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(NewTuscia) – VITERBO –
Di seguito e in allegato la sintesi della relazione svolta dalla dottoressa Antonella Litta, referente nazionale dell’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment) per le problematiche ambientali e sanitarie derivanti dall’inquinamento delle acque ad uso potabile, sul tema “Arsenico nelle acque sotterranee: la percezione del rischio”, nell’ambito dei lavori del convegno “Geologia Medica e Sanità Pubblica in Italia” organizzato dall’Associazione Italiana di Geologia Medica – AGM-Italia (www.agmitalia.org) e svoltosi presso l’Università di Bologna il 4 novembre 2016.
Nella relazione sono state ripercorse le fasi che hanno determinato l’esposizione di oltre un milione di cittadini residenti nelle aree interessate in Italia da questa problematica ambientale e sanitaria a valori di arsenico fuorilegge, che hanno raggiunto e superato in molti casi anche i 50 microgrammi/litro, ovvero cinque volte il limite di legge previsto fin dal 2001 per questa sostanza tossica e cancerogena e per la quale non esiste alcuna soglia di assoluta ed accettabile certezza per esposizioni croniche tanto che l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda di porre in atto interventi ed azioni per portare questo valore il più possibile vicino allo zero.
Un’esposizione prolungata ed inconsapevole per la maggior parte della popolazione anche per l’assenza di una corretta e diffusa informazione da parte di quegli Enti ed Istituzioni che avrebbero dovuto provvedervi secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 31/2001.
Nell’Alto Lazio solo negli anni più recenti e anche a seguito anche della intensa attività di informazione e segnalazione alle istituzioni italiane ed europee dell’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde, della Federazione italiana medici di medicina generale- Fimmg di Viterbo, degli Ordini dei medici di Viterbo e Latina, è cresciuta una maggiore consapevolezza tra le popolazioni circa il rischio sanitario associato all’esposizione cronica all’arsenico tramite acqua e cibo.
Solo a partire dal 2011 sul sito della Asl di Viterbo ( http://www.asl.vt.it/Cittadino/arsenico/base.php) è stato reso possibile visionare il risultato delle analisi effettuate periodicamente per il parametro Arsenico e Fluoro nelle acque ad uso potabile dei 60 Comuni della provincia di Viterbo.
La consapevolezza circa il rischio determinato dalla presenza di arsenico ha indotto nella maggior parte della popolazione interessata da questa problematica ambientale e sanitaria a modificare alcune abitudini: in particolare ad utilizzare acqua acquistata in bottiglia per bere e cucinare mentre è rimasto pressoché uguale l’utilizzo per gli usi sanitari e per l’irrigazione dei campi come si evince anche da un lavoro di ricerca oggetto di tesi di laurea, condotto nel 2015 a Nepi un comune viterbese, dalla dottoressa Silvia D’Aprile sul tema ” Emergenza arsenico: un’indagine socio-demoscopica“.
Attualmente nella provincia di Viterbo la messa in funzione di impianti di dearsenificazione sta riducendo i livelli di arsenico e fluoro nelle acque ad uso potabile anche se non in modo costante e sempre efficace e questo per ragioni anche legate alla gestione degli impianti comunali e alla periodica sostituzione dei loro filtri.
La popolazione in parte rassicurata da queste soluzioni impiantistiche è tornata quasi ad un pieno utilizzo dell’acqua proveniente dagli acquedotti anche se spesso le acque erogate presentano valori di arsenico e fluoro superiori ai limiti di legge e questo determina ancora una situazione di esposizione cronica tramite acqua ed alimenti che non andrebbe sottovalutata per i suoi rischi sanitari, come dimostrato dai tanti lavori di ricerca scientifica proprio sulle esposizioni a medie e bassi dosi all’arsenico.
Rimane necessaria quindi una costante e diffusa informazione delle popolazioni da parte delle Istituzioni preposte come altrettanto necessario rimane l’avvio di programmi di prevenzione relativi alle patologie correlate all’esposizione cronica all’arsenico e studi di tipo osservazionale dello stato di salute delle popolazioni e in particolare dello stato di salute dei bambini, anche per i noti effetti tossici e cancerogeni dell’arsenico sullo sviluppo neurocerebrale fetale e pediatrico.
Di seguito una sintesi di alcuni argomenti oggetto della relazione.
Il problema ambientale
L’Arsenico, simbolo chimico As, è un elemento molto diffuso e presente nella struttura geologica terrestre, è un semimetallo o metalloide in quanto possiede proprietà intermedie tra quelle dei metalli e quelle dei non metalli.
Il territorio dell’Alto Lazio , anche a causa della sua origine geologica, presenta acque sotterranee e superficiali utilizzate per consumo umano con concentrazioni elevate di Arsenico, Fluoro e Vanadio che superano i limiti previsti dalle vigenti disposizioni di legge e gli obiettivi di qualità indicati per le acque ad uso potabile.
