L’AICSAMBIENTE NAZIONALE, IL COMITATO PROVINCIALE AICS DI VITERBO, IL COMITATO PER LA RIAPERTURA DELLA FERROVIA DEI DUE MARI CIVITAVECCHIA ORTE TERNI ANCONA E IL COORDINAMENTO NAZIONALE BONIFICA ARMI CHIMICHE hanno presentato le osservazioni per respingere le ipotesi di insediamento nel territorio del deposito di scorie radioattive

sotto l’articolo le osservazioni complete

2021 luglio 07

“LE INTUIZIONI SONO DI FRONTE A ME E PRENDONO SEMPRE FORMA ARTICOLATA “

La commissione ambiente nazionale AICS, il Comitato provinciale AICS Viterbo, il Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche e il Comitato per la riapertura della Ferrovia dei Due Mari Civitavecchia Orte Terni Ancona, hanno inviato un documento dal titolo “LE INTUIZIONI SONO DI FRONTE A ME E PRENDONO SEMPRE FORMA ARTICOLATA “ riguardante le osservazioni rispetto la localizzazione del  Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi.

Particolare ringraziamento lo dobbiamo a Dario Mazzalupi che ha curato lo studio e al gruppo di studiosi ed esperti che con lui hanno collaborato alla stesura del documento. Fra questi l’ing. Valeriano Bonuglia, il dott. Ugo Cristofari, l’arch. Maurizio Selli, il prof. Gabriele Bariletti, la dott.ssa Magdalena M. Pulwer, il dott. Gianluca Di Lauro, il dott. Rodolfo Ridolfi, l’ ing. Marco Rossi, il dott. Valerio Biondi, Vincenzo Ridolfi, Otello Marinozzi, il Centro Meteo per L’Etruria e Roma.

126 pagine di approfondimenti per dire no alla installazione del deposito di scorie radioattive individuate dalla SOGIN nel territorio e contrassegnate dalla sigla CNAPI VT 16 e VT12. Lo studio mette in risalto i motivi di esclusione dei siti individuati.

Sono stati così elencati i criteri di esclusione immediata, i criteri di approfondimento, altre osservazioni ed infine è stata redatta la matrice multicriteri.

Fra questi il fatto che le aree in questione interessano il Bio Distretto della Via Amerina e delle Forre. Insistono in gran parte sul Comune di Corchiano primo Comune per raccolta differenziata della Regione Lazio, che fa parte di uno dei più importanti distretti industriali della Regione. Infine il territorio è per la produzione del nocciolo un’eccellenza italiana che va tutelata e migliorata rispetto le questioni ambientali.  Costruire qui un deposito nazionale di rifiuti radioattivi rappresenta una follia perversa. 

Il Comune di Corchiano è nella Regione Lazio che per numero di abitanti è la seconda d’Italia. Nella Regione Lazio ci sono ben 10 aeroporti, di 2 di livello internazionale. Il Porto di Civitavecchia è il secondo Porto crocieristico europeo.

Inoltre, poco distante dai siti  proposti sono presenti i principali poli logistici del Centro Italia di: Fiano Romano, Monterotondo, Passo Corese con i principali hub dei principali spedizionieri, della multinazionale Amazon e l’interporto di Orte.

Le aree VT-12 e VT-16 distano: – circa 42-50 km dalla nostra Capitale; – 49 km dalla Basilica di San Pietro in Vaticano (VT-16); – 49,6 km dalla Quirinale, – 48,5 km da Piazza del Popolo (VT-16); – 50 km dai principali Ministeri pubblici dello Stato Italiano; – 4 km dal fiume Tevere che attraversa poi da est ad ovest tutta Roma.   Distano appena 4,78 km dalla principale dorsale Nord-Sud dell’Italia: L’autostrada del Sole e 3,7 km dalla linea ferroviaria ad Alta Velocità Milano-Napoli. – dista dalla sorgente “Le Capore” (4,2 metri cubi al secondo) dell’acquedotto “Peschiera-Capore” 35 km (VT-16), gestito da Acea Spa e anche uno degli acquedotti più grandi al mondo per acque sorgive ed alimenta l’85% delle utenze della Capitale. Distano circa 24 km dal Lago di Bracciano che alimenta l’acquedotto di Bracciano gestito da Acea Spa. Distano circa 17 km dal Lago di Vico che alimenta gli acquedotti dei Comuni di Ronciglione e Caprarola.

Il progetto di deposito indica una vita utile di 300 anni. In questo arco di tempo così lungo uno o più incidenti con fuoriuscita di materiale radioattivo sono altamente probabili. In questo caso le conseguenze per l’Italia potrebbero essere disastrose, con ampie zone ad alta densità abitativa, che potrebbero essere investite da radioattività persistente, con la principale via di comunicazione del Paese Nord-Sud, che potrebbe risultare non agibile per lungo tempo e importanti acquedotti potrebbero essere compromessi. E’ soprattutto per tali motivi che nel resto d’Europa i depositi di rifiuti radioattivi sono stati posizionati in aree marginali, non certo nelle regioni più popolose.

Lo studio presentato dalle associazioni evidenzia l’assurdità della collocazione proposta dalla SOGIN di tale deposito in zone vulcaniche distando le aree indicate a breve distanza dal vulcano attivo “Colli Albani” e dal sistema vulcanico quiescente Cimini-Vico che presenta molte bocche eruttive, alcune sono a circa 3/4 Km dalle aree indicate contrariamente a quanto afferma la SOGIN. L’area del complesso vulcanico Vicano-Cimino è inoltre a tutt’oggi interessata da molte manifestazioni idrotermali che ci indicano che il sistema è dinamico ed in generale l’area vicana non ha ancora raggiunto un definitivo equilibrio.

Si è passato poi all’esame della sismicità, i fenomeni di fagliazione, così come osservati dall’ISPRA; il contrasto della proposta di collocazione del deposito con il Piano territoriale paesistico della Regione Lazio e dei vincoli idrogeologici, paesistici, ambientali; il contrasto con il PTPR e con il documento “Piano di gestione del rischio di alluvioni” dell’autorità di Bacino del Fiume Tevere che evidenziano in queste aree rischi da frane e inondazioni.

Le osservazioni contestano alla SOGIN lo studio del 2011 sul numero di residenti entro i 10 km delle aree in questione, perché datato e poiché non tiene in considerazione l’incremento demografico e le conseguenze che derivano dal trasporto di residuati radioattivi sulla viabilità ed infine perché la SOGIN inserendo le aree VT16 e VT 12 ha applicato la distanza di 1 Km .

Le aree indicate sono attraversate dalla Ferrovia ex Roma Nord interessata a lavori di ammodernamento e di raddoppio e tangenzialmente dalla Ferrovia Civitavecchia Capranica Orte inserita nell’elenco delle ferrovie turistiche legge 128/2017 e nel Piano della Mobilità della Regione Lazio per il ripristino al servizio Merci e viaggiatori. Pertanto è priva di fondamento l’affermazione della Sogin che questa ultima sia ormai dismessa.

Non si comprende per quale ragione la SOGIN non abbia prestato attenzione alla cartografia IGM 1:25.000, né alla mappa satellitare che conferma quanto già noto, né tantomeno alla Programmazione regionale vigente in essere come il PRMTL adottato dalla Giunta, né alla Normativa nazionale e alla citata Legge n.128/2017, con riferimento alla ferrovia Civitavecchia-Capranica-Orte e allo “stato di cose presenti”, come la  linea a gestione ATAC “Roma-Viterbo”.    

Quindi le osservazioni si soffermano sulla affermazione della SOGIN che nelle aree indicate la geotermia non sia interessante per lo sfruttamento industriale, in quanto in queste sono state rilasciate concessioni per trivellazioni. E’ noto anche che le trivellazioni profonde e la stimolazione dei bacini geotermici causano fenomeni di sismicità indotta (NOTA: fonte INGV).

Inoltre vicino all’area VT-16 a poca distanza ci sono le seguenti aziende classificate ad incidente rilevante (art. 15 D.Lgs 334/1999): Orte, codice Ministero NL047, Sapio produzione H-O srl ; Civita Castellana, codice Ministero NN054, Fabrica Romana Esplosivi srl; vicino al VT-16 è presente il centro nazionale di compressione del gas metano Snam nel comune di Gallese, posto proprio sul Rio Fratta e che rappresenta un pericolo molto serio per tutta l’area limitrofa.

Le osservazioni ai criteri di approfondimento hanno posto poi in risalto aspetti quali: le condizioni meteo climatiche e gli eventi estremi, i parametri chimici del terreno e delle acque di falda, la biodiversità e protezione degli habitat, le produzioni agricole di qualità e tipicità e i luoghi di interesse, la disponibilità di vie di comunicazione primarie e di trasporto, la presenza di infrastrutture critiche rilevanti e strategiche.

Inoltre sono state esaminate le emissioni sonore, aircraft crash, il piano di assetto del bacino idrografico del Tevere, la valutazione d’impatto ambientale, sanitaria e d’incidenza, le leggi sui rifiuti di alta attività e quindi sono stati espressi dubbi sulla costituzionalità delle scelte e dell’art 27 del Dlgs 31/2010 .

E’ stata anche elaborata una tabella riportante la matrice multicriteri, che sanziona la non idoneità dei siti indicati dalla SOGIN di cui alle osservazioni, che si allega.

                                                                                              Raimondo Chiricozzi


AICSAMBIENTE NAZIONALE
COMITATO PER LA CIVITAVECCHIA-CAPRANICA-ORTE-TERNI-ANCONA O FERROVIA DEI DUE MARI
COORDINAMENTO NAZIONALE BONIFICA ARMI CHIMICHE
ASSOCIAZIONE ITALIANA CULTURA E SPORT – COMITATO PROVINCIALE VITERBO
Tel 3683065221
viterbo@aics.it  aicscomitatoprovincialeviterbo@pec.it
comitato.civitavecchia.orte@gmail.com  ferroviadeiduemari@pec.it  coord.bonificarmichimiche@gmail.com

                                          Maggio 2021


CNAPI AREE VT-12, VT-16 e VT tutte
– 112 pagine –

Hanno collaborato:                       ing. Valeriano Bonuglia
dott.ssa Magdalena M. Pulwer
dott. Ugo Cristofari
arch. Maurizio Selli
Prof. Gabriele Bariletti
Dott. Gianluca Di Lauro
Raimondo Chiricozzi
Vincenzo Ridolfi
Rodolfo Ridolfi
Centro Meteo per L’Etruria e Roma

Progetto a cura di:                         Dario Mazzalupi

I N D I C E

1 INTRODUZIONE………………………………………………………………………….          pag. 3

2 PREMESSE…………………………………………………………………………………          pag. 4

3 OSSERVAZIONI AD ESCLUSIONE IMMEDIATA………………………………..  pag. 8

4 OSSERVAZIONI DI APPROFONDIMENTO……………………………………….      pag. 61

5 OSSERVAZIONI VARIE…………………………………………………………………          pag. 90

6 MATRICE MULTICRITERI……………………………………………………………..          pag. 112

LOGHI e FIRME   ASSOCIAZIONI

1. INTRODUZIONE


In questo procedimento amministrativo che prevede l’individuazione di aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi: CNAPI (in breve), è richiesta la “qualificazione” dei portatori d’interessi. Per questo motivo specifichiamo alcune precedenti attività delle associazioni in firma a questa relazione.
L’associazione “AICS Ambiente” ha circa 1.000.000 di iscritti a livello nazionale e circa 3000 iscritti a livello provinciale. In questa sede vogliamo evidenziare le principali iniziative territoriali, tralasciando per brevità di elencazione quelle di livello nazionale:

  • Impegno per l’Acqua Pubblica Potabile con iniziative e azioni legali contro i gestori; Coordinamento Acqua Pubblica regionale.

  • Petizione Europea 845/2017 discussa a Bruxelles in Commissione al Parlamento Europeo che ha visto poi successive azioni con l’interessamento di vari enti pubblici e blocco degli incentivi nel decreto FER1.

  • Audizioni in commissione Trasporti e Ambiente alla Camera ed al Senato.
  • Audizioni in commissione Trasporti e Ambiente alla Regione Lazio.
  • Impegno per la risoluzione dei problemi ambientali del Lago di Vico.
  • Battaglie ambientali per la bonifica armi chimiche a Molfetta, Pesaro, Valle del Sacco e Lago di Vico, che sono sfociate nelle concrete bonifiche sul campo, raggiungendo così gli obiettivi prefissati; Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche.
  • Coinvolgimento con proposte attive per la stesura della Legge di iniziativa parlamentare n.128/2017 approvata poi all’unanimità.
  • Convegni e Conferenze con la partecipazione delle Università della Tuscia, LaSapienza e RomaTre.

Inoltre, le nostre associazioni possiedono una discreta capacità di fare rete e di adattarsi rapidamente alle varie situazioni di criticità che provengono dai territori. Sollecitati dai cittadini, interveniamo nella quasi totalità dei problemi ambientali. Cerchiamo di rispondere ai problemi sollevati con azioni che spesso ci vedono coinvolti in iniziative ad ampio spettro.

2. PREMESSE

L’articolo 27 comma 3 del Dlgs 31/2010 recita:

La proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, con l’ordine della idoneità delle aree identificate sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali, il progetto preliminare e la documentazione di cui ai commi precedenti sono tempestivamente pubblicati sul sito Internet della Sogin SpA
La Sogin dichiara di aver avviato la consultazione pubblica “sulla base della proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI in breve)”;

visto che
Treccani, l’enciclopedia italiana più prestigiosa definisce la parola “AREA” come “Superficie circoscritta di terreno” e che nei documenti puntuali delle aree VT-16 e VT-12 Sogin titola tali documenti in questo modo: “Inquadramento geologico, naturalistico e antropico dell’AREA VT-16” e “Inquadramento geologico, naturalistico e antropico dell’AREA VT-12”.
Inoltre, Sogin delimita le aree citate con il simbolo chiuso in legenda e che tali aree risultano essere una superficie chiusa e circoscritta proposta come univoca e indivisibile. Inoltre Sogin delimita tali aree nelle apposite cartine allegate.

Pertanto, Sogin propone l’area intesa come superficie univoca chiusa. La loro idoneità o non idoneità si intende dell’intera area.

Inoltre letta la guida tecnica 29 di Ispra, in particolare la frase:  I “Criteri di Esclusione” sono stati definiti per escludere le AREE del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire PIENA RISPONDENZA ai requisiti sopra elencati.”

Si deduce che l’area proposta intesa come superficie univoca chiusa deve garantire PIENA RISPONDENZA ai requisiti di cui ai 15 codici CE proposti, nel documento 29 definito GUIDA ISPRA. Quindi, Piena Rispondenza si intende il 100% dei requisiti, che è sufficente solo un requisito di non idoneità e l’area intesa come superficie univoca chiusa deve ESSERE ESCLUSA!
Abbiamo evidenziato questo cruciale aspetto in quanto l’amministratore delegato di Sogin Emanuele Fontani nell’audizione delle commissioni riunite alla Camera il 6/4/2021 ha affermato:
I 67 è un punto di partenza, non è un punto di arrivo, e dai 67 si può arrivare durante il seminario ad altre valutazioni, a ridurre o ad incrementare a secondo di quello che è il criterio di sicurezza che in quel momento altre informazioni che arrivano dal territorio ci portano a dire qualcosa diverso che non era presente nelle cosiddette mappe e dati storici”.

Queste affermazioni ci fanno capire che non esiste un quadro chiaro e preciso di valutazioni tecniche, si vorrebbero usare le osservazioni per “rimodulare” le aree proposte, cosa che dire assurda è riduttivo. Inoltre, il fatto di affermare che le aree possano incrementarsi ci fa capire che Sogin ha già pronte altre aree che ritiene idonee ma che in questa fase non sono state proposte, tenendole inspiegabilmente nel cassetto. Altro fatto di natura inquietante.

Detto questo,
le aree CNAPI VT-12 e VT-16 sono inserite in un contesto che è bene definire prima di addentrarci nelle specifiche osservazioni:

Il comune di Corchiano è il primo comune per raccolta differenziata della Regione Lazio.
E’ inserito nel bio-distretto socio-ambientale della Bassa Tuscia e nel primo distretto agricolo europeo di produzione della nocciola.

Il comune di Corchiano fa parte del Bio-Distretto della Via Amerina e delle Forre insieme ad altri 12 comuni limitrofi. Il Bio-Distretto è stato riconosciuto dalla Regione Lazio con la legge 11/2019. L’obiettivo statutario del Bio-Distretto è quello di perseguire una comunità biologica attraverso uno sviluppo armonico sostenibile. E’ chiaro che avere qui un deposito nazionale di rifiuti radioattivi va esattamente nella direzione opposta.
Il comune di Corchiano fa parte, anche, di uno dei più importanti distretti industriali della regione, quello ceramico, che rappresenta, anche, uno dei più importanti a livello nazionale.
Inoltre Corchiano fa parte della seconda regione italiana come numero di abitanti con circa 6 milioni di residenti.
Nella regione Lazio ci sono ben 10 aeroporti di cui due di livello internazionale: Ciampino e Fiumicino che è l’ottavo aeroporto europeo.
Il porto di Civitavecchia è il secondo crocieristico europeo con circa 2.500.000 turisti annui.
Inoltre poco distante da Corchiano sono presenti  i principali poli logistici del Centro Italia: di Fiano Romano, Monterotondo, Passo Corese con i principali hub dei principali spedizionieri e della multinazionale Amazon e l’interporto di Orte.
La filiera corilicola (nocciole) di cui Corchiano è parte integrante, rappresenta un’eccellenza italiana ed europea, i grandi stabilimenti operativi dei primi produttori europei di semilavorati di frutta a guscio a Caprarola, Ronciglione, Carbognano e Capranica nella Bassa Tuscia forniscono all’industria dolciaria locale ed europea e alle principali multinazionali del settore, gran parte della frutta a guscio. La NOCCIOLA è l’ingrediente base per prodotti d’eccellenza come la Nellina, Nutella Ferrero, il Ferrero Rocher, il Bacio Perugina, la CremaNovi, il Pan di Stelle Barilla, Nocciole Lindt, Giandujia Pernigotti, il Wafer Loacker (marchi registrati) solo per citarne alcuni. Ricordiamo che questi prodotti commerciali sono i migliori, i più consumati ed i più amati prodotti dolciari a livello italiano, europeo e mondiale. Costruire qui un deposito di rifiuti radioattivi rappresenta una follia perversa che evidentemente qualcuno ha voluto espletare, attirando su di sè una grande involontaria o dolosa (in)-consapevolezza.


Le aree VT-12 e VT-16  distano:
– circa 42-50 km dalla nostra Capitale;

– 49 km dal “Cupolone” della Basilica di San Pietro in Vaticano (VT-16);

– 49,6 km dal Palazzo del Quirinale, residenza del Presidente della Repubblica;

– 48,5 km da Piazza del Popolo (VT-16)
;

– 50 km dai principali Ministeri pubblici dello Stato Italiano;

4 km dal fiume Tevere che attraversa poi da est ad ovest tutta Roma.

– distano appena 4,78 km dalla principale dorsale Nord-Sud dell’Italia: L’autostrada del Sole e 3,7 km dalla linea ferroviaria ad Alta Velocità Milano-Napoli.

Il progetto di deposito indica una vita utile di 300 anni, in questo arco di tempo così lungo uno o più incidenti con fuoriuscita di materiale radioattivo sono altamente probabili e in questo caso le conseguenze per l’Italia potrebbero essere disastrose, con ampie zone fortemente antropizzate ad alta densità abitativa, che potrebbero essere investite da radioattività persistente, con la principale via di comunicazione del Paese Nord-Sud, che potrebbe risultare non agibile operativamente per lungo tempo.

Inoltre come da guida tecnica AIEA e guida tecnica 30 dell’ISIN questo è il caso specifico in cui bisogna prendere in considerazione l’ipotesi di “Aircraft Crash” sia esso di matrice dolosa terroristica o involontaria da parte di vettore ad ala fissa o rotante: sia esso turistico, civile, militare o a guida remota. Infatti, siamo in presenza di regione altamente antropizzata e con diversi aeroporti anche internazionali.
Evidenziamo che i rischi sono altissimi ed investono varie autorità civili e militari, i cui pareri tecnici vanno acquisiti prima di procedere con qualsiasi iter amministrativo, e per quanto possibile questi dossier di valutazione vanno messi a disposizione dei cittadini.
Questo è il caso assurdo in cui le aree CNAPI VT-12 e VT-16 si trovino ad appena 48 km da una delle più importanti capitali Europee, sede di ambasciate ed importanti organismi istituzionali internazionali.

Preso atto inoltre che
in materia di inquinamento e tutela ambientale la Regione Lazio svolge prevalentemente attività di regolamentazione e di pianificazione al fine di salvaguardare il territorio e le sue risorse.

In particolare le attività sono focalizzate a:

⎯ valutazione e gestione della qualità dell’ambiente (D.Lgs 351/1999, D.M. 60/2000, D.Lgs. 152/2006);

⎯ riduzione e prevenzione dell’inquinamento luminoso (L.R. n. 23/2000);

⎯ radioattività ambientale naturale e conseguente alla dismissione delle centrali nucleari (D.Lgs 230/95 e s.m.i.);

⎯ tutela delle acque superficiali, sotterranee e marino costiere (D.Lgs 152/2006);

⎯ acque destinate al consumo umano (D.Lgs 31/2001 e D.M 14/06/2017);

⎯ individuazione delle aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano (D.Lgs 152/2006);

⎯ individuazione delle zone idonee alla balneazione (D.Lgs. 116/2008, D.M. 30/03/2010, D.M. 19/04/2018);

⎯ protezione del suolo dall’inquinamento (D.Lgs 152/2006);

⎯ disciplina degli scarichi (D. Lgs 152/2006);

-Piano risanamento della qualità dell’aria (PRQA –  Adozione aggiornamento del Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria n.536/2016 e 539/2020 ai sensi dell’art. 9 e art. 10 del D.Lgs 155/2010);


-Disciplina le emissioni sonore (LR 18/2001);

-Disciplina la vincolistica contenuta nel Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR LR 24/1998).

