Primula Campomaggiore pittrice naif di Salvatore Moschella

IN MEMORIA DI PRIMULA CAMPOMAGGIORE DI VETRALLA — PITTRICE NAIF DELLA TUSCIA VITERBESE.

da tusciaweb.eu

 08 Maggio 2020 

Salvatore Moschella Bocale di Reggio CalabriaDa un paio di anni abbiamo acquistato una casetta nella frazione di Bocale del comune di Reggio Calabria, trattasi di un bilocale ed accessori, con annesso giardino di circa 150 mq, in mezzo al quale troneggia un secolare mandorlo, di qualità “Avola”, il cui grosso frutto viene usato, o meglio, veniva usato, per preparare i confetti da distribuire il giorno delle nozze.Accanto, due alberi di limoni, “quattro stagioni”, e un vecchio fico, anch’esso secolare che, a poco a poco, ci sta lasciando. Tutto attorno un’aiuola, che in primavera inoltrata si ravviva di multicolori con il rifiorire delle piante e dei fiori che mia moglie Marina cura con tanto amore e competenza. 

È un’oasi di pace, questo luogo, con vista sullo Stretto di Messina, che si estende, come a toccarli, nelle giornate terse, sui monti Peloritani e sulla ruttante Etna, della dirimpettaia isola di Sicilia. Un luogo, tanto caro al mio amico pittore astrattista, Carlo Lotti, pieno di mediterraneità. Di recente, anche Egli, unitamente a Santina, ha scelto questo borgo per trascorrere le sue vacanze. 

Questo è un luogo magico, il paese della “Fata Morgana”, fenomeno, che soltanto qui si può osservare in tutta la sua miticità. Naturalmente anche nei deserti africani si osserva lo stesso avvenimento. Però, nelle calme mattinate d’estate, in questo luogo, il fenomeno acquista tutt’altro valore. La vicina città di Messina, si riflette sullo Stretto, in una miriade di danzanti colori. Questo è il luogo in cui i pittori, indipendentemente dei loro stili pittorici, vengono a cercare i colori per creare le loro tele. Un luogo dove si possono ammirare i più incantevoli tramonti del mondo.Primula CampomaggioreForse è qui che la pittrice Primula Campomaggiore ha trovato nuovi colori per dipingere la sua Tuscia. Ciò non è stato impossibile, avendo ella girato la Calabria e la Sicilia in lungo e in largo per creare assieme agli amici quei grandi murales Naif che l’hanno resa famosa in tutta Italia. (Di questa talentuosa pittrice, che Carlo mi ha presentato, vi parlerò a breve). Intanto continuo a descrivere questo luogo di quiete e tranquillità per dimostrare che ciò che accade non sempre è dovuto a causalità, come ci vogliono fare credere i nostri scienziati con le loro teorie sul cosmo e sull’universo in espansione. C’è un certo disegno che qualcuno ha voluto abbozzare, per poi lasciare a noi il compito di completarlo. Questo piccolissimo rione di Bocale, detto “delle palazzine popolari”, è formato da due filari di bianche palazzine, tutte a piano terra, lato monte e lato mare, con al centro una bellissima piazzetta, rettangolare, lastricata con la tipica pietra di Motta, famosa nelle nostre zone, che si estende per tutta la lunghezza dei due filari di fabbricati, circa duecento metri.La piazzetta è ben curata anche perché attorno ad ogni casetta insiste un piccolo orto, una volta orto di guerra, ormai coltivato a piante e fiori che danno una immagine di pulizia e di bellezza. Le palazzine, oggi quasi tutte ristrutturate, risalgono al dopo terremoto del 1908, costruite con maestria da abili artigiani, sono state un dono dello Stato alle famiglie dei terremotati, rimaste senza casa dopo il disastroso evento naturale che causò grande dolore a centinaia di migliaia di famiglie. 

