L’etica non etica e la morale non morale della spiritualità naturale (o laica)

da lacitta.eu 

Domenica 16 Settembre 2012 01:19

 

 Sogno di una notte di mezza estate

Calcata Ricordo parecchi anni fa un momento magico vissuto a Calcata, nelle grotte di Jorgen, l’amico danese che se ne tornò al suo paese per morire… Nelle grotte di Jorgen fu messa in scena una commedia mitologica e misterica: Il Risveglio di Titania.

Nella commedia Titania è una splendida creatura fatata che se ne va in giro per i boschi col suo fedele corteo di spiritelli. Shakespeare ha scritto del loro litigio e della vendetta del suo legittimo sposo Oberon, dopo che Titania non ha voluto vendergli il suo prezioso paggio indiano, motivo delle gelosie di Oberon.

Così Oberon sorprende Titania addormentata e le spreme sugli occhi il succo della viola del pensiero, fiore fatato capace di far innamorare chiunque della prima cosa che vedrà. Così, al suo risveglio, Titania si innamora di Bottom, un orribile uomo dotato di una testa d’asino. La storia ha comunque un lieto fine,  i due sposi magici si riconciliano superando i concetti restrittivi di gelosia, invidia,  etica e morale.

Questa storia, come tutti i racconti di Shakespeare evoca diversi significati. L’addormentarsi di Titania è come  la morte ed il risveglio è in verità il sogno che noi prendiamo per realtà. In esso godiamo l’illusione dei sensi ed amiamo ciò che non possiamo riconoscere. La riconciliazione è il momento del ritorno alla libertà, il superamento delle illusioni e della schiavitù dei sentimenti imposti.

Etica e morale, due pensieri cangianti e relativi, i cinesi antichi avevano la faccia tosta di ammettere che queste due qualità fossero solo una convenienza sociale. Nel   Taoismo erano considerate due forme ipocrite di asservimento alle consuetudini. La morale e l’etica sono state usate da tutte le religioni monoteiste come bandierine simboliche per giustificare il bene programmato a sistema, mentre l’amoralità e il “difetto” di contegno sono indicati come grave carenza sociale e religiosa. Ma ora lasciamo da parte questi aspetti che riguardano specificatamente il comportamento ed i costumi nella società attuale. 

In fondo l’esempio di Titania è alquanto leggero e ludico, il risveglio “vero” avviene attraverso l’amore, che purifica gli occhi e rende chiaro l’intelletto.  Ben diverso il caso in altre storie mitologiche  in cui  la sofferenza volontaria od espiativa degli eroi viene descritta in termini di emancipazione, come nella storia di Odino o Prometeo.

Cristo e Dioniso anch’essi morirono volontariamente per la salvezza altrui…. Insomma nella morale e nell’etica si accetta tranquillamente che il sacrificio di sé sia un bene supremo se rivolto ad una causa ritenuta nobile e degna… ma dal punto di vista della vita dov’è la differenza fra un suicida per disperazione ed un esaltato religioso?

Scriveva Elemire Zolla, in Discesa all’Ade e resurrezione: “Senza l’Essere l’ente non sussiste: infatti ne promana e ne fa parte.

Ma l’essere non si restringe a spazio e tempo. Senza lo spazio non spaziale del luogo efficiente, suscitatore, dove si figura il punto, non nasce la geometria del mondo in divenire. Come designare questa fonte eterna? In latino proporrei “februare”, che Semeraro fa derivare dall’accadico “haburu”, germoglio, dal dio agrario Ha-ab-bu-ru; Servio informa che “februm” era un tratto di pelle lupesca, salata; nelle cerimonie februanti si celebrava il dio dell’impulso primaverile, Lupercus, e i luperci erano giovani coribanteschi che animavano, flagellandole, le donne, con fruste di pelle lupesca, i “febri”. Le potenze generatrici « non avvennero mai, ma sono sempre: l’intelligenza le vede tutte insieme in un istante, la parola le percorre e le espone in successione» diceva l’osservatore platonico alla conclusione del mondo antico”

Ben diversa questa morale non-morale dalla moralità bacchettona dei nostri “santi padri” che predicavano e praticavano l’autoflagellazione, la misoginia, l’allontanamento dalla natura, la menzogna etica e religiosa, evidentemente anche maleinterpretando il messaggio salvifico del Cristo (ove quest’ultimo fosse realmente esistito…).

Paolo D’Arpin

 

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