Carnevale tempo di riciclo

clicca qui per l’articolo originale Venerdì, 10 febbraio 2012 – 10:51:00 di Francesco Bertolucci

E’ Carnevale. Dal Trentino alla Sicilia in ogni angolo d’Italia impazzano le maschere. E i carri di cartapesta. Tralasciando il Carnevale di Venezia, bene o male in ogni baccanale italiano sono protagonisti i carri allegorici fatti con carta, colla e tanto ingegno. Proprio questi ‘giganti’ di cartapesta sono gli involontari protagonisti di più e più sfilate lungo la penisola a seguito di una autentico ‘business dell’usato’ dei carri. Un mercato nascosto ai più – soprattutto agli ignari spettatori – che rivela quanto i presunti antagonismi fra i vari carnevali italiani siano infondati e che di ‘opere prime’ (come i vari carnevali ‘spacciano’ ogni loro carro) ce ne siano ben poche. Come per ogni cosa, ci sono i carnevali che vendono e quelli che comprano.

carnevale bertolucci (1)

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Tra i ‘realizzatori-venditori’ troviamo su tutti il carnevale di Viareggio in Toscana. Il baccanale in questione, realizza la sua opera la fa sfilare una sola volta sui viali e poi le vende agli altri baccanali. Insieme al carnevale toscano, tra i venditori troviamo Acireale, Putignano e Massafrà. E chi compra? Un po’ tutti. Dal carnevale di Cento a quello di Busseto passando per Borgosesia, Vercelli, Cantu, Sarno e tanti altri ancora compresi baccanali stranieri come quello irlandese. Ogni carnevale ‘spaccia’ il carro acquistato come opera prima agli spettatori modificandolo e – fin quando è stato messo – eliminando il marchio di tutela di origine (una sorta di doc) messo dal carnevale realizzatore.

Con Cento ad esempio, la vendita di carri da parte del carnevale viareggino è una prassi che va avanti ormai dagli anni cinquanta con particolarità quali la sfilata al sambodromo di Rio de Janeiro fatta dal baccanale emiliano con un carro realizzato a Viareggio oppure la ‘tripletta’ di 3 anni fa quando su 6 costruzioni, 3 erano composte da maschere di cartapesta ‘made in Toscana’. A fornire i numeri ufficiali del «business dell’usato» per la prima volta dopo anni di inutili richieste è stata la Fondazione Carnevale di Viareggio. Che ha elencato – nei suoi bilanci che sono pubblici – tutti gli affari conclusi nel triennio precedente al 2011.

Spiccavano il boia incappucciato con la scure – mascherone centrale delll’opera ‘Troppi grilli per la testa’ eseguito dai carristi toscani Verlanti e Bonetti per il carnevale di Viareggio 2008 e acquistato per 2 mila euro – che vinse il carnevale di Cento nel 2009 sfilando per ‘I Toponi’. Sempre nella stessa edizione del carnevale emiliano nel carro dei ‘Mazaolora’ spunta il toro vincitore nel 2006 a Viareggio mentre in quello dei ‘Ribelli’ l’opera di Luigi Verlanti dal nome ‘Dolce Sinfonia’. Anche se non sono ancora stati messi a referto dalla Fondazione del carnevale viareggino, un paio di ‘presunte’ vendite – che hanno sfilato proprio ieri sui viali – ve le possiamo anticipare noi. Ambedue a Cento. Il carro “Vedo e prevedo..ovvero Carnevale ogni magia vale!” è decisamente ‘somigliante’ a ‘Vedo, prevedo e stravedo’ che ha sfilato nel 2009 a Viareggio così come ‘Il Gobbo di Notre Dame’ dell’associazione Toponi, ‘ricorda’ la costruzione ‘Notre Dame d’Italie’ sfilata in Versilia nel 2010.

Tra le vendite rese note invece troviamo come acquirenti l’associazione carnevalari ‘I volponi’ di San Matteo alla Decina in provincia di Bologna, gli Amici della cartapesta di Busseto, un rione del baccanale di Vercelli, Figline Valdarno e altri ancora. E nessuno sa di preciso quanti ne siano stati venduti in giro negli anni passati visto che pare sfilino lungo le vie dello stivale anche costruzioni risalenti addirittura agli anni settanta. Tutto si ricicla insomma, e di nuovo in giro c’è ben poco.

Tranne ovviamente le creazioni di tutti quei ‘maghi della cartapesta’ dei carnevali italiani che decidono di fare di testa loro. E dei carristi viareggini, forse i più colpiti da questo ‘business dell’usato’. Sì perché le costruzioni realizzate dai carristi di Viareggio sono di proprietà della Fondazione Carnevale che glieli commissiona pagandoli e che, una volta che le costruzioni hanno sfilato sui viali, può decidere cosa farne. Anche rivenderli. Con buona pace dei carristi che, con le giuste proporzioni, si mettono la maschera del triste Pierrot e fanno la ‘figura’ dei grandi pittori che vedono gli altri arricchirsi con le loro opere e soprattutto – cosa che ai grandi artisti del passato non succedeva – vedono altri farsi belli con le loro invenzioni.

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