da Avantionline.it Pubblicato il 18-08-2015
Allora riprendiamola noi questa catena di conquiste e di scelte, e ripassiamola insieme. Parlo della tradizione del socialismo democratico e riformista, perché di socialismi ce ne sono stati tanti, e molti, soprattutto quelli rivoluzionari, alcuni sfociati nel comunismo e altri nel fascismo, sono miseramente falliti. Siamo figli di Filippo Turati che fondò il partito assieme ad Anna Kuliscioff, combattendo l’intellettualismo del rinvio di Antonio Labriola, poi l’anarchismo e l’operaismo, infine il sindacalismo rivoluzionario, quel socialismo che osteggiò la guerra, proponendo un neutralismo attivo, ma poi, dopo Caporetto, invitò a combattere per difendere il suolo patrio. Il riformismo che accettò di collaborare coi governi liberali per strappare conquiste di libertà e di giustizia. Che si insediò nel sindacato, che formò case del popolo, cooperative, scuole, università popolari. Il socialismo che diviene, cito Turati, che non è lo scatto di un’ora o di un giorno, ma l’evoluzione pacifica e continua delle teste e delle cose.
Quel socialismo nel 1921 volle la collaborazione coi popolari per salvare l’Italia in preda alla guerra civile e all’esaltazione fascista, contro i rivoluzionari e i comunisti che consideravano capitalismo e fascismo la stessa cosa. Quel socialismo lottò contro la dittatura, senza credere al mito della rivoluzione sovietica e al sopruso della dittatura del proletariato. Noi siamo quelli che sono stati espulsi dal Psi massimalista su ordine di Mosca a poche settimane dalla marcia su Roma. Siamo quelli che con Nenni si opposero alla liquidazione del Psi voluta da Lenin e accettata da Serrati e che, riunificandosi in Francia nel 1930, generarono un unico partito socialista, comprendente Nenni, Saragat e Turati.
Siamo anche quelli che nel 1938 condannarono i processi stalinisti di Mosca, i processi delle streghe, come li definì Pietro Nenni, e che nel 1939 presero le distanze dal patto sovietico-nazista che i comunisti italiani accettarono ed esaltarono. Siamo quelli che combatterono il fascismo con le brigate Matteotti e con tutte le forze disponibili. Ma che non trucidarono mai nessuno durante la Resistenza e soprattuto dopo. Siamo ancora quelli, con Nenni, all’avanguardia della battaglia per la Repubblica, mentre i comunisti con Togliatti avevano accettato la monarchia. E siamo ancora quelli che non votarono l’articolo sette della Costituzione che includeva i patti lateranensi al contrario del Pci che lo votò.
Siamo politicamente più con Saragat che si oppose al filo comunismo e al fronte popolare del 1948, che scelse il campo occidentale ed europeo, che si schierò con l’Internazionale socialista che non con Nenni, Basso e Morandi chi invece si schierarono coi comunisti. Ma siamo ancora con Nenni che nel 1956 si schierò cogli insorti di Budapest e non coi carri armati, come invece fecero il Pci e L’Unità. Siamo con Nenni e Saragat che vollero unificarsi per creare una grande forza socialista italiana, e che col centro-sinistra regalarono all’Italia una grande stagione di riforme. Siamo ancora con Craxi che volle il Psi ben piantato nell’eurosocialismo dopo anni di incertezze e di contraddizioni, nel riformismo, nella più completa autonomia politica, che anticipò nel 1979 il tema della grande riforma, che assunse la bussola del socialismo liberale, siamo con Martelli e i suoi referendum e i suoi “meriti e bisogni”, con quel governo a presidenza socialista che ci regalò la lotta vinta all’inflazione anche grazie al decreto di San Valentino osteggiato da Berlinguer e combattuto con un referendum perso, che sfidò i sovietici coi missili a Comiso e gli americani con Sigonella. Siamo quelli che prospettano al Pci l’unità socialista dopo la fine del comunismo, anche se forse esitammo troppo e non fummo lucidi nel comprendere l’imminente fine del sistema politico italiano.
Tutto questo nessuno lo può cancellare. E se oggi questa luminosa tradizione politica, la più luminosa di quella dei partiti italiani, non ha eredi è anche perché una falsa rivoluzione giudiziaria ha palesemente ribaltato le sentenze dei tribunali della storia. Noi continuiamo a esistere anche e soprattuto per questa grave carenza, per questa insolente dimenticanza, per questa colpevole manipolazione del passato in funzione dell’opportunità politica. Dunque per amore di verità.