Immigrazione: Ue in cerca di soluzioni e regole comuni

 Immigrazione

La rubrica Una Finestra sull’Europa, che EurActiv pubblica mensilmente in collaborazione con l’Università di Roma La Sapienza, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, e l’Università di Perugia, Dipartimento di Scienze Politiche, e in contemporanea con Metro, è dedicata questo mese al tema dell’immigrazione.

Schengen, l’Ue con il fiato sospeso

Il Parlamento europeo ha da poco compiuto un passo importante, votando a favore della proposta della Commissione di trasferire più di 120 mila rifugiati fuori dai Paesi maggiormente colpiti dalla crisi migratoria, Italia, Grecia, Ungheria. Un segnale forte, che ha evidenziato tanto l’attuale impegno dell’autorità europee quanto l’entità del problema, in grado di mettere in dubbio uno degli avanzamenti più concreti dell’Unione europea, lo spazio Schengen.

La prima soppressione effettiva dei controlli alle frontiere è arrivata nel 1996, determinando un’area di libera circolazione in cui i cittadini dell’Unione europea e quelli di paesi terzi possono spostarsi liberamente, con le dovute eccezioni. Conformemente al trattato sottoscritto da 26 Paesi, l’appartenenza a Schengen implica una cooperazione di polizia tra tutti i membri per combattere lacriminalità organizzata o il terrorismo, attraverso una condivisione dei dati (per esempio con il sistema d’informazione condiviso Schengen, o Sis). Inoltre i membri dello spazio Schengen hanno il diritto di decidere di ristabilire controlli eccezionali e temporanei, purché giustificati da una “minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna”.

La decisione della cancelliera Angela Merkel di reintrodurre temporaneamente i controlli alle frontiere (annunciata da un tweet del presidente Juncker) è risultata essere dunque conforme alle regole specificate nel trattato, come notificato dalla stessa Commissione europea, così come per i provvedimenti speciali che hanno interessato Austria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Danimarca e Francia. Situazione eccezionale dunque, che non implica al momento la chiusura delle frontiere. D’altronde non siamo di fronte al primo caso storico: tra tutti, la decisione dell’Italia di sospendere Schengen nel 2001, in occasione del G8 di Genova.

Quello che non può passare inosservato è sicuramente appurare che la temporanea sospensione dei controlli alle frontiere è stata per la prima volta, a partire dalla Germania, una misura protettiva a fronte di una crescente pressione migratoria. Anche se giuridicamente accettata, l’Unione europea continua a non considerare la sospensione di Schengen come l’unica e possibile soluzione. Da quanto emerge dai comunicati stampa della Commissione degli scorsi 9 e 14 settembre, l’Europa persegue l’obiettivo di preservare il trattato. Le parole chiave sembrano essere “sforzo” disolidarietà e gestione efficace, al fine di ripristinare una politica migratoria con chiari cenni di cedimento.

Sara Corrieri

Agenda della migrazione della Commissione europea

Il Presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker nel suo “Discorso sullo Stato dell’Unione” al Parlamento europeo dello scorso 9 settembre, ha, finalmente, mostrato un volto dell’Europa diverso, nuovo e antico insieme: il volto di un’Europa solidale, di Stati che coesi accolgono i rifugiati con senso di umanità e reciproca solidarietà.

Tra le principali questioni affrontate dal presidente: il problema dei migranti. Nel rispetto della strategia voluta dall’Unione, di un’azione radicale per la risoluzione dell’emergenza, Juncker ha invitato i Paesi e le istituzioni Ue ad un’azione risoluta, audace, concentrata e congiunta.

Ha invitato gli Stati membri ad adottare il “piano di ricollocamento” dei 160 mila profughi al prossimo Consiglio dei Ministri dell’Interno e proposto l’adozione di un meccanismo di redistribuzione permanente per affrontare e risolvere simili emergenze qualora si ripropongano.

Nei nuovi numeri forniti da Juncker di 160 mila rifugiati, cifra che finalmente tiene conto delle reali dimensioni del problema, viene ad essere superata una delle principali criticità dell’Agenda europea dell’immigrazione, in cui si parlava di una ridistribuzione “una tantum” di 40 mila persone, cifra ampiamente insufficiente per risolvere in modo significativo l’emergenza.

Agenda europea dell’immigrazione che, ricordiamo, rispecchiando i valori comuni europei, norme comune e condivise in materia di asilo, coniugando politica interna e politica estera, è nata per affrontare la questione migrazione in modo risolutivo nei suoi diversi aspetti, servendosi di tutti gli strumenti a disposizione, coinvolgendo i diversi soggetti interessati: istituzioni Ue, organizzazioni internazionali, Stati membri, società civile e Paesi terzi e pianificando, anche in senso temporale, le diverse iniziative da mettere in atto nel medio e lungo periodo.

Come anche la previsione di quote permanenti e non una tantum, a cui il presidente ha fatto riferimento, rappresenta un meccanismo di redistribuzione tra i Paesi Ue senza dubbio più equo. La perdita di vite umane non può in nessun caso lasciare insensibili e testimonia una sofferenza umana inaccettabile, i cittadini si aspettano che gli Stati membri agiscano nel senso di impedire il ripetersi di tragedie di questo tipo.

