogno di ricordare le risorse termali, o la macchina a spalla di Santa Rosa.

Certo, bisogna anche intendersi: ha ragione il mio amico Filippo Rossi quando avverte che noi discutiamo di tutto questo a pochi chilometri da una regione – la Toscana – che ha tante memorie del medioevo e del rinascimento da sola quanto il resto del mondo intero (e poi l’Umbria, la città di Roma, insomma…).

E che, perciò, declinare una offerta culturale è questione anche di intelligenza, progetto, creatività. E di investimenti, soprattutto.

E di qui l’ultima, vera, questione.

Ha senso fare rete se questa rete è efficiente; ha senso mettere a sistema con riguardo a un progetto. Ma, soprattutto, questa offerta culturale, oggi, praticamente non esiste. Va costruita.

Serve l’aiuto della politica; ma la politica – come sempre avviene – probabilmente capirà dopo.

Servirebbe uno sforzo della organizzazioni di categoria– inteso a fare cultura della rete; e questo sarebbe più logico aspettarselo.

Ma servono soprattutto investimenti.

Strutture ricettive, che siano alberghi diffusi, agriturismi, alberghi, ostelli… circuiti di guide turistiche e soprattutto di agenzie culturali che promuovano l’offerta, declinando il racconto.

Ma di questi tempi è dura investire, perché le risorse latitano.

Ma c’è anche tanto bisogno di lavoro, e ciò di cui parliamo è una opportunità di creare lavoro irripetibile.

E allora, credo che dovremmo riscoprire il primo modo – nucleare quasi – di fare rete (e investimento): la cooperazione.

Cooperazione tra chi crede di poter trovare lavoro da tanta bellezza; per poi fare consorzio (cooperativo) secondo linee di unione che disegnano un percorso, che diventa progetto di offerta.

Se ci riflettiamo un momento, non è una cosa difficile da fare, è sorprendente che non sia ancora accaduto.

Massimo Pistilli


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2 agosto, 2014 – 1.38

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