Evidenziamo, inoltre che:
Nel Deposito Nazionale sarà ri-compreso anche il Complesso Stoccaggio ad Alta attività (CSA), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 mc di rifiuti a media ed alta attività. Circa 400 mc, è costituita dai residui del riprocessamento del combustibile effettuato all’estero e dal combustibile non riprocessabile, da considerarsi ad “altissima” attività.
Il Complesso Stoccaggio ad Alta attività (CSA), sarà collocato sullo stesso sito del Deposito Nazionale. I residui radioattivi e i materiali nucleari a media e alta attività saranno stoccati in appositi contenitori detti Cask. Tuttavia Sogin fa riferimento solo alla guida tecnica 29 Ispra che elenca una serie di criteri idonei che riguardano solamente i rifiuti a bassa e media intensità.
Pertanto, riteniamo la guida 29 Ispra inadatta a vagliare i criteri che riguardano i rifiuti ad alta attività, proponiamo un’armonizzazione in funzione soprattutto della GT30 ISIN.
3. OSSERVAZIONI AD ESCLUSIONE IMMEDIATA

OSSERVAZIONE   CE1

Premesso che
la distanza dall’area VT-16 dal vulcano attivo “COLLI ALBANI” è di circa 64 km.

Constatato che:
il sistema vulcanico quiescente Vico ha una notevole estensione, esso si estende per circa 10 km oltre la caldera del Lago di Vico (lato ovest, nord ed est). A tale proposito abbiamo preso a riferimento la carta geologica della Regione Lazio, vedi l’ubicazione del vulcano quiescente del Monte Cimino, distante qualche km dalla caldera di Vico. Abbiamo anche preso a riferimento il modello litostratigrafico-strutturale della Regione Lazio che alleghiamo in tavola. Infatti, vengono evidenziati in mappa cartografica diversi centri eruttivi intorno al sistema vulcanico Vicano-Cimino.

Preso atto che
Sogin nel documento DNGS00304_CE01 dichiara per quanto riguarda i vulcani quiescenti che “In alcuni casi si tratta di singoli vulcani, in altri di aree vulcaniche con diversi centri eruttivi.
Nel caso preso in esame il sistema vulcanico quiescente Vico presenta diversi centri eruttivi tra i più noti Monte Fogliano, Lago di Vico, Monte Venere, il più antico Monte Cimino, Monte San Valentino, Monte Alto, Monte Pizzo, Poggio Nibbio, Poggio Cavaliere, Poggio S.Vito, Santa Maria ed altri secondari minori sparsi attorno, tra cui “Poggio Rosso-Fornaci” poco a nord di Fabrica di Roma. Per questa ragione rappresenta nel suo insieme un sistema vulcanico esteso e complesso.
Sogin evidenzia in mappa nella “Figura 1/1” del documento DNGS00304_CE01 che , stranamente, non sono state escluse vaste aree di territorio a nord e ad est del sistema vulcanico Vico, come per esempio intorno al vulcano del Monte Cimino per citare solo quello più noto e davvero molto evidente, questo fatto è singolare ed anomalo.
Per altro anche Sogin dichiara nel documento “Area_VT16_DNGS00123” che L’apparato vulcanico Vicano-Cimino, indagato per mezzo delle indagini geofisiche e delle perforazioni profonde, evidenzia un complesso assetto strutturale.”

Constatato che
la storia del complesso vulcanico di Vico è connessa a quella del suo substrato sedimentario, la cui natura litologica ed il cui assetto strutturale hanno condizionato la localizzazione dell’apparato centrale e la natura chimico-petrografica dei magmi. Il complesso vulcanico di Vico si è sviluppato all’interno di un’area tettonicamente ribassata e costituente il cosiddetto Graben principale, formatosi per azione della tettonica di estensiva postmiocenica che disarticolò le compagini sedimentarie della serie tosco-umbra, in una serie di blocchi rialzati e ribassati (alti e bassi strutturali, anche noti come Horst e Graben).
Il Graben in cui è sorto “Vico” ha una estensione di circa 25 km. Verso est il Graben è limitato dai Monti di Amelia, che costituiscono i primi contrafforti sedimentari della conformazione appenninica, mentre a sud sono di nuovo presenti nell’area di Sutri affioramenti arenacei. Questi sedimenti arenacei appartengono a delle coltri alloctone che arrivarono da aree geografiche più settentrionali durante le fasi del corrugamento appenninico a ricoprire i sedimenti mesocenozoici in “facies toscana” che costituiscono il substrato sedimentario del settore vulcanico Vicano.
Tenuto conto, inoltre, che l’eruzione della terza ignimbrite è sicuramente l’evento principale nella storia del complesso vulcanico Vicano. Questa eruzione, di circa 150.00 anni fa, inizia con un deposito di pomici pliniane disperse a Sud-Ovest, seguito da colate piroclastiche pomicee grigio rosate e saldate. A questa prima fase, con prevalente carattere pliniano, segue la fase parossistica, aperta dall’eruzione di brecce grossolane prive di elementi fini, molto ricche in litici alla base e costituite da colate di scorie parzialmente saldate verso l’alto. L’eruzione è chiusa da depositi della fase più tipica della terza ignimbrite, caratterizzata da una matrice cineritico-vetrosa, di colore rosso mattone, contenente grosse scorie nere. In letteratura quest’ultima unità è più nota con il nome di “tufo rosso a scorie nere”Questa unità si estende per oltre 25 km e copre un’area di ben 1200 kmq, con un volume di magma eruttato di circa 4-5 km-cubi.
In un intervallo di tempo tra 140.000 e  95.000 anni fa, si registra un drastico cambiamento nell’attività del vulcano centrale che divenne prevalentemente idromagmatica.
Dopo una lunga stasi, si ha l’eruzione finale con lancio di prodotti piroclastici che nel loro insieme costituiscono la formazione dei tufi finali. La sequenza stratigrafica di questa formazione comprende depositi di diverse eruzioni in cui sono compresi anche episodi idromagmatici. L’attività del sistema vulcanico di Vico si conclude con l’edificazione, nel settore nord-orientale della caldera, del cono di Monte Venere, costituito essenzialmente da lave a composizione fonolitico-tefritica.

L’area del complesso vulcanico vicano è a tutt’oggi interessata da molte manifestazioni idrotermali che ci indicano che il sistema dinamico ed in generale l’area vicana non ha ancora raggiunto un definitivo equilibrio. Per esempio, l’area del fiume Vezza è interessata da faglie attive ad andamento NordEst-SudOvest e Nordovest-SudEst a cui è associata attività esalativa. Anche nell’area di Ferento si ha una intensa attività esalativa di gas ed emissione di acque idrotermali che sono messe in relazione a sistemi di faglie ad andamento NordOvest-SudEst che limitano ad occidente l’alto strutturale di Ferento.
(NOTA: Ispirato dal Libro di Donatella De Rita del Dipartimento di Scienze della Terra. Università La Sapienza di Roma).

Preso atto,
che nel “Modello Litostratigrafico-Strutturale della Regione Lazio” elaborato dal “dipartimento di scienze della Terra, sezione di Geologia” dell’Università La Sapienza risulta un centro eruttivo di emissione poco a nord di Fabrica di Roma a “Poggio Rosso-Fornaci” località IGM, poco distante dall’area VT-12, inferiore ai 5 km. Inoltre a nord di Civita Castellana, vicino alla frazione di Borghetto e poco distante dall’area VT-16 risulta con il “codice 4” un’area circoscritta denominata: “colate di lava da tefritiche a leucititiche provenienti da apparati centrali, da fessure, da centri locali e da coni di scorie”(come da tavola allegata). Data la posizione defilata e periferica rispetto la caldera principale del vulcano di Vico che esclude che la colata sia collegata agli apparati centrali vulcanici potrebbe trattarsi di “colata di lava da fessura”. A tale proposito, evidenziamo che il Mancini nel 2004 inserisce in cartografia diverse faglie con fatturazioni sepolte e superficiali a nord di Civita Castellana, le due indicazioni tecnico-scientifiche avvalorano questa nostra tesi. In ogni caso, questa zona circoscritta va indagata in modo approfondito in quanto risulta essere a ridosso dell’area VT-16 ed inferiore ai 5 km da un altro verosimile centro eruttivo da fessura.

Preso atto
che dalla tavola dei “centri eruttivi VICO”  redatta dalla società Geothermics srl, facente parte della multinazionale con sede a Monaco, titolare della concessione geotermica Vico, risultano classificati numerosi centri eruttivi noti, molti dei quali molto vicino alle aree VT-12 e VT-16. (NOTA: tratto dal documento SIA presentato a VIA del progetto pozzi geotermici a Caprarola).
Prendiamo come riferimento i centri eruttivi poco a nord di Fabrica di Roma di “Poggio Rosso-Fornaci” località IGM 1:25.000, la distanza dall’area VT-12 risulta essere di circa 3,4 km e quella dall’area VT-16 è di circa 7 km.

Preso atto inoltre che
da come risulta dalla carta geologica della Regione Lazio  “il distretto vulcanico dei Cimini” è considerato “acido” nell’area del Monte Cimino e presenta numerosi fenomeni noti di gas in risalita, per questo non compatibile con strutture di cemento armato e/o metalliche che devono garantire totale ermeticità e con una vita di progetto superiore ai 50-100 anni. Questi fenomeni di gassificazione di risalita sono attestati, per altro, da una vastissima letteratura scientifica, tali fenomeni sono presenti in molte località del distretto vulcanico Vicano-Cimino.
Infatti, sono presenti sotto forma di fenomeni di vulcanismo secondario: quali emanazioni di gas endogeni di anidride carbonica (CO2), idrogeno solforato (H2S), metano (CH4) e radon (Rn222, Rn220, Rn219), che si manifestano costantemente, che in alcuni casi raggiungono picchi di concentrazione di notevole entità, presentando in alcuni casi situazioni limite assai critiche per la vita di animali e persone. Sono documentati, infatti, in alcune aree situazioni tali da poter vedere al suolo carcasse di animali e uccelli morti, citiamo ad esempio i casi più noti di Manziana, Nepi, Fabrica di Roma e Viterbo. Tuttavia, sono documentati anche nella zona del comune di Corchiano sorgenti di acqua dall’altissima concentrazione di minerali: un esempio è l’acqua cosiddetta “rossa ferrosa” nella località “fallarese”.

Preso atto che
manifestazioni idrotermali con emissioni di gas, in provincia di Viterbo sono note nelle seguenti località (NOTA: Fonte Carta Idrogeologica della Regione Lazio):

1) Bagnoli a 21.5° C

2) Bacucco a 29° C

3) Viterbo a 50° C

4) Bagnaccio a 63° C

5) Le Zitelle a 61° C

6) Bullicame a 56° C

7) Laghetto a 22° C

8) Bagno a 33° C

9) Fosso  Pisciarello a 23° C

10) Solforata a 28° C

11) Nepi a 20.2° C

12) Mazzano Romano a 47° C

13) Sutri a 22° C

14) Campetto a 28° C

15) Acquacetosa  a 20.2° C

16) Bagnarello a 52° C

17) Castelbrocco a 24° C

18) Ficona a 21° C

19) Bagno di Musignano a 41° C

20) Doganella a 47° C

21) Carraccio a 30.5° C

Citiamo le manifestazioni idrotermali più note, visto che nella zona della Bassa Tuscia, risultano presenti anche altri fenomeni poco conosciuti, spesso in aree isolate che sono riconducibili alla manifestazione vulcanica secondaria dell’apparato Cimino-Vicano come ad esempio “l’acqua solfata” a Fabrica di Roma.


Preso atto che
-la distanza dell’area VT-12 dal vulcano quiescente “Vicano-Cimino” è inferiore a 5 km (distanza calcolata dalla località del centro eruttivo IGM “Poggio Rosso-Fornaci”);

-la distanza dell’area VT-16 dal vulcano quiescente “Vicano-Cimino” è di circa 7 km (distanza calcolata dalla località del centro eruttivo IGM “Poggio Rosso-Fornaci”),  considerando anche un verosimile centro eruttivo da fessura con colate nella zona a nord di Civita Castellana ed inferiore ai 5 km.
Sottolineiamo il fatto che andrebbero indagati con più precisione altri centri eruttivi minori, andando ad esaminare con più precisione i centri eruttivi intorno a Fabrica di Roma e Civita Castellana.

Chiediamo
l’esclusione dell’area VT-12 e dell’area VT-16.

TAVOLE





OSSERVAZIONE    CE2

Premesso che
nella video-intervista di “Geopop” del 26-1-2021 (da noi archiviata) il direttore DN di Sogin Fabio Chiaravalli dichiara che il tempo di riempimento del deposito dai rifiuti radioattivi è di 40 anni e che poi si procederà con la chiusura del deposito che durerà altri 300 anni. Il tempo totale di attività, più la chiusura risulta essere di 340 anni totali (dichiarato espressamente nell’intervista).

Considerato che
in Europa gli altri depositi di rifiuti radioattivi hanno una stima di durata fino a 500 anni, quindi persino superiore.

Preso atto che
per la sismicità si prende in esame, un tempo di ritorno di 2475 anni, ossia relativo ad una probabilità di superamento del 2% in 50 anni, che rappresenta il massimo attualmente contemplato dalle norme tecniche, compatibile con le nostre conoscenze (limitate temporalmente) sulla storia sismica. Al riguardo va osservato che eventi meno frequenti, con tempo di ritorno superiore a 2475 anni, potrebbero essere a noi sconosciuti; inoltre non va trascurata la possibilità di faglie sismogenetiche capaci ancora non identificate, come quella che generò il terremoto che nel 2007 (M=6,6) colpì la cittadina di Chūetsu, a Niigata in Giappone, dove è situata la centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la prima al mondo con un reattore di terza generazione e la prima a subire un terremoto violento.
L’evento sismico dell’Emilia del 2012:
le mappe di pericolosità attribuivano una probabilità inferiore al 5% in 50 anni, ossia un tempo di ritorno di oltre 1000 anni, come si deduce dai valori diagrammati di PGA in funzione della probabilità di accadimento per il sito di Mirandola. L’evento, quindi, non era ritenuto impossibile ma semplicemente poco probabile o, meglio, poco frequente. Ad aggravare i danni, in questo caso, ha contribuito il fatto che i territori della Pianura Emiliana siano stati inseriti tra le zone sismiche soltanto dal 2003; pertanto tutte le costruzioni realizzate prima di allora, e quindi gran parte delle strutture esistenti, sono state progettate senza tener conto delle azioni sismiche. Anche per questo motivo numerosi edifici industriali hanno subito danni importanti o sono addirittura crollati: in alcuni casi le strutture erano labili per azioni orizzontali o i nodi tra i pilastri e le travi non erano in grado di trasmettere nemmeno minime azioni sismiche. (NOTA: fonte Enea “Valutazione della pericolosità sismica”)
La sismicità nelle aree VT-12 e VT-16 riferita ad un tempo di ritorno di 2475 anni ricade in un PGA di 0.250g. Inoltre, dalla “carta del Comune di Corchiano delle microzone omogenee in prospettiva sismica”(in allegato) si vede che la SA5 con sottosuolo di conglomerati di origine sabbiosa è a ridosso dell’area VT-16, in un punto a nord di “Casale Fratta” la sfiora. Per questa ragione e visto che il conglomerato sabbioso o ghiaia è evidenziato in presenza anche nei verbali stratigrafici dei pozzi già trivellati nella piana di Piazza Castello e inventariati da Ispra; è facile immaginare che detta carta di micro-zonizzazione, possa facilmente essere affinata ulteriormente con studi più specifici su “Piazza Castello”, individuando, così, una più ampia zona di amplificazione sismica che riguardi la SA5.
A tale proposito facciamo presente che nel vicino Comune di Nepi è stato necessario identificare UAS (Unità amministrative sismiche) differenziate su base comunale. Questo fatto, assai importante, è da tener presente stando ai dati emersi dalle microzone di amplificazione sismica e che riguardano il Comune di Corchiano, è auspicabile che vengano affinati gli studi sulle microzone di amplificazione sismica. Infatti, evidenziamo che superata la forra del Rio Fratta in linea d’aria a poche decine di metri dalle aree prese in considerazione (VT-12 e VT-16), ricadiamo in un PGA di 0,275g e addirittura 0.300g ad appena poche centinaia di metri (NOTA: tavola PGA INGV).
Consideriamo, infatti, per una distanza di poche decine di metri un delta di PGA 0,025g, è presumibile con discreta certezza affermare che ci siano micro-zone o sub-zone, ricadenti sulle aree VT-12 e VT-16 che si trovano ad una via di mezzo tra i due valori di PGA 0,250g – 0,275g e che in ogni caso eccedono il valore limite previsto dalla GT29 di Ispra di PGA 0,250g.

Preso atto che dai dati dell’INGV, si sono verificati nella’area sotto-esame alcuni terremoti di rilievo come:
– il 17/5/1647 di Viterbo (lato Sud-Est) con intensità Mw 4,82

– il 7/5/1699 di Viterbo (lato Sud-Ovest) con intensità Mw 3,70

– il 23/12/1877 dei Monti Cimini (lato ovest) con intensità Mw 4,72

– il 2/10/1963 dei Monti Cimini con intensità Mw 4,47

Inoltre dalla banca dati, risultano essere stati molto intensi nella zona di Corchiano anche i grandi terremoti del passato, che hanno coinvolto le provincie di Terni e Rieti (fino all’XI° grado MCS-MSK), come ad esempio il fortissimo terremoto di Narni del 1714, che causò danni ingenti anche nella Tuscia.

Verificato che
la Regione Lazio nella Dgr 387/2009 si esprime così “la classificazione sismica deve essere definita tramite il parametro di accelerazione massima al suolo su suolo rigido, svincolata per quanto possibile dal criterio politico del limite amministrativo, anche se lo stesso non può essere completamente disatteso, in quanto la gestione amministrativa del dato scientifico risulta essere difficilmente applicabile anche per le implicazioni sociali, economiche e territoriali che ne discernono”. Quindi dedotto che spesso si prende in esame  la classificazione sismica dei Comuni è solo uno strumento amministrativo e come evidenziato per esempio nel Comune di Nepi ci sono anche UAS differenziate ricadenti nello stesso comune. Per quanto riguarda il Comune di Corchiano, quindi si deve prendere in forte considerazione un dato differenziato calcolato su base scientifica ed in particolare che prenda in considerazione la microzona di amplificazione sismica delle aree VT-12 e VT-16.

Oltre tutto quanto detto
sottolineiamo che la guida tecnica 30 dell’ISIN a pagina 37 nell’allegato che riguarda: “Eventi, criteri specifici e requisiti di progetto dei depositi per lo stoccaggio temporaneo di rifiuti radioattivi e combustibile irraggiato” al paragrafo 2.1.6 recita:
Per quanto riguarda la progettazione al sisma, essa dovrà essere condotta secondo la normativa tecnica italiana [RIF 5].
In ogni caso dovrà essere impiegato uno spettro orizzontale con PGA (Peak I-3 Ground Acceleration) minima pari a 0,1 g. Per quanto riguarda lo spettro verticale dovrà essere adottato quello previsto dalla normativa associato ad un tempo di ritorno di almeno 1000 anni.

Quindi senza aspettare l’armonizzazione della Guida Tecnica 29 di Ispra e prendendo in considerazione quanto scritto nella guida tecnica 30 di ISIN, che riporta un valore minimo di  PGA di 0,1g le aree VT-12 e VT-16 sono automaticamente escluse.

Esigiamo per
i motivi articolati ed evidenziati sopra l’esclusione delle aree VT-12 e VT-16.









TAVOLE




OSSERVAZIONE      CE3

Premesso che le faglie capaci inventariate nel database Ithaca che interessano le vicine aree VT-12 e VT-16 sono:

-Rieti Greccio codice 21004
-Narni codice 63100
-Campitello codice 63300
-Sabina codice 63500

Inoltre anche nel database DISS (Database of Individual Seismogenic Sources) versione 3 sono inventariate le faglie capaci che sono vicine alle aree VT citate poc’anzi ma com’è noto il DISS non è un database così preciso e affidabile, perché incompleto.

Contestiamo
che Ispra nella guida tecnica 29 nello specifico del Codice di Esclusione 3 affermi:
interessate da fenomeni di fagliazione. Questi lineamenti tettonici sono evidenziati nel catalogo ITHACA (Italy HAzard from CApable faults) e nel database DISS (Database of Individual Seismogenic Sources”. Quindi Ispra fa riferimento a questo database DISS che risulta al momento incompleto. Al contempo Ispra indica che si deve fare riferimento a faglie “seismogenic”. Incrociando questi due elementi asseriamo che lo studio presentato dalla società incaricata risulta essere basato su dati incompleti e non certi.

Preso atto che
Sogin non ha preso in considerazione le numerose faglie sismogenetiche che interessano il settore Vicano-Cimino che ricomprendono le aree VT-12 e VT-16 e anche le zone limitrofe del Reatino e quelle di prossimità a nord di Civita Castellana.

