Anche nell’acqua potabile il rischio di infezioni batteriche

da italia a tavola

Silvia Curti e Massimo Artorige Giubilesi

La Pseudomonas aeruginosa è un microrganismo caratterizzato da un’elevata capacità di adattamento, che si trova in acque superficiali, reflue e marine, suoli, vegetazione e in generale in tutti gli ambienti umidi. È inoltre in grado di crescere in acqua distillata e di sopravvivere ai disinfettanti

 

Il tema della contaminazione batterica dell’acqua destinata al consumo umano è fondamentale e di non semplice lettura. Le epidemie di origine idrica sono sicuramente sottostimate, anche per la mancanza di adeguati programmi di sorveglianza epidemiologica. 

Nei Paesi industrializzati il moderno concetto di protezione delle risorse idriche e lo sviluppo di tecniche di potabilizzazione sempre più efficaci hanno portato all’eradicazione virtuale delle patologie idrodiffuse, eliminando quelle causate dai cosiddetti “patogeni classici”, comeSalmonella o Vibrio cholerae. D’altra parte, l’instaurarsi di alcune tendenze comportamentali e la comparsa di nuove problematiche hanno contribuito a creare un’altra situazione di rischio microbiologico associato al consumo di acqua. I fattori coinvolti comprendono l’eccessivo sfruttamento delle fonti di approvvigionamento, causato dal continuo incremento della richiesta idrica, e l’invecchiamento e deterioramento degli impianti di trattamento e della rete idrica. 

La legge italiana impone comunque l’assenza di qualsiasi carica patogena all’interno dell’acqua destinata al consumo umano e nello stesso tempo indica alcuni parametri indicatori per verificare la presenza o meno di contaminazione batterica. Questi parametri si chiamano indicatori in quanto se positivi mostrano la presenza di una contaminazione più ampia. Non è detto però che essendo questi negativi non ci sia in realtà carica batterica patogena. È questo il caso della Pseudomonas aeruginosa. 

Definizione

La Pseudomonas aeruginosa è un microrganismo caratterizzato da un’elevata capacità di adattamento, che si rileva in acque superficiali, reflue e marine, suoli, vegetazione e, in generale, in tutti gli ambienti umidi. È inoltre in grado di crescere in acqua distillata e di sopravvivere ai disinfettanti. Si moltiplica molto facilmente, raggiungendo concentrazioni elevate ed è in grado di aderire a superfici umide o in contatto con liquidi. Si tratta di un microrganismo prettamente ambientale e per questo rilevabile anche in acque sotterranee e in acque potabili, dove può essere riscontrato in concentrazioni ampiamente variabili. In particolare, è facilmente rilevabile in condizioni di stagnamento di acqua ed è in grado di installarsi nei serbatoi, nei rompigetto dei rubinetti e nelle apparecchiature ad uso domestico per il trattamento di acque potabili, raggiungendo cariche batteriche anche elevate.

Bisogna dire subito che i campionamenti di legge che vengono effettuati per il controllo degli erogatori d’acqua potabile trattata sia nei ristoranti che nel settore domestico non prevedono il controllo della Pseudomonas; tuttavia, nel caso in cui questa venga rilevata, l’acqua in questione certamente non può più ritenersi perfettamente potabile. 

La letteratura medica definisce questo batterio pericoloso per tutti i soggetti immunodepressi, con conseguenze di patologie (talvolta anche mortali) alle vie respiratorie, urinarie e cutanee. La presenza di Pseudomonas aeruginosa negli erogatori di acqua potabile trattata è dovuta, nella stragrande maggioranza dei casi, a fenomeni di retro contaminazione, ossia dall’erogatore finale la carica batterica risale i condotti per svilupparsi poi nelle zone dove l’acqua scorre poco, ad esempio negli interstizi degli OR nei raccordi rapidi, nelle elettrovalvole servo comandate o nei pressostati. 

