Trump? – scritto da Il Proff.

 

Lunedi 26 Ottobre 2016. Donald J. Trump ed Hillary R. Clinton si confrontano per la prima volta in un dibattito televisivo. Era da i tempi di Carter, president, verso Reagan, lo sfidante, 1980, che gli americani seguissero con tanta attenzione i dibattiti politici. Allora il record, mai più avvicinato, fu di ottanta milioni di spettatori. Il dibattito di Hillary e Donald forse ha superato i cento milioni.

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Già nelle primarie Trump aveva mostrato la capacità di attrarre telespettatori in numeri da record. Il primo dibattito repubblicano ha avuto oltre ventiquattro milioni di telespettatori sulla Fox, una televisione via cavo. Numeri da capogiro. Solo i grandi eventi sportivi hanno fatto di meglio nella storia delle televisioni a pagamento.  Ed è tutto  merito suo. Di certo non la “noiosa” e prevedibile Hillary afflitta dalla nomina, probabilmente meritata, di dire qualsiasi cosa pur di essere eletta. Ed è quasi sempre quello che gli elettori si vogliono sentir dire, come affermano i suoi oppositori. Di certo hanno frecce al loro arco visti i suoi  cambiamenti di posizione negli anni dopo il cambio di tendenza nei sondaggi di opinioni pubblica.

E’ quindi Trump la novità luccicante, come lo definisce Putin,  che galvanizza gli americani. Solo otto anni dopo l’elezione di Barack Obama,  gli Stati Uniti, che dovevano iniziare un nuovo capitolo post-razzismo della propria storia, si scoprono accattivati dal corteggiamento di un “bullo” razzista e presuntuoso, almeno nella sua versione politica. Chi lo conosce di persona parla di tutt’altro ma l’imagine politica è chiarissima. Ogni aggettivo che i critici di Trump usano è documentabile con affermazioni dello stesso, sentenze giudiziarie, o testimonianze dirette.

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Il paragone con la recente storia italiana è troppo facile da poter evitare: Berlusconi. Forse non era razzista ma come Trump aveva una serie di posizioni debitorie problematica, molti affari basati su immagine e marketing ma a rischio, e dichiarava che il proprio acume commerciale avrebbe fatto la differenza. Berlusconi è comunque figlio di una cultura millenaria e nella maggior parte dei casi riusciva a dare senso alle propri frasi o posizioni. Trump non si cura neanche di ciò. Spesso le sue frasi non hanno un chiaro soggetto e di sicuro non si sa dove vadano a parare. Commentatori del suo partito lo definisco a volte incoerente in particolare sulle posizioni di politica estera e sull’atteggiamento verso gli armamenti nucleari.

Ma gli americani lo seguono, accendono la televisione accativati dalle sue farmeticazioni e stanno in fila per ore in Iowa per vederlo anche se la temperatura scende sotto zero.

Chi è la persona pubblica nota come “Trump”?

Lo zoccolo duro dei repubblicani, l’America che si definisce pura, quella che e’ pronta ad andare in guerra, quella contro l’immigrazione, questa è l’America che vuole Trump. Più precisamente quella scottata dall’elezione di Obama. Ancora di più dalla sua ri-elezione. Fino a che gli immigrati lavorano ai distributori di benzina, o come giardinieri, o lavapiatti, donne di servizio etc, gli americani non sono razzisti.

