Uiltrasporti: nella 4a edizione del convegno di ottobre, imprenditori, politici e sindacato si confrontano sul futuro

da ferpress.it

 (FERPRESS) – Roma, 23 OTT – Le merci arrivano nei porti e scelgono la strada più efficiente e, nella maggior parte dei casi, quando non vengono trasferite da una mega porta-container ad una nave più piccola, prendono la via della strada per far giungere la merce a destinazione. Ma non è sempre così e negli ultimi due anni  sempre più merci escono dai porti con il treno. E’ il caso, ma non è per fortuna il solo, del porto di Trieste, dove la stragrande maggioranza dei carichi che arrivano se ne vanno per ferrovie. Lo rivendica il presidente dell’Autorità di Sistema del Mare Adriatico Nord Orientale Zeno D’Agostino nell’intervento di apertura del dibattito al convegno di venerdì scorso organizzato a Milano dalla Uiltrasporti intervenendo dopo la relazione di Angelo Cotroneo e sollecitato da Marco Romani, AD di Isfort che modera il dibattito. “Perché – dice – non avrei mai pensato ad un passaggio da sud per le relazioni con il nord Europa, ma a Trieste su questo sta lavorando benissimo, per non parlare di una cosa straordinaria, portiamo merci dall’Ungheria in treno che poi vanno a Gioia Tauro con origine gli Stati Uniti. E per farlo tutta la catena logistica deve essere efficiente, e nel porto efficienza, per quanto riguarda la ferrovia, vuol dire la manovra ferroviaria (che noi facciamo con una nostra società, l’Adriafer)”.

“E’ vero – gli fa eco Giancarlo Laguzzi, presidente di Fercargo – e questo è il motivo per cui insistiamo che la manovra è uno degli elementi più importanti, che deve essere nelle mani del terminal portuale o terrestre. Ma non è l’unico perché se vogliamo nel 2018 mantenere una spinta positiva per lo meno uguale a quella di quest’anno, dobbiamo sapere che aumentando il traffico diminuiscono gli incentivi, che quindi dovrebbero essere rifinanziati. Altra spinta che va rinnovata riguarda la formazione dei macchinisti (perché aumentano i macchinisti), i cui fondi sono stati trovati sulla base di una proposta scaturita proprio dal convegno Uiltrasporti dello scorso anno”.

“Molti sono i soggetti istituzionali in campo, lo sono ad esempio le Regioni che – dice ancora Laguzzi – potrebbero contribuire all’efficientamento della manovra ferroviaria comprando qualche locomotiva, abbassando in questo modo i costi di gestione”.

“Lo abbiamo fatto noi per Gioia Tauro- dice Francesco Russo, assessore ai Trasporti della Regione Calabria – Vogliamo dare delle idee alle regioni per aumentare gli incentivi basta  che comprino qualche locomotiva di manovra e le diano a disposizione dell’azienda che fa la manovra, abbattendone di fatto i costi di gestione. Ma non può essere solo quello: per noi sarà importante l’istituzione della ZES, che sosterrà uno sviluppo dell’intera area portuale”.

Ma c’è sempre il mercato, dal quale nessuno può prescindere. “Dobbiamo vivere con i ricavi di mercato, – dichiara Giampaolo Gotelli, AD di Mercitalia Rail – che va riconquistato. In venti anni siamo scesi da 88 a poco più di 40 milioni di km treno. E non è che l’ingresso dei privati ha fatti recuperare il mercato. Noi ci stiamo impegnando al massimo per il rilancio, ma l’equilibrio economico è ancora lontano nonostante un volume d’affari di oltre un miliardo di euro e 5.000 addetti. Noi non siamo solo a chiedere incentivi, ma abbiamo attivato un piano di investimenti importante con 1,5 mld di investimenti. Già 400 mln per l’acquisto di 100 locomotive che non sono un numero indifferente, poi 200 carri per il trasporto coil. E stiamo attivando un piano di formazione per nuove assunzioni (almeno 100/150 per il prossimo anno)”.

E, nel dibattito, ad un certo punto irrompe il problema della forza lavoro, del macchinista solo, dello sviluppo dell’occupazione e del rapporto con il trasporto su gomma. Mauro Pessano, Ad di Captrain Italia: ” Noi negli ultimi cinque anni abbiamo assunto 250 persone, ma dobbiamo anche capire che nel 2016 c’è stato un più 53 per cento di immatricolazioni di camion, e non possiamo pensare di essere autonomi. I sistemi di trasporto sono complementari anche se in competizione. Non confrontiamoci tra ferrovieri, il problema è il recupero rispetto alle altre modalità. Non è possibile aumentare solo del 6 per cento, dobbiamo intercettare il 30 o il 50% dei trasporto delle merci”. E compare il tema delle regole, a partire dal futuro ormai prossimo dell’interoperabilità dei macchinisti: stando alle disposizioni attuali un macchinista deve conoscere la lingua del paese che attraversa, e saperla a livello B/1. Pensate, un macchinista che farà normalmente il servizio fuori dal confine italiano dovrà sapere il francese, il tedesco. lo sloveno e il croato.

“Ora speriamo nell’ERA – chiude Pessano – affinché metta un po’ ordine. E più in generale abbiamo bisogno di regole di sicurezza che siano del trasporto in generale e non solo di quello ferroviario. Il nostro concorrente é la modalità gomma. I tassisti si confrontano con Uber, Alitalia con i low cost, noi con il camion. Noi siamo logistici e dobbiamo avere le regole della logistica”.