Constatato che
dalla tavola dei “centri eruttivi_VICO.jpg” (NOTA: documento SIA a VIA) redatta dalla società Geothermics, facente parte di una multinazionale di Monaco, titolare della concessione geotermica Lago di Vico, risultano inserite su mappa faglie dirette e transfer zone che evidenziano una zona di deformazione fragile orientata a SUDOVEST-NORDEST che attraversa gran parte dell’area e che intercetta la continuità delle faglie dirette NORDOVEST-SUDEST.
Inoltre nella tavola, che alleghiamo, dello studio Mancini del 2004 si evidenziano con frecce rosse le faglie sismogenetiche normali e sepolte.
La coesistenza di zone di taglio e faglie sismogenetiche è coerente con il quadro generale della tettonica del settore laziale.
Evidenziamo a tale proposito che la guida tecnica 29 Ispra afferma, testualmente, per il criterio in oggetto: “interessate da fenomeni di fagliazione”. Non specifica se si tratti di fagliazione superficiale o profonda ed in ogni caso il Mancini nel 2004 individua faglie sismogenetiche a nord di Civita Castellana nella zona di Corchiano e Gallese.
Vengono inserite in legenda (fig.5.7.3 – studio Mancini 2004):
7) “faglie normali
8) “faglie normali sepolte”.
Quindi, considerata la non specificità di Ispra a riguardo, mettiamo comunque in evidenza che sono presenti faglie sismogenetiche nella zona delle aree VT-12 e VT-16 in grado di generare terremoti distruttivi. Infatti, in virtù della loro cinematica e del loro contesto geologico, in alcuni casi tali terremoti non producono fagliazione superficiale. Per questa ragione, alcune faglie non arrivano a tagliare la superficie  terrestre ma si fermano in profondità, prendendo il nome di “faglie cieche” o “faglie normali sepolte”. In ogni caso questo tipo di faglie può generare allo stesso modo dei terremoti distruttivi.
Una faglia capace, si definisce così: “in grado di generare una fagliazione superficiale”.

Detto questo, è importante sottolineare, inoltre, che la guida tecnica 30 dell’ISIN a pagina 32, capitolo 7 per quanto riguarda “il deposito di stoccaggio temporaneo di lunga durata per il combustibile irraggiato” afferma:
Per il sisma dovrà essere considerato un evento di intensità doppia rispetto a quella assunta a riferimento nel progetto. In ogni caso, dovrà essere assicurata l’accessibilità al sito ed al deposito per operazioni di verifica ed intervento.”

Si evidenzia che oltre il dover considerare un evento di intensità doppia rispetto al progetto. La società incaricata deve prendere in considerazione che anche le infrastrutture di trasporto e collegamento esterne devono essere in grado di supportare un evento di intensità doppia, rispetto al progetto.
Non entriamo nel merito del calcolo del PGA che Ispra nella guida 29 indica in 0,250g, perché essendo questa una scala logaritmica, lasciamo la valutazione ai Centri di Ricerca competenti di aggiornare il dato in relazione a quanto afferma la Guida Tecnica 30 di ISIN. In ogni caso visto che, questa misura limite dovrà comunque essere rivista, considerare tutte le faglie sismogenetiche sia areali, sia vicine, che di prossimità come quelle del Reatino ma anche quelle a ridosso della Valle del Tevere, quelle presenti a nord di Civita Castellana e quelle presenti nell’area Vicano-Cimina è doveroso. 

Appare chiarissimo, che si debbano prendere in considerazione tutte le faglie sismogenetiche, senza escluderne nessuna. Non possiamo accettare che vengano prese in considerazione solo le faglie superficiale (capaci). Perché anche le faglie sismogenetiche sono in grado di generare terremoti anche distruttivi e con magnitudo importanti come ad esempio il tristemente famoso terremoto di Mirandola del 2012. La faglia di Mirandola, ritenuta essere la potenziale sorgente del terremoto di magnitudo circa 6.0, fu inclusa nel DISS 2.0 e successivamente aggiornata nell’ambito del DISS 3.0, a dimostrazione che la faglia ITIS107 considerata non era stata inclusa nelle versioni precedenti. Tale fatto prova che il risultato è quello di avere un database incompleto ed i lavori che ne nascono risultano essere non affidabili.

Chiediamo pertanto
per i motivi specifici e puntuali l’esclusione delle aree VT-12 e VT-16.
 


TAVOLE

OSSERVAZIONE    CE4

Letto
il Decreto Legislativo n.31 del 15/2/2010, in particolare l’articolo 8 fa riferimento ai seguenti profili:

a) popolazione e fattori socioeconomici;

b) idrologia e risorse idriche;

c) fattori meteorologici;

d) biodiversità;

e) geofisica e geologia;

f) valore paesaggistico;

g) valore architettonico storico;

h) accessibilità;

i) sismotettonica;

l) distanza da aree abitate e da infrastrutture di trasporto;

m) strategicità dell’area per il sistema energetico e caratteristiche della rete elettrica;

n) rischi potenziali indotti da attività umane nel territorio circostante.

Considerato che

la provincia di Viterbo possiede 105.486 ettari di Paesaggio Agrario di Valore, 37.687 ettari di paesaggio agrario di rilevante valore con una percentuale complessiva sommata del 40% circa, risultando così la prima provincia della regione Lazio con la più alta percentuale di terreni di valore o rilevante valore.

 
Verificato che
l’area VT-16 sulla Tavola A del PTPR (Piano Territoriale Paesistico Regionale) è indicata come Paesaggio Agrario di Valore;

sull’area VT-16 sulla Tavola B del PTPR sono ricadenti diversi vincoli di cui all’art. 7 della LR 24/1998 – Protezione dei corsi delle acque pubbliche. Ai sensi dell’articolo 82, quinto comma, lettera c), del D.P.R. n. 616 del 1977 sono sottoposti a vincolo paesistico i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di  cui  al  testo  unico  delle  disposizioni  di  legge  sulle  acque ed  impianti  elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli  argini per  una  fascia  di  150  metri  ciascuna, denominata  fascia  di  rispetto;

l’area VT-16 sulla Tavola C del PTPR (Piano Territoriale Paesistico Regionale) è tutelata dagli articoli 31bis e 31bis.1 della Legge Regionale n.24/1998.
In particolare la Regione Lazio: “salvaguarda e valorizza gli insediamenti agricoli, gli edifici, i fabbricati ed i complessi architettonici rurali presenti sul proprio territorio, di seguito denominati architetture rurali, che presentino interesse estetico tradizionale e siano testimonianza dell’economia rurale tradizionale, anche in funzione del rapporto che continuano ad avere con la realtà produttiva agricola e con i paesaggi agrari di cui costituiscono connotato essenziale. A tal fine la Regione incentiva la conservazione dell’originaria destinazione d’uso, la salvaguardia delle aree circostanti, dei tipi e dei

metodi di coltivazione tradizionali e le attività compatibili con le tradizioni culturali tipiche;”

l’area VT-16 sulla tavola dei vincoli dell’assessorato attività produttive è indicata a vincolo idrogeologico.


l’area VT-16 è indicata a vincolo idrogeologico, visto il regio decreto n.3267 del 1923, e in funzione della Legge 183/89 integrata con la Legge 253/90, con il Decreto Legge 398/93, convertito con la Legge 493/93, con la Legge 61/94, con la Legge 584/94.


-l’area VT-16 sulla tavola di dettaglio dei vincoli della Regione Lazio è ricadente nel vincolo “Acque Pubbliche anno 2002 (Jacovone)”, vincolo Paesistico (ex legge n.1497 del 1939) e Vincolo Ambientale (Legge Galasso n.431 del 1985)


Contestiamo che
la società rassicuri sul fatto che l’area di intervento non ricada in zona a pericolo di frana:
Nella zona in esame non sono stati rilevati indizi di instabilità geomorfologica né aree potenzialmente inondabili, confermando le indicazioni della cartografia allegata agli strumenti di pianificazione di bacino che non individua settori a pericolosità da frana e/o da

inondazione all’interno dell’area VT-16.” (cit. Area_VT16_DNGS00123.pdf pagina 13)
Infatti la società non ha preso in esame i rischi di frana ed erosione nelle adiacenti forre del Rio Fratta e del Fosso delle Tavole, come invece il PTPR ben evidenzia con il vincolo dei 150 metri da esse.
Infatti, nelle scarpate verticali o a forte pendenza delle due forre citate poc’anzi, si notano fenomeni frequenti e diffusi di crollo e ribaltamento.
Questi fenomeni per il periodo che Sogin indica in 340 anni interesseranno anche l’area individuata: la VT-16. Pertanto le zone marginali a nord e a sud dell’area VT-16 per il lungo periodo considerato sono comunque da considerarsi ad alto rischio geomorfologico, in quanto le profonde forre non sono da considerarsi “statiche” ma i limiti delle loro scarpate sono in espansione in direzione dell’area VT-16.

Preso atto che,
Il “Rio Fratta” adiacente all’area VT-16, facente parte del corpo idrico superficiale individuato nel Piano di gestione del Bacino del Tevere (ex Direttiva Quadro sulle Acque

2000/60/CE), è uno di quelli ritenuti significativi al fine del raggiungimento (mantenimento) del buono stato ecologico delle acque del Tevere. Il reticolo del Bacino del Tevere è stato infatti articolato, secondo quanto previsto dalla Direttiva europea e dal Decreto legislativo di recepimento (il D.Lgs 152/2006), dei corpi idrici a rischio.
Il “Rio Fratta” è quindi un corso d’acqua significativo ai fini della mappatura del rischio e della pericolosità da alluvione del Bacino del Tevere.

Il fatto che la costruzione del Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi preveda l’uso di circa 400.000 mc di cemento e l’impermeabilizzazione di 150 ettari circa, suddivise tra capannoni, depositi, parco tecnologico, guardiania, servizi, strade d’accesso, zone logistiche, magazzini, strade interne e viabilità circolare di sicurezza, innalza pericolosamente ed in modo significativo il rischio idraulico del “Rio Fratta”.
Inoltre se consideriamo che la forra del Rio Fratta è soggetta a frane continue: di tanto in tanto si staccano dalle scarpate piccoli e grandi quantitativi di roccia e terra e che non è da escludere un effetto tappo e la possibile deviazione del corso d’acqua sottostante, con effetti devastanti anche sulla sovrastante Piazza Castello (area VT-16).
Se sommiamo questi due rischi idraulici e cioè uno in “situ” a monte e uno che riguarda invece il bacino del Tevere a valle, ci rendiamo conto che inserire sopra “Piazza Castello” uno strato impermeabile di 400.000 metricubi di cemento rappresenta un rischio davvero troppo elevato. A Tal proposito ci riferiamo anche al centro di pompaggio gas metano di Snam presente a valle prospiciente il Rio Fratta.

Pertanto pretendiamo
per gli articolati punti elencati in precedenza che l’area VT-16 venga esclusa, senza ulteriore esitazione.

TAVOLE











OSSERVAZIONE    CE5

Premesso che
nell’area VT-16 ai depositi vulcanici e vulcanoclastici si associano, nel corso del Pleistocene e dell’Olocene, prodotti di natura prevalentemente ghiaioso-sabbiosa dei cicli sedimentari continentali di ambiente fluviale e fluvio-lacustre, terrazzati e ricoperti da formazioni travertinose. La peculiarità di quest’area risiede quindi nella complessa ricostruzione dei rapporti tra le vulcaniti di tre diversi distretti vulcanici variamente inter-digitate ai depositi marini e transizionali del bacino estensionale di margine tirrenico del Paglia-Tevere e/o ai depositi di più cicli alluvionali del Fiume Tevere.

Considerato che
I caratteri stratigrafici del substrato pre-olocenico nell’area romana si trovano in affioramento depositi sedimentari e vulcanici.
I sedimenti, di origine marina e continentale sono di età compresa tra circa 3,5 milioni di anni e oggi, mentre quelli vulcanici, provenienti dal distretto vulcanico sabatino e dai Colli Albani, sono di età compresa tra 600.000 e poche decine di migliaia di anni. Nell’area romana, nel periodo compreso tra il Pliocene ed il Pleistocene inferiore (3,5-0,8 Ma) si depositano sedimenti marini che vengono divisi in tre cicli sedimentari principali. Questi corrispondono alle interazioni tra le oscillazioni a livello globale del livello marino, che innalzandosi e abbassandosi ciclicamente induce la sedimentazione di differenti corpi sedimentari, ed eventi tettonici che, determinando lo sprofondamento di alcune aree le rendono sede di accumulo di sedimenti.
” (NOTA: riferimento l’evoluzione olocenica – Autorità di Bacino del fiume Tevere).
La carta particolareggiata allegata (Cinti 2014) dimostra che sono presenti a macchia travertini recenti di origine olocenica nella zona che ricade nell’area VT-16. Noi stessi durante un sopralluogo nell’area di Piazza Castello, abbiamo raccolto un frammento di travertino su limi calcarei di ambiente lacustre nei pressi di un pozzo trivellato. Considerato inoltre che nello studio di Girotti, Mancini, Cavinato pubblicato nel 2004 (allegato) vengono evidenziate significative formazioni di travertino recente in parte ancora in formazione, friabile e incrostante di vegetali di ambiente palustre e probabilmente in eteropia ai depositi terrigeni alluvionali del Tevere, segnalati e noti a nord di Civita Castellana. Detti travertini sono da considerarsi di età Olocenica. Infatti, i travertini di quest’area e il frammento che abbiamo raccolto nei pressi del pozzo in Piazza Castello lo dimostra, sono deposti sopra l’ambiente palustre che divideva le dune costiere dai rilievi calcarei e vulcanici. In alcuni casi queste formazioni geologiche stratigrafiche sono ben visibili anche nelle scarpate delle adiacenti Forre del Fratta e delle Tavole.
Chiediamo perentoriamente che l’area VT-16 venga esclusa.
TAVOLE



OSSERVAZIONE   CE10

Constatato che
sulla Carta dell’Idrografia di Superficie n.356 della regione Lazio viene evidenziato nell’area VT-16 un reticolo idrografico complesso e classificato per elementi. (vedi allegato)

Verificato
il 27-2-2021 con sopralluogo e misurazioni tecniche che all’interno e adiacenti
all’area VT-16 sono presenti alcuni pozzi antichi di forma circolare e quadrangolare con acqua di origine sorgiva affiorante:

-Pozzo 1 antico di forma circolare, coordinate GPS N 42°21.041 E12°24.507            
Il pelo dell’acqua è a 70 centimetri dal piano campagna.

-Pozzo 2 antico di forma circolare, coordinate GPS N42°21.137 E12°24.217

Il pelo dell’acqua è a 136 centimetri dal piano campagna.

 
-Pozzo 3 antico di forma quadrangolare, coordinate GPS N42°21.060 E12°24.964 
il pelo dell’acqua è a 129 centimetri dal piano campagna.

(NOTA a margine: “A riguardo c’è un fatto curioso da raccontare ed è avvenuto durante la misurazione di uno di questi pozzi: l’agricoltore proprietario del fondo aveva accatastato sopra di esso un certo quantitativo di legna, l’abbiamo dovuta parzialmente e temporaneamente spostare per fare le misurazioni tecniche. A questo punto dopo aver verificato tramite GPS dove era situato il pozzo e cioè praticamente al centro dell’area CNAPI VT-16; mettendo in relazione questo elemento con il fatto che un altro pozzo per pochi metri (forse 7-10 metri) era stato tenuto fuori area volutamente. A quel punto un cittadino tra i presenti ha affermato “Questo pozzo dal satellite non l’hanno visto, c’era la legna sopra!” e giù risate dei presenti.”)

Verificato con sopralluogo del 16-1-2021
che sulla scarpata quasi verticale di roccia del Rio Fratta, sono visibili anche a pochi centimetri dal piano campagna sovrastante, numerose sorgenti di acqua. Addirittura alcune di esse sono state sfruttate fin dall’antichità, tramite canalizzazioni varie e buche di raccolta.

Verificato inoltre
che nella località piazza Castello adiacente alla strada sterrata è visibile in mezzo a della vegetazione spontanea e naturale una canalizzazione per le acque sorgive risalente ad epoca romana, già segnalata dal Bianchini come “Sito Romano”.

Vista la carta di permeabilità dei terreni, che indica come l’Area VT-16 abbia un grado di permeabilità “medio-alta”. Inseriamo questa caratteristica idrogeologica nel contesto generale orografico, in relazione, quindi, alla vicina presenza del bacino del Lago di Vico alla quota superiore di 504 slm, circondato da monti di 900-1000 metri slm, che alimenta una falda molto estesa ad andamento ovest–>est attraverso il suo complesso reticolo idrografico dei Monti Cimini. (NOTA: Carta Idrogeologica della Regione Lazio).

La prossimità di acque nel sottosuolo nell’area VT-16, è verificata e misurata nei pozzi sopra citati.

Vista la complessità del reticolo idrografico è verosimile supporre fluttuazioni anche di un certo rilievo nell’area sotto esame.
Prendiamo, ora,  in considerazione anche la natura dei terreni dal Ph piuttosto acido, tipico dei terreni viterbesi di origine vulcanica.
Sottolineiamo, anche, il fatto che le acque localmente risultano essere molto mineralizzate, con concentrazioni anomale di particolari elementi a notevole contenuto gassoso, prodotte da attività idrotermale (Cinti 2014, Piscopo).
Segnaliamo, adesso, questo preciso contesto idrogeologico, e lo mettiamo a confronto con i fenomeni noti di Lisciviazione, Carbonatazione” e “Corrosione armature”, tipici dei depositi di rifiuti radioattivi che possono subire una notevole accelerazione di processo, nel caso di presenza di acqua, Ph acido e fluttuazioni, caratteristiche tutte presenti nell’area sotto esame e ci rendiamo subito conto della non idoneità dell’area VT-16.

Contestiamo che
Sogin nel documento area_vt16_dngs00123 a pagina 28 liquidi l’argomento troppo frettolosamente:
Sono da escludere le aree caratterizzate da falda idrica affiorante o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito. Sulla base di dati bibliografici e rilievi speditivi, non si registra nell’area la presenza difalde di entità rilevante in prossimità del piano campagna”.

Contrariamente a quanto affermato dalla Società, l’insieme degli elementi raccolti sia documentali che con sopralluogo tecnico diretto mettono in luce una “fotografia idrografica” dell’area che è da considerarsi complessa e reticolata.
Addirittura una di queste falde che nasce da Piazza Castello è stata anche inventariata con il codice “C056_0434A” e posta sotto tutela da parte della Regione Lazio nel Piano Paesistico Territoriale Regionale.

Assai importante tutta l’area di Piazza Castello ricade su un esteso vincolo storico idrogeologico, che copre tutta l’area VT-16.

Chiediamo pertanto l’esclusione dell’area VT-16.
TAVOLE

OSSERVAZIONE   CE12

Premesso che
non è stata fatta una valutazione demografica approfondita e non è stato effettuato un calcolo del numero dei residenti entro i 10 km dall’area VT-16 che risultano essere:

-Gallese                     2849 abitanti

-Corchiano               3907 abitanti

-Vignanello               4724 abitanti

-Vallerano                2667 abitanti

-Civita Castellana    16777 abitanti

-Castel S.Elia            2642 abitanti

-Fabrica di Roma    8264 abitanti

-Carbognano           1959 abitanti

-Vasanello                4013 abitanti

-Magliano Sabino   3693 abitanti

-Orte Scalo               2800 abitanti


per un totale di popolazione       entro 10 km di 54.295 abitanti !!!

Preso atto che
la demografia della Bassa Tuscia è un elemento assai importante da tener presente per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, progettato per una vita utile di 300 anni.
Infatti tale area della Bassa Tuscia è oggetto di un incremento costante e sostenuto di espansione territoriale  demografica verso l’esterno dell’estesa area metropolitana di Roma.
(NOTA: vedi cfr. studi del Piano di Bacino Provinciale redatto dall’Università LaSapienza di Roma).
Inoltre visti i relativi livelli di criticità per il consumo di suolo nell’area metropolitana di Roma è facile prevedere che per mancanza di suoli edificabili l’area in espansione vada ad “aggredire” in futuro nuovi spazi di territorio in tutta la regione Lazio, anche in relazione al miglioramento del confort di trasporto pubblico e dell’abbassamento delle tempistiche relative al raggiungimento della destinazione Roma dalle diverse località della regione.
Inoltre da tener presente che Istat pone la regione Lazio con target demografico a 6,5 milioni di abitanti, quindi addirittura mezzo milione di abitanti in più, entro pochi anni.

Preso atto che
Sogin ha analizzato i dati demografici Istat del 2011, cioè vecchi di 10 anni.

Considerato che
le operazioni interne ed esterne all’area VT-16 coinvolgono direttamente i comuni di Corchiano, Gallese, Fabrica di Roma e Civita-Castellana, ricadenti tutti nel distretto industriale ceramico di Civita-Castellana (Legge Regionale 36/2001) e che eventuali interruzioni anche temporanee del traffico locale avrebbero conseguenze pesanti e limiterebbero le attività logistiche e lavorative delle imprese nell’intero distretto integrato ceramico, oltre ovviamente ai disagi al traffico locale che coinvolgono nel raggio di appena 10 km oltre 50.000 abitanti.

Visto che
il casello autostradale A1 Milano-Roma in entrata-uscita a servizio del distretto ceramico di Civita-Castellana è solo quello di Magliano Sabina e che eventuali interruzioni di traffico locale dal casello autostradale al bivio della frazione di Sassacci, in territorio di Corchiano e nella frazione di Falerii a Fabrica di Roma avrebbero una ripercussione pesante sulla logistica dell’intero distretto integrato ceramico. Questo anche nel caso si usasse il vettore ferroviario fino alle stazioni FS di Civita Castellana, nella frazione di Borghetto e/o Gallese, in quanto la strada percorribile è una e soltanto una.

Visto che
nel settore della ceramica sanitaria solo 30 aziende industriali sono produttrici in Italia, di cui ben 27 localizzate nel distretto di Civita Castellana (Viterbo), cioè il 90% delle imprese. L’occupazione nazionale è pari a 2.672 dipendenti, e la produzione è stata pari a 4 milioni di pezzi. Il fatturato è di 338,8 milioni di euro, con vendite sui diversi mercati esteri pari a 152,5 milioni di euro (45% del totale fatturato).
Il polo di Civita Castellana è al primo posto per densità d’imprese dell’artigianato industriale della regione Lazio:
-50,6 imprese ogni 1.000 abitanti, seguito da Frosinone-Sora e Rieti-Cittaducale;
E che eventuali interruzioni di traffico locale anche temporanee avrebbero ripercussioni pesantissime sulla logistica delle prime imprese italiane del settore.