In epoca industriale la presenza dell’Arsenico nell’ambiente è stata notevolmente incrementata da attività antropiche in particolare attraverso la combustione del carbone e di altri combustibili di derivazione fossile.
Centrali elettriche alimentate a carbone, a gas, ad olio combustibile e a biomasse, fonderie, cementifici, traffico veicolare ed aereo, incenerimento dei rifiuti e l’uso di pesticidi e fitofarmaci in agricoltura, hanno contribuito e contribuiscono alla diffusione di questo elemento nell’aria, nei terreni e nelle acque.
La centrale riconvertita a carbone di Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia e quella ad olio combustibile di Montalto di Castro, contribuiscono con le loro emissioni all’aumento del quantitativo di Arsenico nell’aria e quindi per ricaduta anche nel territorio dell’Alto Lazio.
Inoltre gli sversamenti illegali di rifiuti tossici e la contaminazione di corpi idrici con percolato, proveniente da discariche non a norma o del tutto abusive, possono incrementare la presenza di Arsenico nei terreni e nelle falde acquifere.
Questa immissione e diffusione nell’ambiente dell’Arsenico altera gli ecosistemi e contamina la catena alimentare.
Gli esseri umani possono essere esposti all’Arsenico principalmente attraverso l’assunzione di acqua, dove esso è presente in forma inorganica: sia come Arsenico trivalente (As III) che Arsenico pentavalente (As V), ma anche tramite l’aria, le bevande, gli alimenti (principalmente con l’assunzione di pesce, molluschi, crostacei, carne, pollame, alghe e derivati, cereali e derivati, riso e derivati, verdure).
L’esposizione delle persone all’Arsenico può avvenire anche durante comuni attività come il lavarsi e il nuotare.
Gli effetti sulla salute derivanti dall’esposizione cronica all’Arsenico
L’Arsenico è classificato da decenni dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.) come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute; una consistente documentazione scientifica lo correla anche ai tumori del fegato e del colon.
Sempre l’assunzione cronica di questo elemento tossico e cancerogeno, è indicata anche quale responsabile di patologie cardiovascolari; neurologiche; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.
Le problematiche sanitarie e ambientali determinate dall’arsenico sono ben note e sono costante oggetto di studi e ricerche; sul sito on-line di una delle più importanti biblioteche mediche internazionali “PubMed” (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/ ), digitando “arsenic drinking water” sono presenti, al mese di novembre 2016 ben 2884 pubblicazioni scientifiche.
Gli effetti dell’Arsenico sull’epigenoma cellulare potrebbero spiegare i meccanismi di cancerogenicità di questo elemento e questi effetti avvalorano la tesi che anche dosi ridottissime di Arsenico ( al di sotto dei valori soglia attualmente raccomandati) possono esercitare effetti negativi sulla salute.
L’azione cancerogena e pro-cancerogena dell’Arsenico come di altri metalli è stata finora indagata essenzialmente in ambito tossicologico, privilegiando lo studio dei meccanismi genotossici (mutageni) diretti e indiretti (produzione di radicali liberi).
E’ importante sottolineare come la cancerogenesi da Arsenico e da metalli in genere rappresenti invece un esempio ideale per introdurre i nuovi modelli “epigenetici” di cancerogenesi, basati sull’esposizione continua a quantità minimali di agenti epi-genotossici, in grado di indurre in varie popolazioni cellulari uno stato di stress genomico persistente e, per questa via, una condizione di flogosi cronica, con progressiva attivazione di specifiche pathways cellulari, favorenti la trasformazione del tessuto in senso neoplastico.
L’ipotesi più accreditata è che l’Arsenico possa agire come promotore tumorale attraverso la produzione di ROS (Radicali liberi dell’Ossigeno) e l’attivazione e/o ipersecrezione di citochine pro-infiammatorie e fattori di crescita.
Tuttavia, l’Arsenico potrebbe esercitare la sua azione cancerogena anche attraverso meccanismi epigenetici, che determinano ipometilazione del DNA (la deplezione di gruppi metilici potrebbe essere dovuta al fatto che l’Arsenico deve essere continuamente metilato).
I possibili meccanismi di cancerogenicità comprendono: genotossicità diretta, stress ossidativo,
co-cancerogenesi, inibizione dei sistemi di riparazione del DNA, la promozione della proliferazione cellulare, ma anche alterazioni della trasduzione del segnale e alterata metilazione del DNA.
L’esposizione cronica all’Arsenico è indicata inoltre da numerosissimi studi scientifici anche quale responsabile di patologie cardiovascolari (in particolare della “malattia del piede nero -black foot disease-” per compromissione della vascolarizzazione periferica, infarto del miocardio, ictus, coronaropatie etc.); patologie neurologiche e neurocomportamentali; diabete di tipo 2; lesioni cutanee (iperpigmentazione ed ipopigmentazione, cheratosi, melanosi); disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.