Prevenzione

Per prevenire l’insorgenza di questo pericoloso batterio è importante agire su diversi fronti:

  1. avere la certezza che il sistema di filtrazione non sia contaminato, prevedendo la possibilità di campionamento dell’acqua a monte e a valle del filtro;

  2. assicurarsi che gli impianti utilizzati siano progettati con componentistica adeguata e contengano il minimo possibile di zone di “morta”;

  3. procedere con pulizia e disinfezione giornaliera dei becchi di erogazione, tenendoli comunque il più possibile riparati da contaminazioni con l’esterno;

  4. controllare periodicamente la potabilità dell’acqua;

  5. prestare maggiore attenzione negli ambienti a rischio, ad esempio ospedali e case di cura.

Nel caso fosse rilevata la presenza di tale contaminazione all’interno di un erogatore di acqua, non ha senso effettuare sanificazioni anche drastiche se prima non si è individuata la causa di questa contaminazione. Per affrontare il problema in maniera definitiva bisogna capire dove è presente il ceppo di colonie batteriche che si sviluppano all’interno dell’impianto. Le esperienze mostrano alcune costanti che non possono però essere prese a priori e con certezza come causa dell’inquinamento batterico. 

È necessario innanzitutto procedere all’eliminazione del biofilm, in maniera sia meccanica che chimica. Nelle zone accessibili, in particolare, è importante l’azione meccanica, soprattutto laddove vi è possibile ristagno di acqua. Dove non è possibile accedere in maniera manuale, si deve procedere con soluzioni atte alla detersione del biofilm. È generalmente sconsigliato procedere in maniera unica con l’ausilio di un solo disinfettante, ma attenzione, perché un attacco con acidi forti potrebbe danneggiare la struttura dell’impianto ed eventuali superfici scabre che si dovessero creare potrebbero essere ricettacolo o punti di ancoraggio del biofilm di prossima formazione. A questo proposito l’acido citrico è un prodotto molto indicato, con scarso potere corrosivo nei confronti delle componenti in gomma e dei vari metalli. 

Naturalmente il consiglio è quello di monitorare con analisi a campione il parco macchine. È bene eseguire analisi prima e dopo la sanificazione per verificare l’efficacia dell’intervento. Nel caso di carica batterica con valori fuori norma, l’intervento deve essere rapido e, prima di immettere nell’impianto del sanificante, è necessario individuare la possibile zona di “morta” che inquina l’intero impianto. Nel caso di un forte inquinamento da carica batterica, > 500 UFC/ml, è fondamentale individuare la causa del problema ricercando, attraverso campionature nelle diverse sezioni dell’impianto, il focolaio resistente. 

Diffusione dei batteri

È da sfatare la leggenda che vuole l’acqua addizionata a CO2 immune dalla contaminazione batterica. L’anidride carbonica disciolta è certamente un elemento batteriostatico, rallenta la carica batterica ma non la impedisce. 

La Pseudomonas aeruginosa è un batterio ubiquitario, presente nell’acqua, nel biofilm, nel suolo e sulle piante. Il suo rilevamento nelle acque è generalmente indice del deterioramento della qualità microbiologica dell’acqua, dovuto alla presenza di nutrienti, a una riduzione della velocità di flusso di acqua nelle reti o a trattamenti di potabilizzazione insufficienti. 

Sono serbatoi di diffusione del microrganismo i punti di erogazione degli impianti di distribuzione dell’acqua, come rubinetti, docce, ecc difficilmente raggiungibili dal disinfettante residuo presente nelle acque, nelle acque superficiali, reflue e marine, nel biofilm, su suoli, vegetazione e in generale, in tutti gli ambienti umidi. 

È in grado di moltiplicarsi nel biofilm e ne rappresenta uno dei microrganismi tipici. Infatti è in grado di aderire a superfici umide o in contatto con liquidi grazie alla produzione, da parte di ceppi mucoidi o non mucoidi, di lipopolisaccaridi e glicoproteine extracellulari. 

Si tratta di un microrganismo caratterizzato da un’elevata capacità di adattamento, in grado di crescere in acqua distillata e di sopravvivere nei più comuni disinfettanti. Si moltiplica facilmente, raggiungendo concentrazioni elevate, anche nelle acque poco favorevoli allo sviluppo della flora e della fauna. Risulta essere un tipici patogeno opportunista. 

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