Merci in treno: l’intervento di Quattroccolo (intermodale24-rail) a commento dell’editoriale Ferpress

Merci in treno: l’intervento di Quattroccolo (intermodale24-rail) a commento dell’editoriale Ferpress

 

(FERPRESS) – Bra, 29 OTT – Quando i cittadini svizzeri in numerose e ripetute occasioni hanno confermato con il voto popolare di voler ridurre il numero degli automezzi pesanti che impegnano le loro strade favorendo il trasporto delle merci su ferrovia, e di voler finanziare la costruzione delle infrastrutture necessarie destinando a questo scopo parte delle tasse che pagano alla Confederazione, non credo si siano davvero soffermati a valutare se e in che misura il carico fiscale sarebbe stato dirottato sui sistemi economici di altri Paesi.

Penso invece che fossero – e siano tuttora – convinti della necessità di preservare il loro sistema ambientale, e anche il loro sistema nervoso, dal sovraffollamento delle strade. Non dimentichiamo infatti che la Svizzera non sta solo realizzando il progetto Alptransit per le trasversali Nord-Sud destinate soprattutto alle merci in transito lungo il Corridoio 24 Genova-Rotterdam, ma ha in corso da decenni piani di ammodernamento della intera Rete per offrire anche nel trasporto interno di passeggeri e merci un servizio integrato, veloce e puntuale secondo tradizione, per servire al meglio il territorio con il mezzo pubblico, attualmente con un orizzonte temporale al 2030.

 

Se poi vogliamo rivolgere lo sguardo all’altra estremità del Corridoio 24, nei Paesi Bassi, vediamo che lassù sono stati investiti cinque miliardi di Euro per costruire una nuova linea dedicata esclusivamente al traffico merci per collegare il porto di Rotterdam al confine tedesco. Un investimento dal punto di vista finanziario insensato (anche per i maggiori costi dovuti a un attento inserimento ambientale voluto dagli abitanti) ma coerente con il progetto nazionale di fare dei Paesi Bassi la porta sul mare dei mercati dell’Europa centrale e il leader della logistica europea entro il 2020: dunque assolutamente giustificato nell’ottica più ampia dello sviluppo dell’economia del Paese e insieme della salvaguardia della qualità della vita degli olandesi.

D’altra parte, le grande differenza fra i dati economici riportati dal prof. Beria e dall’esperto svizzero interpellato da Ferpress mostrano come sia infine aleatoria la “scientificità” delle valutazioni finanziarie quando si considerano diversamente i dati di partenza e i parametri diventano appena un po’ più complessi, e anche senza tener conto dei valori relativi ai costi esterni dei vari modi di trasporto.

Fra l’altro, l’idea che gli svizzeri abbiano accettato Alptransit perché convinti che a pagarlo sarebbero stati principalmente i loro vicini italiani e tedeschi contrasta non poco con quanto le aziende elvetiche e la Confederazione hanno fatto e continuano a voler fare in termini di investimenti sulle infrastrutture ferroviarie in Italia. Basti pensare allo scalo di Domo2, al terminal HUPAC di Gallarate, alla dichiarata disponibilità a prefinanziare le opere di potenziamento delle linee italiane che portano ai confini per adeguarle agli standards del Corridoio 24 – treni da 750 metri, profilo P400 e peso assiale massimo – ancora ribadite nel convegno di Genova del 23 ottobre.

Quel che in Italia rende difficilmente accettabile una iniziativa come quella attuata in Svizzera è, purtroppo, la mancanza di una volontà popolare, e di conseguenza politica, di impegnarsi realmente per il trasferimento del traffico dalla strada alla rotaia, al di là delle più o meno strumentali dichiarazioni di principio e delle arrabbiature estemporanee quando ci si ritrova imbottigliati in autostrada.

Nonostante ciò, sono convinto che anche in Italia le merci si possano riportare in treno, non fosse altro che per un quasi fisiologico – ma ahimè non per questo scontato! –  recupero dai livelli ormai vergognosamente bassi toccati dalla quota del cargo ferroviario.

Ci è richiesto però un grande impegno.

Se sul piano delle infrastrutture alcune opere sono ormai avviate, come il terzo valico o gli interventi sui colli di bottiglia, resta infatti tutto da discutere se l’idea di Rete portata avanti da RFI, incentrata su poche linee fondamentali e pochi grandi scali di servizio, sia realmente adeguata alle necessità del territorio e dell’economia del Paese e di un vero modal shift verso la ferrovia, o non rifletta soltanto il discutibile progetto di semplice produttività finanziaria espresso dal Gruppo FSI.

Parallelamente, si dovrà secondo me lavorare molto sul versante della struttura del mercato del trasporto, sia mediante un’opera di formazione culturale e di informazione sul modo in cui la ferrovia merci oggi sta cambiando e deve cambiare nei suoi rapporti con i clienti, sia con la trasformazione dei sussidi all’autotrasporto in incentivi alla riorganizzazione su base intermodale, sia con un approccio innovativo e aperto alla ricerca di soluzioni tecnologiche e operative capaci di migliorare la competitività complessiva del vettore ferroviario.

Ma per l’introduzione della tassazione compensativa di almeno parte dei costi esternalizzati della strada (la cosiddetta Eurovignette, che potrebbe riequilibrare un po’ i veri costi delle due modalità), come anche per la più che mai necessaria separazione totale di RFI dal Gruppo Ferrovie dello Stato, temo che dovremo aspettare che arrivi un obbligo perentorio da parte dell’Europa.

Fulvio Quattroccolo- Intermodale24-rail. net.

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