Contestiamo
Il metodo arbitrario e soggettivo che Sogin ha applicato all’abitato di Corchiano. In quanto la Sogin dichiara che:
“al primo livello di esclusione sono stati utilizzati i poligoni delle località abitate ai quali è stato applicato preliminarmente un buffer di esclusione proporzionale all’estensione di 10 volte la sua superficie iniziale. Nel caso di centri abitati molto piccoli è stata comunque applicata la distanza minima di 1 km come anche alle località produttive del campo località (tipo 3).”

Quindi Sogin inserendo le aree VT-12 e VT-16 ha applicato la distanza minima di 1 km.
Nel caso di Corchiano ha posto l’estensione del centro abitato di Corchiano con i segmenti molto corti, cioè ha dimensionato e classificato impropriamente a “frazione” o a semplice “gruppo di case”, l’articolato ed esteso centro abitato di Corchiano.
La guida tecnica 29 di Ispra afferma che “La distanza dai centri abitati deve essere tale da prevenire possibili interferenze durante le fasi di esercizio del deposito, chiusura e di controllo istituzionale e nel periodo ad esse successivo, tenuto conto dell’estensione dei centri medesimi.”
Quindi la distanza minima di 1 Km applicata da Sogin per Corchiano è del tutto soggettiva e arbitraria. Sogin in questo caso ha stabilito in modo arbitrario e soggettivo questo criterio, applicando un solo chilometro, distanza che definire ridicola è riduttivo.
Ispra, infatti precisa che si deve tenere conto “dell’estensione dei centri medesimi” ma evidentemente per Corchiano questo non è stato preso in considerazione.

Analizzato che
al contrario, l’estensione dei poligoni dell’attuale “nucleo abitato” di Corchiano risultano essere di 1000 metri, 770 metri, 800 metri, applicando il buffer di esclusione territoriale proporzionale “x10”, la misura di esclusione da applicare risulta essere di 1217 metri, intorno all’attuale abitato di Corchiano.
Il calcolo effettuato è radice quadrata di [770 x 770 x 10(buffer)] =2434,9 metri.
Adesso, ponendo l’area con al centro Corchiano, ridotto impropriamente a punto calcoliamo la metà e cioè 1217 metri.
Ovviamente, non è stato preso in considerazione tutto il “centro abitato” di Corchiano, molto più esteso (indicato al numero 1 nel documento Sogin pagina 28 del file dngs00056) e che porterebbe anche ad una estensione e quindi zona di esclusione ancora maggiore. Inoltre, è stato analizzato il caso più sfavorevole: non si è considerata la direzione di estensione dell’abitato di Corchiano rispetto alle VT-12 e VT-16 (caso favorevole) che innalza i metri ancora di più.

Analizzato che
-L’area VT-12 risulta essere alla distanza minima inferiore di 1217 metri dall’abitato di Corchiano (misura minima presa in esame ma certamente maggiore considerando tutto l’abitato di Corchiano e la sua direzione di estensione);

-L’area VT-16 risulta essere alla distanza minima inferiore di 1217 metri dall’abitato di Corchiano (misura minima presa in esame ma certamente maggiore considerando tutto l’abitato di Corchiano e la sua direzione di estensione);


Chiediamo
l’esclusione delle Aree VT-12 e VT-16, come per altro indicato nel vostro documento dngs00226 per “gli insediamenti antropici”, parametro impropriamente detto “meno favorevole”. 

Infatti essendo questo un parametro di esclusione come da guida tecnica n.29 Ispra, è più corretto indicare alla “valutazione fattore”: la parola sfavorevole”.


Ricordando che nella guida tecnica n.29 di Ispra, si legge in particolare la frase:  I “Criteri di Esclusione” sono stati definiti per escludere le AREE del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire PIENA RISPONDENZA ai requisiti sopra elencati.”
Stando alla guida tecnica n.29 Ispra e come affermate nel vostro documento dngs00226 gli insediamenti antropici sono classificati impropriamente come “meno favorevole” quando è corretto invece inserire “sfavorevole”.  

Precisando che nei casi specifici le aree VT-12 e VT-16 non dovevano nemmeno essere inserite in elenco perché immediatamente escluse in fase ante-consultazione pubblica.

TAVOLE



OSSERVAZIONE    CE13


Visto che
l’area VT-12 dell’ipotesi di localizzazione del sito è del tutto longitudinalmente attraversata dalla ferrovia “ex Roma Nord”, il cui sedime è di proprietà della Regione Lazio e ancora per qualche mese esercitata in gestione da ATAC SpA per poi passare nella seconda metà del 2021 alla gestione infrastrutturale ASTRAL e per l’esercizio alla  CoTraL SpA; 

Considerato che
tale ferrovia è oggetto di lavori esecutivi di raddoppio nel tratto extraurbano e progetto di raddoppio fino alla stazione ferroviaria di Fabrica di Roma, lavori di eliminazione dei PL Fabrica di Roma-Viterbo sono previsti nel recente Piano di Mobilità della Regione Lazio pubblicato sul BUR il 5/1/2021. Se ne deduce che la ferrovia ex-roma nord è oggetto persino di rilancio e riqualificazione da parte della Regione Lazio; Inoltre la ferrovia Ex Roma nord risulta essere una delle più trafficate d’Italia con circa 70.000 passeggeri/giorno e seppur formalmente considerata linea isolata, ha visto il passaggio di tradotte merci anche recentemente.

Preso atto che
–  la stessa area in ipotesi è attraversata tangenzialmente a sud dalla ferrovia Civitavecchia Capranica Orte, in concessione al Gruppo FS SpA – ricompresa nella Legge n.128/2017

 – per cui, come da recente acquisizione del Gestore Infrastrutture – RFI SpA -, alla stessa si applica la disciplina di cui al Dpr 753/1980, in vista della sua obbligatoria ri-circolazione dei treni;

– Non potendosi escludere che su ferrovie in esercizio o in ripristino, seppur appartenenti alla rete complementare (a prescindere dagli attuali concessionari delle stesse), possano circolare convogli con a bordo merci pericolose, né potendosi escludere la pericolosità del convoglio stesso, se oggetto di incidenti, per la particolarissima “sensibilità” del Deposito in fieri;
da fascicolo operativo di linea 113 RFI risulta essere “chiusa temporaneamente all’esercizio… la circolazione di rotabili è ammessa”.
Quindi l’affermazione di Sogin a pagina 25 del file “Area_VT12_DNGS00121.pdf “ che “La (Orte-Capranica; Figura 4.1) è un tracciato ormai dismesso” è priva di fondamento.



– Non essendo ammissibile che un’opera – peraltro localizzabile altrove, ove non sussistano i criteri di esclusione di cui alla suddetta guida tecnica 29 ISPRA – possa condizionare pesantemente il tipo di esercizio da svolgersi sulle predette infrastrutture ferroviarie;

– Stante la perfetta appartenenza dell’area VT-12 al criterio di esclusione richiamato;

– Non potendosi comprendere per quali ragioni Sogin non abbia prestato attenzione alla cartografia IGM 1:25.000 allegata, nonché alla mappa satellitare che conferma quanto già noto, né tantomeno alla Programmazione regionale in essere come il  PRMTL adottato dalla Giunta, ovvero alla Normativa nazionale, la citata Legge n.128/2017,  con riferimento alla ferrovia Civitavecchia-Capranica-Orte, ovvero allo “stato di cose presente” in quanto alla linea a gestione ATAC “Roma-Viterbo”; rimane incomprensibile anche l’aver preso i dati ferroviari dalla banca dati RFI, che come è noto non è l’unico concessionario statale presente in Italia;

per le ragioni illustrate in precedenza
chiediamo che l’area VT-12 venga esclusa.

TAVOLE

OSSERVAZIONE    CE14

Premesso che
nel documento Sogin “Area_VT16_DNGS00123.pdf” si legge  “Per quanto riguarda le risorse geotermiche (Elaborato Sogin DN GS 00203) in corrispondenza dell’area, le temperature stimate all’interno del serbatoio geotermico regionale non sono interessanti per lo sfruttamento industriale e la produzione di energia elettrica.” Tale affermazione è priva di fondamento.

Contestiamo
in quanto come è noto insistono sotto le aree VT-12 e VT-16 risorse geotermiche dall’alto gradiente termico. Questo è testimoniato dalle numerose concessioni minerarie geotermiche rilasciate dal MISE, ricadenti nel Lazio. In particolare, le concessioni minerarie geotermiche più vicine alle aree VT-12 e VT-16 sono “Lago di Vico”, “Sutri” e “Monterosi”. Addirittura, nel caso della concessione Lago di Vico è stato presentato un progetto di trivellazione di 4 pozzi deviati profondi 3 km nei comuni limitrofi alle aree VT-12 e VT-16.
E’ noto anche che le trivellazioni profonde e la stimolazione dei bacini geotermici causano fenomeni di sismicità indotta (NOTA: fonte INGV).
Inoltre sono presenti in zona alcuni pozzi profondi già trivellati negli anni ‘70-‘80-‘90 da Agip-Enel, Cimino 1 (profondità 3km), Vetralla (profondità 1-2 km), Barco (0,7 km) e Sabatini, i cui gradienti termici (dai verbali di trivellazione) dimostrano che la temperatura del bacino geotermico profondo è sfruttabile per geotermia industriale a media e alta entalpia in tutta l’area dell’apparato Vicano-Cimino che si estende fino in prossimità della valle del Tevere.

Considerato che
le attuali tecnologie permettono di trivellare a profondità dell’ordine dei 5-6 km con sviluppi ulteriori e quasi sempre in pozzi deviati, in alcuni casi anche in orizzontale. Ragion per cui stabilire poi la verticale di fondo pozzo sul piano orizzontale superficiale diventa difficile. Il recente progetto geotermico presentato nei comuni di Caprarola e Carbognano vicino alle aree VT-12 e VT-16 con pozzi in deviata è solo l’esempio concreto di quello che l’area dei Cimini riserva per il futuro. Inoltre è noto che un pozzo geotermico ha una durata di progetto di 7-10 anni, poi bisogna ri-trivellare pozzi più profondi, in quanto nel frangente di tempo il bacino geotermico si esaurisce. Ragion per cui i pozzi di 3 km proposti nei comuni di Caprarola e Carbognano, se realizzati nell’arco di 50 anni raggiungeranno profondità maggiori e di conseguenza il fondo pozzo proiettato sul piano campagna superficiale risulterà ancor più distante.

Visto che
il pozzo geotermico Cimino 1 già trivellato risulta essere a 9,6 km dall’area VT-12, e 12,8 km dall’area VT-16; che il pozzo geotermico Barco 1 già trivellato risulta essere a 8,7 km dall’area VT-12 e 11,4 km dall’area VT-16; che i pozzi deviati del progetto geotermico “Servelli 1 e Servelli 2” risultano essere ad appena 6,5 km dall’area VT-12 e 8,9 km dall’area VT-16; che la parte di concessione mineraria “lago di Vico” nel comune di Fabrica di Roma risulta essere a circa 3 km dall’area VT-12 e circa 6 km dall’area VT-16 e quindi a ridosso delle aree proposte da Sogin.
Dai dati dei verbali di pozzo del “Sabatini 6” e del “Cimino 1”, ricaviamo una temperatura di circa 200° C poco al di sopra del tetto del potenziale serbatoio geotermico, rinvenendo fluidi geotermici con temperature maggiori di 210° C a profondità maggiori di 2500 metri. Il pozzo “Cimino 1” è stato perforato nella località di Poggio San Vito, ha rivelato un gradiente termico nelle formazioni di copertura di circa 100° C/Km e ha intercettato una frattura produttiva a circa 2950 metri di profondità nel bacino geotermico di circa 230° C.


Preso atto che
vanno considerati i flussi di risalita del gas radon nei pressi dei pozzi profondi già trivellati o da trivellare che come noto sono veicoli straordinari per i gas anche radioattivi in risalita. A tal proposito, vedi monitoraggio del Radon nella zona geotermica di Landau in Germania, dove una nube di radon avvolge i pozzi trivellati, in modo permanente.

Visto che
tutta l’area del Lazio presenta manifestazioni vulcaniche secondarie, in alcuni casi queste manifestazioni sono imprevedibili, spesso senza preavviso come i fenomeni di liquefazione del terreno nel comune di Fiumicino, detti “i vulcanetti di fango a Fiumicino”.
O i recenti fenomeni di gassificazione davanti alle coste laziali, che sono stati oggetto di studio da parte di istituti di ricerca.
Altre manifestazioni secondarie da acque idrotermali sono note e ricadono a Viterbo, Orte, Manziana, Nepi e Fabrica di Roma. Sono documentati anche nella zona del comune di Corchiano sorgenti di acqua dall’alta concentrazione di minerali: un esempio è l’acqua cosiddetta “rossa ferrosa” nella località “fallarese”.
Inoltre numerosi fenomeni di gassificazione in tutta la zona sono elencati nello studio Cinti del 2014.

Visto che
le concessioni minerarie estrattive a ridosso dell’area VT-16 con i codici regionali GAL011, CVC003, CVC001, COR001, COR006, COR003 e addirittura ricadenti nell’area VT-16 a Piazza Castello, evidenziati in mappa in un’area nota da fonti bibliografiche.
Queste concessioni minerarie sono evidenziate nella Carta regionale delle attività estrattive e quelle con codice COR fanno riferimento proprio al territorio comunale di Corchiano.

Visto che
la carta dei “litotipi di interesse estrattivo” dell’assessorato delle attività produttive della Regione Lazio indica per l’area VT-16 un interesse estrattivo del seguente tipo:
1) Successioni di prodotti vulcanici con uso misto (da taglio, inerti, leganti);

2) Sabbie e ghiaie da inerti per costruzioni.
Inoltre in questa carta si nota poco distante la presenza di zone indicate come di valore per l’estrazione di “Travertino da taglio per pietre ornamentali o inerti per costruzioni”.
Tutto questo è in linea a quanto affermato negli studi dettagliati e specifici e dai sopralluoghi da noi effettuati nell’area.

Considerato che
nel recente PER (Piano Energetico Regionale) già approvato, la Regione Lazio prevede:

– la riduzione delle emissioni CO2 dell’80% al 2050, rispetto al 1990, in linea con la Roadmap UE 2050.

– La realizzazione di centrali geotermiche di taglia media (5-10 Mwe / MWt) nelle zone a maggiore potenziale geotermico (Viterbese e Colli Albani).

-in termini di FER-Elettriche da fonte geotermica, raggiungere i 1.100 GWh di produzione all’anno nel 2050.

-le istanze di permesso di ricerca di risorse geotermiche attualmente al vaglio del MISE sono 26 per ben 1400 kmq di territorio regionale laziale.

-la regione Lazio nel Piano Energetico Regionale prevede 31 centrali industriali geotermiche su 10 campi geotermici attivati in concessione mineraria, ricadenti alcune nel viterbese”.

Chiediamo che
le aree VT-12 e VT-16 vengano escluse, in quanto lo sfruttamento di risorse minerarie del sottosuolo già pianificato nel PER della Regione Lazio  può essere compromesso dalla costruzione del deposito.


TAVOLE

OSSERVAZIONE    CE15

Premesso che
vicino alle aree VT-12 e VT-16 a poca distanza ci sono le seguenti aziende classificate ad incidente rilevante (art. 15 D.Lgs 334/1999):

-Orte, codice Ministero NL047, Sapio produzione H-O srl

-Civita Castellana, codice Ministero NN054, Fabrica Romana Esplosivi srl

Inoltre, vicino al VT-16 è presente il centro nazionale Snam di compressione del gas metano nel comune di Gallese, posto proprio sul Rio Fratta e che rappresenta un pericolo molto serio per tutta l’area limitrofa.

Chiediamo che
le aree VT-12 e VT-16 vengano escluse.

4. OSSERVAZIONI DI APPROFONDIMENTO

OSSERVAZIONE    CA6      “Condizioni meteo-climatiche – eventi estremi (b)”


Visto che
gli eventi estremi recenti risultano essere per la temperatura:
-il 28/2/2018           -8.9° C

-il 3/8/2017                         +44.7° C

Osservando un notevole delta d’escursione termica nell’ordine di 53.6° C.
Registriamo un significativo quantitativo di pioggia annuale di 1222,4 mm per l’anno 2014;

visto che
il comune di Corchiano fa parte della zona d’allerta B -BACINO MEDIO TEVERE (DGR 865/2019)

Considerato che
la distribuzione dei tornado nelle prime 4 regioni d’Italia, dal 2014 al 2019, è così suddivisa:

                Puglia>                             29 tornado

                Liguria e Veneto>           22 tornado

                Lazio>                               16 tornado

Gli eventi presi in considerazione in Italia sono in totale n.197, di questi, n.15 (8%) hanno raggiunto o superato il grado F2 della scala Fujita (vale a dire venti orizzontali superiori ai 180 km/h e fino a 253 km/h).

Nel Lazio ed in particolare nella provincia di Viterbo si sono verificati alcuni Tornado di grado F2 che in alcuni casi hanno causato danni ingenti con feriti.

Considerato che
un tornado F2 dei più devastanti è stato quello di Ladispoli, Cesano di Roma-Formello-Campagnano di Roma-Morlupo il 6/11/2016 con ingenti danni, 30 feriti e 2 morti;
si segnala: “Violento, grosso e longevo tornado partito dal mare e con tragitto di oltre 40 km. Muri e recinzioni abbattute, tetti scoperchiati, deboli strutture distrutte, alberi spezzati o sradicati, vetture sollevate e ribaltate, pali e cartelli abbattuti. Partito da Ladispoli, ha devastato la pineta di Ceri prima di dissolversi intorno a Morlupo”. Vista la potenza e la vastità del tornado vengono segnalati diversi danni anche nella zona della Bassa Tuscia;

un tornado F2 il 30/8/2020 colpisce Viterbo nord, con danni ingenti e alcuni feriti;
si segnala: “Intenso tornado con gravi danni. Traliccio in ferro piegato, tetti divelti, muri anche interni danneggiati; trattori, rimorchi agricoli e piccoli veicoli rovesciati o distrutti; animali feriti, alberi completamente spogliati e spezzati o abbattuti, piccole strutture distrutte, pali anche in cemento spezzati o abbattuti, segnaletica spazzata via, danni a pannelli solari”;

-un tornado F0 il 17/11/2019 colpisce Fabrica di Roma VT a poca distanza dalle aree VT-12 e VT-16;

-un tornado F0 il 29/5/2019 colpisce la zona di Pescia Romana;


-un tornado F0 il 16/7/2018 colpisce Canepina VT a poca distanza dalle aree VT-12 e VT-16;

-un tornado F0 il 2/8/2018 colpisce Civita Castellana VT a poca distanza dalle aree VT-12 e VT-16;

-un tornado F0 il 9/6/2016 colpisce la zona del Lago di Bolsena;


-un tornado F0 il 27/11/2014 colpisce la zona tra Marta e Montefiascone;

-un tornado F0 il 22/7/2014 colpisce le campagne di Viterbo nord;

-un tornado F0 il 6/5/2010 colpisce Viterbo;

-un tornado F0 il 13/5/2010 colpisce Bassano Romano VT;

-un tornado F1 il 5/10/2010 colpisce Anguillara;

-un tornado F1 il 23/8/2007 colpisce Viterbo nord;

un tornado F1 il 10/8/2002 colpisce i dintorni di Vallerano VT a pochissima distanza dalle aree VT-12 e VT-16;

un tornado F2 il 5/10/1979 colpisce Trevignano Romano con ingenti danni;

un tornado F2 il 12/10/1964 devasta Barbarano Romano VT con “100 case danneggiate, 30 rese inabitabili, 6 crollate, 28 famiglie sfollate, lesionato il municipio e campanile pericolante, il vento ha sradicato centinaia di alberi e ha abbattuto anche i pali della corrente elettrica.

Preso atto che
per numero di tornado il Lazio risulta essere la quarta regione d’Italia più soggetta a questo tipo di eventi e che la provincia di Viterbo, insieme alla provincia di Roma è quella con il più alto numero di eventi F0, F1 e F2. Inoltre a causa dell’innalzamento globale della temperatura, questo tipo di eventi estremi sono soggetti ad aumentare sia in numero che di grado di potenza. E’ altamente probabile che in provincia di Viterbo si scatenino non solo tornado di categoria F2 ma addirittura, nell’arco considerato di 300 anni, anche un evento di grado superiore.

Contestiamo che
Sogin a pagina 19 del file Dngs500123 alla voce “Eventi Estremi” abbia preso un reticolo areale che non è corretto!!!
Infatti partendo dalla latitudine 42.1° Nord ha traslato tutto il reticolo areale a NORD!
E’ corretto, infatti, inserire il reticolo areale con al centro Corchiano e l’area VT-16 ponendo la latitudine più a sud e cioè a 41.5° Nord!!!
Il fatto delle coordinate areali traslate in alto, più a nord, ha tagliato fuori una serie significativa di eventi estremi!
Non sappiamo se sia un errore o una trascuratezza di Sogin ma questo è accaduto e va corretto.

Preso atto che
una buona parte dei tornado provengono dai quadranti ovest, sud-ovest, sud, sud-est nella regione Lazio. E’ noto inoltre che in alcune aree della costa laziale hanno origine una serie di eventi estremi in grado di entrare per decine di km nell’entroterra, devastandolo in modo significativo.
E’ noto che le aree favorevoli all’origine dei tornado sono i territori di Santa Marinella, Santa Severa, Marina di Cerveteri, Ladispoli, Fiumicino, Civitavecchia, Montalto di Castro e Tarquinia.

