Geraldine si è girata tutta (tutta) la Tuscia

di Stefano Mecorio

Ne è uscito un blog ed il libro “Fuori luogo”, la prima guida sentimentale della zona

Geraldine, a Pianoscarano

Geraldine, a Pianoscarano

 

 

 

 

 

 

 

Con un nome così, nella vita prima o poi qualcosa di figo lo devi fare per forza. Ve la immaginate voi una che si chiama Geraldine Meyer seduta dietro una qualsiasi scrivania? No noi no. E infatti Ger, che nasce a Milano ma vive ormai stabilmente ad Ischia di Castro, da un anno e più ha deciso di mettersi in discussione e in cammino. Si è girata tutta la Tuscia. Paese per paese, frazione dopo frazione. Alla ricerca di se stessa e degli altri. Dei volti e non delle mode.
Ciò che ne è uscito è un blog pieno zeppo di emozioni (discovery Tuscia). Una rotta sentimentale che non finirà mai. E che ha fatto un rapido pit-stop su carta.  A settembre (dopo Santa Rosa) uscirà pertanto il suo primo libro, “Fuori Luogo” (per la casa editrice “Sette città”). “Tutte le strade portano a Roma ma passano altrove”, sottotitolo.
Sembra interessante, parliamone.

Quanto è grande la Tuscia?
“Stiamo parlando di una terra che ha un’estensione di un po’ più di 3500 km quadrati. Almeno per quanto riguarda la provincia di Viterbo. Una terra che arriva a confinare con la Toscana e con l’Umbria. Poi consideri che c’è anche quella che viene chiamata Tuscia romana, a cui appartengono i comuni che si affacciano sul lago di Bracciano. Ma davvero credo che la sua grandezza sia relativa. Può sembrare grandissima e molto piccola nello stesso tempo”.
Quanto ci vuole per girarla tutta?
“C’è chi ci ha messo ottanta giorni. Io ci ho messo un anno e mezzo perché è stato un viaggio non continuativo. Abitando a Ischia di Castro mi sono potuta permettere di girarla con i miei ritmi”.
Ma almeno a indicazioni stradali siamo messi bene?
“Sinceramente? Per la mia esperienza direi di sì. Consideri che io mi sono spostata in macchina. Per quanto riguarda i sentieri della Francigena però, di cui tanto si dibatte, non saprei dire”.
Scherzi a parte, è stato un viaggio emozionante?
“Non solo emozionante. Direi anche commovente per certi aspetti. I paesi della Tuscia sono qualcosa di incredibile. Credo di poterli definire i miei maestri. Mi hanno insegnato tanto. E credo che non sarò mai in grado di restituire loro neanche la metà di quello che loro hanno dato a me”.
Riassumiamola in un unico aggettivo.
“Complessa”.
Quanti comuni si è girata?
“Tutti. Sessanta, direi”.
E quante frazioni?
“Più di una decina”.
E quante sotto-frazioni?
“Non saprei. Ma diciamo che mi sono mangiata quasi tutta la Tuscia viterbese”.
Il luogo che le è rimasto nel cuore più degli altri?
“Roccalvecce. È un paese che mi è entrato sotto la pelle dalla prima volta che ci ho passeggiato. E ogni volta che ci torno mi regala qualcosa di inedito. È un luogo, per me, unico. Certo ogni luogo è unico a modo suo. Ma Roccalvecce ha una voce che non mi abbandona mai”.

La copertina del libro targata "Sette città"

La copertina del libro targata “Sette città”

Quello meno non lo diciamo. Puntiamo il dito altrove: come sono gli abitanti della Tuscia?
“Devo, per onestà intellettuale, limitare ogni considerazione a ciò che ho provato. Ho iniziato a girare portandomi addosso alcuni luoghi comuni, credo. In realtà ho trovato persone, nella maggior parte dei casi, molto accoglienti, con tanta voglia di raccontare. Ma, penso, senza voler essere a tutti i costi immodesta, che tutto dipenda da come ci si approccia. Forse a me è andata bene semplicemente perché mi sono avvicinata a questi paesi con quello che Franco Arminio definisce lo sguardo del cane, dal basso”.
Gira voce che la sua sarà una “guida sentimentale”. Cioè?
“Cioè assolutamente parziale, faziosa, intima in un certo senso. Sentimentale perché più che essere io a raccontare la Tuscia come l’ho vista, posso dire che è stata la Tuscia a raccontarmi qualcosa di me”.
L’invito al lettore, al fruitore, al turista, al visitatore, quale è perciò?
“Uno solo: perdersi. Non c’è occasione più preziosa nella vita”.
Il concetto di genuinità qua ancora si respira?
“Sì. Ma è la genuinità più autentica, cioè non quella bucolica che si immagina chi viene da fuori. Non c’è nulla di poetico nella genuinità della Tuscia, anzi. Qui genuinità è, per me, sinonimo, di contraddizione, complessità, ignoranza, cultura. In una parola, per me la Tuscia è pop. Quindi l’apoteosi della genuinità”.
E, a fronte di questo, cos’è che manca? Nel senso, in fin dei conti ce la passiamo maluccio.
“Manca la consapevolezza di far parte di una terra con una sua identità, seppur sfaccettata. O c’è campanilismo o c’è disinteresse, nella maggior parte dei casi. Manca, credo, quello che manca un po’ all’Italia intera: i mezzi per affrontare la complessità. Ma, mi creda, non siete, siamo, messi peggio del resto del paese”.
Ogni suo viaggio è raccolto in un blog in rete, discoveryTuscia. La seguono?
“Molto più di quanto potessi immaginare. Se penso che è cominciato tutto quasi per gioco…”.
Sarà mica che qualcuno dei lettori si incuriosisce e ci viene a trovare?
“So per certo che qualcuno lo ha fatto dopo aver letto il blog. Ma sa una cosa? Da qualche parte del mio cuore spero che siano in pochi. Sto diventando tusciana a tutti gli effetti. Quindi gelosissima di questa terra”.
In ogni caso: data prevista per l’uscita del libro? Dopo Santa Rosa?
“Se le dico che non lo so, mi crede? Con il mio editore si è detto settembre ma la data non la abbiamo ancora stabilita”.

Roccalvecce, dall'alto

Roccalvecce, dall’alto

E poi: ha finito comuni e frazioni. Adesso dove spenderà il suo tempo libero?
“Sempre in quei comuni e in quelle frazioni. Non basta una vita per guardare tutto. Credo di avere visto, forse, un decimo di tutto quello che la Tuscia custodisce”.
Ci si avvicina alla chiusura. Quindi saremo doverosamente banali. Si campa meglio a Ischia o a Milano?
“Qualunque risposta manichea sarebbe falsa. Milano è la mia città e questo è un dato di fatto, non un’opinione. Nel mio caso adesso si campa meglio a Ischia ma dopo aver vissuto 49 anni a Milano. Milano non è il demonio e Ischia non è il paradiso. Ma, a questo punto della mia vita, Ischia è ciò di cui ho bisogno”.
E alla fine, la domanda vera è: perché lo ha fatto?
“Per evitare di imbottirmi di Lexotan. E dico davvero. Ho iniziato a girare la Tuscia per cercare di tenere a bada la mia ansia, la mia inquietudine. Devo citare ancora Franco Arminio: se ci esce, se si gira, si diventa un bersaglio mobile, ed è più difficile che i cattivi pensieri ci prendano in pieno“.

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