Oggi, il rione è abitato stabilmente da sette, otto famiglie, che diventano dodici, tredici nel periodo delle vacanze, tra queste: la mia famiglia, reggina, quella di Carlo e Santina, proveniente dal viterbese, di Umberto e Maria, di Nino e Anna, proveniente dalla provincia di Torino, di Vincenzo e Maria proveniente da Milano, di Cettina e Vittorio proveniente dalla provincia di Genova e, ancora, un’altra famiglia, che appare un po’ defilata, di cui sconosco la provenienza. Naturalmente, tutte queste famiglie sono originarie di Bocale, e tutt’ora, profondamente attaccate ad esso, ritornano ogni anno.Motivi di lavoro li hanno costretti, negli anni cinquanta, ad emigrare dalla natia terra. Vivono: stabilmente, accanto alla mia famiglia, Lilla, una arzilla vecchietta ultra ottantenne, che è costantemente presente nelle nostre conversazioni. Ricorda tutto, quasi con nostalgia, del fascismo, di Mussolini e dei suoi gerarchi e di quando maestra d’asilo insegnava ai bambini, le tante canzoni di allora e di quando, frequentatrice della Chiesa parrocchiale di san Cosmo e Damiano, recitava i salmi domenicali.Ogni tanto si compiace di declamare per noi qualche parte; continuando, Totò e Silvana, ed il loro figlio Stefano, una coppia ancora giovane. Più in alto, nell’altro filare di case, abitano Riccardo e Maria con i loro due figli: Tommaso e Chiara, giovanotti, il fratello Roberto e la vecchia mamma, ultra novantenne, ancora lucida di mente, ogni sera recita il rosario, malgrado i senili acciacchi, il suocero, che essendo pieno di vitalità continua a coltivare l’orto di famiglia. In fondo, nel primo filare, di fianco a Carlo ed Umberto, abita da sola un’altra arzilla vecchietta: Teresina, anch’essa ultranovantenne, quasi a sfiorare i cento.Soltanto in quest’ultimo anno ha necessità dell’assistenza della nipote per aver perduto in gran parte la vista. Sempre nel filare di sopra, accanto alla famiglia di Riccardo, abita Vera, una giovane signora, rimasta vedova giovanissima, da sola ha cresciuto i suoi tre figli fino a portarli al matrimonio. Oggi i suoi piccoli nipoti sono i possessori della piazzetta che girano in lungo e in largo con le biciclette, dando alla stessa un po’ di vitalità. Le panchine tutte attorno sistemate, sono a disposizione dei più anziani, per un po’ di riposo, soprattutto nelle ore pomeridiane, quando il sole sta per tramontare, ovvero di prima mattino quando sta per sorgere. 

Continuiamo il cerchio, vicina di casa di Vera sua cognata Antonietta, anch’essa vedova. Le tiene compagnia la figlia Jadira, bambina di colore, adottata ai tempi in cui viveva ancora il marito, completamente inserita nel nuovo ambiente. Ancora un’altra famiglia, quella di Alessandro e Gresy e i loro tre figli, che d’estate lasciano il rione per il paese di Caulonia, dove Alessandro lavora, quale abile falegname. Chiudono il cerchio altri due arzilli vecchietti, fratello e sorella, Wanda e Pepè . Ultimamente vive con loro un’altra sorella, Antonietta, rimasta vedova l’anno scorso.

Ho voluto raccontare il rione ove trascorro le mie vacanze estive per meglio far capire l’atmosfera che in esso si vive, soprattutto per la tranquillità e la pace di chi come me e Carlo ha bisogno per placare le ansie e i turbamenti del cuore e dell’animo.
Ora è il momento di raccontare la mia amicizia con Carlo e Santina, le cui abitazioni si trovano nel primo filare, quello che si affaccia sul mare, che distano l’una dall’altra poche decine di metri.