E’ importante considerare che nel metabolismo dell’Arsenico e quindi nel rischio di malattia da esposizione all’Arsenico, gioca un ruolo importante anche la diversa suscettibilità individuale determinata dalla presenza di particolari polimorfismi che codificano enzimi coinvolti nel processo di metilazione dell’Arsenico.
Un aspetto emergente e sempre più studiato della tossicità dell’Arsenico è inoltre quello relativo alla sua azione quale Endocrine Disruptor (EDCs), termine corrispondente all’italiano interferente endocrino (IE).
Gli interferenti endocrini (IE) sono un gruppo eterogeneo di sostanze e miscele di sostanze che interferiscono sul normale funzionamento del sistema endocrino umano e su quello di molteplici organismi quali: pesci, foche, uccelli, rettili, anfibi, primati e persino invertebrati.
L’azione di interferenza endocrina può determinare un aumento o una riduzione della quantità di ormone prodotta e della sua attività metabolica e un’azione appunto d’interferenza tra l’ormone e il legame con i suoi recettori.
Gli interferenti endocrini dotati di potenzialità mimetiche e in grado di interagire con recettori di membrana e nucleari e, quindi, direttamente o indirettamente, con i (co)fattori di trascrizione, modificando l’espressione genica e, nel lungo termine, l’assetto (epi)genetico di cellule, tessuti, organismi, ecosistemi.
E’ stata dimostrata l’associazione significativa tra l’esposizione ad elevati valori di Arsenico inorganico e diabete di tipo 2; studi sperimentali hanno mostrato che l’Arsenico è in grado di inibire la produzione e secrezione dell’insulina e la tolleranza al glucosio, nonché di modificare l’attività del recettore nucleare per i glucocorticoidi.
Altri studi evidenziano come l’esposizione all’Arsenico durante la gravidanza (questo elemento attraversa la barriera placentare) può causare dei cambiamenti nell’espressione genica del feto che possono determinare la comparsa di gravi patologie, anche di tipo neurocognitivo, nel corso della vita e anche a decenni di distanza dall’esposizione materna.
E’inoltre estremamente importante considerare la possibile interazione e sinergia tra le diverse sostanze tossiche e cancerogene che oltre all’arsenico possono essere riscontrate nell’acqua.
Il Vanadio, il Selenio, il Fluoro, i metalli pesanti ed elementi radioattivi, i pesticidi, i fitofarmaci, le diossine, i sottoprodotti della disinfezione dell’acqua per clorazione, batteri, virus, parassiti, alghe e le microcistine prodotte da particolari tipi di alghe e cianobatteri (come nel caso del Plankthotrix rubescens,detto anche alga rossa, presente nel lago di Vico) etc.; tutti questi elementi possono determinare rischio e danno alla salute con molteplici meccanismi di interazione ed amplificazione diversi da quello della sola e semplice sommazione. E’ del tutto evidente quindi che il fondamento di una vera prevenzione primaria ha come presupposto necessario quello di evitare o ridurre al minimo possibile l’esposizione agli agenti causali di malattia e nel caso specifico all’arsenico.
Le leggi vigenti
Proprio al fine di ridurre l’esposizione all’Arsenico il Decreto Legislativo 31/2001, in recepimento della Direttiva europea 98/83, fissa il limite massimo del contenuto di questa sostanza in 10 microgrammi/litro, per le acque destinate ad uso potabile e per il loro utilizzo nelle preparazioni alimentari e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) raccomanda valori di arsenico il più possibile prossimi allo zero.
Il Decreto Legislativo 31/2001 per il caso specifico del parametro arsenico non è stato rispettato attraverso il ricorso all’Istituto della deroga, così per oltre un decennio, le popolazioni interessate da questa problematica ambientale e sanitaria, ed in particolare quelle del Lazio, e in modo ancora più particolare quelle dell’Alto Lazio, sono state molto spesso se non quasi del tutto lasciate all’oscuro circa i gravissimi rischi correlati all’assunzione di acqua ed alimenti contaminati da arsenico ed esposte a valori di arsenico fuorilegge, che hanno raggiunto in molti Comuni anche i 50 microgrammi/litro, ovvero cinque volte il limite di legge previsto, per questa sostanza tossica e cancerogena per la quale non esiste alcuna soglia di assoluta ed accettabile certezza per esposizioni croniche.
Eppure i periodi di deroga, come disposto dal succitato Decreto legislativo, avrebbero dovuto avere la durata più breve possibile e comunque non superiore ai tre anni durante i quali si sarebbero dovuti realizzare impianti capaci di ridurre ed eliminare l’arsenico dalle acque e così risolvere definitivamente ed efficacemente questo problema.