Sono anche pronti a dare borse di studio o aiuti economici ai meritevoli provenienti da altri paesi o figli di immigranti illegali. Questo fa parte del loro ruolo di superpotenza mondiale. Accettano di essere benevolenti se “gli altri” stanno in condizioni disagiate o provengono da queste senza staccarsene del tutto.  Fintanto che esiste distanza tra “noi” e “loro” i benpensanti americani sono magnanimi. Ma quando il presidente è nero, quando la distanza si azzera, tutti i buoni pensieri se ne vanno dalla finestra e per il quaranta percento degli americani, Obama presidente è stato troppo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Nell’America del dopo anni sessanta, gli anni delle lotte sui diritti civili, si era instaurato il “politically correct”, politicamente corretto, come la giusta maniera per parlare di argomenti delicati. Di conseguenza i neri americani divennero nei decenni “African American”, americano africano, e la parola “negro” è lecita solo se usata dagli stessi perché carica di connotazioni negative. Uno dei punti di forza dei comizi di Trump è il rifiutare  il “politically correct”. Altro punto di forza la costruzione di un muro lungo il confine col Messico. Ma più di tutti, dal punto di vista di Trump, il male incurabile della più grande economia globale sono gli accordi economici con le altre nazioni: Cina prima di tutto ma ne ha per tutti, Messico, India, Vietnam etc. Il suo slogan vincente “Make America Great” ovviamente significa rimettere le altre nazioni “al proprio posto”. In maniera più sottile, significa anche tornare ad un America dove i bianchi hanno tutte le leve del comando ed ognuno sta al proprio posto. Forse in ciò, nel messaggio di fondo, il parallelo con Berlusconi non è lecito ma nelle motivazioni che lo spingono in politica ci sono pochi dubbi. Non a caso Trump è il primo candidato alla casa bianca degli ultimi quarant’anni, a rifiutarsi di pubblicare le proprie dichiarazioni delle tasse. Ne esiste una sola resa pubblica di qualche anno fa ed in quella Trump non pagava un dollaro di tasse. Essendo le tasse americane una percentuale del profitto, questo significa che non aveva guadagnato un dollaro nell’anno precedente. Questo è in totale contraddizione con l’affermazione che il suo acume commerciale farà la differenza.

E’ molto probabile che questo lo sanno tutti o quasi. Così come tutti o quasi gli americani hanno visto Trump nel proprio show televisivo, The Apprentice, comportarsi precisamente come fa in campagna elettorale.

Cosa lo ha elevato alla posizione attuale? E’ stato il paladino del cosidetto “birtherism”.  Il movimento di opinione pubblica convinto che il presidente Obama non fosse nato negli Stati Uniti. In realtà la parola “convinto” dovrebbe essere rimpiazzata da “speranzoso”.

Il fatto che un nero fosse presidente sarebbe molto più facile da digerire se questo fosse un usurpatore od impostore. Trump ha fatto di tutto per spingere il birtherism, anche e sopratutto dopo che Obama aveva pubblicato il certificato di nascita. Trump sapeva benissimo essere un falso problema. Ma ha continuato per vedere fino a che punto la gente fosse disposta ad ascoltarlo. La sua discesa in campo, per usare un’espressione cara al nostro Berlusconi, si è concentrata sugli “altri”, gli immigrati, i cinesi, etc. Oggi è diventato paladino dei razzisti e porta la bandiera dei reazionari. Un buon quaranta per cento degli americani sono con lui.

Ecco cosa e` Trump, l’espressione vivente di quella fetta di Stati Uniti che non vuole scrivere il capitolo post-razzismo. Cosa ha visto quella porzione di America nel dibattito televisivo: precisamente il loro paladino, colui che li deve rimettere al centro del mondo. Poco importa se le sue frasi a volte non hanno senso compiuto o le sue posizioni solo incoerenti. Poco importa se è stato democratico in passato o ha cambiato la posizione su aborto o altri dogmi  cari ai conservatori. Per questi americani le parole non hanno valore, i sottotitoli sono chiarissimi: rimettere le cose a posto nella struttura sociale.

I sondaggi non cambieranno dopo il dibattito più seguito della storia. Le moderate republicane con una laurea aspetteranno ancora per schierarsi con una o l’altro. Da loro dipende l’esito del voto e per adesso vogliono ancora sapere se scegliere il razzismo o il pragmatismo di Hillary.

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Forse i prossimi dibattiti o qualche evento negli ultimi quaranta giorni fara` loro decidere.

Il Proff.

 

 

 

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