La Ue se ne è resa conto, nella consapevolezza che abbiamo una comune responsabilità, per creare una politica migratoria efficace e le soluzioni messe in campo, questa volta, sembrano rappresentare un punto di svolta per la risoluzione di una tragedia al cui ripetersi assistiamo sempre più spesso, sentendoci impotenti, dando risposta alle aspettative dei cittadini.

Annamarzia Del Porto

Carta di Roma: a che punto siamo?

La migrazione è uno dei temi più caldi di tutto il panorama mediale. Si tratta di un argomento tanto complesso quanto delicato, che va trattato con la massima attenzione. Soprattutto in un giornalismo dove inesattezze, generalizzazioni e luoghi comuni trovano spesso terreno fertile. In questo senso laCarta di Roma, protocollo deontologico che concerne richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, è uno bussola da seguire costantemente nel percorso verso un’informazione adeguata, corretta e aderente alla realtà.

“Dal momento della stesura della Carta l’impressione è che siano stati fatti dei passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda l’uso di una terminologia corretta e la qualità delle notizie offerte – spiega Marco Bruno, sociologo della politica dell’Università La Sapienza e co-delegato della Rete delle Università nell’Osservatorio Carta di Roma – rimane invece eccessiva la politicizzazione e la conseguente polarizzazione del discorso pubblico quando si affronta il tema, come dimostra l’aumento dei casi di cosiddetto “hate speech”: messaggi razzisti, discriminatori e incitanti all’odio che tendono a essere erroneamente tollerati sotto l’egida della libertà d’opinione”.

“Ci sono segnali positivi, ma per cambiare l’etica serve tempo – gli fa eco Marinella Belluati, sociologa della comunicazione dell’Università di Torino nonché co-delegata dell’Osservatorio – da parte nostra, come Associazione Carta di Roma, c’impegniamo in tal senso con i corsi di formazione ai giornalisti e con un’intensa attività di ‘fact checking’. Nel mondo di oggi, infatti, verificare le fonti è un’attività fondamentale”.

Lo è soprattutto quando si tratta di combattere i luoghi comuni, che sul tema della migrazione sono numerosi e ben radicati: “I sondaggi sulla percezione del fenomeno nel nostro paese confermano che certi luoghi comuni, debitamente politicizzati e strumentalizzati, hanno un peso notevole – racconta Anna Meli, coordinatrice delle attività dell’Associazione Carta di Roma – basti pensare che l’Italia è risultato essere il paese più ignorante sul tema secondo l’indice Ipsos-Mori. Alla domanda sulla percentuale d’immigrati, la media delle risposte è del 30% contro il 7% reale, mentre a quella sulla percentuale di musulmani ci si aggira intorno al 20% contro il 4% reale”.

In merito alla gestione dei flussi migratori, l’Unione è tornata a far sentire la sua voce, varando l’agenda della Commissione europea sulla migrazione: “Finalmente si cerca di andare al di là del problema contingente – spiega ancora Anna Meli – anche se la soluzione migliore sarebbe quella d’intervenire a monte del problema. I trafficanti sono solo la parte terminale del processo – prosegue – è giusto combatterli, ma forse sarebbe più efficace stringere accordi politici e di cooperazione internazionale con i paesi di provenienza dei migranti”.

Giovanni Maria Bellu vede il bicchiere mezzo pieno: “Ragioniamo in prospettiva: solo pochi mesi fa ci fu gran dibattito, che registrò atteggiamenti di resistenza e chiusura, per sistemare 40 mila persone – spiega il presidente dell’Associazione Carta di Roma – adesso ne sono state pacificamente accolte 120 mila. Direi che si tratta di un segnale positivo, com’è positivo che si parli apertamente di riforma del regolamento di Dublino”.

L’altra faccia della medaglia è rappresentata dal ripristino temporaneo dei controlli transfrontalierinell’area Schengen: “Questa possibilità è legalmente prevista, è necessario trovare un criterio comune per definire cosa s’intenda per ‘eccezionalità’ – afferma -, al momento, infatti, l’applicazione di questa norma è soggettiva. L’obiettivo è arrivare a regole uniformi, anche sulle discorso delle quote obbligatorie e dei parametri usati per stabilirle, affinché i paesi europei viaggino uniti nella stessa direzione”.

Un percorso condiviso che però presenta alcuni ostacoli. Per esempio, la nuova legge sull’immigrazione del governo ungherese: “Personalmente trovo inaccettabile che un paese dell’Unione possa impegnarsi in una gestione dell’immigrazione così diversa rispetto agli standard europei ormai acquisiti – afferma Anna Meli – così facendo l’Ungheria non viola solo i principi dell’Ue, ma anche le convenzioni internazionali sui richiedenti asilo”.

Alessandro Benigni

Author: //www.flickr.com/photos/10816734@N03/“>World Bank Photo Collection

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