Berlusconi interrogato dai pm “Mangano era una persona perbene”

da  ilfattoquotidiano

Sentito come teste per una presunta estorsione subita da Dell’Utri (30 milioni di euro), il Cavaliere difende il boss mafioso già condannato per truffa, ricettazione, lesioni, traffico di droga, omicidio

 
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Tentata estorsione da Dell’Utri, Berlusconi: “Mangano era una persona perbene”

Dalle relazioni ”pericolose” con l’ex stalliere di Arcore e col mafioso Tanino Cinà, al fiume di denaro versato sui conti del senatore di Forza Italia: sono solo alcuni degli argomenti affrontati nell’interrogatorio a cui è stato sottoposto l’ex presidente del Consiglio

 

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“Vittorio Mangano? Sapevo che era una persona perbene”. E’ quanto ha detto Silvio Berlusconidurante l’interrogatorio di oggi a Roma davanti ai pmAntonio Ingroia e Lia Sava, da cui è stato sentito come testimone nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta estorsione ai suoi danni commessa daMarcello Dell’Utri.  

Dalle relazioni ”pericolose” con l’ex stalliere di Arcore, il boss Vittorio Mangano, e col mafioso Tanino Cinà (che ha sposato una sorella di Stefano Bontade), al fiume di denaro versato sui conti diMarcello Dell’Utri: sono solo alcuni degli argomenti affrontati nell’interrogatorio a cui è stato sottoposto l’ex premier. “Mangano e Cinà? Persone apparentemente perbene, dai modi gentili. Era impossibile sospettarne i legami mafiosi”, ha risposto Berlusconi a proposito dei suoi rapporti col capomafia di Porta Nuova.

Vittorio Mangano, però, è stato assunto ad Arcore nel 1974 con mansioni precise: fattore e accompagnatore dei figli di Berlusconi a scuola. In quel momento il Cavaliere era infatti terrorizzato dai sequestri di persona e anche per questo, secondo tutte le sentenze del processo dell’Utri, incontrò l’allora capomafia Stefano Bontade, ottenendone la protezione proprio tramite Vittorio Mangano. Questi è stato condannato nel maxiprocesso negli anni Ottanta per associazione per delinquere e traffico di droga in seguito alle indagini del pm Paolo Borsellino (all’epoca non c’era ancora il reato di associazione mafiosa, ndr), che definì Mangano “teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia”. Poi, nel 1995 ha subito una condanna per omicidio, ma il processo non giungerà mai a conclusione perché il mafioso morì il 23 luglio del 2000. La verità sui rapporti col capomafia, che l’ex premier ha ribadito di avere conosciuto tramite Dell’Utri, sarebbe quindi emersa solo molto dopo la sua assunzione ad Arcore, quando Berlusconi già non aveva più rapporti con lui.Mangano, però, quando arrivò ad Arcore era già stato condannato per truffa, emissione di assegni a vuoto, ricettazione, lesioni volontarie e tentata estorsione. 

La parte principale dell’interrogatorio ha riguardato i 40 milioni dati a Dell’Utri in 10 anni, secondo i pm, estorti dal senatore del Pdl. “Nessuna estorsione” ha ribadito Berlusconi. Solo delle donazioni fatte a “un amico e prezioso collaboratore” per le sue esigenze personali. Dalle necessità per ristrutturazioni di immobili, all’acquisito di libri (Dell’Utri è un appassionato bibliofilo) alle esigenze di spesa molto elevate dei familiari del senatore. Quanto alla villa sul lago di Como che l’ex premier ha comprato dal senatore, pagata, secondo i pm, una cifra spropositata rispetto al suo reale valore, l’ex premier ha sostenuto che la quantificazione del corrispettivo di vendita era stata fatta in base a una perizia che la valutava sui 21 milioni circa. Durante l’interrogatorio Berlusconi ha consultato una serie di documenti bancari sui bonifici fatti, atti che nei prossimi giorni i legali faranno arrivare ai pm di Palermo.

”Il presidente Berlusconi ha chiarito compiutamente tutti gli aspetti della vicenda. Quali difensori della persona offesa, abbiamo provveduto al deposito di idonea documentazione a ulteriore comprova delle dichiarazioni rese”: questa la nota diramata dagli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo poco dopo la fine dell’interrogatorio di Berlusconi ai pm di Palermo, che quindi non hanno fatto un viaggio a vuoto. La decisione della Procura di convocare Berlusconi come teste ha spuntato le armi della difesa, privando l’ex premier della chance a cui ricorse il 26 novembre del 2002, quando, citato nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa all’ex manager di Publitalia, a sorpresa, dopo avere fatto spostare il tribunale a Palazzo Chigi, si avvalse della facoltà di non rispondere.

Nonostante le eccezioni dei suoi legali, respinte dalla Procura, la veste del teste assistito, che gli avrebbe permesso di restare in silenzio, non gli è stata concessa. E Berlusconi si è presentato davanti ai pm come un testimone qualunque. O meglio ‘quasi qualunque’, visto che il procuratore di Palermo Francesco Messineo, l’aggiunto Antonio Ingroia e il pm Lia Sava alla fine su un punto hanno ceduto e, dopo settimane di trattative frenetiche, hanno acconsentito a tenere l’interrogatorio a Roma e non a Palermo come deciso inizialmente. Una scelta, quella del capo dei pm, che ha creato malumori nel pool che indaga sull’estorsione, spaccato tra le ‘colombe’, disponibili a spostarsi nella Capitale, e i ‘falchi’ che ritenevano un errore “cedere”.

Le domande fatte all’ex premier erano state concordate ieri dai magistrati in una lunghissima riunione e ruotavano tutte attorno ai 40 milioni dati, in varie tranche, da Berlusconi a Dell’Utri. Un fiume di denaro che, ipotizzano i pm, l’ex premier avrebbe pagato per comprarsi, tramite l’amico palermitano, la protezione di Cosa nostra, come avvenne negli anni ’70, o per assicurarsi il silenzio di Dell’Utri a conoscenza dei suoi presunti rapporti coi clan mafiosiSulla questione è stata già interrogata la figlia di Berlusconi, Marina. L’interrogatorio è durato tre ore: convenevoli e verbalizzazione a parte, il botta e risposta tra i magistrati e l’ex premier non dovrebbe essersi protratto per più di due. I legali hanno riprovato a eccepire l’incompetenza della Procura sicilianasull’inchiesta e ribadito l’esigenza che il loro cliente fosse sentito come teste assistito, vista la precedente indagine per riciclaggio a suo carico.

Respinte le eccezioni si è entrati nel vivo, partendo dal passato: i rapporti tra Berlusconi e i mafiosi Vittorio Mangano, ex stalliere ad Arcore e Tanino Cinà, vicende che costituivano oggetto dell’interrogatorio sfumato 10 anni fa. Il Cavaliere è stato ascoltato in una caserma della Guardia di Finanza in via dell’Olmata, poi è rientrato a palazzo Grazioli con i suoi legali Niccolò Ghedini ePietro Longo. L’interrogatorio ha fatto slittare a stasera il vertice del Pdl convocato per discutere, tra le altre cose, di legge elettorale. Nella residenza romana finora è rimasto anche il portavocePaolo Bonaiuti, l’ex ministro Renato Brunetta e il segretario Pdl, Angelino Alfano

 
 
 

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