IL BIOREGIONALISMO di Paolo D’Arpini

Bioregionalismo

 

In questi giorni di inizio ottobre 2017 non si fa altro che parlare del referendum per l’indipendenza della Catalogna. Tanti in Italia conoscevano la parola “catalogna” solo perché riferita a quella verdura amara che spesso compare sulle nostre tavole. Sì, la catalogna è anche un’erba… ma ora per tanti scissionisti è diventata il simbolo dell’auto governo. 
Sicuramente  sta facendo più clamore la secessione catalana che la pseudo-scissione da operetta messa in scena dalla Lega Nord  negli anni passati (vedi: http://www.terranuova.it/Blog/Riconoscersi-in-cio-che-e/Le-radici-del-sistema-multipolare-bioregionale).

Il fatto è che se l’Europa fosse veramente unita -dal punto di vista politico- e non un semplice apparato economico della BCE,  e fosse dotata di un parlamento sovrano che non fungesse solo da passacarte delle Commissioni (dominate dalle lobbies finanziarie), in questo caso sarebbe opportuno che il suo territorio venisse suddiviso in bioregioni, ovvero in ecosistemi geomorfologicamente e culturalmente  omogenei  (per ambiente, tradizioni, lingue o dialetti, vocazione produttiva, etc.). In questo caso gli stati -come oggi li conosciamo- potrebbero anche scomparire, fondendosi nella comune matrice europea, salvaguardando però le differenze e le peculiarità degli ambiti bioregionali.

Del riordino amministrativo territoriale, in chiave bioregionale, me ne sto occupando da parecchi anni, soprattutto da quando è nata la Comunità Europea, ed in questo contesto è  necessario restituire dignità e salvaguardare i diritti delle piccole comunità locali.
Il bioregionalismo infatti si riconosce massimamente nelle identità locali e queste possono essere individuate principalmente nell’ambito municipale e provinciale, che  è il territorio in cui una comunità di solito irradia la sua influenza culturale. Tra l’altro in Italia le Regioni, impostate e studiate a tavolino, si pongono come stati antagonisti sia per lo Stato Italiano che per l’Europa stessa, che faticosamente sta cercando di trovare una identità condivisa.
Se degli Enti inutili vanno eliminati, molto meglio abolire le Regioni, mini-stati all’interno dello Stato, che nemmeno rappresentano interessi di omogeneità culturale e bioregionale ma solo interessi di gestione economica e partitica.
La bioregione

Ed ora un inciso culturale sulle origini della civiltà europea. Le radici europee non sono  romane né greche ma molto più antiche e ciò è stato dimostrato ampiamente dalle ricerche compiute nell’Europa centrale dalla archeologa M. Gimbutas. La lingua madre definisce il significato di Eu-ropa in “dalla larga faccia” ovvero la dea del plenilunio. In queste arcaiche origini  tutte le genti d’Europa sono cresciute mantenendo un’identità collettiva diffusa pur nella libertà ed autonomia dei vari nuclei, oggi appunto rappresentati dalle città e dagli ambiti provinciali.

Il bioregionalismo, riportando in auge sia il rispetto della vita in termini di ecologia profonda sia il riconoscimento dell’identità locale è l’unico metodo che possa garantire equanime distribuzione e pari dignità alle diverse presenze degli abitanti della Comunità Europea.
Quindi l’Europa, politicamente unita, andrebbe suddivisa in ambiti bioregioniali (e non in Regioni od in Macro-Regioni, come proposto da alcune forze politiche), poiché abbiamo visto che le amministrazioni Regionali per loro natura tendono ad essere separative e indifferenti agli interessi delle comunità locali (dovendo infatti difendere la loro strutturazione spuria ed anomala rispetto alla identità bioregionale).
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