I funerali di Valeria Solesin, la lezione dei genitori: cosa vuol dire essere laici

Una cerimonia laica, ma in cui hanno parlato i rappresentanti di tutti i credo di questo Paese. Mostrando, nel momento del dolore, cosa vuol dire laicità: continuare a proteggere le idee degli altri. Senza cedere a un “fanatismo che vorrebbe nobilitare il massacro con dei valori”

DI LARA CRINÒ

I funerali di Valeria Solesin, la lezione dei genitori: cosa vuol dire essere laici

Piazza San Marco era piena di sole, ventosa, bellissima. E invasa dalla gente comune, dai veneziani e dalle autorità per i funerali di Valeria Solesin, vittima italiana della strage al teatro Bataclan del 13 novembre. E’ stata una cerimonia di Stato, una cerimonia laica. Così l’hanno voluta i suoi genitori, per educazione familiare ma non solo. Hanno fatto sapere che la scelta è stata motivata dal desiderio di avere, in quella piazza, persone di tutte le religioni.

“La nostra dignità è dovuta e dedicata a tutte le Valerie che lavorano, studiano, soffrono e non si arrendono”. Lo ha detto Alberto Solesin, padre di Valeria, durante i funerali laici e di Stato della ragazza uccisa al Bataclan. “Ripensando a Valeria non voglio isolare la sua immagine dal contesto in cui lei viveva a Parigi. L’università, l’Istituto nazionale di studi demografici, i bistrot, le birrerie dove amavano incontrarsi tante ragazze e ragazzi come Valeria. Gioiosi, operosamente rivolti a un futuro che tutti, mi pare, assieme a lei vogliono migliore”

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Chiamare sul palco le voci dei diversi credo di questo Paese è stato un gesto di grande dignità ma soprattutto un gesto intelligente e lungimirante, fatto dallo stesso uomo che durante le esequie ha detto “Ringrazio i rappresentanti delle religioni, cristiana, ebraica e musulmana presenti in questa piazza e simbolo del cammino degli uomini, nel momento in cui il fanatismo vorrebbe nobilitare il massacro con il richiamo ai valori di una religione”, mostrando, invece, da che parte stiano i valori senza dichiarazioni altisonanti.

Gli amici di Valeria, chiamati a raccontarla, hanno descritto una ragazza sincera, persino ruvida, determinata e piena di passione civile. Una ragazza cresciuta “tra i campi e le vie di Venezia, che ci hanno permesso di non perderci di vista”. Un luogo in cui ci si incontra, si parla, ci si confronta.

Bandiere a mezz’asta e piazza blindata per i funerali di Valeria Solesin, la ragazza deceduta negli attentati di Parigi. Un bar della piazza ha appeso un tricolore listato a lutto e uno striscione in ricordo di Valeria Video di Elena Peracchi e Tiziano Scolari

A Venezia, capitale ante litteram dell’est e dell’Ovest, città di mare tollerante e piena di gente di tutto il mondo, hanno vissuto per secoli cristiani ed ebrei. Venezia, porta d’Oriente, è stata l’avamposto dell’Occidente verso l’impero Ottomano e tutto il Mediterraneo. Qualcosa di quella eredità di apertura e cultura è rimasto nel dna di questa famiglia di veneziani. Che ora indica una strada a questo Paese. Che non è espellere le religioni e le diversità dal nostro orizzonte, pena smettere di comprendere tutta quella parte di mondo – intorno a noi, con noi – che crede in un Dio.

Restare laici è anche sapere proteggere il credo degli altri senza snaturarsi. Restare laici è essere come la famiglia di Valeria in questa piazza: in piedi, nonostante il dolore, lucidi e intelligenti. Non più deboli, ma più forti di chi invoca scorciatorie identitarie. Qui, oggi, si è vista l’Italia migliore. E non è retorica.
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VALERIA SOLESIN TERRORISMO PARIGI SOTTO ATTACCO
© Riproduzione riservata 24 novembre 2015

 

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