L’Italia ‘perde’ acqua. Per l’Istat cala il consumo di acqua potabile e rete nazionale colabrodo

   

 
 

Roma – “Nel 2012 il consumo pro capite di acqua fatturata per uso civile domestico è pari 172,1 litri per abitante al giorno, confermando la tendenza alla riduzione che ha caratterizzato l’ultimo decennio. Il 7,8% dei capoluoghi presenta consumi di acqua potabile superiore ai 200 litri per abitante al giorno (circa la metà dei capoluoghi rispetto al 2011); in quasi un comune su due (una quota stabile rispetto all’anno antecedente) i consumi sono compresi tra 150 e i 200 litri, mentre il 42% mostra consumi giornalieri inferiori ai 150 litri pro capite (erano il 35% nel 2011)”.  Sono questi alcuni dei dati sul consumo idrico nazionale pubblicati nell’ultimo rapporto Istat “Servizi ambientali nelle città”.

Il rapporto Istat – I 9 comuni con i consumi pro capite più elevati, spiegano dall’Istituto di ricerca, mostrano una concentrazione geografica nel Nord-ovest (oltre a Brescia, Pavia e Lodi, Torino e Milano tra i grandi comuni). A questi si aggiungono Massa, Chieti, Catanzaro e Catania.  Tra i grandi comuni, oltre a quelli già citati, anche a Roma i consumi d’acqua giornalieri si mantengono prossimi alla soglia dei 200 litri pro capite, mentre solo a Padova, Bari e Messina i consumi sono inferiori ai 150 litri giornalieri per abitante. Per valutare le condizioni infrastrutturali della rete idrica dei comuni e l’efficienza del servizio delle reti di distribuzione dell’acqua per il consumo civile, l’Istat ha preso in considerazione la dispersione della rete dell’acqua potabile.  “Nel 2012, racconta il rapporto, per il complesso dei capoluoghi, la dispersione dal momento dell’immissione in rete, al momento in cui l’acqua raggiunge l’utente finale è pari al 33,9%. In media, dei 403 litri per abitante immessi giornalmente nella rete di distribuzione dei capoluoghi, se ne riescono ad erogare circa 267. In più dell’80% dei comuni la dispersione di rete è superiore al 20%”. Le dispersioni di rete declinate a livello di area geografica mostrano situazioni estremamente diversificate. Al Nord sono solo 5 i comuni dove le dispersioni superano il 40% (incluso Trieste, tra i grandi comuni), al Centro la soglia si supera in 8 capoluoghi (incluso Firenze, tra i grandi comuni), mentre nel Mezzogiorno questo si verifica nel 47% dei capoluoghi (tranne Palermo, anche in tutti i grandi comuni della ripartizione). All’opposto, capoluoghi con performance particolarmente efficienti (dispersioni d’acqua pari o inferiori al 15%) sono Milano, Monza, Pavia, Lodi, Cremona e Trento al Nord, Macerata al Centro e Trapani nel Mezzogiorno. Tra i grandi comuni, oltre alla buona infrastruttura di Milano, anche a Genova, Bologna, Venezia e Verona la distribuzione dell’acqua è comparativamente efficiente (perdite di rete comprese tra il 20 e il 30%, inferiori al valore medio), mentre le peggiori performances si riscontrano a Catania e Cagliari (con dispersioni intorno al 58%). Nel 2012, 14 comuni hanno dichiarato di ricorrere a misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua per uso civile domestico. Rispetto al 2011 a Latina, Chieti e a Palermo, Enna e Ragusa non si è dovuto ricorrere a forme di riduzione o sospensione della fornitura di acqua, mentre il disservizio ha interessato nel 2012 Ascoli Piceno, Rieti e Cosenza (non coinvolti nel 2011).  Progressivamente migliorata risulta la disponibilità di acqua ad Agrigento che è passata da 365 giorni di sospensione (nel 2011) a 179, mentre un dato particolarmente critico appare quello di Caltanissetta dove la fornitura idrica viene interamente sospesa per 180 giorni l’anno e ridotta per i restanti 186, durante i quali l’acqua è erogata solo per alcune ore al giorno.

Consiglio Nazionale dei Geologi  – Arretratezza e inadeguatezza delle infrastrutture idriche nazionali confermate anche da Gian Vito Graziano, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. In particolare l’Ordine professionale punta l’indice contro la mala gestione ricordando che “le perdite di rete sono in media superiori al 35%, la rete fognaria ancora non serve il 15% degli italiani, i depuratori risultano mal gestiti, inadeguati o addirittura inesistenti per un italiano su tre, l’acqua esce a singhiozzo dai rubinetti, soprattutto a sud, e circa il 35% dei corpi idrici di superficie non raggiunge gli standard di qualità ambientale” . Tutto ciò in un contesto complessivo di disponibilità idrica nazionale pari a 52 miliardi di metri cubi d’acqua, di cui circa l’80% è effettivamente utilizzata. Di questa quota, il 50% è impiegato in agricoltura, il 15 – 20% per uso domestico e il 30 35% per uso energetico/industriale. Da qui la  “la necessità di reperire le risorse finanziarie, ha sottolineato ancora  Graziano, stimate per le infrastrutture acquedottistiche, fognarie e depurative in 66 miliardi di euro in 30 anni, con un effetto occupazionale  stimabile tra 150 mila e 200 mila addetti”.

 
 

 

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