Nei periodi di deroga alle donne in gravidanza e ai bambini (per i noti effetti dell’arsenico anche sullo sviluppo cerebrale – incremento di disturbi neuro comportamentali e neoplasie-) si sarebbe dovuta assicurare acqua con il minor quantitativo possibile di arsenico, sempre e comunque al di sotto di 10 microgrammi/litro, meglio se a contenuto zero, e acqua con le stesse caratteristiche avrebbero dovuto utilizzare le industrie alimentari.
Gli studi nella Regione Lazio
Le popolazioni esposte, in particolare quelle dell’Alto Lazio, hanno subito, in questi anni, un grave danno in termini di rischio di malattia per patologie correlate all’esposizione cronica all’arsenico, come documentato anche da studi scientifici effettuati tra i cittadini resistenti nel viterbese:
- lo studio “Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio”, realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale della Regione Lazio, e presentato nell’aprile del 2012 ha documentato una situazione molto grave e preoccupante; a pagina 42 si legge infatti: ” In conclusione, l’indagine evidenzia eccessi di incidenza e mortalità nei Comuni con livelli stimati per il periodo 2005-2010 per patologie associabili ad esposizione ad arsenico (tumori del polmone e della vescica, ipertensione, patologie ischemiche, patologie respiratorie, diabete) ( http://www.deplazio.net/it/arsenico-nelle-acque );
- lostudio dell’ Istituto Superiore di Sanità ” Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio”, effettuato anche su soggetti volontari residenti nei comuni di Acquapendente, Canepina, Capranica, Caprarola, Carbognano, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Farnese, Lubriano, Marta, Montalto di Castro, Orte, Ronciglione, Tarquinia, Tessennano,Vetralla e Viterbo ha nelle considerazioni : “…Valori eccedenti i 15 μg/L per iAs ( arsenico inorganico) e metaboliti sono stati trovati nel 41% dei campioni, evidenziando esposizioni alimentari all’arsenico inorganico superiori alla media della popolazione generale…” (http://www.iss.it/prvn/?lang=1&id=279&tipo=4) ;
- i risultati dello studio Sepias -Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica realizzato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, finanziato dal programma CCM (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie) del Ministero della Salute, presentati il 9 maggio 2014. Questa ricerca ha coinvolto 282 persone residenti in aree del Monte Amiata, nei comuni viterbesi di Ronciglione e Civita Castellana e nelle città di Taranto e Gela. I partecipanti a questo studio sono stati sottoposti ad un biomonitoraggio con la ricerca nelle urine di diverse specie organiche e inorganiche di arsenico, con la misura di parametri di rischio cardiovascolare mediante ecodoppler carotideo e cardiaco e, nel sangue, con l’analisi di numerosi biomarcatori di suscettibilità genetica, di danno del DNA, segni di effetto precoce da esposizione ad arsenico.
Lo studio Sepias per l’area viterbese ha concluso:” I risultati dell’indagine indicano plausibili effetti sulla salute della popolazione residente nei comuni della provincia di Viterbo esposta a livelli di As>10 μg/L.” ed ha fornito indicazioni importanti per la definizione di sistemi di sorveglianza nelle aree studiate che includono interventi di prevenzione sulle fonti inquinanti conosciute e la valutazione della suscettibilità individuale all’arsenico (http://www.epiprev.it/pubblicazione/epidemiol-prev-2014-38-3-4-suppl-SEPIAS).
- il lavoro ” Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili : studio di coorte nella popolazione residente nella provincia di Viterbo, 1990-2010″ sempre a cura del Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio che riporta i risultati della seconda fase della ricerca ed utilizza un disegno di coorte, relativo a 17 Comuni della provincia di Viterbo. La coorte è rappresentata da 165.609 soggetti residenti in 8 Comuni esposti a livelli di arsenico nelle acque ad uso umano superiori a 20 microgrammi per litro (As>20 μg/L, livello medio As=36.4) e in Comuni con esposizione a valori di arsenico meno elevati (As<10 μg/L, valori medi As=8.7 μg/L). Lo studio ha valutato l’associazione tra esposizione cronica ad arsenico ed effetti sulla mortalità in un periodo di 20 anni (1990-2010) ed ha definito indicatori di esposizione individuale a questa sostanza tossica e cancerogena per valutare nelle popolazioni esposte possibili effetti sulla mortalità per tumori (polmone, vescica, prostata, fegato, rene) e per malattie croniche (cause cardiovascolari, respiratorie e diabete). Anche risultati dello studio evidenziano effetti significativi su diverse patologie ed un gradiente di rischio al crescere del livello e del tempo di esposizione e si inserisce nel dibattito scientifico relativo proprio alle esposizione medio-basse all’arsenico
( http://www.deplazio.net/it/arsenico-nelle-acque).
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Nota per la stampa a cura dell’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde di Viterbo