Chiediamo

l’esclusione delle aree VT-12 e VT-16, perché ad alto-medio rischio di eventi estremi classificati “Tornado”.

TAVOLE

OSSERVAZIONE CA9         “PARAMETRI CHIMICI DEL TERRENO E DELLE ACQUE DI FALDA”

Premesso che
tutta la zona dell’alto Lazio, quindi anche all’interno delle aree VT-12 e VT-16 presenta valori altissimi di radon ed arsenico che sono noti da tempo e che incrementano notevolmente il rischio sanitario a cui sono esposti gli abitanti.

Visto
l’arsenico che viene rilasciato nelle acque sotterranee a causa delle interazioni acqua-roccia e di processi geotermici, raggiunge in loco concentrazioni molto elevate nelle falde (fino a 130-370 mg/L), documentate fin dagli anni ’70.
(NOTA: bibliografia Angelone et al. 2009; Preziosi et al. 2010; Baiocchi et al. 2011).
La falda acquifera vulcanica copre una vasta area di 5.500 kmq e fornisce acqua per il consumo umano a circa 200.000 abitanti e anche per le attività agricole nella provincia di Viterbo (NOTA: bibliografia Angelone et al. 2009; Preziosi et al. 2010).
L’elevato grado di contaminazione delle acque è confermato anche dall’elevato contenuto di arsenico fito-disponibile nei suoli agricoli che raggiunge il suo massimo nel Viterbese rispetto alle altre regioni italiane.
(NOTA: bibliografia Cubadda et al. 2010 e studio Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da arsenico nelle acque potabili, a cura del Dipartimento Epidemiologia del S.S.R. Regione Lazio 6/2014).
In particolare la Regione Lazio, con il Piano di Tutela delle Acque nel 2004, ha individuato le aree vulnerabili distinguendole in aree a vulnerabilità primaria e secondaria. Nelle prime sono stati istituiti vincoli di “rispetto assoluto”, mentre nelle seconde, vincoli di “protezione”.

Nel territorio provinciale ricadono all’interno delle aree a vulnerabilità primaria, gli apparati vulcanici di Bolsena e Vico. L’art.120 comma 1, del D.lgs.152/2006 prevede che le Regioni elaborino programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico. Con DGR n. 355 del 18 aprile 2003 la Regione Lazio ha definito una prima rete di monitoraggio quali-quantitativo delle acque sotterranee, costituita da 73 sorgenti, di cui 22 nella provincia di Viterbo e quelle che interessano la zona del progetto di deposito nazionale di rifiuti radioattivi (aree VT-12 e VT-16) ricadono proprio nei Comuni di Corchiano, Capranica, Fabrica di Roma, Civita Castellana, Nepi e Caprarola.

Visto che
sono presenti nell’area VT-16 diversi pozzi d’acqua per uso agricolo e contrassegnati dal codice banca dati Ispra n.150290, 150313, 150382, 150392, 150393, 150525, oltre ovviamente altri comunque presenti ma ancora non registrati.


Valutato che
la Giunta Regionale del Lazio “prescrive che eventuali pozzi presenti nella zona, se non più in uso come opere di captazione, devono essere chiusi con tecniche che garantiscono l’isolamento delle falde attraversate” e come sappiamo queste tecniche sono costose. Inoltre non garantiscono del tutto nel tempo la tenuta stagna, visto che il “beton” o malta cementizia ha una durata di 50-60 anni in normali condizioni ed in presenza di acqua o umidità tale periodo di vita si riduce drasticamente. Visto che tali pozzi prima dei lavori propedeutici alla costruzione del deposito di rifiuti radioattivi vanno chiusi e sigillati con precise norme tecniche standardizzate. Come sappiamo i pozzi d’acqua elencati in precedenza coprono praticamente tutta l’area VT-16 e la chiusura (sigillatura tecnica) presenterebbe problemi di tenuta stagna nel corso del tempo. Questo è un ulteriore fattore di rischio di contaminazione ambientale potenziale per l’acqua di falda che può essere contaminata in modo irreversibile da radionuclidi e difficilmente bonificabile in caso di incidenti, percolamenti o fenomeni di migrazione nel sottosuolo nell’area VT-16.

Visto che
pur in assenza di dati acquisiti dal Satellite Sentinel 2, con particolare attenzione all’indice di umidità del suolo (MOISTURE INDEX) che si ottengono mediante l’indice dei canali B8A e B11, è noto che l’area VT-16 presenta comunque un sottosuolo altamente permeabile e che questo è da intendersi in entrambe le direzioni dall’alto in basso e dal basso in alto.

Visto che
l’area VT-16 è pericolosamente vicina alla sorgente de “L’Acqua di Nepi” (DGR n.1897 del 14.4.1987 e DM del 18.3.1949) sul sito internet aziendale leggiamo “Fonte di Piacere, sgorga dalle sorgenti dei monti Cimini nei pressi del paese che le ha dato il nome, un luogo dalla natura protetta e incontaminata. Già nota come Terme dei Gracchi, per l’importante centro termale creato dalla famosa famiglia romana, è oggi l’acqua preferita dai grandi chef italiani, per la sua effervescenza delicata, conferita dall’origine vulcanica, e per la leggerezza del suo gusto inconfondibile”. Garantire l’integrità nel tempo di questa sorgente significa anche non arrecare danni economici stimabili dai fatturati dell’azienda, che la distribuisce nei più prestigiosi ristoranti d’Italia, tutelando così anche i lavoratori occupati direttamente e nell’indotto della catena logistica.

Visto che
va considerato anche l’incremento dell’esposizione annuale alle radiazioni ionizzanti dei lavoratori che saranno impiegati nel deposito nazionale e che per quanto riguarda le aree considerate VT-12 e VT-16 non parte da zero Bq/mc ma nelle zone indicate è possibile trovare valori superiori senz’altro ai 100 Bq/mc (con punte anche di 1000 Bq/mc nella zona della Bassa Tuscia). Per quanto riguarda questa specifica area il punto zero non esiste, si parte già da una condizione iniziale piuttosto critica e compromessa. A tale proposito si sottolinea che Sogin non ha definito il “fondo naturale radioattivo” delle aree VT indicate. Solo questo fattore deve far escludere l’ubicazione del deposito nelle zone del viterbese che hanno notoriamente la più alta concentrazione di Radon d’ITALIA.

Preso atto che
pur in assenza di uno studio di indagine sanitaria prodotto da Sogin e che riguarda il registro tumori della Regione Lazio, riteniamo comunque che il gas radon nel tempo può filtrare nelle strutture in cemento armato, sfruttando ogni minima micro-frattura delle infrastrutture. Inoltre conosciamo che l’attività di flusso di gas radon in provincia di Viterbo è altissima, addirittura critica in alcuni casi anche per la vita umana. Il gas Rn-222, Rn-220 e Rn-219 è un fattore critico sia per la gestione fisica del deposito di rifiuti ma lo è ancora di più per i lavoratori impiegati nel futuro deposito. Infatti i lavoratori saranno esposti a flussi in milli-Sievert (mSv) annuali importanti e che vanno a sommarsi con il flusso in milli-Sievert (mSv) importante del fondo naturale. A tal proposito si prende in esame il limite di “dose efficace” che per i lavoratori esposti è di 20 milli-Sievert (mSv) al cristallino.
Inoltre, è facile prevedere che i lavoratori ed i tecnici impiegati saranno persone che per comodità lavorativa prenderanno la residenza nei dintorni e che passeranno da luoghi radioattivi di lavoro a luoghi di residenza ugualmente radioattivi per l’emissione di radon naturale. E’ noto infatti che nelle abitazioni del viterbese l’esposizione varia più o meno da 300 a 1000 Bq/mc. In questo modo saranno esposti ad un accumulo annuo che sfora qualsiasi normativa europea e normative nazionali di recepimento.

Visto che
il Radon è un gas radioattivo di origine naturale, prodotto dal decadimento dei radionuclidi della serie uranio-radio: in particolare ad essere responsabile della produzione dell’isotopo Radon 222 (radioattivo) è l’Uranio 238. Le principali sorgenti di Radon sono dovute alla presenza dei suddetti radionuclidi nel sottosuolo della terra; questi vengono prodotti continuamente da alcune rocce soprattutto da lave, tufi, pozzolane ed alcuni graniti anche se sono stati rilevati elevati tenori di radionuclidi anche nelle rocce sedimentarie come marmi, marne, flysh, ecc. A livello regionale o locale il fattore che maggiormente influenza il rilascio di Radon è la litologia per esempio il contenuto di Uranio delle rocce oppure le numerose discontinuità tettoniche (faglie) dove si registrano elevati livelli di Radon dovuti alle migrazioni verso le superfici di gas endogeni (veicoli) attraverso sistemi complessi di fratture. Il Radon viene rilasciato nei gas del suolo e nell’atmosfera e, pertanto, si può accumulare in ambienti chiusi di diverso tipo, dalle gallerie sotterranee alle abitazioni, ma può essere presente anche sotto forma disciolta nelle acque. Il gas Radon, è classificato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come cancerogeno (pubblicazione n. 43/1988).
Da molti anni il problema del potenziale rischio per la salute umana derivante dall’esposizione ad elevati livelli di Radon è al centro dell’attenzione di autorevoli organismi internazionali, quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), la Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP), anche la Commissione Europea per il tramite del dipartimento Ambientale monitora la situazione nei vari Paesi Europei, in particolare l’Italia.
Per quanto riguarda il radon citiamo il valore delle analisi effettuate nella vicina sorgente del Barco nel comune di Ronciglione vicino al confine con il comune di Fabrica di Roma effettuate con metodo canister  e che riportano l’impressionante dato di 551,18 Bq/l (NOTA: fonte Provincia di Viterbo – Assessorato Ambiente – Relazione sullo stato dell’ambiente) che mettono le acque del Barco con una concentrazione di Radon nell’acqua tra le più alte d’Italia.
Per questa ragione si deve mantenere un livello di cautela per l’intera zona molto elevato, per non compromettere ancora di più il già fragile quadro generale.

Vista la
guida tecnica 30 “criteri di sicurezza e radioprotezione per depositi di stoccaggio temporaneo di rifiuti radioattivi e di combustibile irraggiato” – ottobre 2020
In particolare il paragrafo 4.4.2 (protezione della popolazione):
In condizioni operative normali (Categoria I) ed anomale (Categoria II), la dose efficace complessiva a un qualsiasi individuo della popolazione in un anno, dovuta a rilasci liquidi e/o aeriformi ed all’irraggiamento esterno, deve risultare non superiore a dieci microSievert (≤ 10 μSv/anno), nel rispetto del criterio della non rilevanza radiologica”.

Constatato che
pur in assenza di uno studio prodotto da Sogin che riguarda il fondo radioattivo naturale delle aree identificate, riteniamo che il gas Rn-222 influenzi direttamente le condizioni ambientali di lavoro e può stravolgere i progetti preliminari previsti. Soprattutto quelli che riguardano la ventilazione forzata negli edifici che evidentemente in queste condizioni va incrementata. Conseguentemente, è facile prevedere un innalzamento del livello di radiazioni esterne (come da progetto) che sono inizialmente previste contenute su un certo livello e che invece è facile supporre possano eccedere tale livello, a causa del maggiore volume totale spostato dalla ventilazione forzata, dovuto alle particolari condizioni ambientali dei siti viterbesi.

Evidenziato inoltre che
il livello di Radon disciolto nelle acque riporta valori significativi espressi in Bq/litro, si deduce che l’acqua necessaria al funzionamento degli impianti tecnici e per uso umano lavorativo come docce, bagni ecc. sia da trattare preventivamente con ulteriore aumento dei costi di gestione.

Preso atto che
a causa delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno e delle acque presenti nelle aree VT-12 e VT-16 i fenomeni noti di “Lisciviazione”, “Carbonatazione”, “Corrosione armature” e “Migrazione” tipici dei depositi di rifiuti radioattivi possono subire una notevole accelerazione di processo.

Preso atto che
la legge regionale n.14/2015 “previene e limita i rischi connessi all’esposizione al gas radon, al fine di tutelare la salute pubblica e di salvaguardare il patrimonio ambientale e naturale.”

Considerato che
la Direttiva europea 2013/59/EURATOM recentemente adottata anche in Italia stabilisce precisi valori limite. In ogni caso, vista la situazione areale è facile prevedere problemi sanitari più o meno gravi da parte dei lavoratori impiegati nel deposito per il sommarsi dei flussi di radioattività ambientale naturale, con quelli dell’infrastruttura stessa; con il conseguente e difficile rispetto nell’area dei parametri minimi che la legge stabilisce per le emissioni misurate all’esterno dei rifiuti confinati e di quelli nuovi che arriveranno da fuori in attesa di processamento. E’ molto chiaro che i valori di emissione si sommeranno a quelli del fondo di flusso naturale che sono comunque in qualsiasi caso già molto critici.

Considerato inoltre che
è entrato in vigore il 27/8/2020 il Decreto Legislativo n. 101 del 31/7/2020 di recepimento della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e di riordine della normativa di settore in attuazione dell’articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
In particolare, la più importante novità introdotta dal Decreto è rappresentata dalla riduzione consistente dei valori limite di esposizione per i lavoratori classificati esposti a radiazioni ionizzanti. In particolare risulta ridotto di più di sette volte il limite di dose equivalente al cristallino.

Il limite fissato massimo al cristallino è fissato in 20 milliSievert/anno.

Considerato che
le principali novità a carattere ambientale presenti nella norma: 
riguardano
-per il radon naturale prevede per le abitazioni costruite dopo il 31/12/2024, si applicherà un livello di riferimento inferiore, pari a 200 Bq/mc e non come è oggi di 300 Bq/mc. Inoltre per i luoghi di lavoro si deve rispettare i 300 Bq/mc.
Il radon è la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo. Entro 7 mesi verrà redatto ed approvato il Piano nazionale d’azione per il radon nel quale verranno individuati una serie di elementi, che condurranno a dettagliare strategie ed interventi negli ambienti di vita. Inoltre, la valutazione del rischio Radon va fatta all’interno del documento che viene redatto nella Valutazione del Rischio (articolo 17 del D.lgs. del 9 aprile 2008, n. 81).

– Le autorizzazioni all’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti, il testo prevede espressamente una analisi del sito proposto per l’installazione che tenga conto delle sue caratteristiche geologiche, idrologiche, demografiche, meteo climatiche ed ambientali. I siti verranno verificati da ogni punto di vista al fine di valutare la loro piena idoneità ad ospitare l’impianto. 

– Gli allontanamenti di ogni materiale, solido liquido e gassoso, che esce dal sistema regolamentare della radioprotezione dovrà avere una sua autorizzazione al conferimento, al riciclo o al riutilizzo.  

Considerato che
se un lavoratore è esposto ad una radioattività naturale di fondo di 500 Bq/mc (valori facilmente riscontrabili da trovare nel viterbese) e vi resta esposto 24 ore su 24 per 1 anno, riceve la dose di 10 milliSievert, cioè esattamente la metà dell’attuale limite ammesso oggi e che corrisponde a 20 milliSievert. E’ facile immaginare che quel “povero lavoratore” impiegato nel Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi nel viterbese supererà facilmente la dose annuale ammessa, con conseguenze gravi che riguarderanno la sua salute.

Letti
gli articoli 74 e 76 (commi 1 e 2) del D.lgs 101/2020


74. Operatore nazionale e Gestore del servizio integrato

(direttiva 2013/59/EURATOM, articolo 95; decreto

legislativo 6 febbraio 2007, n. 52, articolo 17).


1. L’Operatore nazionale deve:

a) garantire la messa in sicurezza di lungo periodo

delle sorgenti radioattive dismesse ai fini del loro futuro

smaltimento, assicurando un immagazzinamento in sicurezza

per un periodo di almeno cinquanta anni; (*)


b)
rispettare le stesse prescrizioni di sicurezza per

l’immagazzinamento dei rifiuti radioattivi di origine

energetica;


2. L’Operatore nazionale è la Società gestione impianti

nucleari (Sogin S.p.a.)

* Nota:
Non capiamo perché il legislatore abbia inserito un periodo di almeno 50 anni, anziché 300 anni, cosa significa che dopo i 50 anni può esserci “UN IMMAGAZZINAMENTO NON IN SICUREZZA”??? Forse si conoscono già oggi i limiti progettuali e tecnici delle strutture ed infrastrutture, che sono appunto solo di 50 anni???
Letta la
Circolare dei Vigili del Fuoco n.0012000 del 16/9/2020,

Decreto legislativo 31 luglio 2020, 101 “Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell’articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117” — Modifica dei valori di assoggettamento ai controlli di prevenzione incendi.

In Particolare, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 101/2020, si stabiliscono norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti e che modifica i parametri per l’assoggettamento alle diverse autorizzazioni in materia di sicurezza contro le radiazioni ionizzanti, precedentemente fissate dall’abrogato D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230.

Di conseguenza vengono modificati anche i valori per l’assoggettamento ai controlli di prevenzione incendi delle attività ai punti n. 58, 59, 60, 61 e 62 dell’allegato I al DPR 151/2011. Infatti, poichè dette attività risultano legate a diverse tipologie di autorizzazioni in materia radio-protezionistica, i riferimenti all’abrogato D.Lgs. 230/95 dovranno essere riferiti ai corrispondenti articoli del D.Lgs. 101/2020.



Chiediamo

per le motivazioni puntuali ed approfondite sovra-esposte l’esclusione delle aree VT-12 e VT-16.


TAVOLE

Osservazione   CA10                     “Biodiversità e protezione degli habitat”

Premesso che
sulla difesa della biodiversità facciamo riferimento in particolare all’articolo 4 paragrafo 4 della direttiva 79/409/CEE modificata e abrogata dalla direttiva 2009/147/CE (uccelli selvatici), sulla prevenzione dell’inquinamento e sugli effetti degli habitat individuati dalla direttiva 92/43/CEE (habitat) aventi come comune obiettivo quello della protezione, preservazione e miglioramento degli ecosistemi naturali, ma anche addirittura alla direttiva sulla tutela dell’ambiente marino (la 2008/56/CE) per evitare che non vi siano impatti o rischi significativi per la biodiversità marina e del fondo marino, gli ecosistemi marini e per la salute umana per via dell’accumulo di contaminanti nei pesci (radionuclidi). Citare questa direttiva ha senso in quanto eventuali sversamenti nell’area VT-16 e precisamente nei sottostanti “Rio Fratta” e nel “Fosso delle Tavole” andranno a finire nel sistema marino, attraverso il sistema fluviale del bacino del Tevere, raggiungono il mare (vedi l’esempio del mercurio “stimati in kg/anno” nel fiume Paglia, affluente del fiume Tevere che sfocia nel Mar Tirreno, oggetto di una recente interrogazione europarlamentare).

Visto che
sulla biodiversità citiamo  anche la comunicazione della Commissione, del 22 maggio 2006, intitolata: “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre – Sostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano”, qui, la commissione ha indicato il valore della conservazione della biodiversità, della qualità degli stock ittici e sopratutto del mantenimento della fertilità del suolo e del cambiamento sull’utilizzo del suolo che per il deposito Nazionale di Rifiuti Radioattivi passa da “agricolo di valore” direttamente in “industriale ad incidente rilevante”, senza che sia ricompreso in un piano regolatore di previsione progettuale locale  ma semplicemente attuando politiche nazionali di forza con l’uso dell’ “esproprio coattivo”, passando sopra a qualsiasi norma di programmazione urbanistica in materia.
Nelle foto allegate crescono  all’interno e a ridosso delle forre piante di corbezzolo, roverella, cerro (Quercus pubescens e Q. cerris), nocciolo selvatico che sono l’habitat ideale anche riproduttivo per gli uccelli selvatici: 
la gallinella d’acqua, il martin pescatore, il torcicollo, il picchio verde, il picchio rosso maggiore, l’upupa, l’usignolo, il piccione selvatico, la poiana, il gheppio, il falco pellegrino, il falco pecchiaiolo, lo sparviere, il lodolaio. Presenti anche molti uccelli notturni come il gufo comune, il barbagianni, l’allocco, la civetta e l’assiolo.