“Siamo sempre più lontani da chi ordina il trasporto, così avvia la sua “provocazione” Marco Terranova, AD di SBB Cargo. Il cliente vuol sapere se la merce arriva, quanto costa e che il trasporto sia sicuro. Tante cose ci sono ancora da fare, ma noi dobbiamo partire dai clienti, andare a cercarli. Poi ci saranno loro che danno le condizioni. Dobbiamo vedere se il nostro sistema è realmente competitivo e pensare se le strutture che abbiamo messo in piedi saranno ancora quelle di domani, a partire dai contratti di lavoro. Perché non è casuale che noi non abbiamo scelto in contratto Fs: non é sostenibile. Peccato che Mercitalia, al momento della sua costituzione  non abbia disdetto il contratto, che andava riscritto. Non è che i macchinisti svizzeri o tedeschi siano poveri, solo lavorano in modo diverso”.

“Nonostante le difficoltà – dice  Emanuele Vender, a capo di DB Cargo –  in Europa il saldo è positivo. Ci sono state politiche più oculate, ed importante in Italia è stata la riduzione del costo pedaggio. Dobbiamo essere sempre più efficienti e competitivi – dice – perché sappiamo bene che la nostra efficienza ha una ricaduta sull’economia in generale. Gli italiani dipendono da noi e da quanto facciamo bene il nostro mestiere”.

E per quanto riguarda il contratto da applicare al settore? Negativo l’orientamento per un contratto unico della mobilità; meglio un contratto unico per le merci ferroviarie, prima delle merci in generale.

“Voi – chiede Vender ad una platea di ferrovieri sindacalizzati della Uiltrasporti – non accettereste mai un contratto firmato solo da Cisl o Cgil, così come noi non possiamo sottoscrivere un contratto scritto con il nostro competitor”.

La chiusura è di due ospiti ormai affezionati: Matteo Mauri, deputato milanese del PD e Claudio Tarlazzi, segretario generale di Uiltrasporti.

“Se penso a cosa è successo negli ultimi anni – esordisce Mauri -son cose che ci eravamo detti qui e che poi sono accadute, dal Marebonus allo sconto traccia; nel convegno delle scorso anno proponeste l’investimento sulla formazione dei macchinisti. Oggi, dopo un anno lo abbiamo ottenuto. Anche gli investimenti di RFI sono stati nel ottica di sviluppare una nuova logistica orientata allo sviluppo ferroviario. Ed il governo si è data una visione organica degli interventi”.

“Guardate che questa cosa non fa guadagnare voti – insiste Mauri – ma si tratta di interventi che mettono il sistema nelle condizioni di lavorare al meglio e con più efficienza. Solo così può crescere il Paese. E queste iniziative sono state prese non in una fase economica espansiva, ma negli anni della contrazione durante i quali il trasporto merci era calato al 4 per cento. Non so se riusciremo a fare il 50 per cento di cui si parla, ma per arrivare almeno a livello della Germania bisogna allargare la nostra visione, da un lato sul fronte europeo, dall’altro dobbiamo saper interpretare una dinamica eccessivamente mobile, ma farlo mantenendo in piedi le aziende. Ci sono realtà che negli ultimi dieci anni hanno fatto male e adesso stanno riprendendo. Si è disinvestito per troppo tempo e solo da tre anni abbiamo rimesso in moto il sistema”.

Nessuna guerra con la gomma, chiude Matteo Mauri, “ma il tema dei camionisti è molto complicato anche se penso che l’elemento centrale è quello dei controlli. Meno camion per le strade è meglio e, controllando che gli autisti non lavorino per 12 ore di fila, o con gomme ricoperte, o senza assicurazione. E definire sanzioni più dure, fino al sequestro del camion alla seconda sanzione”.

“Anche dalle cose che ci siamo detti oggi si vede che abbiamo una nuova visione di intermodabilità ferro, porto, strada, dice Tarlazzi chiudendo il convegno. Abbiamo recuperato una visione complessiva del Paese tra stato centrale, regioni e autonomie, interpretata perfettamente nel operazione delle nuove autorità portuali.

Per le infrastrutture, finalmente si parla di tempi certi e risorse certe. E se Trieste rappresenta la posta di accesso al Europa dell’est e Genova quella per il nord ovest, i porti del Sud Italia debbono essere proiettati verso le aree del sud del Mediterraneo. E per sfruttare al meglio queste potenzialità è necessario completare la rete ferroviaria con le nuove caratteristiche richieste, completare sia la Torino Lione che il terzo valico. L’incidente di Rastadd non ha rappresentato solo la crisi del modello della perfezione tedesca, ma forse ha aperto una finestra sulle potenzialità del traffico tra Genova e la Svizzera.

Tanto è stato fatto, in Italia, per velocizzare le operazioni doganali, ma molto altro va fatto. Se pensiamo al sistema messo in piedi dal Porto di Trieste che porta componentistica automotive dalla Turchia al confine con la Siria destinato alla Scandinavia  con un trasporto in nave, in treno e solo per il 5 per cento camion, senza rotture di carico, siamo di fronte ad un fatto eccezionale.

“E se parliamo di contratti – chiude Tarlazzi – vediamo come positiva la situazione delle autorità portuali dove due anni fa è stato sottoscritto un contratto unico che armonizzava 14 diversi contratti. Sento dire anche oggi che il problema centrale è un macchinista in più o in meno. Non è possibile prendere a modello anche per il settore ferroviario Ryanair o Uber. Questo non lo consentiremo”. [/dc]

 

 

Pubblicato da AAR il: 23/10/2017 h 17:26   –   Riproduzione riservata

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