Geologi Lazio: arsenico, Troncarelli “problema serio”

Geologi Lazio: arsenico, Troncarelli “problema serio”

   

 Arsenico nell’acqua potabile del Lazio  GUARDA IL VIDEO

Arsenico nell’acqua potabile, un problema che nel lazio ha assunto proporzioni importanti. La provincia di Viterbo è quella più colpita.

Abbiamo intervistato il presidente dell’Ordine dei geologi del Lazio, Roberto Troncarelli:

Per risolvere il problema ci sono due possibilità, una a priori e l’altra a posteriori. Cioè a) scavare nei pozzi fino a trovare dell’acqua potabile (o comunque senza concentrazioni di arsenico elevate); b) mettere dei dearsenificatori, a posteriori, e depurare l’acqua.

Presidente, quali spono le differenze tra queste due tecniche anche in termini di costi e sicurezza?

<<Le differenze dipendono essenzialmente da qual è la profondità a cui uno sarebbe, eventualmente, costretto ad arrivare a spingersi nella perforazione per arrivare a trovare acque che non risiedano in sequenze vulcaniche ma nelle sequenze sottostanti, che quasi sempre – almeno nella zona della nostra regione – sono sequenze carbonatiche. Limitandoci, come esempio, alle due zone critiche che abbbiamo all’interno della regione Lazio: l’intera provincia viterbese in cui il problema arsenico è fortissimo e la zona dei Castelli romani; queste profondità superano, quasi sempre, i centocinquanta-duecento metri. Questo è lo spessore della coltre tufacea che andrebbe perforata per intero per captare falde che risiedono in termini carbonatici e non in termini vulcanici. Questo comporta che la perforazione e la gestione e manutenzione di un’opera di captazione a quelle profondità sarebbe onorosissima per un Comune, che derubrica, invece, quasi sempre su interventi più semplice – tipo miscelazione, trattamento, oppure dearsenificazione – che hanno costi immediati (ma anche in prospettiva manutentiva) inferiori rispetto ad una perforazione.

Per quanto riguarda i dearsenificatori, conviene ovviare al problema, quando si presenta, piuttosto che andar a scavare alla fonte?

<<Al momento si, dal punto di vista economico sicuramente conviene>>.

E dal punto di vista qualitativo?

<<Sicuramente un’acqua carbonatica ha contenuti in arsenico molto bassi, che soltanto con molta difficoltà un dearsenificatore potrebbe garantire. Quindi, dal punto di vista tecnico, l’ideale sarebbe disporre di acque captate in acquiferi carbonatici e non in acquiferi vulcanico; questo è fuori dubbio>>.

Quali sono le zone del Lazio dove la presenza dell’arsenico è maggiore?

<<Come dicevamo, la presenza di arsenico è lagata ad un rilascio naturale che le acque di circolazione ipogea subiscono nell’attraversare certi termini idrologici.
I termini classici sono le sequenze vulcaniche; in particolare le due zone, in cui i valori di concentrazione di arsenico sono ampiamente ai 10 microgrammi per litro – fissati attualmente dalla Comunità europea quale soglia massima – sono l’intera provincia viterbese (quindi una sessantina di comuni) e una buona parte dei comuni della provincia meridionale, che risiedono intorno ai Castelli. C’è qualcosa anche nella zona della provincia di latina mentre al momento determinazioni analitiche escludono dal problema arsenico le provincie di Frosinone e Rieti in cui affiorano termini carbonatici che non hanno problemi di rilascio d’arsenico>>.

Quando si parla di problema arsenico, in che termini si può affrointare dal punto di vista legislativo?

