IL PIANTO DEL BOSCO di Anna Paolelli

IL PIANTO DEL BOSCO
Nel mio paese, Caprarola, c’era un bel bosco di alberi secolari nel Parco delle ex Scuderie Farnese, chiamato da noi paesani Parco della Colonia, perché ha ospitato fino gli anni 60 del secolo scorso i ragazzi delle elementari, le colonie estive organizzate dal Provveditorato agli Studi di Roma.
Il bosco era abitato da una comunità di alberi, gli alberi affondano le radici nel terreno, non si spostano, ma come gli uomini sono diversi, per cultura, per portamento, carattere e personalità, hanno un proprio linguaggio e comunicano in vario modo: con la bellezza, con il vento che fa oscillare le fronde, attraverso gli uccelli che abitano i rami e soprattutto ciascuno con la propria sensibilità.
Ci sono castagni, abeti bianchi, pini, cedri, c’è una magnolia dai profumati fiori bianchi, un verde agrifoglio, una cespugliosa tuia, un maestoso tasso, siepi di bosso, di lauroceraso, le spinose acacie, e ….…..
In primavera arrivano le viole, violette, primule, ciclamini, orchidee e tante fragoline e gli uccelli costruiscono tra le fronde le loro case; in autunno le dolci castagne e funghi profumati. Poi con il lungo inverno il bosco si riposa.
Il bosco aveva attraversato negli anni molti dolori per la perdita di qualche caro compagno malato, per rami spezzati da abbondanti nevicate, per qualche nido rubato, per i fiori calpestati, ma accoglieva sempre con la sua frescura e ombra i visitatori, sapendo che era curato e tutelato per la sua bellezza, che poteva vivere la vecchiaia con serenità come “bene comune”.
Una mattina di dicembre, poco prima di Natale 2017, l’abete bianco, il padre del bosco, convocò una riunione perché il cattivo agrifoglio gli aveva riferito una notizia inquietante : “ ho sentito che il Comune di Caprarola vuole tagliare alcuni alberi”. L’abete bianco chiese con calma: sai anche il perché. ? Siete pericolosi, vecchi e qualcuno malato rispose l’agrifoglio. Pericolosi? e per chi? Per la pubblica incolumità.” Il patriarca sapeva che per l’agrifoglio non era un problema, godeva di una particolare tutela, e quindi la notizia era fondata. Il patriarca del bosco, l’abete bianco convocò subito una riunione, sapeva bene che in democrazia l’ascolto di più voci, il rispetto e il confronto sono alla base del vivere civile.
Gli uccelli volarono di albero in albero e portarono la notizia all’intero bosco, ai loro vicini alberi del Parco di Palazzo Farnese e del bosco di Santa Teresa. Arrivarono tutti: i generosi castagni, i solenni abeti bianchi, i riposanti pini, la frondosa tuia, la maestosa magnolia dai profumati fiori bianchi, l’odoroso lauroceraso, le spinose acacie e il maestoso e monumentale tasso.
Il padre del bosco, l’abete bianco, aprì la riunione e riferì la notizia.
Tutti gli alberi erano spaventati ma prese la parola il vecchio e generoso castagno che conosceva bene le regole e cercò di confortarli “so che tutto il parco ha un vincolo, siamo tutelati, e il proprietario è il Comune di Roma non è il Comune di Caprarola, poi c’è la Provincia, l’Istituto Alberghiero, la Soprintendenza, i Carabinieri Forestali, la Riserva del Lago di Vico, tutte le associazioni ambientaliste e i nostri amici paesani. E poi non vi devo ricordare l’art.9 della Costituzione italiana che ci protegge, le Leggi regionali, i Regolamenti, ecc.”
Dovete avere fiducia. Vedrete non ci taglieranno”.
Iniziarono gli interventi.
Prese la parola il cedro: “ho letto e riletto la Convenzione con il Comune di Roma, il proprietario, ma di noi alberi non c’è traccia, parla solo di terreno e non di Parco. Mi chiedo “ il dirigente che ha firmato avrà mai fatto un sopralluogo? Sono molto preoccupato, siamo proprio governati male!!”
Il tasso: “siamo anche stati censiti nel 2015 come alberi monumentali dai nostri amici della Legambiente. Vi ricordate?” Rispose la tuia che come donna ha buona memoria: “certo e ricordo che tutta la documentazione è stata data proprio al Comune. Ricordo anche dei cartoncini-cartelle di pubblicità delle ex Scuderie con belle foto della foresteria, del teatro, della sala degustazioni, un grande salone per conferenze e congressi, e il nostro bosco con panchine e tavoli in legno”. Rispose il tranquillo pino: “ ma che io sappia al censimento non c’è stata risposta, e poi non basta progettare, trasformare, tagliare, se non c’è cura tutto muore”. “Già” , commentò tristemente il lauroceraso.
Sull’assemblea scese una grande preoccupazione e malinconia perché il cattivo agrifoglio prima di andarsene salutò “ compagni state sereni”, suggerimento che gli alberi avevano già sentito e ne conoscevano i risultati.
La riunione si sciolse, si ritirarono i vicini alberi del parco di Palazzo Farnese e del bosco di Santa Teresa, si salutarono con affetto, consapevoli che il loro destino era segnato.
Il cosiddetto progetto di recupero del parco prevedeva il taglio dei tranquilli pini, degli abeti bianchi, degli aceri secolari, dell’odoroso lauroceraso, dei generosi castagni, dei cespugli di bosso e del maestoso tasso: il bosco perdeva così più di 30 abitanti.
La magnolia che alla riunione non aveva preso la parola, rimasta sola pianse a lungo e come tutte le donne, sagge e riflessive si chiese incredula “ ma come? recuperare un parco storico vuol dire eliminare i suoi abitanti? Per fare strade, parcheggi, zone ristoro e per attività sportive? Non ci posso credere”. E giù a piangere.
Questa volta anche il cattivo agrifoglio si commosse e cercò di confortarla: “non posso che darti ragione cara compagna: Il Comune non sa riconoscere la bellezza e quindi non può vedere negli alberi il futuro”.
Oggi passeggiando in quel che rimane del bosco, si può sentire il pianto, il lamento degli alberi che non ci sono più, non sono arrivati i ciclamini, le viole, le violette, le orchidee e gli uccelli non cantano più.
Anna Paolelli

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