L’imperialismo economico e i compiti del socialismo. Di Christian Bosco

Essere socialista significa difendere i lavoratori, i giovani e i piu’ deboli. E’ per questo che non si deve mai perdere di vista la via maestra della sinistra che deve essere sempre attuale alle condizioni storiche del momento. Si deve lottare per costruire il proprio futuro!

“L’imperialismo economico e i compiti del socialismo.Di Christian Bosco.”
Il 9 novembre 1989 non ha sancito solo il crollo della dittatura comunista dell’URSS, ha sancito soprattutto un cambiamento in tutto il mondo, non un’innovazione bensi’ una sottomissione ad un sistema:quello capitalista. Con la scomparsa del “pericolo rosso” la finanza, le banche e le grandi multinazionali hanno potuto agire senza freni, arrivando a mettere sotto scacco nazioni e interi popoli. Abbattuto un muro se ne è costruito subito un altro. E’ il cosiddetto imperialismo economico.

La caduta del falso comunismo sovietico ha proiettato i gruppi egemoni del capitalismo verso un’arrampicata economico-politica che li ha portati in breve tempo a dirigere e strumentalizzare le scelte statali e le relazioni tra paesi, portando cosi’ ad un nuovo assetto che ha coinvolto in primis l’Europa. Il primo passo di questo processo graduale è stata la firma del Trattato di Maastricht, che per L’Italia ha avuto effetti disastrosi. E’ bene comprendere le motivazioni per cui il nostro Paese ha risentito di questo Patto.

In primo luogo la notevole differenza sociale ed economica tra il Nord e il Sud, che tuttora sussiste e che ha reso quest’ultimo sempre piu’ povero, portandolo oggi al “deserto sociale”. In secondo luogo, da un punto di vista prettamente politico-economico, la svendita dell’industria di Stato e dei suoi beni, nonchè la perdita della sovranita’ monetaria, che nei periodi di crisi si è sempre dimostrata fondamentale. Infatti, durante i momenti piu’ critici si era soliti produrre maggiore moneta e riuscire, in questo modo, a risalire.

Questi due ultimi fattori si sono dimostrati i piu’ incisivi all’affossamento del Sud Italia che, con la politica di austerita’ voluta dall’Europa delle banche e non dei popoli, è arrivato a tal declino che secondo il rapporto “Svimez” sull’economia del Mezzogiorno è giunto ad essere, in sette anni di recessione, come in guerra. A dimostrazione di cio’ è utile prendere in considerazione il numero delle nascite, che nel 2013 sono state superate dal numero di morti: non accadeva dal 1867 e dal 1918, cioe’ in corrispondenza proprio di guerre. Le nascite, che nel 2013 sono state 177 mila, sono destinate a diminuire sempre di piu’, portando allo spopolamento del Sud che, secondo quanto proferito dallo Svimez, è destinato a perdere circa 4,2 milioni di persone in 50 anni.chiristian-bosco-priolo-sicilia

Questa fuga è determinata soprattutto dalla fortissima crisi, che qui ha avuto effetti disastrosi, tanto che lo Svimez mette in risalto come nel primo trimestre del 2014 su 231mila posti di lavoro persi rispetto al 2013 ben 170mila sono al Sud, cioè l’80%.Il peggioramento della situazione è dovuto alla mancanza di una vera e propria politica economica decisa che riesca a colmare il vuoto che si è venuto a produrre, creando le possibilita’ per una vera ripresa economica e sociale che riesca a risollevare il Sud dal perenne stato in cui è costretto a vivere.

Questa ripresa puo’ avvenire solo contrapponendosi alle forze neoliberiste che hanno reso le nazioni schiave del capitale e dei loro interessi, che vedono al centro la tenuta dell’elite finanziaria e che concepiscono l’uomo non come un essere umano e come persona, ma come una res, cioe’ una cosa o meglio come una macchina da sfruttare a loro piacimento. Il passaggio del potere politico a queste elite economiche viene definito imperialismo economico: oggi, cioe’, si conquistano le nazioni con la finanza e non piu’ con le armi.

Gia’ nel 1864, con la pubblicazione della prima edizione de “Il Capitale”, Carlo Marx giudicava il capitalismo come quella grande macchina destinata a fallire e a produrre crisi cicliche, che saranno sempre piu’ gravi e vicine tra loro, e come il sistema delle crisi sociali.La storia ci ha insegnato che Marx aveva ragione a riguardo. Se prendiamo in considerazione gli anni post-bellici, si nota come soprattutto nel Sud Italia, e in particolar modo in Sicilia, ci sia stata una continua crisi sociale che ha dato i suoi effetti maggiori in concomitanza delle crisi di sovrapproduzione. L’ultima ha prodotto nel 2014 un’occupazione pari a soli 5,8 milioni di persone, il livello piu’ basso dalla “crisi del petrolio” nel 1977.

Queste crisi, come ben si denota dalle fattualita’, sono crisi strutturali che possono essere colmate sono con una vera rivoluzione del sistema politico, sociale ed economico.

Dal punto di vista economico, la centralità del profitto e del valore di scambio deve essere sostituita da quella del valore d’uso: bisogna, insomma, produrre per il consumo della popolazione, non per massimizzare il valore di scambio e, quindi, puntare alla socializzazione dei mercati, cioe’ un mercato che veda in primo piano le piccole e medie imprese e fatto per soddisfare i veri bisogni del popolo. Questo modello economico è totalmente contrapposto a quello di stampo marxista-comunista, che punta invece alla soppressione dei mercati e all’eliminazione dell’intraprendenza della singola individualità.

Dalla rivoluzione del sistema economico, che rappresenta lo scheletro di un sistema, si giunge alla costruzione di una società di liberi e di uguali. La socializzazione dei mercati punta ad eliminare le crisi di sovrapproduzione e quindi la prevaricazione sociale, lo sfruttamento del lavoro e della persona umana, giungendo “ad aprire di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore”. Ed è proprio per garantire la liberta’ individuale di ogni singola persona che il socialismo deve essere pluralista, cioe’ deve puntare alla costruzione di una societa’ che sia fondata su una pluralita’ di Partiti, sul concorso di diverse forze sociali ed ideologiche, che porti avanti la liberta’, la giustizia sociale e la pace tra i popoli.

E’ per raggiungere questo scopo che la Sinistra deve unirsi in unico grande Partito Socialista che veda la ricompattazione del movimento operaio e che porti di nuovo in Parlamento i lavoratori, gli unici che attraverso la lotta di classe e vivendo di persona la miseria, la disoccupazione e i problemi del capitalismo possono portare alla vera rivoluzione socialista che cambi le sorti dell’Italia e dell’Europa.

In conclusione, il socialismo deve essere rivoluzionario e democratico. Rivoluzionario perche’ deve cambiare radicalmente il sistema, democratico perche’ questo cambiamento deve essere, in seno alla pluralita’, voluto dal popolo e dai lavoratori.

Christian Bosco

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