Considerato inoltre che
la VT-16 non ricade all’interno di aree protette ma gli importi derivanti dalla realizzazione ed operatività del deposito interferiscono con diverse aree naturali protette. Pertanto, ai sensi dell’articolo 10, comma 3 del D.Lgs. 152/2006 la procedura deve comprendere anche la valutazione d’incidenza ambientale, in quanto tali attività interferiscono significativamente sulla conservazione degli habitat protetti.
preso atto che
si rileva una preoccupante vicinanza con zone protette di interesse, anche comunitario europeo SIC, ZPS, ZSC:

-Lago di Vico ZPS Lago di Vico Monte Venere e Monte Fogliano (cod. IT6010057, IT6010023, IT6010024);

-Castel Sant’Elia SIC e ZPS  Fosso Cerreto (IT6010032);

-Orte SIC Travertini di Bassano in Teverina (IT6010038);

-Soriano nel Cimino  SIC/ZPS  Monte Cimino (IT6010022);

-Bassano Romano SIC Faggete di Monte Raschio e Oriolo (IT6010034);

-Narni ZSC Lago di San Liberato (IT5220022);

-Narni SIC Gole di Stifone (IT5220020);

-Sutri (IT6030085);

-ANP (Riserva naturale Lago di Vico (L.R. 47/82);

-IBA (Important Bird Area) Lago di Vico (cod. 108) Natura 2000;

-Riserva naturale di Vico;

-Oasi WWF Pian Sant’Angelo di Corchiano (DPGR 133/2000);

-Monumento Naturale Le Forre di Corchiano (DPGR 635/2008, si trova sul Rio Fratta, lo stesso adiacente all’area VT-16);
 
Preso atto
in particolare, dell’importanza che riveste la tutela del bene ambientale Lago di Vico e dei Monti Cimini che è stata ampiamente riconosciuta con le leggi specifiche che dal 1939 in poi si sono susseguite:
1939 Legge 1947/1939-Bene di notevole interesse pubblico;

-1961 Dichiarazione notevole interesse paesaggistico;

-1965 Oasi faunistica;

-1982 Legge Regionale n.47 del 28/09/1982 “ISTITUZIONE DELLA RISERVA NATURALE PARZIALE DEL LAGO DI VICO”;

-1985 Legge regionale 22 maggio 1985, n. 81 (Modificazione alla legge regionale 28 settembre 1982, n. 47: “Istituzione della riserva naturale parziale Lago di Vico”);

-1985 Legge 431/1985-Vincolo paesistico;

-1998 L.R. 24/98 – artt. 134 , 136 e 142 D.lvo 42/04 Piano Territoriale Paesistico Regione Lazio Beni Paesaggistici;

-2005 Decreto del 25/03/2005 – Zona di protezione speciale ZPS IT6010057 e sito di interesse comunitario SIC IT6010024;

-2008 Legge Regionale n.24 del 24/12/2008 ISTITUZIONE RISERVA NATURALE LAGO DI VICO;

-2017 la Faggeta Vetusta del Monte Cimino, riconosciuta Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

Considerando, nello specifico, che
gli effetti indiretti per incidenza sulle aree protette europee e nel sito UNESCO devono essere considerati per l’aspetto ambientale ma anche per l’aspetto strettamente economico, in quanto le amministrazioni competenti spesso richiedono fondi europei per la salvaguardia e lo sviluppo di tali aree. Infatti tali fondi, inevitabilmente, potrebbero essere persi, buttando all’aria anche i diversi progetti volti alla fruizione turistica, conservazione e miglioramento ambientale degli habitat. In particolare si evidenzia la vocazione ambientale-turistica di tutta l’area interessata della Tuscia.
In particolare non è stato contemplato lo studio ambientale dell’aria e del rumore emesso (impatto acustico) del movimento mezzi di trasporto, mezzi meccanici in movimento e ventilazione forzata, sulle rotte migratorie di uccelli protetti e avifauna che nidificano e/o svernano nelle aree protette (direttiva 79/409/CEE e successiva di revisione).
Non sono stati fatti studi di incidenza.
Le specie da considerare sono la folaga, moriglione, la moretta, il germano, il fischione, la canapiglia, l’alzavola, lo svasso maggiore,  l’airone, la garzetta, il tarabusino, il porciglione, la sgarza ciuffetto, lo svasso piccolo, la civetta e gli storni ed in particolare per il tritone crestato italiano (Triturus carnifex) è vietata l’immissione di rifiuti e sostanze inquinanti di qualsiasi natura. Anche, quindi, nel caso che arrivassero trasportate dal vento sul territorio a riserva naturale o ad oasi o ad area protetta o sulle aree SIC, ZPS, ZSC o Sito Unesco.


preso atto che
Le torri faro che verranno realizzate nell’area recintata del deposito nazionale dei rifiuti e del parco tecnologico messe in funzione nell’area VT-16, interferiranno con il contesto faunistico e avifaunistico e abitativo-residenziale della zona interessata e delle aree protette nei dintorni. Ricordiamo, in particolare, che i Dossier presentati per l’istituzione delle zone protette SIC e ZPS citano in più punti rotte migratorie di specie di uccelli tutelati dall’articolo 4 paragrafo 4 della direttiva 79/409/CEE (uccelli selvatici) e integrata dalla 2009/147/CE.

Preso atto che
come da noi evidenziato in premessa e cioè che il complesso CSA, sarà collocato sullo stesso sito del Deposito Nazionale. I residui radioattivi e i materiali nucleari a media e alta attività saranno stoccati in appositi contenitori detti cask. Tuttavia Sogin fa riferimento alla guida tecnica 29 Ispra che elenca una serie di criteri idonei solamente per i rifiuti a bassa e media intensità. Pertanto, riteniamo la guida 29 Ispra inadatta a vagliare i criteri che riguardano i rifiuti ad alta attività. La guida 29 non consente quindi una appropriata valutazione dell’impatto ambientale come previsto dal D.lgs 152/2006.

Chiediamo
l’esclusione dell’area VT-16 in quanto le attività del deposito nazionale e del parco tecnologico danneggiano con l’inquinamento luminoso e sonoro gli habitat naturali  protetti nelle aree limitrofe e vicine. Inoltre chiediamo l’esclusione per mancanza di studio di incidenza.

OSSERVAZIONE    CA11   “Produzioni agricole di qualità e tipicità e luoghi di interesse”

Premesso che
come da guida tecnica 29 Ispra per produzioni agricole di particolare qualità e tipicità si intende non solo la percentuale di aziende BIO sul totale, come si vuole far credere ma la filiera conta, la tipicità conta, il prodotto finale conta, il contributo al PIL conta, l’export conta.
La Sogin dichiara nel documento DNGS00304: “Si è considerata in particolare anche la

percentuale di superficie agricola utilizzata per le filiere agroalimentari di qualità sul totale

della superficie agricola di ciascun Comune interessato, utilizzando principalmente i dati del

Censimento Agricolo Istat 2010 e del Censimento dell’Industria e dei Servizi Istat 2011.”
Pertanto sono stati utilizzati dati vecchi di 10 anni, inoltre non è stata considerata la filiera agroalimentare di qualità della nocciola, che risulta essere estremamente rilevante a livello nazionale ed internazionale.

Ed allora diciamo che a pochissima distanza dai punti VT-12 e VT-16 opera direttamente la multinazionale Ferrero con lo stabilimento operativo della controllata Korvella a Caprarola.

Considerato inoltre che
i grandi stabilimenti operativi dei primi produttori europei di semilavorati di frutta a guscio a Caprarola, Ronciglione, Carbognano, Fabrica di Roma e Capranica forniscono all’industria dolciaria europea gran parte della frutta a guscio che è poi l’ingrediente base per prodotti d’eccellenza come la Nutella Ferrero, il Ferrero Rocher, il Bacio Perugina, la CremaNovi, il Pan di Stelle Barilla, le Nocciole Lindt, il Giandujia Pernigotti, il Wafer Loacker (marchi registrati) solo per citarne alcuni, e i migliori e più amati prodotti dolciari italiani, europei e addirittura mondiali.

Preso atto che
la filiera della frutta a guscio nel primo distretto di produzione e lavorazione d’Europa non solo è sviluppata ma rappresenta essa stessa un esempio importante di eccellenza.

Visto che
la produzione delle nocciole è tutelata con marchi di qualità e Iso ambientali europee per quanto riguarda l’intera filiera.
Una percentuale di aziende agricole già adotta marchi europei di qualità, come per altro evidenziato nello studio (DOP,IGP ecc), tuttavia molte altre aziende facenti parti della filiera corilicola-industriale adottano sistemi, certificazioni di qualità e Iso ambientali che devono essere in ogni caso considerate.

E’ chiaro che un deposito di rifiuti radioattivi messo dentro ad un distretto agricolo-industriale così importante per il sistema Italia non solo non è compatibile ma fa danni, tanti danni economici valutabili nell’ordine di centinaia di milioni di euro stimati in base ai fatturati aggregati di filiera operanti nel distretto dei Cimini ed in parte dalle multinazionali che utilizzano nei primi e più importanti stabilimenti mondiali di produzione dolciari l’ingrediente regina la nocciola!!! (il re è il cacao).

Preso atto che
nel distretto corilicolo della Bassa Tuscia operano le principali Organizzazioni dei Produttori:
-Assofrutti nello stabilimento principale operativo a Caprarola con circa 1000 imprese agricole associate
-Cpn nello stabilimento operativo di Ronciglione con circa 200 imprese associate
-Copront nello stabilimento operativo di Ronciglione con circa 200 imprese associate
-CooperNocciole nello stabilimento operativo di Capranica
-BioNocciola nello stabilimento operativo di Carbognano.

Preso atto che
che nella zona sono presenti produzioni di qualità a marchio tutelato: come il vino Vignanello, la castagna di Vallerano, la nocciola Gentile Romana, l’olio extra-vergine di Oliva Tuscia, il vino Colli Etruschi viterbesi e il vino Colli Cimini. Inoltre in diversi casi documentati le aziende agricole hanno partecipato a rassegne agroalimentari internazionali, addirittura vincendo premi anche molto prestigiosi. Molte aziende agricole si avvalgono, poi, di piani di sviluppo rurale che prevedono in molti casi fondi europei da misure agro-ambientali.

Preso atto
che la Sogin ha escluso solamente i siti UNESCO come evidenziato nella “Figura 14/1 – Esclusione dei siti UNESCO (CA11)” del documento DNGS00304 e non ha preso in considerazione il primo distretto corilicolo d’Europa.

Preso atto
che la Sogin nella tavola “carta dell’uso del suolo” indica le coltivazioni pregiate di nocciolo presenti anche all’interno delle aree potenzialmente idonee CNAPI con un generico e poco qualificato “222 Frutteti e frutti minori”.
Inoltre la Sogin stabilisce in modo arbitrario e unilaterale la soglia del 25% delle aziende agricole BIO. Infatti, secondo Sogin il 25% rappresenta un valore limite, stabilito non si sa come.
Sottolineiamo, poi, che oggi è così ma fra 30 – 50 – 200 anni o 250 anni l’UE potrebbe emanare direttive vincolanti sulle produzioni agricole europee, imponendo o favorendo la produzione 100% BIO. A quel punto cosa fanno le centinaia di aziende agricole presenti sul territorio? Chiudono? Quindi l’Ispra ci dovrebbe dire nella guida tecnica 29 che tale parametro di esclusione deve riguardare l’intero ciclo di durata del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e cioè per 300 anni, o 340 anni come detto, considerando e prendendo in considerazione anche gli sviluppi del settore agricolo territoriale e delle filiere di eccellenza se presenti. Siamo in grado oggi di conoscere le aziende e le filiere agricole di qualità ma domani? Si condanneranno molte aziende agricole a chiudere perché in futuro non potranno certificare i loro prodotti e se si trova un solo, un solo radionuclide nelle nocciole, che facciamo buttiamo all’aria tutta la filiera agricola corilicola del Lazio? Perché non si troverà più nessuna azienda che acquisterà le nocciole laziali. Tutto questo perché Sogin deve stoccare i rifiuti radioattivi, qui in pieno distretto agricolo corilicolo? Nel più grande distretto corilicolo europeo!  

Preso in considerazione che
entro i 15 km sono presenti importanti attrattive turistiche con numeri di presenze annue di assoluto rilievo provinciale e regionale;

-il Palazzo Farnese a Caprarola è uno dei siti più visitati nella Regione Lazio con 86.931 visite/2019 (dati/fonte Mibact). Rappresenta il museo della provincia di Viterbo più visitato e con maggiori introiti di cassa.

– il Forte Sangallo a Civita Castellana con 8.641 visite/2019;

– la Faggeta di Monte Cimino (Patrimonio Unesco dell’Umanità zona ZPS e SIC);

– a poca distanza Villa Lante a Bagnaia con 85.076 visite/2019

– l’anfiteatro etrusco-romano a Sutri con 20.494 visite/2019

– Il Parco dei Mostri di Bomarzo

Insieme ad un flusso sia stagionale estivo e durante tutto l’anno che è rappresentato dai turisti del vicino Lago di Vico, dai pellegrini della Via Amerina, Via Francigena, le strade del vino e le strade dei sapori. Corchiano, inoltre,  è inserito in un contesto di distretto turistico integrato della Bassa Tuscia e offre valide alternative al consolidato flusso turistico della Capitale. Inoltre, sono presenti alcuni sentieri CAI nel territorio di Corchiano, in particolare il sentiero  n.136a ed il n.136b percorsi ogni anno da numerosi turisti.
Visto che
l’articolo 10 e 20 della bella Legge paesaggistica n.42/2004, in particolare dell’articolo 20 comma 1 “I beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione.

considerato che
nell’area VT-16 insistono beni culturali catalogati e tutelati e dall’enorme valore archeologico. Inoltre, tutta la zona di Piazza Castello ri-compresa nell’area VT-16 rappresenta un raro esempio di armonica convivenza degli aspetti peculiari culturali antropologici, archeologici, ambientali e paesaggistici. Questi aspetti fanno parte del “VALORE CULTURALE” del luogo. Tant’è vero, è da esempio, che i cittadini corchianesi usano la strada rurale che attraversa il pianoro di Piazza Castello per la loro “passeggiata o corsetta” pomeridiana e/o domenicale, andando a respirare “l’autentica aria ed i profumi sani dell’ambiente circostante” che certamente le vostre “fredde” banche dati non possono nemmeno minimamente descrivere!

Preso atto che
nell’area VT-16 sono presenti le seguenti emergenze archeologiche:
-insediamento protostorico di Piazza Castello, databile tra il bronzo medio ed il bronzo recente (Belardelli 2006 e Bianchini 1982);
-necropoli falisco-romana, con tombe a camera con loculi (Cozza e Pasqui 1981);
-eremo rupestre ipogeo nel lato nord-ovest ricavato da tomba a camera Falisca che è situato nelle immediate vicinanze di una via cava di epoca Falisca che si sviluppa nella forra del Rio Fratta;
-percorso stradale di epoca Falisco-Romana con orientamento Nord/Sud  con la presenza di necropoli Falische-Romane  (Bianchini 1982);
-condotto idrico di epoca Falisco-Romana, tangente al Rio Fratta, da poco esplorato ed in corso di studio (Corriere di Viterbo 23/2/2021) e che dalle ultime informazioni acquisite sia stato esplorato parzialmente per circa 1200 metri;
-canalizzazione idrica principale di superficie Ovest-Est di epoca romana a servizio di un pagus rurale presente su Piazza Castello (Bianchini 1982);
-pozzi circolari di epoca romana presenti su Piazza Castello;
-Ruderi di una torre medioevale.

Chiediamo
l’esclusione delle aree VT-16 e VT-12.

OSSERVAZIONE CA12      “Disponibilità di vie di comunicazione primarie e di trasporto”

Letto
nel documento Sogin “DNGS00226 – Proposta di ordine di idoneità dellearee CNAPI” a pagina 8:
il fattore Trasporti terrestri è valutato per ciascuna area inbase ai seguenti parametri:

1) Distanza dell’Area da linee Ferroviarie (DTF) di categoria idonea al trasporto di

cask tipo TN81 (per i residui da riprocessamento combustibile):

Favorevole se DTF < 11 km

Meno Favorevole se DTF > 11 km

Viene proposto il valore di soglia di 11 km in quanto tale valore rappresenta la

distanza media delle aree della CNAPI dalle linee ferroviarie idonee …”

“2) Percorrenza Complessiva dei Trasporti Stradali (PCTS) per il conferimento dei

rifiuti da tutti i siti di produzione all’Area:

Favorevole se PCTS ≤ 13 mln di km

Meno Favorevole se PCTS > 13 mln di km

Viene proposto il valore di soglia di 13 mln di km in quanto tale valore rappresenta

in buona approssimazione il valore medio della percorrenza complessiva dei

trasporti delle varie Aree. I valori delle percorrenze chilometriche sono stati

calcolati tenendo conto dei seguenti elementi:

stima dei volumi e dei pesi di rifiuti radioattivi condizionati presenti, e che

verranno prodotti, negli attuali siti nucleari (stime al 31/12/2015; doc. DN

SM 00007 “Stima dei rifiuti radioattivi da conferire al Deposito Nazionale” e

relativi allegati);

conseguente numero di tratte complessive da ciascun sito nucleare

considerando un carico utile medio dei mezzi di trasporto stradale;
distanze stradali (andata e ritorno) tra ciascun attuale sito nucleare e

ciascuna area CNAPI (in questa fase, non potendo prevedere l’effettiva

viabilità che sarà utilizzata/realizzata in prossimità di ciascun area CNAPI,

sono state misurate distanze stradali da un approssimato baricentro

dell’area (o gruppo di aree se ubicate nella stessa zona geografica).

Si evidenzia che tali elementi costituiscono stime preliminari che potrebbero

modificarsi a seguito di eventuali variazioni delle strategie di gestione dei rifiuti e

con il procedere delle successive fasi di localizzazione.

Contestiamo che
la Sogin prenda in considerazione un documento vecchio che da come affermato nel Documento SM00007, riportano stime addirittura del 2015.
La Sogin prende in considerazione solamente i “volumi e pesi”,“tratte trasportistiche”e “distanze stradali” come se il trasporto riguardasse un comunissimo rifiuto.
La Sogin non prende in considerazione, stranamente e incomprensibilmente, il dato più importante che è quello di emissione radioattiva del rifiuto che condiziona le modalità di trasporto, le precauzioni del trasporto, la pericolosità del trasporto e soprattutto non menziona:
un indice di pericolosità potenziale di contaminazione ambientale in caso di incidente trasportistico, in relazione al “valore emissivo” del rifiuto per i Km del trasporto (Bq*Km).
Mettiamo, inoltre, in evidenza che questi criteri vanno calcolati anche per i rifiuti radioattivi futuri, infatti è inconfutabile che la parte produttiva industriale del Paese sia al NORD come la maggior parte dei residenti italiani, pertanto è facile immaginare che per quanto riguarda i rifiuti futuri la maggiore “produzione” da attività di ricerca, industriale e di medicina nucleare possa provenire dal NORD e non è logico, né conveniente trasportare altrove e lontano, in relazione ai maggiori rischi di incidenti rilevanti con contaminazione dell’ambiente esterno e per il maggior esborso economico come secondaria importanza.

Contestiamo che
non si sia preso in considerazione il criterio di classe di pericolosità nei trasporti dei rifiuti radioattivi, come invece ben evidenzia l’ISIN nei dati di inventario.
La classificazione dei rifiuti radioattivi e le modalità di smaltimento sono richiamate dall’articolo 4 del Decreto del 7 agosto 2015, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45.

Mettiamo in evidenza che dai dati ISIN da noi analizzati e che riguardano gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019 emerge quanto segue:

NORD: in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna si concentra il 48.4% dei rifiuti in volume ma il dato impressionante del 92.1% dei rifiuti in emissione e quindi di classe di pericolosità.

CENTRO: nel Lazio si concentra il 29.9% dei rifiuti in volume ma
appena il 2.5% dei rifiuti in emissione di classe di pericolosità.

SUD: in Campania, Basilicata e Puglia si concentra il 21.7% dei rifiuti in volume ed
il 5.4% dei rifiuti in emissione di classe di pericolosità.

Il CRITERIO DI PERICOLOSITA DEL RIFIUTO RADIOATTIVO NEI TRASPORTI DEVE ESSERE PRESO IN CONSIDERAZIONE, perché un conto è il trasporto di una “lastra da radiografia” e un altro è il trasporto di una barra di combustibile riprocessata di una ex-centrale nucleare.

Per quantità e volume, fa sapere il Sole24ore, che la maggior parte dei rifiuti radioattivi si concentra nel Lazio ed in Lombardia, ma gli scienziati alzano il sopracciglio, perché quelle accumulate nel Lazio sono in gran parte rifiuti molto voluminosi ma a bassissima radioattività; radiografie industriali, puntali di parafulmine, scarti della diagnostica medica, rilevatori di fumo. Molto facili da trasportare senza specifiche e complesse operazioni che riguardano le modalità di trasporto.

Il caso del Piemonte è invece, notevolmente, diverso:
nella provincia di Vercelli, riporta il Sole24ore, si addensa una concentrazione molto alta di impianti nucleari a forte intensità tecnologica e con materiali ad alta ed altissima radioattività emissiva.

Quello che afferma il Sole24ore è perfettamente confutato dai dati dell’istituto ISIN che nel documento “Inventario Nazionale dei rifiuti radioattivi – aggiornato al 31/2019”, redatto ad ottobre del 2020 riporta il dato di attività emissiva dei rifiuti radioattivi del

– Piemonte:
il dato impressionante complessivo di 31405 TeraBq, l’80,7% del totale Italia;

-per il Lazio:
un più modesto 988 TeraBq, appena il 2,5% del totale Italia.


Visto che
anche Legambiente nello studio dossier “Rifiuti radioattivi ieri, oggi e domani: un problema collettivo” redatto a marzo del 2021 a pagina 11 scrive:
Non basta, però, parlare solo della quantità di rifiuti prodotta: va tenuta in considerazione, in ottica di un ragionamento complessivo sulla problematica, anche la loro “carica radioattiva” che viene espressa come attività e si esprime nell’unità di misura Becquerel”.

Preso atto che
pur in assenza di un’analisi dei trasporti suddivisa per classi di pericolosità e dei relativi rischi ambientali, riteniamo i rifiuti presenti nella Regione Lazio che possano essere trasportati senza particolari e complicate procedure.
Invece, al contrario, è notevolmente più pericoloso spostare e trasportare i rifiuti presenti nel NORD e che rappresentano ben il 92.1% di attività emissiva totale.

Pertanto chiediamo
per i motivi articolati e ben evidenziati poc’anzi l’esclusione delle aree VT-12 e VT-16.

TAVOLE

OSSERVAZIONE   CA13    “presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche”

Visto che
a poca distanza dall’area VT-16 la multinazionale Snam possiede e gestisce in loc. “Rio Fratta” (*) uno dei 13 impianti nazionali di compressione del gas;

Considerato che
la multinazionale Snam, quotata al Nasdaq di New York, è una delle principali società di infrastrutture energetiche al mondo, nonché una delle maggiori aziende quotate italiane per capitalizzazione.


Chiediamo
l’esclusione dell’area VT-16.


