Pesticidi: ambiente e salute ancora a rischio

10/05/2018 16:50 CEST | Aggiornato 10/05/2018 17:10 CEST 

FOTOKOSTIC VIA GETTY IMAGES

Quanti pestidici si trovano nelle acque superficiali e sotterranee italiane, e quanto sono pericolosi?

ISPRA –l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del ministero dell’ambiente– ha presentato oggi i risultati delle periodiche analisi sui pesticidi delle acque italiane, con riferimento al biennio 2015-2016. Il quadro che emerge è allarmante per ambiente e salute umana.

Nella sola agricoltura si utilizzano in Italia 130.000 tonnellate all’anno di pesticidi, mentre non si hanno dati sui biocidi utilizzati per altri usi (ad esempio lungo i binari ferroviari). I principi attivi utilizzati sono circa 400 e molte sono le miscele. Fortunatamente da anni esiste un quadro normativo italiano e europeo che definisce limiti e standard, ed è così possibile monitorare la presenza di queste sostanze ed individuarne le soglie di pericolosità.

Si tratta di sostanze chimiche complesse e potenzialmente molto rischiose, nascono infatti per uccidere organismi viventi ritenuti dannosi per le coltivazioni, e il rischio per la salute umana pare sicuramente sottostimato. Il lavoro di ricerca di Ispra è notevole, con circa 2 milioni di analisi e 36.000 campionamenti.

Un primo dato preoccupante ci dice che nel 67% delle analisi su acque superficiali, e nel 33,5% delle analisi su acque sotterranee è stata verificata la presenza di pesticidi. Un fenomeno diffuso quindi, specie nell’area padana. In alcune regioni la presenza di pesticidi interessa il 90% delle analisi delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia, provincia di Bolzano, Veneto e Piemonte, più dell’80% dei punti in Emilia Romagna e Toscana. Supera il 70% in Lombardia e provincia di Trento. Ma anche nelle acque sotterrane in alcuni regioni, particolarmente in Friuli, Piemonte e Sicilia si arriva al 60/80% dei casi. Nei campioni si trovano 259 sostanze diverse.

Ma veniamo al superamento dei limiti: nelle acque superficiali il 23,9% dei campioni registrano valori superiori ai limiti ambientali di legge, l’8,3% nelle acque sotterranee. Un fenomeno in aumento dal 2003 al 2016 nonostante la graduale crescita delle colture biologiche o integrate. Un andamento che sembra molto collegato sia alla cessazione dell’uso di alcune sostanze e all’introduzione di nuove, con un saldo di fatto ancora negativo. Aumentano le miscele di pesticidi, fenomeno legato a una crescente complessità dei trattamenti da parte degli agricoltori. I superamenti dei limiti si concentrano nel Nord Italia e in Toscana, e appaiono di minore intensità nelle altre regioni. Nelle acque superficiali i contaminanti più diffusi sono il glifosate (un erbicida ormai conosciuto dall’opinione pubblica, il più diffuso al mondo), mentre nelle acque sotterranee è ancora diffusa la ben nota atrazina, ancora presente benchè proibita negli anni ’80.

Siamo quindi ancora distanti dagli obiettivi della legge europea che prevedeva il raggiungimento di un buono stato chimico nelle acque superficiali entro il 2015.

La dinamica di vendita dei prodotti si riduce dal 2002, anche se aumenta di nuovo nel periodo analizzato 2014-2016. Un dato da approfondire, legato sicuramente a una certa ripresa del settore agricolo in quegli anni, che ancora non riesce a convertirsi in modo significativo a produzioni non impattanti.

I pericoli derivanti dalla presenza di pesticidi riguardano sia l’ambiente che la salute umana. L’uomo assume questi prodotti tramite l’acqua, il cibo ma anche attraverso respirazione e contatto con la pelle.

Il rapporto segnala, quindi, una criticità che forse pensavamo in via di soluzione. A quanto pare gli interventi di proibizione di alcuni prodotti tossici da un lato, e l’aumento delle coltivazioni biologiche e sostenibili dall’altro, non stanno riducendo il fenomeno dell’inquinamento agricolo diffuso. Il mercato di questi prodotti infatti sostituisce rapidamente sostanze proibite con nuovi principi attivi e miscele, e la conversione biologica dell’agricoltura appare ancora un fenomeno di nicchia sebbene in crescita. Alcuni prodotti cancellati poi continuano a essere presenti negli ecosistemi, a testimonianza del fatto che questi si muovono e si degradano molto lentamente.

Occorre un aggiornamento delle politiche di settore, maggiori controlli e omogenei in tutto il territorio nazionale. Una più forte selezione dei prodotti in commercio e una maggiore attenzione al loro uso da parte degli agricoltori, una più forte spinta alla conversione biologica dell’agricoltura e, infine, maggiori controlli sull’acqua potabile, come indicato dalla nuova bozza di direttiva europea.

Insomma migliora il quadro delle analisi e dei controlli, ma quella dell’inquinamento agricolo è una battaglia ancora da vincere.

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