Oxfam: 750 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile

Oxfam: 750 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile

750 milioni di persone nel mondo vivono senza accesso all’acqua potabile e il quadro è in continuo peggioramento. L’allarme è stato lanciato dalla ong Oxfam - ANSA

750 milioni di persone nel mondo vivono senza accesso all’acqua potabile e il quadro è in continuo peggioramento. L’allarme è stato lanciato dalla ong Oxfam – ANSA da radiovaticana

07/12/2016 16:30

750 milioni di persone nel mondo vivono senza accesso all’acqua potabile e il quadro è in continuo peggioramento, a causa delle guerre ma anche per gli effetti di catastrofi naturali che, a causa dei cambiamenti climatici, si tanno moltiplicando. L’allarme è stato lanciato dalla ong Oxfam. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Una persona su otto nel mondo non ha accesso all’acqua potabile, due miliardi e mezzo sono prive di servizi igienico-sanitari a causa di guerre e catastrofi naturali. Sono dati gravi, già noti e confermati da Oxfam che, a Natale, lancia #Savinglives: donare acqua salva la vita, una campagna che punta ad aumentare la capacità di risposta della Ong nelle più gravi emergenze del momento. E la Siria è tra queste: dall’inizio dell’offensiva, la popolazione ha avuto un accesso intermittente all’acqua pulita attraverso la rete pubblica, potendo contare unicamente su rifornimenti da pozzi e camion, con il rischio di bere e usare acqua sporca e contaminata. Paolo Pezzati, policy advisor su emergenze umanitarie di Oxfam:

R. – Il rischio di bere acqua contaminata è altissimo, anche perché all’interno delle azioni aeree sono stati – più di una volta – danneggiati proprio gli impianti idrici, le infrastrutture idriche e quindi l’accesso è sempre stato intermittente. Noi, come Oxfam, avevamo realizzato a maggio un vero e proprio impianto idrico ad Aleppo Ovest, che è stato distrutto in un attacco aereo. Il nostro ultimo impegno – a metà novembre – è stato quello di riuscire ad istallare un generatore nella principale stazione idrica di Aleppo: e questo, secondo me, è un aiuto strategico, perché permette di garantire acqua pulita ai 2 milioni di abitanti della città.

D. – La Siria è uno dei fronti più drammatici di cui si sta parlando molto, accanto a questo va di pari passo ciò che si sta consumando in Iraq, soprattutto per la battaglia legata alla riconquista di Mosul. E anche in Iraq c’è un allarme fortissimo legato proprio all’accesso all’acqua pulita…

R. – Sì. Adesso la situazione si è particolarmente aggravata, ma in realtà in quel Paese la crisi c’è già da molti anni. Noi consideriamo un numero di circa tre milioni e mezzo di persone che hanno abbandonato le loro case e circa 10 milioni di persone che hanno bisogno di aiuto umanitario. Quindi, la situazione era già grave e ha visto negli ultimi mesi una preoccupante escalation.

D. – Accanto a questo ci sono tutte le vittime dei conflitti che si definiscono dimenticati. Fate tre esempi: lo Yemen, il Sud Sudan e i Paesi dell’Africa Occidentale…

R. – In Yemen ci sono 21 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria e di questi 14 milioni hanno urgente bisogno di cibo ed acqua. Quindi, è una delle più gravi crisi umanitarie al mondo, in questo momento. Questa situazione di conflitto sta generando anche una difficoltà nel rifornimento di materie prime e anche di carburanti, con una conseguente impennata dei prezzi che va ad inficiare la possibilità per le persone di poter anche alimentare generatori per la corrente e per le pompe di acqua. E’ tutta una spirale negativa che si sta aggravando di giorno in giorno. Inoltre, i bombardamenti hanno anche spesso danneggiato le infrastrutture idriche, minando così l’accesso all’acqua delle persone. Il nostro impegno viene svolto quotidianamente in condizioni veramente molto, molto difficili dai nostri colleghi in Yemen, così come – appunto – in Siria, in Iraq e nei Paesi del bacino del Lago Ciad. La situazione più difficile è nel nord-est della Nigeria, però questa situazione tocca anche gli altri Paesi: il Ciad, il Niger, il Camerun. Il Ciad è una situazione ibrida, nel senso che vede un concorso di cause. Gli effetti del cambiamento climatico, la progressiva riduzione delle dimensioni del Lago Ciad e le stagioni di siccità hanno causato una forte limitazione dell’accesso all’acqua e anche alle colture, una situazione di estrema povertà e di malnutrizione, che è aggravata anche dallo stato di conflitto che in quella zona è presente. Questo ha fatto sì che in quella regione, questi quattro Paesi intorno al Lago Ciad, che conta circa 21 milioni di persone, più di 9 milioni hanno bisogno immediato di assistenza umanitaria e più di 6 milioni soffrono di una acuta insicurezza alimentare.

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