* Nota: il Rio Fratta è lo stesso che scorre adiacente all’area VT-16 e che poi confluisce nel Fiume Tevere




TAVOLE
 

5. OSSERVAZIONI VARIE

OSSERVAZIONE   VAR01             “gli aspetti giuridici urbanistici”

premesso che
la Guida tecnica 29 di Ispra, si occupa solamente degli aspetti tecnici e non quelli relativi alla materia giuridica generale che comunque vanno considerati in questo procedimento amministrativo. Infatti l’Ispra è un “ente pubblico di ricerca”, vedi articolo 1 e 2 dello Statuto Ispra. La nostra osservazione riguarda la Costituzione Italiana, le norme urbanistiche e l’autonomia degli enti comunali.

Ritenuto, pertanto, che
il progetto di Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi nell’area VT-16 muta la destinazione d’uso dei terreni agricoli definiti dal PTPR (Piano Territoriale Paesistico Regionale) “di valore” portandoli con la “forza” direttamente ad industriali ad incidente rilevante, sia incompatibile con le normative urbanistiche di competenza comunale e regionale perché non ricadente in un’area a destinazione industriale individuata precedentemente attraverso lo strumento del Piano Regolatore Generale del Comune di Corchiano e della Regione Lazio.
In base alla LEGGE URBANISTICA 17 agosto 1942, n. 1150 come modificata ed integrata da:
legge 21 dicembre 1955, n. 1354; legge 6 agosto 1967, n. 765; legge 19 novembre 1968, n. 1187; legge 1° giugno 1971, n. 291; legge 22 ottobre 1971, n. 865; legge 28 gennaio 1977, n. 10; d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n.94; legge 28 febbraio 1985, n. 47; d.l. 23 aprile 1985, n. 146, convertito in legge 21 giugno1985, n. 298; legge 24 marzo 1989, n. 122; legge 17 febbraio 1992, n. 179; legge 42/2004.
Lo Stato Italiano non può imporre con la forza di derogare le norme urbanistiche ed in particolare di limitare l’autonomia dei Comuni, infatti in base all’articolo 114 della Costituzione Italiana: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni.”
Neppure prendendo in considerazione quanto previsto dal comma 17-bis dell’articolo 27 del D.lgs 31/2010. Infatti, prima bisogna verificarne la sua reale costituzionalità e relativa applicabilità in base proprio all’articolo 114 della Costituzione.

Preso atto che
le opere necessarie alla costruzione del deposito di rifiuti radioattivi non sono conformi al PTPR della regione Lazio, infatti relativamente al divieto di trasformazione dell’uso del suolo diverso dalla sua naturale vocazione per l’utilizzo agricolo di valore, quale sarà ad esempio la ripercussione sulle attività economiche di vitale importanza per questa area, rappresentate dalla vasta coltivazione dei noccioleti, fonte di ricchezza per il territorio? Inoltre va posta attenzione al divieto in atto di effettuare scavi o riporti o qualsiasi opera che possa alterare i profili esistenti del terreno. A questo proposito la Sogin richiama la natura temporanea dell’intervento e al proprio impegno al ripristino per riportare le superfici alla condizione originaria, si certo ma dopo 300 anni! Anzi per la precisione 340 anni! Come ha affermato nella video-intervista di “Geopop” del 26-1-2021 (archiviata) il direttore DN di Sogin Fabio Chiaravalli. Un periodo che non è da considerare temporaneo ma pressoché definitivo. Si ritiene, inoltre, che il ripristino dei luoghi possa essere solo parziale e non totale, quindi con NON ritorno alle condizioni originarie, anche dopo 340 anni! In ogni caso 340 anni è una condizione non certo definibile temporanea, è un periodo di tempo soggetto persino a possibili allungamenti ulteriori.

Preso atto che
l’amministratore delegato di Sogin Emanuele Fontani nell’audizione delle commissioni riunite alla Camera il 6/4/2021 riguardo la pianificazione territoriale urbanistica afferma una cosa, secondo noi, molto seria:
Una volta individuato il sito, sarà quello a questo punto a comandare sulla logica invece di pianificazione territoriale, quindi determinate costruzioni, determinati insediamenti non potranno essere fatti in prossimità del deposito nazionale”.
Quindi limitando di fatto il Comune di Corchiano in materia urbanistica e probabilmente le limitazioni riguarderanno anche i comuni limitrofi di Gallese, Fabrica di Roma, Vignanello e Civita Castellana.
Visto che l’articolo 17-bis del decreto legislativo n.31/2010 definisce:
 “L’autorizzazione unica vale quale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere e, ove occorra, quale dichiarazione di inamovibilità e apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi. L’autorizzazione unica costituisce variante agli strumenti urbanistici e sostituisce ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto amministrativo, comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato.”
E un decreto legislativo, in ogni caso, non può limitare l’autonomia dei Comuni sancita dalla Costituzione, in questo caso infatti bisogna prima verificarne la costituzionalità. In ogni caso e in estrema ratio, esiste anche la facoltà del Sindaco di intervenire direttamente come massima autorità sanitaria territoriale, impedendo l’accesso al cantiere stesso, per il Principio di Precauzione sancito dall’articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ratificato dall’Italia con Legge n.130/2008.

chiediamo pertanto l’esclusione delle aree VT-12 e VT-16  in quanto il Comune di Corchiano non prevede nel PRG, in quelle aree insediamenti industriali ad incidente rilevante.

OSSERVAZIONE   VAR02             “Emissioni sonore”
Visto che
è stato approvato il regolamento comunale di Corchiano sulle emissioni sonore il 7/2007 in attuazione della LR n.18/2001, ai sensi della Legge n.447/95.

visto in particolare l’articolo 4 e 24 del regolamento comunale in materia di emissioni sonore del 7/2007;

visto che
il progetto Sogin prevede un notevole movimento terra che dovrà essere smaltita in discarica o cava o ex-cava nei dintorni, andando così ad innalzare ulteriormente i livelli di rumore ambientale per il movimento dei mezzi circolanti nella zona considerata;

Considerato che
il Piano Comunale di Corchiano di Classificazione Acustica tutela le aree residenziali, le quali sorgono a una distanza di pochi metri dall’area VT-16, per cui andrebbe valutato oggettivamente l’impatto acustico sulla popolazione residente.
Inoltre Corchiano presenta un elevato numero di “abitazioni residenziali sparse ed isolate” sul suo territorio, nel progetto non viene citato lo studio dell’impatto sulla popolazione vicina residente ed in particolare l’impatto acustico e ambientale di PM10 e PM2,5 dei mezzi pesanti che arriveranno da ogni dove sull’area VT-16. La società dichiara solamente il monte di milioni di km: 9,4 necessari per la movimentazione dei rifiuti radioattivi ma non cita né i tragitti, né cita l’indice di pericolosità emissiva del rifiuto, né il numero di mezzi necessari al loro spostamento. Gli impatti acustici sonori riteniamo possano essere di rilievo anche in relazione alle normative di riferimento vigenti, proprio a causa del numero così elevato di mezzi pesanti e non in circolazione esterni ed interni all’area considerata e allo stato attuale delle limitate infrastrutture stradali presenti.

Chiediamo l’esclusione dell’area VT-16 in quanto non compatibile con le emissioni sonore continue siano esse diurne o notturne, derivate dal movimento di mezzi meccanici interni ma anche circolanti sulle pubbliche vie comunali e/o provinciali facenti capo all’allocamento dei rifiuti che la Sogin stima essere in un “monte” di 9,4 milioni di Km, che investiranno l’abitato adiacente di Corchiano, e le frazioni limitrofe di Falerii e Sassacci per un periodo stimato di 40 anni, prima della “sigillatura” del sito.

Osservazione  VAR03                   “Aircraft CRASH” (GT 30 ISIN)

Premesso che
vengono presi in considerazione tre tipi di incidenti aerei. È riconosciuto che il traffico aereo incontra diversi ambienti operativi che influenzano in modo critico la probabilità di eventi di crash. Devono essere presi in considerazione i seguenti tipi di operazione sugli aeromobili:

– Tipo 1:
incidente aereo che si verifica nel traffico generale, a volte chiamato fondo tasso di crash.

– Tipo 2:
tutti i rischi di incidente aereo in fase di decollo e atterraggio in uno o più aeroporti nell’area regionale presa in esame.

– Tipo 3:
incidente aereo che si verifica sul sito a causa del traffico aereo principale nelle zone e corridoi militari. (su questo specifico punto il Ministero della Difesa dovrebbe richiedere internamente un parere formale tecnico all’Aeronautica Militare Italiana e per quanto possibile desecretare alcuni passaggi per renderli pubblici).

Devono essere
fatti studi sugli incidenti aerei che coprono un’area circolare di 100-200 km di raggio dall’area individuata.

Deve essere
determinato il tipo di incidenti sia per vettori di tipo civile che militare (caduta di elicotteri ed aeromobili).

Considerato che
la probabilità di “Aircraft crash” va valutata attentamente, in particolare nelle regioni densamente popolate con diversi aeroporti civili ad alta densità di traffico.
Nel caso della regione Lazio i requisiti citati espressamente dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica sono tutti presenti:

-regione con circa 6 milioni di abitanti (la seconda regione italiana per numero di abitanti). Inoltre dai dati Istat “PREVISIONE MEDIA PER LA POPOLAZIONE ED I FLUSSI MIGRATORI PERIODO 2015-2065” si evidenzia una previsione all’anno 2048 di “6.485.010 abitanti”.

-Sono inoltre presenti 10 aeroporti (escluse le avio-superfici dedicate al volo da diporto sportivo, presenti anche in provincia di Viterbo), così suddivisi:

-2 aeroporti Internazionali: Fiumicino (primo scalo italiano ed ottavo europeo ad una distanza di appena 40 km dal VT-12 e VT-16) e Ciampino

-5 aeroporti militari: Viterbo, Pratica di Mare, Frosinone, Latina e Guidonia

-3 aeroporti civili minori: Rieti, Roma Urbe e Aquino

Considerato che
a pagina 32 della Guida Tecnica 29 ISPRA versione completa ufficiale non pubblicata nel sito della Sogin relativo al procedimento sul Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, si legge quanto segue:
Qualora nel sito che sarà ritenuto idoneo sulla base dell’applicazione di tali criteri si intenda, come previsto dal D.Lgs. n. 31/2010, realizzare anche un deposito di stoccaggio provvisorio di lungo termine per i rifiuti radioattivi ad alta attività e per il combustibile irraggiato residuo, dovrà essere fornita evidenza, nell’ambito delle relative procedure autorizzative, della piena compatibilità di tale tipologia di deposito con il sito prescelto. A tale scopo potranno essere assunti a riferimento i criteri fissati nelle Guide IAEA per le installazioni nucleari, per quanto applicabili, nonché criteri specifici che saranno definiti dall’ISPRA nell’ambito di una Guida Tecnica relativa allo stoccaggio temporaneo in corso di preparazione.” E visto che Sogin nel documento DN SM 00007 dichiara che saranno conferiti 360 mc di rifiuti ad alta attività. Questo è il caso previsto da ISPRA in cui bisogna riferirsi alle Guide IAEA per le installazioni nucleari e quindi alla “NS-G-3.1_GUIDE_IAEA”.pdf
Inoltre, sottolineiamo la poca chiarezza di Ispra che con la frase “stoccaggio provvisorio di lungo termine” mette in contraddizione e antitesi le due parole “provvisorio” e “lungo termine”. In qualsiasi caso, si voglia interpretare l’ossimoro deve essere preso in totale considerazione il principio di massima precauzione. Rimane sempre il fatto che tali rifiuti siano comunque stoccati in ogni caso nel sito per x tempo e a questo punto il tempo può essere considerato come lo si vuole interpretare. Il tempo può essere breve, medio e lungo, tuttavia i rifiuti ad alta attività ci sono e creano un potenziale pericolo che va preso in seria considerazione. Soprattutto, perché si tratta di una regione con 6 milioni di abitanti ad intenso traffico aereo e questo va al di là di ogni pregiudizio interpretativo sulla frase contenuta nella guida Ispra. Riteniamo comunque che Ispra debba evitare queste figure retoriche come l’ossimoro, in una materia così delicata in cui la massima chiarezza descrittiva deve essere un valore imprescindibile.

letta
la Guida tecnica 30 dell’ISIN “Criteri di sicurezza e radioprotezione per depositi di stoccaggio temporaneo di rifiuti radioattivi e di combustibile irraggiato” – ottobre 2020, pubblicata da pochi giorni,  prevede a pagina 38 tra gli eventi antropici paragrafo 2.2.1 espressamente:
impatto di un aereo
Inoltre nel capitolo 4 si specifica “l’Impatto di riferimento”:
4.1 Le caratteristiche minime dell’impatto aereo che devono essere considerate nell’analisi sono le seguenti:
– massa dell’aeromobile non inferiore a 20 t;
– velocità di impatto, considerando un urto nella direzione normale ad ogni superficie, non inferiore a 150 m/s;
– sviluppo di un incendio successivo all’impatto meccanico;
– diagramma di carico sulle strutture modellato come una funzione a tratti rettilinei, di durata complessiva pari a 60 ms, di una forza, applicata su una superficie di 7 m2, che in 15 ms sale linearmente da zero ad un valore massimo di 50 MN ed a tale valore si mantiene per ulteriori 45 ms, dopo di che ritorna allo zero.

Evidenziando che la Guida tecnica 30 dell’ISIN, è stata pubblicata solo da pochi giorni, riteniamo, visti i contenuti, che vada aggiornata ed armonizzata anche la Guida Tecnica 29 di Ispra ed in particolare che vada aggiunto un apposito codice di esclusione per gli “Aircraft Crash”.

Visto che
l’AIEA afferma che va eseguita un’appropriata zonizzazione dell’area considerata in rapporto agli “Aircraft Crash” e se le particolari condizioni dell’area presa in esame non soddisfa una media generale sufficientemente conservativa, si deve escludere quell’area specifica:
Screening distance value
The information to be collected for evaluating the SDV includes:

—distance from the nearest major airport to the site and the locations of landing

strips in relation to the location of the plant;

—the types and frequency of air traffic;

—the routes of air traffic corridors and the locations of air route crossings;

—the distances from the plant to military installations such as military airportsand bombing and firing practice ranges.”

Per quanto afferma l’AIEA chiediamo anche un parere tecnico formale all’ENAC, nel caso specifico che riguarda il traffico civile sull’interferenza operativa delle Rotte Standard di Arrivo (STAR, Standard ArrivalRoute RITEB3A,B,C,D).
Tutto questo in relazione anche:
-all’incremento del traffico aereo che ADR stima in 80-100 milioni al 2046-2050 e visto anche che ADR stima in un 3% circa l’incremento annuale del traffico aereo di Fiumicino, bisognerebbe calcolarlo a 340 anni (40 anni riempimento deposito+300 anni di confinamento);
-all’aumento delle dimensioni dei vettori civili che possono sorvolare i cieli laziali, considerando anche lo sviluppo infrastrutturale nel tempo dell’aeroporto di Fiumicino;
-all’analisi del tipo di vettori che volano nei cieli laziali, citiamo ad esempio l’A-380, magari carico di carburante e che metterebbe in crisi anche il CASK, il più robusto tra i robusti. Sottolineando a tale proposito, che vanno prese in considerazione aree del Paese dove questi vettori così grossi non volano, perché le piste degli aeroporti non sono adatte a supportare tali carichi gravosi, purtroppo o per fortuna a Fiumicino gli A-380 atterranno e decollano.

Considerato, inoltre, che
la “STAR RITEB3A” è praticamente attestata in prossimità dell’area VT-16.

Preso atto che
il traffico dell’aeroporto internazionale di Fiumicino e dell’aeroporto di Ciampino e del futuro terzo scalo civile ancora da individuare è dato, negli studi previsionali di ADR, in crescita. Preso atto che in regione Lazio sono presenti importanti aeroporti operativi militari. Constatato, anche, che a Roma e nel Lazio sono presenti per traffico effettuato le più importanti avio-superfici ospedaliere e di protezione civile d’Italia e che è sempre presente una moderata-alta operatività aerea sopra i cieli laziali;

Preso atto inoltre che
ENAC nel 2014 ha fatto una consulenza per Sogin relativa alla “definizione delle modalità operative per l’applicazione del criterio di esclusione riguardante gli aeroporti per la redazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee” per euro 18.360.
Facciamo presente, però, che nel 2015 quando è stato consegnato lo studio a Sogin non era stata pubblicata la Guida Tecnica 30 dell’ISIN nel 2020, relativa in particolare allo specifico punto “Impatto di un aereo”;

chiediamo,
per le particolari condizioni dell’intero “spazio aereo” preso in esame, che non soddisfa una media generale sufficientemente conservativa, di escludere le aree VT-12 e VT-16, come da prescrizioni AIEA (NS-G-3.1_GUIDE).

TAVOLE

Osservazione   VAR04      “PAI – Piano Assetto Idrogeologico del bacino del Tevere”

Premesso che
non è stato valutato l’impatto sugli sversamenti per percolamento e/o dilavamento nel vicino Rio Fratta, e nel fosso delle Tavole, affluenti del bacino del Tevere. Quindi non è stato preso in considerazione il rischio di eventuali sversamenti accidentali di sostanze radioattive a causa del dilavamento dei suoli e delle strutture mobili e immobili che andrebbero a confluire per gravità nel Rio e nel fosso sottostante,  affluenti del bacino del Tevere con conseguenze particolarmente significative in termini di impatto sull’ecosistema acquatico e a sua volta marino alla foce sulla costa laziale, frequentata da centinaia di migliaia di turisti balneari. Tutto questo, considerando anche lo stato di alta permeabilità del terreno.
Resta da valutare, inoltre, il trattamento delle acque delle docce dei lavoratori, degli impianti di trattamento del Polo Tecnologico e dei vasconi di raccolta che portano a dover trattare un certo quantitativo di “acqua pesante” e che non è chiaro che fine possa fare quest’acqua raccolta. Infatti nel documento DNDN00232 per la linea “acque meteoriche potenzialmente contaminate” è solo indicato molto semplicemente un camion cisterna  con destinazione “all’impianto di trattamento esterno al sito”.
E’ assente del tutto la documentazione che riguarda l’impianto di trattamento esterno delle acque potenzialmente contaminate.
Si legge che terminato il riempimento, il Deposito Nazionale verrà chiuso ed entrerà nella fase di controllo istituzionale, durante la quale un sistema di drenaggio, installato sotto ciascuna cella, assicurerà la raccolta e il trattamento dell’acqua derivante da eventuali infiltrazioni o condense all’interno delle celle.
Si ammette, quindi, che possano esserci condense e fuoriuscita di sostanze radioattive che si riverseranno nell’acqua che a sua volta andrà raccolta in apposite vasche e successivamente trasportata ad un impianto di trattamento.
Se ne deduce che questa acqua sia “pesante” e cioè radioattiva e che vada trattata, con quali criteri e dove? Che percorso stradale effettueranno i camion cisterna e quale sia la loro destinazione finale e con quali rischi non è dato sapere.
Oltre tutto quanto detto,
c’è da tener presente che un’eventuale contaminazione del bacino del Tevere e della costa laziale sulla foce del Tevere prodotta da radionuclidi dal punto di vista mediatico avrebbe una risonanza talmente ampia, che azzererebbe in brevissimo tempo tutto il turismo balneare della costa laziale, con danni economici per centinaia di milioni di euro, probabilmente miliardi nel calcolo cumulativo che comprende anche l’indotto e la città millenaria di Roma.
Questa eventualità è concreta perché c’è un esempio significativo che in passato ha creato una certa preoccupazione e riguarda il Mercurio (espresso nella misura in Kg/anno) del Fiume Paglia che di strada ne han fatta andando a sfociare nel mar tirreno. Del Mercurio del Paglia e nel bacino del Tevere, se ne è occupata la stessa Ispra e per competenza l’autorità di Bacino del Tevere.
Non inseriamo un ulteriore pesante fattore di rischio da isotopi radioattivi nel Bacino del Tevere.

Chiediamo pertanto
l’esclusione delle aree VT-12 e VT-16.











Osservazione   VAR05      “Valutazione Impatto Ambientale, Sanitario e d’Incidenza”

Premesso che
la valutazione VIS per impianti industriali si basa sulle Linee Guida per la Valutazione di Impatto Sanitario, che costituiscono un aggiornamento di quanto pubblicato nel Rapporto ISTISAN 17/4 (sulla base del decreto legislativo Dlgs n.104/2017), adottate con decreto del Ministero della Salute in data 27 marzo 2019 e pubblicate in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 126 del 31 maggio 2019.


Visto che
la Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) è una procedura finalizzata a tutelare la salute delle popolazioni esposte agli impatti che opere come il Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi possono determinare sull’ambiente del territorio circostante.


Constatato che
la Direttiva europea 2014/52/UE:
al punto 16 tra le finalità persegue “il fine di tutelare e promuovere il patrimonio culturale, comprendente i siti storici urbani e il paesaggio, che sono parte integrante della diversità culturale che l’Unione si è impegnata a rispettare e promuovere”;

al punto 22 “Al fine di garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana, le procedure di screening e le valutazioni dell’impatto ambientale dovrebbero tener conto dell’impatto del progetto in questione nel suo complesso, compresi ove opportuno gli strati superficiali e sotterranei durante le fasi di costruzione e di funziona­mento e, se del caso, di demolizione.

all’articolo 3

1.“La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare, gli effetti significativi, diretti e indiretti, di un progetto sui seguenti fattori:
a) popolazione e salute umana;

b) biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE;

c) territorio, suolo, acqua, aria e clima;

d) beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;

e) interazione tra i fattori di cui alle lettere da a) a d).

