I tracciati proposti per il completamento della superstrada sono antieconomici e anacronistici

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comitato provinciale viterbo

Il dibattito sulla Trasversale o Superstrada come si voglia chiamare, che avrebbe dovuto congiungere il Centro Italia a Civitavecchia, non accenna a finire e forse è un bene se poi le scelte saranno le più giuste negli interessi veri delle popolazioni.

Per tanto tempo le forze politiche si sono adoperate perché venisse finanziato l’ultimo tratto. E’ qui però che nascono i problemi, a nostro parere derivanti dalla mancanza di programmazione lungimirante, che avrebbe dovuto tener conto di tutte le variabili e soprattutto dell’impatto ambientale e sociale che certe opere producono.

Ora la discussione è su tre tracciati,  tutti di enorme sconvolgimento ambientale, dato che insistono sul territorio di Tarquinia, ricco di necropoli e di agricoltura produttiva.

La scelta tra i tracciati è una scelta che i cittadini dovranno subire o possono ancora essere partecipi del loro futuro?

E’ una decisione importante e siccome crediamo nella democrazia invitiamo le istituzioni a cercare di comprendere le ragioni di tutti agricoltori, ambientalisti, comitati e cittadini, che vengono obbligati a dover scegliere il tracciato, tra i tre, che produce minor male.

A nostro parere quindi sarebbe più che mai importante pensare al futuro,  alla programmazione del territorio attraverso la mobilità tutta: stradale e ferroviaria.

Incominciamo quindi col dire che il trasporto di merci, in particolare di lunga percorrenza, sulle strade va ridotto, fino ad essere eliminato e non solo per i rischi che questo comporta.

Incominciamo col dire che dai  vertici mondiali e per ultimo dal summit di Parigi è scaturita la proposta di lavorare con urgenza per ridurre l’inquinamento atmosferico. Ciò ha portato l’Unione Europea a direttive che invitano gli Stati membri a trasferire le merci su ferrovia. L’Italia in questo momento trasporta solo il 7,8% delle merci ed è richiesto che entro il 2050 siano trasportate per ferrovia il 50% delle merci. Se non verrà raggiunto l’Italia sarà oggetto d’infrazione e quindi dovrà anche pagare penalità. Penalità che si sommano a quelle che l’inquinamento atmosferico produce e che aumenterà sensibilmente, con danni irreversibili all’ambiente, elevamento del livello dei mari e danni alla salute delle persone.

Va detta la parola basta alla realizzazione esclusiva di strade che aggravano questi problemi. Dobbiamo smetterla di consumare suolo.

La domanda, allora,  che ci poniamo è questa: Perché le associazioni industriali e anche artigianali, sindacati e istituzioni non tengono conto di questo che ormai tutti dovremmo definire un assunto?

Da parte nostra condividiamo quanto afferma il comitato per il diritto alla mobilità che indica le tre vie proposte (Verde, Blu, Viola), come dannose per il territorio. C’è da sempre una quarta via che ancora non si vuole percorrere ed è stata indicata decisamente dai cittadini che fanno parte del comitato, che vengono additati come coloro che non vogliono lo sviluppo.

Di quale sviluppo si parla? Quello del consumo di suolo agricolo, per un vantaggio che alla prova sarà inesistente e dannoso alla salute?

Uno qualsiasi dei tre tracciati, a nostro parere, è una scelta sbagliata. Scelte antieconomiche e anacronistiche. Per questo riteniamo che la scelta giusta per programmare lo sviluppo del territorio sia  quella della sostenibilità ambientale.

Anche il Ministro Del Rio nella presentazione della politica dei trasporti parla di ritorno obbligato al ferro, eppure a livello regionale ancora non si fanno scelte conseguenti.

Perché allora non si sceglie di migliorare l’attuale strada Aurelia bis rendendola sicura ?

Perché non si riapre la ferrovia Civitavecchia-Capranica-Orte che unisce il Porto di Civitavecchia all’Interporto Centro Italia di Orte , che tutti dicono utile in primo luogo per il trasporto merci, quindi viaggiatori e per il servizio turistico?

Noi crediamo che se venisse seriamente svolta la MATRICE MULTICRITERI, sulle opere in progetto e si leggesse il libro Bianco dell’Unione Europea che ripete continuamente la parola DECARBONIZZAZIONE, molte scelte dannose verrebbero evitate.

05 aprile 2016

Raimondo Chiricozzi
AICS AMBIENTE Referente per la Tuscia

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