Notavamo dei movimenti, di persone che andavano e venivano a ispezionare la palazzina che gli eredi, cercavano di vendere dopo la morte dei loro genitori, tra l’altro, nostri parenti. Ci interessava conoscere i nuovi proprietari, non foss’altro, per sapere se si sarebbero adattati a questo non comune ambiente. Finora avevamo vissuto tutti in piena armonia e ci sarebbe dispiaciuto che qualche estraneo venisse a rompere l’equilibrio che avevamo creato. Stavamo in guardia.
Conoscevamo già Santina, originaria del nostro paese, non conoscevamo per niente l’uomo che l’accompagnava. L’aspetto era accettabile, un intellettuale appariva a prima vista. Però nulla sapevamo di lui.
Un giorno mi chiama Silvana, “sai Salvatore, il compagno di Santina è un filosofo, uno studioso, se ne sta sempre chiuso in casa a leggere e a meditare, forse dipinge. Esce soltanto di primo mattino, gira in lungo ed in largo il paese di Bocale. Si ferma ad osservare ogni cosa e casa come se volesse scoprire chissà quale segreto. Qualcuno guarda con diffidenza i suoi movimenti, scambiando il suo interesse per chissà quale recondito fine.” 

Be’, rispondo, non bisogna essere invadenti, ognuno ha bisogno della propria intimità e riservatezza. Vedrai, alla fine si presenterà, nessuno potrà vivere eternamente solo. Gli uomini per sopravvivere hanno bisogno di rapportarsi, di confidarsi, di scambiare le proprie idee, così si sono costruite le società e si è creata la convivenza e si sono istituite le famiglie che hanno popolato il mondo. Infatti non è trascorso molto tempo, l’occasione ce l’ha data una cena che le famiglie della piazzetta delle case popolari usavano organizzare ogni estate. Naturalmente, per dovere di ospitalità anche Santina e Carlo vengono invitati.
Fu in quella occasione che io e Carlo, si può dire, ci siamo conosciuti, io quale novello scrittore e lui amante dell’ambiente e dell’arte. È stato un socio dirigente di Italia Nostra e di altre organizzazioni ambientalistiche. La sua vera passione è stata la pittura astratta che ha coltivato fin da giovane, creandone, addirittura, una scuola di approfondimento ed insegnamento. L’anno successivo, sempre nel periodo estivo, ci siamo rivisti, continuando il nostro colloquio su diversi argomenti.Ci trovavamo bene assieme. L’ho messo a corrente dei miei scritti, regalandogli una copia dei miei libri che ha apprezzato tanto, esortandomi a scrivere ancora, cosa che ho continuato a fare. Così, ci siamo ritrovati ogni anno, proseguendo la nostra conoscenza. Siamo entrati più in intimità e fu allora che ha cominciato a parlarmi, con un velo dì malinconia e tristezza, della moglie scomparsa prematuramente e dei sui adorati figli Francesca e Leonardo. Elogiava la sua arte come pittrice e come avesse raggiunto, grazie ai suoi quadri, disegnati sotto vetro, una fama nazionale. Ogni tanto a mezzo a quei discorsi mi parlava di Elena Croce, sorella del grande scrittore Benedetto Croce, vi condivideva, tra l’altro, le sue idee liberali. Elena Croce è stata nella sua vita una presenza costante che ha contribuito alla sua formazione culturale. 

La moglie, però, era il discorso più ricorrente, non tralasciava occasione per parlarmi di lei e della sua arte e quanto fosse stata brava. È stato sempre riservato e i discorsi erano limitati alla sua pittura. Ultimamente mi ha riferito che i figli Francesca e Leonardo stavano preparando un libro da dedicare alla vita della loro madre, se pur breve, molto intensa. Desiderava donarmelo, consapevole, vista la mia sensibilità, che l’avrei apprezzato. Cosa che effettivamente ha fatto e per ciò gliene sono grato.

L’amore che ha per i figli Francesca e Leonardo è grande. Un giorno gli ho riferito che da un momento e l’altro sarebbero arrivati a Bocale i miei nipotini per trascorrere una giornata assieme. Ah… mi disse, quanto darei per avere, in questo momento, assieme a me i miei figli. Il suo desiderio è stato esaudito, il figlio Leonardo in questi giorni è venuto a Bocale a trovarlo. Il suo viso è sereno, trabocca di gioia.

