La sessualità “virtuale” assume forme contorte in cui la trasgressione alla norma si trasforma in ipotesi di soddisfazione puramente mentali. 

di Paolo D’Arpini

Da questo comportamento innaturale sorgono due aspetti, il primo è la perdita della naturalezza e dello stimolo sessuale vissuto con innocenza, l’altro è l’adattamento alle tendenze immaginate con conseguente accettazione della sessualità deviata. Mi spiego meglio.

Oggigiorno sembrerebbe che la libertà sessuale sia un fatto acquisito nella nostra società, ma ciò avviene solo in forma virtuale, massimamente nelle immagini e nelle prefigurazioni, il che significa che la sessualità non è più vissuta come un fatto naturale, come mangiare bere dormire evacuare respirare, bensì come uno sfogo alle frustrazioni ed un compensativo all’incapacità di provare attraverso il sesso quelle emozioni che solitamente dovrebbero accompagnarlo.

Il sesso è diventato un prodotto di consumo.

Come tale si vende nei giornali, nelle televisioni, in internet, nelle strade, nelle discoteche… oppure se non si può acquistarlo lo si ruba, sotto forma di stupro e violenza o di onanismo da pornografia.

Anticamente la sessualità era “trasmessa” al momento opportuno, come una qualsiasi “conoscenza” (sia pur innata)  da comprendere nelle sue sfaccettature ed abilità, ciò avveniva in forme sacrali in modo che la sessualità venisse riconosciuta come un dono ed una bellezza della natura. Ciò potrebbe sembrare “amorale” secondo il giudizio morale della nostra società perbenista ed ipocrita, ma la morale finta porta solo alla perversione mentre l’amoralità mantiene la società umana in una condizione di naturalezza ed innocenza.

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