Riattivate la linea ferroviaria DEI DUE MARI CIVITAVECCHIA ANCONA

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Ricostruzione e riattivazione della linea che collega Civitavecchia e Ancona

 16 Aprile 2021 

La ricostruzione e riattivazione della linea che collega Civitavecchia e Ancona costituisce un’opportunità unica per sperimentare nuovi modi di abitare e di entrare in relazione con il territorio.

Di seguito saranno descritti brevemente alcuni fenomeni, molto recenti, che potrebbero incentivare l’interesse verso questa importante linea di collegamento tra i due mari Tirreno e Adriatico, inquadrando la tematica sulla concezione di un sistema abitativo e di servizio, di tipo lineare e a scala territoriale, costituito dalla sequenza di piccoli nuclei urbani serviti da un treno “slow”, un mezzo di trasporto molto più sostenibile rispetto quello su gomme.

Il collegamento ferroviario potrebbe attivare una serie di interventi “a catena” che, nel lungo periodo, genererebbero maggiore interesse verso i borghi presenti lungo il sistema lineare, attirando nuovi abitanti e, di conseguenza, una maggiore richiesta di servizi.

L’interesse verso i piccoli centri abitati è un fenomeno non recente che è stato particolarmente potenziato dalla pandemia da Covid-19, trovando però una radice più profonda anche in altri recenti fenomeni, precedenti alla pandemia, e che riguardano i nuovi tipi di turismo, in particolare quello “esperienziale”.

Effetto post-domestico

La pandemia ha determinato diversi tipi di crisi e, tra queste, quella dello spazio domestico, evidenziando tutti i limiti delle tipologie residenziali e delle case che abbiamo ereditato dal secolo scorso.

Uno dei termini che esprime in sintesi questo problema è la “post-domesticità”, che potrebbe essere orientata verso la poli-domesticità, cioè la sperimentazione di infiniti nuovi modi di abitare, attraverso un intenso dialogo tra tecnici e umanisti, progettisti e filosofi, in grado di definire diversi sistemi abitativi.

Dopo le figure sanitarie, saranno i progettisti a dover creare gli strumenti per arginare gli scenari che l’antropocene ci sta preparando, i cambiamenti sono in atto e alcuni sono irreversibili, siamo già nel dopo, nel punto di non ritorno. Il progettista deve immaginare quali altri scenari si possono presentare, non dobbiamo pensare che dopo la pandemia si risolverà tutto, perché purtroppo succederà altro.

L’idea di immaginare scenari futuri, come avviene ad esempio nell’ambito della fantascienza (che non ha niente a che vedere con il fantasy), è un modo per immaginare situazioni diverse, fondate su una realtà effettiva ma spinta molto velocemente verso il futuro.

L’importanza della visionarietà è riconoscibile lungo tutta la storia dell’uomo, perché l’unico modo che ha salvato la specie è stata proprio la capacità di immaginare scenari differenti da quelli presenti.

Oggi abbiamo perso molto di questa capacità perché la società è ormai basata solo sull’immaginario della produzione industriale, che ci ha ridotti a consumatori senza immaginazione.

Se pensiamo alla storia dell’uomo, sappiamo di essere homo sapiens da soli 300.000 anni, quindi siamo sedentari da un arco temporale piuttosto breve se paragonato al tempo trascorso dall’epoca in cui siamo arrivati sulla Terra. Questo significa che, da un punto di vista genetico, l’uomo è prevalentemente abituato a stare fuori, all’aperto e in movimento. Da qui emerge la necessità di lavorare sulla possibilità di offrire spazi all’esterno, contrariamente a quanto fa l’architettura che tende a creare spazi prevalentemente chiusi.

Le nostre case si basano ancora sui principi abitativi delle case del tardo Ottocento, con spazi legati a certi riti tradizionali. In futuro, quale idea di casa potrebbe essere necessaria per realizzare un modo di abitare post-domestico? Probabilmente, per creare spazi incentrati sulla cura e sul benessere fisico dell’uomo, avremo la necessità di potenziare l’esterno nei nostri spazi interni.

Pensando allo Smart working, abbiamo assistito al ritorno del lavoro nelle nostre case, ma in realtà il lavoro è sempre stato nella casa con la bottega e si è allontanato dalla casa quando è iniziata l’era industriale, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.

La città non è costituita solo dalla sua parte fisica ma dalle persone che la abitano. Durante il lockdown, gli spazi domestici sono oggetti di contesa tra gli abitanti. Alcuni individui non sono abituati a stare negli stessi spazi tutto il giorno. Il tavolo di cucina può assumere ruoli diversi durante l’arco della giornata: dopo i pasti è da ufficio, o luogo dove avvengono collegamenti diversi in contemporanea, attraverso l’uso delle cuffie.

La DAD è stato un grande cambiamento, introducendo un sistema di controllo e un diverso rapporto tra genitori e figli, aggiungendo quindi funzioni che erano prima delegate alla scuola e agli insegnanti.

Quando la crisi pandemica sarà cessata, come si sarà trasformata la società? Queste nuove attività post-domestiche come cambieranno il sistema abitativo?

La necessità del viaggio

La crisi del turismo ha temporaneamente trasformato gli alberghi in spazi del lavoro per chi non aveva la possibilità di lavorare a casa. Questa possibilità è stata però per pochi gruppi elitari che potevano permetterselo. In seguito alla costrizione del dover restare a casa, tra un periodo di zona rossa e un altro di colore più tenue, masse di persone al di sotto della soglia di età considerata a rischio cercheranno di allontanarsi da casa e di riconquistare quei momenti di relax che solo il viaggio e l’allontanamento dalla solita routine riescono ad offrire.