Il libro che mi ha regalato, scritto e voluto dai figli e dagli amici, porta il titolo: – Primula Campomaggiore — “Figlia” di Ligabue in Tuscia —
Un grande dono che i figli Francesca e Leonardo hanno voluto offrire alla loro giovane mamma, salita in cielo ad appena trentasette anni di età e dopo trent’anni circa dalla sua morte.
La lettura del libro mi ha permesso di conoscere pienamente quella che è stata la vita familiare ed artistica di Primula Campomaggiore e nel contempo di conoscere anche quella di Carlo Lotti. Due veri artisti che la vita ha uniti e che la vita ha separato per una forza del destino che non ci è dato conoscere, che ha procurato ad entrambi tanto dolore. Un breve amore, una amicizia, un affetto profondo allietato dalla nascita di due bambini, come a proseguire quel sentimento che li ha legati fin dall’inizio della loro storia, che credo non sia stato mai interrotto malgrado la separazione.

Ad una domanda di Francesca, perché è successo, la madre ha risposto. – Vostro padre vi vuole un mondo di bene, e voi dovete volergli bene – Conservando nel cuore i più intimi motivi. Sono convinto che quanto risposto dalla mamma corrisponda a verità. Carlo ama i suoi figli più di sé stesso. Ho avuto modo di constatarlo conversando con lui in questi anni di conoscenza.

Leonardo aveva, appena otto anni, quando la madre l’ha lasciato e stenta a ricordarla. Ricorda benissimo i nonni: Caterina e Lino che lo hanno cresciuto, qualche viaggio fatto con la mamma che li portava a Tarquinia per fargli godere il mare di cui ella stessa era un ‘innamorata. Amava il mare come la sua pittura. Portava i figli con sé, qualunque fosse stato il luogo in cui si recasse, assieme agli amici provenienti da tutta Italia, che ci piace ricordare e come li ricorda lo stesso Leonardo: Carmen Crisafulli, Franco Mora, e Salvo Caramagno, più tardi se ne sono aggiunti al gruppo tanti altri, per dipingere i murales, che i vari comuni d’Italia gli ordinavano. Tutto veniva fatto gratuitamente. Un alloggio, un pranzo e la fornitura dei colori, era sufficiente per farli partire.

Gran parte della vita di Primula Campomaggiore si svolse a Vetralla, dove viveva la sua famiglia, dove hanno vissuto i suoi figli dopo la separazione con Carlo. Successivamente a Botte, una piccola frazione, dove allestì uno studio pittorico più appagante.
Credo di aver visitato la Tuscia e di conoscere il paesaggio che l’artista ha dipinto con tanta maestria. Ciò è accaduto negli compresi tra il 1980 ed il 1985. Siamo partiti da Roma, con i miei amici specialisti, essendo il segretario di un comitato che curava i loro interessi. Destinazione Tuscania, terra degli Etruschi, per visitare quella città ricca di tante vestigie, appartenente ad una antica civiltà, nata prima ancora dell’antica Roma. Con un carattere forte, libero e battagliero. Ci volle tanto prima di farsi sottomettere dai romani.

Primula Campomaggiore ebbe quel carattere: libero, autonomo, ribelle, e ciò emerge chiaramente dai suoi quadri Naif, di quel Ligabue che le fú maestro, di cui tanto se ne era innamorata, rimanendone affascinata, tanto da coltivare quella sua passione per tutta la vita che le fu breve. Chissà, si chiedono i figli, come sarebbe stata oggi la vita di mamma? Sicuramente una grande artista, la cui fama avrebbe travalicato i confini nazionale per quelli internazionali, diventandone una star della pittura Naif. Ligabue, sarebbe stato contento: quella pittura semplice, umile, piena di colori, rappresentante la natura e l’uomo si affiancava senza timori alla grande pittura dei grandi artisti figurativi di tutti i tempi, non me voglia Carlo, anche alla enigmatica pittura degli artisti astrattisti.

