IL LAGO DI VICO: LA RICERCA E LA COMUNITÀ LOCALE PER LA SUA SALVAGUARDIA

Giuseppe Nascetti, Università della Tuscia

Giuseppe Nascetti, Università della Tuscia

Il Prof Giuseppe Nascetti ha illustrato un ventennio di studi sugli sullo stato di salute del Lago di Vico. Lo ha fatto alla Fondazione Carivit durante un seminario alla presenza del Presidente della Fondazione, Dr. Mario Brutti, del Magnifico Rettore dell’Università della Tuscia, Prof. Alessandro Ruggieri, degli amministratori dei comuni di Caprarola e Ronciglione, dei rappresentanti di ENEA e ISPRA, ed numerosi esperti, oltre un folto pubblico.

Le analisi hanno preso in esame diversi fattori: la presenza di ossigeno, di azoto, di fosforo, la trasparenza , la temperatura a diversi livelli di profondità e in differenti periodi dell’anno.

Gli studi hanno mostrato, prendendo in esame anche gli studi precedentemente effettuati (dagli anni ’70) dal CNR e dalla Sapienza, come i parametri presi in considerazione, si siano alterati in questi quarant’anni, determinando un progressivo ma costante calo dell’ossigeno, soprattutto nei livelli più profondi del lago, corrispondente ad un altrettanto costante aumento di nitrati e fosforo, che modificando il quantitativo dei nutrienti presenti nelle acque, generano una proliferazione di alghe e diminuendo così anche il grado di trasparenza.

Il culmine di questo peggioramento dello stato di salute del Lago di Vico si è avuto ‘negli anni neri 2009 e 2010’(Nascetti), quando il Lago si è colorato di rosso a causa della fioritura dell’alga rossa Planktothrix rubescens.

Proprio nell’inverno 2009 si sono verificate le condizioni ottimali per la riproduzione dell’alga rossa: bassa temperatura, scarsa presenza di ossigeno, elevato rapporto azoto/fosforo.

La natura ha seguito il suo percorso, ma la ‘splendida’ fioritura rossa, in realtà era la peggiore delle previsioni che la scienza, purtroppo inascoltata, avesse già annunciato! In effetti ciò che emerge chiaramente, guardando lo schema qui sotto, è come gli studi effettuati dal gruppo del Prof Nascetti, coadiuvato dal Dott. Fabrizio Scialanca, avessero già indicato la criticità all’inizio degli anni 2000 dello stato di salute del Lago. Altri segnali erano evidenti, soprattutto per i pescatori locali: il coregone non si poteva pescare oltre i 15 m, e a volta i pesci affioravano morti sulla superficie, oltre il cattivo odore di ammoniaca o zolfo, emanato dalle acque profonde del lago.

Non possiamo negare che l’unico responsabile sia l’uomo e le sua attività sconsiderate e sempre poco accorte nei confronti della natura. Ma gli studi stanno dimostrando che l’uomo danneggia, ma sa anche modificare le sue azioni per salvare una Natura stremata e incapace ormai di ristabilire il proprio equilibrio. Infatti grazie allo sforzo congiunto degli amministratori locali, dei cittadini e degli operatori economici il Lago mostra segni di ripresa. Negli ultimi anni sono state adottate alcune misure : l’utilizzo di fertilizzanti a lento rilascio, la realizzazione di vasche di lagunaggio, la piantumazione di specie arboree che drenano e filtrano il terreno, le utenze domestiche che prima si riversavano nel lago ora confluiscono nel collettore.

Sono solo i primi passi, ma appare chiara la volontà di tutti di procedere per salvare e conservare un bene ambientale così prezioso per tutti non solo per gli abitanti del luogo: un ecosistema unico, un paesaggio straordinario e un patrimonio naturalistico e geologico che nel mondo non ha molti altri siti che lo eguagliano. Il dibattito ha fatto emergere soprattutto una grande sensibilità da parte di tutti gli stakeholders, maturata anche grazie ad un attento processo di animazione e concertazione, voluto dagli amministratori con il contributo dell’Università della Tuscia. Nuove e vecchie proposte per continuare questo percorso per la salvaguardia del Lago di Vico: andrebbero aumentate il numero delle vasche di lagunaggio, dovrebbero essere piantati ontani, salici, pioppi, che assorbono l’azoto, o cannucce che filtrano le acque prime a della reimmissione nel lago; coltivati legumi favini. Il territorio necessiterebbe di una maggiore manutenzione per riequlibrare le nuove condizioni idrogeologiche, che le abbondanti e improvvise piogge rendono ormai inadeguate.

Tra le proposte anche quella di micorrizare il terreno con la coltivazione di tartufi, idonei per i noccioleti, che rilasciano azoto, fertilizzando in modo naturale il terreno, che potrebbe incrementare il reddito degli agricoltori.

Ma un’altra cosa appare evidente da questi studi: la ricerca di base ha giocato e gioca un ruolo fondamentale nell’analizzare, prevenire e curare situazioni critiche di inquinamento, estinzione e distruzione degli habitat e delle specie.

Come il Rettore Ruggieri ha sostenuto durante il suo intervento, oggi la ricerca di base non viene più finanziata, mentre si dà sempre maggiore spazio alla ricerca applicata a livello soprattutto industriale.

“Ci chiediamo come questa ricerca di base non possa definirsi ‘applicata’!” si è chiesto in conclusione il prof. Nascetti.

 

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