Prima del fenomeno pandemico, il tipo di turismo in espansione era il turismo culturale, i cosiddetti “millenials” (nati negli anni Ottanta) sono più propensi ad utilizzare un consulente per pianificare una vacanza: più del 40% ritiene che le proprie scelte di destinazione rivelino qualcosa su chi sono, e il 72% usa il viaggio per avere nuove prospettive e scoprire nuovi modi di vivere. (AirGuide Business, 2020)

Un’ampia letteratura internazionale dimostra che la richiesta di esperienze coinvolgenti, emozionanti e di interazione personale, con le comunità locali, è in crescita. Così, il viaggio è sempre più inteso come catalizzatore di connessioni più profonde con il sé, la natura, i luoghi e le persone. In particolare, emerge un grande interesse verso sofisticate esperienze “trasformative” (autorealizzazione, crescita, identità). A tutto ciò si aggiunge la questione del necessario sviluppo sostenibile dell’industria del turismo che può portare alla trasformazione di comunità locali che, a loro volta, hanno un impatto su quelle globali. (Seeler e Schänzel, 2019)

La demo Voyageur, ad esempio, si basa sulla discrepanza tra le esigenze degli utenti, alla ricerca di servizi, e lo stato attuale dei motori di ricerca. A differenza degli aspetti oggettivi che possono essere forniti fedelmente dai gestori dei servizi turistici, gli utenti si aspettano che i dati, sulle componenti esperienziali, provengano da altri clienti. Tali dati sono espressi nelle recensioni online e nei social media. D’altra parte, fare ricerca sugli aspetti esperienziali dei servizi è piuttosto complicato perché l’universo delle esperienze è vasto, soggettivo e personale. Inoltre, viene espresso utilizzando molte varianti linguistiche e i database non riescono a cogliere questo genere di sfumature. (Megagon Labs, 2019)

Durante il XX secolo, il paesaggio e l’architettura hanno subito un processo di allontanamento da quella “cultura materiale” che per secoli ha prodotto quei rapporti eterogenei chiaramente riconosciuti come il maggior valore dell’Italia. Questo fenomeno ha portato ad un disconoscimento progressivo del valore sociale del Bene Culturale, così come sancito dall’art. 9 della Costituzione.

Mentre il sistema paese perdeva contatto con lo spirito della propria identità materiale, i processi culturali generali, a livello mondiale, tendevano a riscoprire il valore dell’esperienza di viaggio intesa come possibilità di trovare quei modi di vivere peculiari di un dato territorio.

Prospettive

A fine marzo 2020, siamo passati dal 570.000 a 6.580.000 di persone in Smart working. Dopo la pandemia, è possibile che il lavoro dipendente si trasformerà in post-fordismo digitale e si concentrerà più sugli obiettivi da raggiungere in autogestione, che sul numero delle ore lavorative, modificando radicalmente i tempi della giornata dei lavoratori. La nuova disoccupazione, dovuta alla crisi, potrebbe essere compensata dalle start up nel settore dell’economia digitale. Crescerà anche il settore sanitario e della cura della persona.

Questi profondi cambiamenti quali influenze eserciteranno su spazi, città e territori?

Il comune di Milano, ad esempio, sta utilizzando spazi di coworking e nearworking vicino alle abitazioni dei suoi dipendenti. Dal punto di vista edilizio, Milano sta vivendo una situazione drammatica perché, ad esempio, le recenti costruzioni di grattacieli, con un eccesso di spazi per uffici, genererà una nuova era di vuoti urbani, come è avvenuto negli anni Ottanta con la Bicocca.

Le imprese non manifatturiere cambieranno molto e avranno pochissimi spazi fisici. Per evitare il concentramento delle attività lavorative all’interno delle abitazioni, dove le tensioni nelle famiglie sono diventate molto forti, sarebbe utile creare spazi di coworking collocandoli lungo i sistemi viari.

In questo modo i borghi reinventeranno nuovi modelli attrattivi con sistemi di resilienza e inclusione. I nuovi piani si baseranno su mix di pianificazione ambientale, paesaggistica e territoriale.

La pandemia ha determinato improvvise inversioni di tendenza nel campo immobiliare, dove l’interesse verso i grandi centri urbani, particolarmente investiti dal problema della velocità di diffusione del virus, è fortemente diminuito a favore di un nuovo interesse verso la corona esterna della città, cioè al di là delle stesse periferie, secondo una mobilità di breve raggio.

L’impatto sulle grandi città sarà devastante e cambieranno completamente i paradigmi. Il nomadismo crescente e il lavoro non in presenza sono fenomeni già molto elevati in Italia. L’aumento del lavoro digitale intellettuale prevederà uno scenario molto complesso con nuovi modelli urbani organizzati su sistemi di aggregazione per borghi, caratterizzati da piccoli spostamenti per accedere ai servizi.

Probabilmente le grandi città dovranno ripensare i propri quartieri seguendo la logica dei borghi con identità specifiche e necessariamente diverse tra loro. Le precedenti città diffuse saranno sostituite da una nuova logica di interdipendenza delle parti di un territorio.

La ferrovia dei due mari possiede tutte le caratteristiche per diventare un modello abitativo innovativo perché sostenibile e inclusivo, capace cioè di rispondere alle necessità future di una società post-domestica particolarmente interessata ad attività esperienziali attraverso la conoscenza delle diversità sia naturali che culturali.

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