<<Dunque, da questo punto di vista, il problema arsenico comincia ad affacciarsi sul panorama normativo nazionale, diciamo neglia anni ’80. C’è una direttiva della Comunità europea, se non ricordo male la 778 proprio del 1980, che poi venne recepita in Italia da un D.P.R. (decreto Presidente della Repubblica) n. 236 del 1988, che prevedeva per la prima volta delle soglie di accettabilita dell’arsenico. Allora, quel D.P.R. (che tra le altre cose normava anche le aree di salvaguardia e di tutela assoluta intorno alle zone di captazione) fissava il limita a cinquanta microgrammo per litro.

Passato dieci-dodici anni, si passa ad una direttiva europea 8la n. 83 del 1998) che venne recapita in Italia da un decreto legislativo, (il 31 del 2001) che abbassò drasticamente questa soglia di accettabilità ai famosi – e famigerati – dieci microgrammi per litro.

Questo cosa avrebbe comportato in una società a cui stia a cuore il benessere e la sicurezza dei propri cittadini? Che la classe dirigente – politica, amministrativa, a livello nazionale o locale – mettesse in campo progetti strutturati a lungo termine per far si che almeno nelle regioni in cui queste concentrazioni erano superiori (o ampiamente superiori – tornando al viterbese o ai Castelli romani) venissero applicate iniziative per cercare di ridurre queste concentrazioni.

In realtà che cosa si è fatto? Sono state fate una deroga dietro l’altra; in particolare venne chiesta una prima deroga per il triennio 2004-2006, concessa dalla Comunità europea; venne richiesta una seconda deroga concessa per il triennio 2007-2009, concessa dalla Comunità europea; e da ultiam è stata chiesta una terza deroga dal 2010 al 2012, questa cvolta rigettata dalla Comunità euripea per quanto concerne l’arsenico (mentre è stata accettata limitatamente riguardo al fluoro; che è un altro elemento che da problemi). Quindi questo rigetto ha comportato che (con una nota mi pare del 22 marzo del 2011) attualmento abbiamo una soglia di venti microgrammi per litro, che comunque andrà a sacdenza il 31 dicembre 2012. Quindi se al 1 gennaio 2013 le nostre acque avranno concentrazioni di arsenico superiori ai limiti, le nostre acque saranno fuorilegge in riferimento alle disposizioni europee. Speriamo che per allora qualcuno dei provvedimenti seri e strutturali, non congiunturali li prenda>>.

Vi è capitato che le società che gestiscono l’acqua pubblica abbiano richiesto la vostra professionalità per dei confronti e dei pareri?

<<Dunque, io parlo a titolo personale e per quanto è di mia conoscienza. Io non sono mai stato incaricato ne ho conoscienza diretta di conoscenze assegnate ai colleghi per valutazioni di competenza – quindi di carattere geologico. Ho avuto modo di esaminare qualche bando (sono veramente delle mosche bianche in un panorama regionale) in cui le società di gestione delle acque ( le prime che mi vengono in mente sonno Talete o AcquaLatina) abbiano deciso di dotarsi di consulenze di specialisti. Consulenze che quasi sempre rimangono nel cassetto, nel senso che la cronica carenza di fondi che caratterizza questi enti li porta comunque poi – se la consulenza dovesse suggerire interventi – a non poterli affrontare e mettere in cantiere>>.

Come professionista e come uomo, se le capita di bere l’acqua nelle zono inquinate con l’arsenico, che fa la beve o preferisce quella in bottiglia?

<<La domanda la rivolge a una persona che è in duplice veste, di professionista che si interessa della materia in qualità di geologo, ma anche di residente a Viterbo e quindi al centro della provincia di cui stiamo parlando dall’inizio dell’intervista. E’ chiaro che in caso di eccezionalità le fontanelle della città erogano quest’acqua e tutti noi la beremmo. Resta il fatto che a casa noi usiamo uno di quei servizi che portano l’acqua imbottigliata a domicilio, evitando di bere quest’acqua che poi per Viterbo ha concentrazioni molto alte; stiamo intorno ai cinquanta microgrammi per litro. Quindi se  riusciamo ad evitare di berla, noi siamo più contenti>>.

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