Immaginate le bellezze di un paese medievale…

L’alambicco di Antoniozzi

da tusciaweb

    

 

Alfonso Antoniozzi

Alfonso Antoniozzi

 





















– Immaginate, se volete, un paese con un centro storico medievale ben conservato, una necropoli rupestre etrusca alle porte, un centro termale adiacente, e una frazione (o meglio, un borgo) a pochi chilometri che abbia dato i natali a un illustre personaggio della nostra storia.

Immaginate di poter arrivare alla necropoli attraverso una strada perfettamente asfaltata e ben segnalata, e che al vostro arrivo vi accolga sorridente una signora nel solleone di ferragosto, riparata dentro al suo chioschetto, che in cambio dei cinque euro di ingresso alla necropoli vi consegni una piantina ben dettagliata per potervi orientare, e vi dia dei suggerimenti sui sentieri da percorrere.

Ed ora immaginate questi sentieri puliti e accessibili, e immaginate che davanti ad ogni tomba ci sia un cartello, chiaro e didascalico, che racconti in due lingue la storia di quello che state vedendo, che ricostruisca con dei disegni la forma originale e ormai perduta di queste tombe, e quali segni abbiano lasciato il tempo e la natura sull’opera degli Etruschi.

Ora immaginate di andare a visitare il borgo vicino alle tombe, a pochi chilometri: una cattedrale, un palazzo storico, nessuna auto, negozi aperti (siamo a Ferragosto, ricordate?), collegamento wi-fi gratuito esteso a tutta la città. Entrate in un negozio, poi in un altro, dove siete accolti con un sorriso e dove i gestori vi raccontano la storia di quel borgo, di quella città, dell’attività che hanno aperto.

Guardatevi intorno: comprate, se volete, uno yo yo, una vecchia trottola di legno, un caleidoscopio, un gioco qualsiasi della vostra infanzia che il negoziante intaglia a mano nel suo retrobottega.

Fatevi raccontare della moglie, che tesse gli arazzi in vendita nel negozio su un vecchio telaio. Dell’artista che raccoglie sassi dal vicino fiume e li incastona in fili d’argento, e ti racconta che i sassi del fiume hanno in sé la realtà della sorgente e il progetto del mare, e tu con pochi euro porti a casa tutta la poesia di questa donna che passa le sue giornate scegliendo sul greto di un fiume i sassi più belli.

Tornate alla vostra auto, andate verso il paese medievale. Lasciate l’auto fuori dalla cinta muraria per passeggiare indisturbati in un centro storico vuoto di motori, ma pieno di gente. Alzate gli occhi, respirate. Sul muro di un antico palazzo un cartello invita a puntare il vostro telefonino sul q-code in basso a sinistra: il vostro telefonino si collega a un server (anche qui il wifi è gratuito) e vi racconta con un breve filmato la storia del palazzo che avete davanti.

E’ così per ogni monumento della città. Per ogni pezzo particolare del museo civico. Per ogni angolo del quartiere medievale. Fermatevi sulla piazza principale di questo paese per scoprire che i suoi abitanti sono talmente orgogliosi delle loro origini contadine che non solo non le rinnegano ma le celebrano: c’è un monumento in bronzo a un asino con un uomo che lo accarezza, e accanto a questo monumento c’è una poesia scolpita nel marmo a ricordarti chi è, che cos’è, il “villano“.

Padre, voglio saper chi è villano-
Figlio mio, se pensi ad un uomo
che prega col cappello in mano
mentre inginocchiato invoca Dio,
pensi a chi piange
bestemmia, poi chiede perdono
mentre asciuga il suo sudore
e carezza spighe di grano,
quello ha il titolo di “Villano “.

Se vedi colui che ha il sorriso
mentre raccoglie grappoli dorati
o piange o si dispera
per le delusioni dell’umano,
prende gli attrezzi da lavoro
con la forte e callosa mano
o si siede in mezzo al campo
quando la fatica tormenta le sue membra
poi ritrova sempre la sua forza,
quello figlio mio è il “Villano “.

Se conosci un uomo
che del trifoglio ama il profumo,
che ama l’aroma del fieno,
che ama produrre frutti profumati,
che ama la tranquillità e la pace,
che ama la sorgente pura
e la rugiada al nascere del sole,
allora, figlio mio sei al cospetto
del figlio che di Dio è il prediletto:
a quell’uomo puoi stringere la mano
perché ha il nobile titolo di “Villano”

Rimandate indietro un groppo alla gola, se proprio non volete commuovervi, scoprendo che questa poesia l’ha scritta uno della vostra terra, un viterbese, per precisione un martano.

Sedete al bar della piazza, ordinate una granita di caffè con panna, godetevi il tramonto. Leggete su una plancia dei mercati che ciclicamente si tengono in quel paese, dove si vendono i frutti dei campi vicini, insieme a carne, formaggi, salumi, vino, olio prodotti dalle fattorie del paese. Si chiama “il mercato dei produttori”.

Mentre fate ritorno alla vostra auto, vi soffermate a guardare le vetrine, parlate con la gente, comperate una cassa di vino prodotto dalla cantina sociale, fatevi raccontare della loro uva, della loro campagna, del loro lavoro.

Fermatevi, prima di rientrare, al centro termale. Scoprite che i residenti di quel paese pagano dieci euro di ingresso contro i ventidue chiesti ai turisti e che il parcheggio, che costerebbe quattro euro e cinquanta, ai residenti costa solo tre.

Sarebbe bello un paese così. Sarebbe davvero bello.

Vi svelo un segreto: esiste, si chiama Pitigliano. Venti chilometri oltre la nostra provincia.

Alfonso Antoniozzi

   

6 settembre, 2012 – 0.27

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