Mascherine, tosse e proteste nella Torino inghiottita dallo smog

L’inquinamento record porta al blocco dei diesel euro 5. Giro nei quartieri per raccontare come si vive nella nebbia blu

Così si presenta Torino nella foto classica che si scatta dalla collina. In questa versione, tuttavia,
la città è nella nebbia e non si vedono le Alpi sullo sfondo

Pubblicato il 21/10/2017
Ultima modifica il 21/10/2017 alle ore 09:38
LODOVICO POLETTO
TORINO

C’è soltanto un grigio più grigio di quello che cancella ogni colore di questa mattinata d’ottobre torinese. È la nebbia di certi autunni: sana, umida, fredda e che spariva a una certa ora lasciando un leggero strato d’umidità sulle strade, sulle auto, sulle foglie secche. Questa, invece, non lascia nulla se non una patina di sporco. Smog che ha già cancellato una parte delle auto diesel dalle strade di Torino – le Euro 4 – che ne cancellerà altre più recenti da oggi – le Euro 5 -, che ha fatto dire all’assessore all’ambiente del Comune: «Non tenete le finestre aperte. Uscite il meno possibile», e che ha portato polemiche e proteste.

 

 

E allora non c’è da stupirsi se alle 10, nella zona di piazza Vittorio, c’è gente che va in giro in bici come il signor Maximilian Cappa, maschera e caschetto in kevlar. Lui, che in garage ha un’Audi nuova di pacca che potrebbe andare ovunque fino al blocco totale del traffico, ha scelto la bici: «Per non inquinare di più». Ma sulle due ruote sembra robocop: «Perché questa non è una città per biciclette e perché lo smog quando pedali, o fai fatica, lo senti davvero». E lei sta male? «Io no. Ma una persona che ha già problemi ai polmoni, con un’aria fetida come questa, non respira. Non ce la può fare».

 

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E allora mascherina sia: consistente, e robusta come quella del signor Cappa o più banale e bianca come il fazzoletto che le due pensionate tengono davanti al naso e alla bocca in un altro scampolo di Torino ad alto tasso di inquinamento: l’incrocio tra corso Settembrini, corso Unione Sovietica e via Onorato Vigliani, nel quartiere Mirafiori. Dove – sarà suggestione – quest’oggi neanche senti il profumo di dolci che arriva dalla pasticceria-cioccolateria più famosa della zona. Nonostante la porta sia aperta e ci siano clienti. «Hanno tolto le auto più vecchie dalla circolazione ma non è cambiato nulla» s’infervorano al bar all’angolo con via Vigliani. Ma poi vai a sapere se davvero tutte le auto off-limits sono rimaste in garage. E se i vigili riescono a pescare tutti i trasgressori. Perché, alla fine, anche nella città inquinata c’è chi deve andare a lavorare, a portare i figli a scuola, vivere.

Ora, prendiamo una persona tipo, come questa infermiera, madre di tre figli con meno di 10 anni e con un Doblò diesel chiuso in garage perché Euro 4. Il suo nome è Elena Mariani: per fortuna che ha un bel senso dell’umorismo quando racconta che l’auto non la può usare se non con la truppa al completo, che deve andare a lavorare dall’altra parte della città e da dove abita lei – il parco Ruffini – in autobus impiega un’eternità. Basterebbe una bici ma nella sua zona non c’è neanche il bike sharing. «Io che faccio la raccolta differenziata, che risparmio sull’acqua potabile, che ho imparato a pedalare, sono una vittima dello smog. Volevo cambiare auto: cercavo un Doblò a gas. In pronta consegna trovo solo auto diesel: sono prigioniera».

 

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Prigioniera del blob sottoforma di aria che ammorba tutto. Anche il parco del Valentino, anche le sponde lungo il Po. Dove la puzza che senti non è quella di marcio ma un mix strano di fumi e aria stantia. Eppure c’è chi corre. «Sarà perché se ne parla tanto in questi giorni, ma anch’io oggi ho percepito una differenza tra l’aria che c’è qui e quella che c’è collina» dice Alessandro Giannone, dell’associazione Baserunning. Uno che corre da 25 anni e non ha propriamente il fisico dell’impiegato sedentario.

 

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Insomma: che puzza che c’è a Torino. Che aria pesante. Che vetri sporchi delle auto. Che ringhiere nere sul balcone dei palazzi. Ma al Parco Dora, dove un tempo c’erano le fabbriche e adesso c’è un’area tutta aperta, molto metropolitana, i ragazzi se ne infischiano di tutto questo e corrono sugli skate, giocano a basket e ignorano le auto incolonnate tutt’intorno: «È come sempre» .

 

Meglio scappare in collina. Al monte dei Cappuccini cambia poco. C’è la città ai piedi, ma è tutto grigio. Ci sono le montagne in lontananza, ma per vederle ci va una discreta fantasia, oppure una buona memoria fotografica. Allora proviamo al parco Europa, frazione Cavoretto: 368 metri sul livello del mare, 129 metri più in alto di Torino. È a due passi dal centro, ma lì c’è il sole vero. E ci sono mamme con i passeggini e figlioletti scoperti, c’è il barista Ezio Fragomeni che racconta delle montagne che si vedono nei giorni limpidi. E che Torino è spesso così, come si vede adesso, con il grattacielo della Regione, che da metà in giù annega in gas grigio-blu. «Sembra di essere Bardonecchia» esagera qualcuno. Però è bello sognare di essere in montagna mentre in piazza Vittorio c’è chi tossisce, chi protesta, chi maledice lo smog, lo stop alle auto e il riscaldamento acceso negli uffici pubblici nonostante la temperatura ancora attorno ai venti gradi. Peccato dover rientrare.

 

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