Mafia. Elisabetta Tripodi racconta la ‘ndrangheta di oggi.

di Barbara Conti

La ‘ndrangheta è cambiata, è molto più pericolosa ed è un fenomeno che non va sottovalutato né trascurato; ma combattuto con l’ausilio della politica, oltre che delle forze dell’ordine e della giustizia, e di nuove politiche produttive e di investimenti economici sui settori produttivi più bisognosi. Spesso a distruggere l’economia del Sud è la “concorrenza dovuta alla globalizzazione”. A lanciare l’appello è il sindaco di Rosarno (RC), Elisabetta Tripodi, in un’intervista rilasciata a “Porta e porta”, ma a cui anche il Financial Times ha dedicato un’intera pagina.

La ‘ndrangheta –ha detto a Bruno Vespa questa donna-coraggio- è molto più pericolosa di un tempo, ha molto più potere economico coi grandi capitali che le sono arrivati dal traffico della droga; ciò ha fatto sì che la ‘ndrangheta diventasse imprenditrice, soprattutto oggi in un grande periodo di crisi economica. Il fatto che solo oggi si sia scoperto che la ‘ndrangheta è arrivata all’estero e in Italia è l’effetto della sottovalutazione del fenomeno che l’ha fatta diventare potere economico. Lei ama la sua terra, da giovane è fuggita per poi tornare dopo 20 anni per dire no a questa forza mafiosa che toglie il futuro ai giovani. Diventata sindaco, si è costituita parte civile nei processi contro il clan Pesce e si è attivata per far abbattere la casa abusiva dove viveva la madre di uno dei più potenti boss: Rocco Pesce. Da allora vive sotto scorta. Come Roberto Saviano e come lo chef de “La prova del cuoco” di Antonella Clerici, Natale Giunta. Da quando ricevette, dal carcere, una lettera di Pesce, su busta intestata del Comune, con scritto: “ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio e converrà con me che l’estremo perbenismo è solamente ipocrisia; sono convinto che è persona troppo intelligente per poter cadere in simili bassezze”. La ‘ndrangheta controlla la politica, è ovunque e sa insediarsi nel tessuto sociale in maniera autoritaria grazie ai legami di sangue: “la ‘ndrangheta è più pericolosa della mafia. Ha una struttura diversa di tipo familiare, in cui è difficile che ci siano pentimenti perché il vincolo di sangue unisce oltremisura gli aderenti alla cosca. Ma lei non è spaventata, solo amareggiata: “se tutti andassimo via pensando che altrove si vive meglio, che resterebbe?”, si interroga. Per fortuna, nota: “la gente ha voglia di reagire, di alzare la testa e cambiare le cose. Portatrici di tale istanza sono le donne; esterne alla ‘ndrangheta come lei, ma anche “figlie” della stessa, che diventano collaboratrici di giustizia, denunciando i soprusi alla base dell’efferatezza di cui può essere capace, a rischio della vita: alcune ce l’hanno fatta, come Giuseppina Pesce, altre no e sono state sciolte nell’acido: Lea Garofalo.

Una situazione ben visibile nella fiction di Ricky Tognazzi “L’Assalto”. (Leggi sotto l’articolo di B.Conti ndr) 

Una rivoluzione “rosa” inversamente proporzionale alla “grande migrazione intellettuale” dei giovani di cui parla preoccupata Tripodi: c’è chi decide di restare per combatter da dentro, dall’interno. Rischiando tutto. Quello che ha fatto lei, senza per questo sentirsi “il sindaco che ha lottato contro la mafia”, etichetta che rifiuta. La lotta è più facile ora con le videocamere di sorveglianza che hanno aiutato a risolvere casi criminali.

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Dietro quella che la ‘ndrangheta chiama amicizia, si cela la collaborazione, che significa lavorare per essa, ovvero fare da “prestanome” per la sua azione: un’offerta che non può essere rifiutata, altrimenti è in grado di portare al fallimento l’azienda stessa, invece che “sostenerla” per “alimentarsi” anche della linfa vitale buona dell’economia. Il boss della ‘ndrangheta calabrese: Domenico Crea (interpretato da Luigi-Maria Burruano) chiederà all’imprenditore Giancarlo Ferraris (alias Diego Abatantuono), di prendere a lavorare con sé a dirigere la sua azienda il nipote Giovanni De Luca (Paolo Mazzarelli), giovane avvenente senza scrupoli che cerca di irretire sua figlia Federica (Camilla Semino-Favro), all’inizio ingenua, poi portatrice dell’istanza del cambiamento e del coraggio del dire “no”, quel “basta” fondamentale. Senza farsi intimidire dalle minacce del “non finisce qui”. Curioso che sia pronunciato parallelamente da traditi e traditori. Con un incendio doloso, apparentemente fortuito, la ‘ndrangheta può distruggere un’intera struttura, che si ritroverà nel filone dell’economia sommersa del racket, la piaga economica moderna per eccellenza. I veri amici sanno che “quell’azienda non esiste più; è rimasto solamente il nome”. La regola è che: “gli amici vanno ascoltati, vanno rispettati come la famiglia”, cioè non si può disobbedire alla ‘ndrangheta. Però, sarà in nome della famiglia, dell’amore per la figlia, per l’affetto per gli amici, per gli operai che hanno sempre lavorato per lui precedentemente, per la propria dignità che Ferraris si ribellerà, ritrovando gli affetti veri. Per ritrovare se stesso. Una volta che è spalle al muro, che non può più tornare indietro, non resta che andare avanti nel collaborare con la polizia e il commissario Pironti (alias Thomas Trabacchi). Questo è un aspetto su cui Tognazzi insiste, nel non continuare a ribellarsi da soli, poiché così non si può riuscire, ma aiutando le indagini. C’è chi riesce e chi no, ma si deve sempre tentare di opporsi. Se “la fortuna non può durare tutta la vita.,..senti gli amici” dice il boss calabrese a Ferraris, neppure la sfortuna. La dignità e il rispetto di chi ci vuole bene contano molto più del successo facile e disonesto. Si può vincere un appalto, costruire palazzi interi, ma se non si sanno costruire rapporti umani e vincere la battaglia della vita che è saper amare, allora sì che si perde tutto. Una ragione in più per non cedere alla rassegnazione o al ricatto squallido che è quello morale più che economico; l’interesse chiesto dalla ‘ndrangheta, infatti, non è finanziario quanto umano, personale. Puntando sull’importanza che rivestono le persone care, toccano i punti più sensibili, basandosi su di essi per costringere a cedere al suo potere privo di scrupoli. Ed è lì che essa assale la vittima, la cui conquista più grande è ritrovare gli amici veri.

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