2. Fra gli effetti di cui al paragrafo 1 su tali fattori ivi enunciati rientrano gli effetti previsti derivanti dalla vulnera­bilità del progetto a rischi di gravi incidenti e/o calamità che sono pertinenti al progetto in questione.
”;

Di seguito:
Le caratteristiche dei progetti devono essere prese in considerazione, tenendo conto in particolare:
a) delle dimensioni e della concezione dell’insieme del progetto;

b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati;

c) dell’uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità; d) della produzione di rifiuti;

e) dell’inquinamento e dei disturbi ambientali;

f) dei rischi di gravi incidenti e/o calamità attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambia­mento climatico, in base alle conoscenze scientifiche;
g) dei rischi per la salute umana (ad esempio, quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o all’inquinamento atmosferico)
”;

Prosegue con
I probabili effetti significativi dei progetti sull’ambiente devono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 del presente allegato con riferimento all’impatto dei progetti sui fattori di cui all’articolo 3, para­grafo 1 e tenendo conto:
 a) dell’entità ed estensione dell’impatto (ad esempio l’area geografica e la popolazione potenzialmente interes­sate);

 b) della natura dell’impatto;

 c) della natura transfrontaliera dell’impatto;

d) dell’intensità e della complessità dell’impatto;

e) della probabilità dell’impatto;
 

f) della prevista insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell’impatto;

g) del cumulo tra l’impatto del progetto in questione e l’impatto di altri progetti esistenti e/o approvati;

h) della possibilità di ridurre l’impatto in modo efficace.


tenuto conto che

Sogin nel complesso dei documenti presentati ha ignorato molti degli articoli e paragrafi della Direttiva europea 2014/52/UE. Infatti, la documentazione presentata non comprende gli impatti diretti e indiretti su ambiente e popolazione, pur trattandosi di consultazione preliminare pubblica tali impatti di pre-fattibilità ambientale, d’incidenza e sanitaria dovevano comunque, in ogni caso, essere già da subito presi in considerazione per permettere ai soggetti pubblici, privati, associazioni e cittadini di valutare comunque gli impatti; così non è stato e la documentazione allegata per le aree proposte, con il relativo progetto preliminare è carente o del tutto assente per i punti indicati nella direttiva anzi-detta e disattende il D.Lgs 152/2006;

chiediamo

l’esclusione di tutte le aree VT presentate nel progetto, per documentazione carente o assente del tutto, come richiesto dai punti citati nelle consultazioni pubbliche dalla Direttiva europea 2014/52/UE e il D.Lgs 152/2006.

Osservazione   VAR06      “Procedimento amministrativo DLgs 31/2010”


Premesso che nel 2011,
Sogin ha dato (da adesso in poi omettiamo) incarico Professionale alla Chapman & Co. Consulting per attività  relative all’individuazione di modelli Idrogeologici di calcolo applicabili alle diverse tipologie di Sito caratteristiche del Territorio Italiano per euro 32.000.

Incarico a Faraday di Franco di Pangrazio Incarico di consulenza per supporto alle attività legate alla progettazione del Parco Tecnologico per euro 10.000.

Incarico alla Pegaso S.a.s. di Marcello Marino Incarico di consulenza per attività di progettazione del modello di governance del Parco Tecnologico nucleare per euro 10.000.

Incarico a I-code srl Incarico di consulenza per attività di supporto alla progettazione del parco tecnologico nucleare, area “formazione” e area “outrech” di Sogin per euro 10.000.

Incarico Professionale alla Chapman & Co. Consulting Incarico Professionale per attività

relative all’individuazione di modelli idrogeologici di calcolo applicabili alle diverse tipologie di sito caratteristiche del territorio italiano per euro 13.800.

Sono stati erogati per n. 30 incarichi legali (anche ai migliori e più conosciuti studi legali d’Italia) in totale euro 312.000.

Premesso che nel 2012,

è stato dato incarico professionale a Urbani Maurizio per consulenza nelle attività istituzionali relative al licensing dei progetti di decommissioning del deposito nazionale e parco tecnologico  per euro 35.300

nell’ambito del progetto estero “Global Partnership” sono stati versati per servizi di consulenza ai Sig. Izmailov Dmitry Mikhailovich., Sig. Grigoriev A.A., Sig. Uryvskiy O. Kostiunin A.B., Sig. Kovalenko A.V circa euro 299.000.
Il progetto prevede lo smantellamento di una serie di sottomarini a propulsione atomica ormai obsoleti, parcheggiati nei porti dove attracca la flotta russa (così dicono alcuni fonti non ufficiali, non abbiamo notizie precise in merito).

-Servizio di consulenza The Brattle Group Limited relativo all’assistenza e al supporto per la definizione dei criteri dei parametri e dei meccanismi del sistema regolatorio per euro 125.400.

 

-Servizio di Consulenza Vision & Value Strategy Advisor S.r.l.  per lo studio e la predisposizione di ipotesi di piano alternativo allo stoccaggio permanente per euro 168.000.

-Sono stati erogati per n. 41 incarichi legali (anche ai migliori e più conosciuti studi legali d’Italia) in totale euro 668.000.  La fonte del senato indica € 838.349,93 nel 2012 (questa discrepanza nei dati pubblicati non sappiamo a cosa sia dovuta).

Premesso che nel 2013,
sono state effettuate le consulenze:


-Incarico professionale per consulenza relativa alle attività di comunicazione necessarie per attuare il disposto del Dlgs 31/2010 inerente i processi di localizzazione e realizzazione del Parco Tecnologico e Deposito Nazionale – Rif. C0367S13 Prof. Davide Tabarelli  per euro 11.232

-Studio per la predisposizione e l’elaborazione di dati e cartografica geologica per la Carta Nazionale delle Aree potenzialmente Idonee (CNAPI) – Convenzione Sogin – Dipartimento della Natura dell’ISPRA – Rif. C0684S12

-la spesa per incarichi professionali e consulenze aziendali diminuisce di circa il 35% con una percentuale del valore complessivo degli incarichi sul costo totale del personale passata dal 6% nel 2012 al 3,9% nel 2013.
Nel 2013 sono stati assegnati incarichi e consulenze aziendali per un valore complessivo di € 2.544.386,90 con una riduzione di circa di circa il 35% rispetto agli incarichi assegnati nel 2012 (pari a € 3.910.140,73)

-Sono stati erogati per n. 39 incarichi legali (anche ai migliori e più conosciuti studi legali d’Italia) in totale euro 1.096.795,90 (Fonte Senato).

Sogin ha sottoscritto negli anni contratti con la Federazione Russa, l’Armenia, la Francia, la Slovacchia e la Norvegia, nonché con il “Centro comune di ricerca” della Commissione Europea ubicato nel Comune di lsprat (VA).

Sogin, quale società per azioni interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è sottoposta al controllo della Corte dei Conti, a norma dell’art 12, della legge 21 marzo 1958, n. 259 e s.m.i. Il Magistrato Delegato al controllo ha diritto ad assistere alle riunioni degli Organi societari (Consiglio di Amministrazione, Collegio Sindacale, Assemblea degli azionisti) nonché alle riunioni dell’Organismo di Vigilanza e, in qualità di relatore, predispone la Relazione con la quale la Corte, dopo la sua approvazione, ed in base agli atti ed agli elementi acquisiti, riferisce alle Presidenze delle due Camere del Parlamento circa i risultati del controllo sulla gestione finanziaria della Società.

Premesso che nel 2014 e 2015, e’ stato dato incarico a:
-Zagarese Francesco  per lo studio “Supporto applicazione criteri ISPRA CE14, CA7, CA8, CA9 per la realizzazione della CNAPI” per euro 24.000;

-incarico professionale a Ruggiero Michele Nicola finalizzato al “dimensionamento fisico del criterio localizzativo CE12 acquisizione ed analisi pianificazione territoriale Enti Locali” per euro 19.200;

-incarico professionale Karrer Francesco finalizzato al “dimensionamento fisico del criterio localizzativo CE12 coordinamento scientifico ed assistenza tecnica” per euro 34.500;

-incarico di consulenza a Donnaloia Leonardo per “Studio finalizzato al dimensionamento fisico del criterio localizzativo CE12 (distanza centri abitati) acquisizione e analisi dati urbanistici e territoriali” per euro 19.500;

-servizio relativo a CNR-IGAG per “la definizione delle potenziali sorgenti di attività vulcanica in relazione all’applicazione del criterio ISPRA CE1” per euro 38.000;

-servizio al Politecnico di Torino – Dipartimento Ingegneria Ambiente Territorio Infrastrutture “per l’esecuzione sul campo di rilievi geologici naturalistici e dell’uso del suolo Italia settentrionale” per euro 89.080;

-servizio all’Università degli Studi Roma TRE “per l’esecuzione sul campo di rilievi geologici naturalistici e dell’uso del suolo Italia centrale” per euro 169.250;

-servizio al Politecnico di Bari – Dipartimento di ingegneria “per l’esecuzione sul campo di rilievi geologici naturalistici e dell’uso del suolo Italia meridionale” per euro 145.000;

-servizio a ENAC per consulenza relativo alla “definizione delle modalità operative per l’applicazione del criterio di esclusione riguardante gli aeroporti per la redazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee” per euro 18.360;

-servizio a Mariasole Pavia per la “Caratterizzazione degli aspetti naturalistici per l’applicazione dei criteri della GT29 nella macroarea dell’Italia Settentrionale” per euro 7.700;

-servizio all’Università di Pisa – Dipartimento Scienze della terra finalizzato all’”Identificazione delle risorse geotermiche e dei processi idrotermali rilevanti ai fini dell’applicazione dei criteri CE14 e CA1 della GT 29” per euro 24.500;

-servizio a MIT nucleare srl per “modalità di trasporto radioattivo al Deposito Nazionale e criteri per la valutazione della idoneità delle vie di accesso al sito del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico” per euro 34.965;

-servizio al Politecnico di Bari – Dipartimento di Ingegneria per “la creazione di un database geografico relativo agli spostamenti superficiali ottenuti da dati radar-satellitari mediante analisi dei Permanent Scatterers (PS) in relazione all’applicazione del criterio ISPRA CA1” per euro 38.800;

-servizio a terra energy srl relativo all’ Acquisizione dati e realizzazione del geodatabase delle risorse geotermiche e dei processi idrotermali rilevanti ai fini dell’applicazione dei criteri CE14 e CA1 della GT 29” per euro 34.500;

-incarico professionale a Paolo Scandone per “Indagini sismo tettoniche finalizzate all’applicazione dei criteri CE1, CE2 e CE3 della GT29 ISPRA per le aree della CNAPI” per euro 31.200;

-supporto geomatico del CNR – IGAG per la CNAPI ed approfondimento sulla valutazione per euro 59.000;

-“caratterizzazione delle produzioni agricole nei territori delle aree CNAPI (D.lgs. 31/2010), finalizzata all’applicazione del criterio CA11 della GT 29 ISPRA” rif. C0703S14;

-servizio all’Università di Siena per “Analisi geologiche, naturalistiche e dell’uso del suolo di territori nell’Italia insulare” per euro 93.500;

-servizio all’Università degli studi dell’Insubria per “Studio del quadro conoscitivo relativo alla pericolosità da fagliazione superficiale su aree selezionate del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico”  per euro 256.490;

-servizio all’Università Bocconi per consulenza relativa ad uno “studio economico per il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico” per euro 140.070;

-convenzione all’Università La Sapienza per lo “svolgimento di attività di ricerca volte alla valutazione della sismicità del territorio italiano” per euro 180.000.

Premesso che nel 2016,
e’ stato dato incarico per:
-partecipazione al NIMBY FORUM ad Aris per euro 15.000;
Questo incarico cattura la nostra attenzione e merita un approfondimento:
dalle informazioni prese in rete sappiamo che Nimby Forum è attivo dal 2004 con l’obiettivo di analizzare l’andamento della sindrome NIMBY (Not in My BackYard). L’osservatorio Media Permanente gestisce l’unico database nazionale delle opere di pubblica utilità che subiscono contestazioni e si è accreditato come il maggiore think tank sul tema. Ha avuto anche il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dello Sviluppo Economico.
Aris è un’associazione no profit attiva nel campo dell’informazione e della comunicazione. Aris opera in particolare nei settori ambiente, energia, trasporti e infrastrutture, e compie studi, ricerche e progetti di divulgazione sulle evoluzioni sociali e politiche, sui mutamenti culturali e sui fenomeni mediatici presenti in tali ambiti.

-acquisto spazi per campagna del Deposito Nazionale e Polo Tecnologico a RAI TV per euro 24.883;

-acquisto spazi pubblicitari per piattaforma Rainet e Rai digitale a Rai spa per euro 91.264;

-prenotazione e acquisizione di spazi pubblicitari televisivi campagna informativa sul Deposito Nazionale e Parco Tecnologico a Discovery Italia srl per euro 22.941;

-acquisizione spazi per campagna sul Deposito Nazionale e Parco Tecnologico su piattaforma Publitalia80 a Mediaset per euro 287.980;

-acquisizione spazi per campagna sul Deposito Nazionale e Parco Tecnologico su piattaforma Sky a Sky Italia per euro 124.894;

-acquisizione spazi per campagna sul Deposito Nazionale e Parco Tecnologico su La7 a Cairo spa per euro 25.342;

-acquisizione di spazi pubblicitari televisivi campagna informativa sul Deposito Nazionale e Parco Tecnologico a Discovery Italia srl per euro 45.040;

-acquisizione di spazi pubblicitari televisivi campagna informativa sul Deposito Nazionale e Parco Tecnologico su Repubblica.it a Manzoni spa per euro 28.994;

-segmento affissioni tattiche campagna informativa sul Deposito Nazionale e Polo Tecnologico a Grandi Stazioni spa (gruppo FS) per euro 171.000;

-acquisizione spazi per campagna sul Deposito Nazionale e Parco Tecnologico su Cielo a Sky Italia  per euro 21.211;

Visti
gli importi, la varietà e la specificità degli incarichi e delle consulenze di Sogin a soggetti esterni ci sentiamo di affermare che per noi cittadini è difficile fare osservazioni contro questa che appare “una macchina da guerra”. In particolare, sottolineiamo il fatto che per ogni codice “CE e CA” del procedimento CNAPI si sono erogati incarichi specifici, inoltre anche l’aspetto mediatico è stato considerato, infatti sono stati acquistati spazi pubblicitari in notevole quantità, spendendo cifre importanti.
Detto questo, però faremo del nostro meglio e questo è il primo studio da noi realizzato.


CONTESTIAMO che

SOGIN possa avvalersi, in tale procedimento amministrativo, di vari consulenti, professori, ingegneri, legali che siano in conflitto d’interessi. Non contestiamo in senso stretto l’approfondimento scientifico sui criteri Ispra ma il conflitto di interessi che si crea, inevitabilmente, in questo procedimento amministrativo.
In particolare, facciamo riferimento ad incarichi, consulenze, lavori occasionali con pagamenti diretti o indiretti (elencati sopra) erogati in precedenza o attuali da Sogin a soggetti quali Università, singoli professori, legali, ingegneri, istituti di ricerca, fondazioni, associazioni e società di capitale.


In particolare chiediamo
che venga coinvolta la commissione VIA-VAS istituita presso l’ex MINISTERO dell’AMBIENTE: detta commissione già possiede i requisiti legali di autorevolezza, qualificazione, omogeneità, specificità e “i pesi delle materie inter-disciplinari rappresentate” dei soggetti coinvolti sono stati “studiati” e “calibrati”.  
Inoltre per quanto ci riguarda non riconosciamo in ogni caso una commissione proposta da Sogin, né tanto meno una commissione che non abbia un minimo requisito di legge.CONTESTIAMO che

SOGIN, con gli incarichi erogati e da noi ben evidenziati, possa avvalersi di una commissione tecnica-scientifica che non sia la COMMISSIONE da tutti RICONOSCIUTA COMPETENTE e IMPARZIALE, bilanciata e multidisplinare che è quella VIA-VAS ISTITUITA PRESSO l’EX-MINISTERO DELL’AMBIENTE.


In ragione poi
che con procedura aperta amministrativa, l’amministratore delegato di Sogin Emanuele Fontani nell’audizione delle commissioni riunite alla Camera il 6/4/2021 ha affermato:
la nostra proposta era quella anche di istituire un comitato tecnico-scientifico a latere, un comitato che possa essere una sorta di comitato terzo che possa essere quello che rappresenta i territori, non di nomina nostra, ovviamente, saranno i territori saranno i ministeri, questa è la nostra proposta, conferenza stato-regioni ad individuare i componenti in modo tale che sia un soggetto che rappresenta il territorio essendo poi il territorio quello che andrà ad ospitare il deposito dei rifiuti radioattivi”.

NO GRAZIE! IL TERRITORIO SI RAPPRESENTA DA SOLO. NON ABBIAMO BISOGNO DI COMITATI TECNICI, DI FILTRI O PRE-FILTRI.

Inoltre con procedura aperta amministrativa, l’amministratore delegato di Sogin Emanuele Fontani nell’audizione delle commissioni riunite alla Camera il 6/4/2021 ha espresso in modo molto secco: “Il Lazio è sicuramente quello più interessante perché baricentrico sul territorio nazionale”.

L’AD ha espresso una preferenza forte e formale (all’interno di un organismo legislativo politico) verso le aree CNAPI situate nel LAZIO, non prendendo in considerazione le aree di provenienza dei rifiuti futuri e non prendendo in considerazione le classi di pericolosità emissiva degli attuali rifiuti radioattivi dalle aree di stoccaggio e questo è un fatto gravissimo!
Dimostra che Sogin attraverso il suo AD esprime, evidentemente, una preferenza non tecnica ma formale verso tutte le aree CNAPI del Lazio. Infatti, questa preferenza non solo avviene nel momento in cui non sono ancora state esaminate le osservazioni tecniche ma non sono stati nemmeno presi in considerazione ed esaminati i criteri di approfondimento e quindi il criterio CA12. Però Sogin ha una preferenza e la indica formalmente dinnanzi ai rappresentanti del popolo.
Inoltre Ispra nella guida tecnica 29 in merito al CA12 afferma “La presenza di infrastrutture consente di raggiungere più agevolmente il deposito, minimizzando i rischi connessi ad eventuali incidenti durante il trasporto dei rifiuti radioattivi.
E’ la stessa Ispra che parla di incidenti durante il trasporto e come evidenziato da noi in modo articolato in merito al criterio CA12 Sogin non prende in considerazione l’emissività del rifiuto radioattivo nei trasporti ma solo il volume come se si trattasse di un semplice e comunissimo rifiuto.

I nostri dubbi evidentemente non sono isolati, infatti la deputata on. Silvia Fregolent in audizione a commissioni riunite della Camera il 6/4/2021 afferma:
Sembra che Sogin ha già deciso” e “La partecipazione è una finzione pubblica”.

Inoltre sottolineiamo che l’articolo 27 del D.Lgs 31/2010 che sostanzialmente posticipa la Valutazione di Impatto Ambientale successivamente alla dichiarazione di idoneità del sito e della complementare dichiarazione strategica nazionale dell’area (comma 11), contrasta fortemente con le normative in materia di VIA. In quanto, anche questo procedimento amministrativo così importante deve essere fin da subito ricompreso all’interno di un quadro chiaro normativo di Valutazione di Impatto Ambientale che preveda una commissione ministeriale terza e superpartes rispetto alle osservazioni proposte dai cittadini e non come è ora posticipando la VIA in fondo alla procedura (comma 13 e 13bis). Bisogna verificare ancora la costituzionalità o meno dell’articolo 27 del D.Lgs 31/2010.

INOLTRE, IL SEMINARIO NAZIONALE NON SAPPIAMO COSA SIA, QUALI POTERI SIANO STATI CONFERITI AI RELATORI E AI LORO PARTECIPANTI.
NON CI RISULTANO ALTRE INIZIATIVE PRECEDENTI, NEI PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI CHE RIGUARDANO LE VALUTAZIONI D’IMPATTO AMBIENTALE O VALUTAZIONI STRATEGICHE O D’IMPATTO SANITARIO O D’INCIDENZA (VIA, VAS, VIS o simili). Sembra che i componenti del seminario nazionale siano proposti direttamente da Sogin, questo è un fatto davvero singolare. Questo procedimento amministrativo appare “IBRIDO E FUMOSO” e in ogni caso non è ri-compreso all’interno di un contesto chiaro legale e costituzionale.

Chiediamo pertanto, l’esclusione di tutte le aree VT proposte da Sogin.

MATRICE MULTICRITERI – CNAPI
C R I T E R I OVERDEGIALLOROSSOAREE
CE1  xVT-12 e VT-16
CE2  xVT-12 e VT-16
CE3  xVT-12 e VT-16
CE4  xVT-16 (12 non analizzato)
CE5  xVT-16 (12 non analizzato)
CE6x  VT-12 e VT-16
CE7   non analizzato
CE8x  VT-12 e VT-16
CE9   non analizzato
CE10  xVT-16 (12 non analizzato)
CE11   non analizzato
CE12  xVT-12 e VT-16
CE13 xxVT-12 (rosso)VT-16 (giallo)
CE14  xVT-12 e VT-16
CE15  xVT-12 e VT-16
CA1   non analizzato
CA2   non analizzato
CA3   non analizzato
CA4   non analizzato
CA5   non analizzato
CA6  xVT-12 e VT-16
CA7   non analizzato
CA8   non analizzato
CA9  xVT-12 e VT-16
CA10  xVT-16 (12 non analizzato)
CA11  xVT-12 e VT-16
CA12  xVT-12 e VT-16
CA13  xVT-16 (12 non analizzato)
VAR1  Aspetti Urbanistici  xVT-12 e VT-16
VAR2  Emissioni Sonore  xVT-16 (12 non analizzato)
VAR3  Aircraft Crash (GT30 ISIN)  xVT-12 e VT-16
VAR4  PAI bacino del Tevere  xVT-12 e VT-16
VAR5  VIA VIS e VI  xVT tutte
VAR6  Procedimento Dlgs 31/2010  xVT tutte
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