Sfogliando il libro, III parte “Le opere” si ammirano le sue innumerevoli opere, prodotte con la tecnica sotto vetro, (Carlo mi spiegherà poi, come ciò è possibile) usando i colori acrilici: più vivi e splendenti che è un piacere ammirare nei vari soggetti dipinti.
Un grande omaggio all’artista, alla madre, alla moglie, dopo i figli, lo fa Carlo, nella premessa al libro che gli stessi e gli amici le hanno dedicato. Detta premessa Carlo l’ha scritto l’anno scorso, luglio 2018, mentre si trovava a Bocale, nel piccolo rione delle palazzine che volutamente ho voluto descrivere all’inizio di questa recensione. Carlo in questo luogo ha trovato la sua serenità e la forza, non avendo dimenticato mai sua moglie, e di scrivere quello che ha scritto in memoria di quella grande artista che è stata sua moglie.

Carlo elogia la tecnica del disegno sotto vetro che Primula ha voluto sperimentare nel dipingere i suoi quadri con la pittura acrilica. Una grande novità che l’artista di Vetralla ha portato nella sua Tuscia viterbese, nell’intera regione ed in Italia. Ha ammirato ed ammira il dipinto rappresentante i tombaroli o i campi di grano sterminati della Maremma. Un altro quadro, fra i più amati dall’artista, la raccolta delle olive, che tanto mi fa pensare e ricordare le nostre raccoglitrici di olive nelle campagne della nostra piana di Gioia Tauro. Ella mette in evidenza il lavoro massacrante delle donne, mentre gli uomini stanno a guardare all’ombra degli alberi.
Una vera femminista che non accetta il ruolo di sopraffazione che gli uomini esercitano sulle donne, siano essi, padri, fratelli, mariti. A tutto ciò Primula si ribella, scegliendo la libertà e la propria autonomia dalle quali non può prescindere. Lo dimostra la sua vita e l’impegno di allevare i figli, fin tanto che le è stato possibile. Questo carattere forte lo ha trasmesso ai propri figli, che ne hanno fatto tesoro, unitamente agli insegnamenti dei nonni, che hanno permesso loro di costruirsi una loro vita, malgrado la mancanza dei genitori.

Carlo le è stato vicino, soprattutto i primi anni che si conobbero, era il tempo in cui ha istituito un movimento artistico culturale” La Diagonale Rossa “, un centro di studio e di ricerca di nuove forme espressive artistiche e politiche da inserire in mezzo alla società in continua evoluzione. A questa fonte si è abbeverata anche Primula, acquisendo nuove forme di pittura e la tecnica della preparazione dei colori che le fu di grande aiuto nella evoluzione della sua pittura, apprendendo, tra l’altro, la tecnica della pittura sotto vetro, che la rese tanta famosa. Con Carlo, Primula, conobbe tanti importanti personaggi, tra cui Cesare Zavattini, cultore della pittura Naif, che dopo averla incoraggiata a proseguire nel suo lavorio di artista Naif, la invitò ad esporre i suoi quadri nella sua galleria di Luzzara, tempio della pittura Naif.

Tutti gli amici di Primula, i suoi stretti parenti: fratelli sorelle, compagne di scuola e di lavoro, hanno voluto ricordarla in questo libro “Primula Campomaggiore” —Figlia —di Ligabue in Tuscia, dedicandole ognuno un proprio ricordo personale. Una fra tutte: Gabriella Sica, famosa poetessa e scrittrice, sua amica, avendo vissuto assieme a Vetralla la stessa infanzia, dedicandole un opuscolo, dove racconta, tra l’altro, la storia della sua famiglia e gli anni vissuti assieme.
Anch’io ho voluto dedicare a questa giovane artista, morta prematuramente, un breve pensiero, ricordandola assieme ai figli, ai genitori, agli amici, al marito.
La figura di Primula Campomaggiore è entrata nel mio cuore nel momento in cui ho avuto la fortuna di leggere il libro che le persone più care hanno dedicato alla sua memoria. Primula ha lasciato tante opere alle quali i nuovi artisti Naif potranno attingere per migliorare quella che è stata e sarà la grande arte di Ligabue. Troveranno nella sua opera grandi insegnamenti. 

A questo link è possibile visionare il libro storia di Primula http://www.ghaleb.it/bandadelracconto20.htm  

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