Stragi nazifasciste, altre vittime escono dall’“Armadio della vergogna”

da espresso

Una pubblicazione edita da un comune del Viterbese riporta alla luce alcune atrocità commesse durante l’occupazione. E adesso l’intenzione è di ricostruire tutti i crimini avvenuti nella Tuscia. Grazie all’archivio scoperto dal giornalista dell’Espresso Franco Giustolisi

DI PAOLO FANTAUZZI

Stragi nazifasciste, altre vittime escono dall'“Armadio della vergogna”
La traslazione delle salme delle vittime della strage nazista di Sant’Anna di Stazzema

Sevizie, occhi e unghie strappati, sepolture a testa in giù per far affiorare i piedi fuori dal terreno e mettere in guardia i passanti, bombe a mano lanciate nei rifugi antiaerei, uccisioni a sangue freddo a colpi di pugnale. Non conosceva limiti, il campionario di atrocità perpetrate dai soldati tedeschi nei confronti della popolazione civile durante l’occupazione. E l’area del Viterbese non ha fatto eccezione, nei tormentati mesi che vanno dall’estate 1943 alla liberazione angloamericana del giugno successivo, essendo una zona strategica a ridosso di quel Monte Soratte dove il feldmaresciallo Albert Kesselring stabilì il suo quartier generale dopo lo sbarco degli Alleati a Salerno.

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Barbarie compiute il più delle volte soltanto per “brutale malvagità”, come riportano le relazioni stilate all’epoca dai carabinieri alla voce “causa sintetica del fatto”. E proprio “Per brutale malvagità” è il titolo del libello, pubblicato dal comune di Canepina, con cui il giornalistaBeniamino Mechelli ha ricostruito alcuni di questi efferati omicidi.

Un altro tassello di memoria portato alla luce grazie all’“Armadio della vergogna” , l’archivio sui crimini nazifascisti in Italia scoperto nel 1994 in uno scantinato della Procura militare dal giornalista dell’“Espresso”Franco Giustolisi .

Fra i 695 fascicoli, occultati per mezzo secolo per non guastare i rapporti diplomatici con la Germania ovest, c’è infatti il 195/B/96 che contiene le notizie di reato riguardanti il Viterbese durante l’occupazione tedesca. Non proprio poca cosa: una trentina di comuni della provincia (grosso modo la metà) contarono almeno un civile ucciso e nel complesso le vittime furono una settantina.

Ma nessuno ha mai pagato: nell’impossibilità di risalire ai responsabili, tutti i casi sono stati archiviati. Fatti di sangue noti solo in minima parte, almeno per ora: l’intenzione, tramite un progetto che coinvolga l’università della Tuscia, è di ricostruire e approfondire paese per paese tutti i crimini avvenuti.

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Restituendo la doverosa memoria a quelle vicende “minori” e dimenticate quasi del tutto, malgrado la loro efferatezza. Come l’assassinio a Civitella d’Agliano di Amelio Del Medico e di suo padre Anatolio, rispettivamente di 20 e 51 anni. A loro, scrivevano i carabinieri della compagnia di Montefiascone nel loro rapporto al comando regionale, “furono strappati gli occhi e le unghie dei piedi, quindi addossati a un muro vennero uccisi con una raffica di mitragliatrice. Vennero poi sotterrati con la testa in basso e i piedi affioranti dal terreno”: oltraggio finale e al tempo stesso monito per i passanti.

Oppure, a Canepina, gli omicidi di Mariano Paparozzi eGiove Benedetti, avvenuti a poche ore dalla liberazione e probabilmente ammazzati da due soldati della Wehrmacht allo sbando durante la ritirata: uno a colpi di pugnale, per essersi trovato nei paraggi di una grotta in cui era stato appena ritrovato un milite tedesco morto; l’altro da una raffica di mitragliatrice dopo essere andato a medicare una ragazza rimasta ferita da un bombardamento angloamericano.

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Nazifascismo, quelle le stragi impunite per preservare le relazioni italo-tedesche

In uno studio di prossima pubblicazione la studiosa Isabella Insolvibile mostra come molti eccidi In Italia e all’estero, rivelati dal giornalista dell’Espresso Franco Giustolisi, non siano stati oggetto di alcuna indagine. I casi furono archiviati per non danneggiare le relazioni italo-tedesche. E aspettano ancora giustizia

C’è poi la strage di Blera, che costò la vita a sei civili e un carabiniere: tutti uccisi con raffiche di mitra e bombe a mano nel rifugio antiaereo in cui si erano nascosti per sfuggire a un rastrellamento. Fino al vergognoso eccidio di Sutri, compiuto nel novembre ’43 dalle SS, che fucilarono 17 avieri sardi in una cava. Motivo: volevano imbarcarsi a Civitavecchia per tornare a casa dopo l’armistizio e rifiutavano di arruolarsi nella Repubblica sociale, lo stato­fantoccio costituito daBenito Mussolini sotto tutela germanica. Il più giovane aveva 19 anni, il più “anziano” 26.

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