La lezione etica di Sancio Panza

GIUSEPPE MANNINO
02/04/2015 da lastampa.it
Nel momento in cui si fa un gran parlare di politici e dirigenti pubblici, per non dire d’altri, corrotti, acquista rilievo etico la figura di Sancio Panza, lo scudiero del cavaliere errante Don Chisciotte, che appare di grande attualità.

Sancio Panza, partecipava alla lotta donchisciottesca sia perché si sentiva gratificato dall’essere solidale e sodale con l’hidalgo Don Chisciotte della Mancia, ma soprattutto per il potere, in quanto aveva avuto la promessa di fare il  governatore di una intera isola: una promessa che Don Chisciotte non si decideva a rendere realizzabile. E Sancio, da uomo concreto, come tutti i contadini,  chiedeva spesso quando fosse il momento di avere l’incarico promesso e nel frattempo che gli aumentasse il compenso.  Non ottenendo nulla, con tono esasperato e deciso, in un momento di crisi e di nervosismo, gli spiattella in faccia quel che pensava: “Oh, diamine! La signoria vostra è da lungo tempo che mi ha fatto la promessa di  farmi governatore di una intera isola. Ed io sono stanco di attendere, per cui non ho più voglia di sprecare la mia vita e il mio tempo, lontano dalla mia terra, da mia moglie e dai miei figli, andando per strade che non sono strade e per sentieri che non si sa dove menino. Bevendo male e mangiando peggio.”
La reazione di Don Chisciotte non si fece attendere e fu durissima: “Volta le briglie, o la cavezza, al ciuco, e tornatene a casa tua; perché da questo momento tu con me non farai più un passo avanti. O pane senza riconoscenza! Mal riposte promesse! Uomo che ha più della bestia che dell’essere umano! Proprio ora che io pensavo di sistemarti, e in maniera tale che, a dispetto di tua moglie, ti avrebbero chiamato Signoria, tu ti licenzi? Te ne vai proprio ora, che io avevo la piena e assoluta intenzione di farti signore della migliore isola del mondo? Asino sei, asino sarai, e asino morirai, quando terminerà il corso della tua vita; poiché son convinto che arriverà prima che tu ti renda conto che sei una bestia.”
Sancio Panza, balbettando  e piangendo, rispose: “Signor mio, riconosco che per essere un asino non mi manca altro che la coda; se la signoria vostra vuol mettermela io dirò che mi sta bene e le farò da bestia da soma per il rimanente della mia vita. La signoria vostra mi perdoni e compatisca la mia ignoranza”.
Tuttavia, a sorpresa, ottenuta la prestigiosa carica (in verità fu una tremenda burla), dimostra di possedere un pregevole senso etico, che lo riabilita e lo nobilita.
Vale la pena di raccontare la vicenda prendendo spunto da un ottimo saggio, uscito alcuni anni fa in Italia, di José Antonio Merino, dal titolo Don Chisciotte e San Francesco – Due pazzi necessari (Edizione Messaggero Padova, 2007).
Nel saggio è dedicato molto spazio a Sancio Panza, la cui figura etica viene messa in grande risalto, in una posizione pari o addirittura superiore a quella di Don Chisciotte.
Alcuni nobili potenti e burloni, avendo avuto tra le mani i consigli scritti da Don Chisciotte per Sancio Panza su come governare l’isola (scritti che l’analfabeta Sancio si era persi), si sono inventati una messinscena comica e rocambolesca per insediare il neo governatore nel governo dell’isola di Baratteria (ovviamente inesistente). L’insediamento avviene senza che a Sancio Panza fosse consentito di visitare il territorio del suo regno e senza avere avuto l’opportunità di parlare con alcuno degli abitanti.
Il nuovo governatore viene immediatamente investito da tutta una marea di questioni da risolvere, che i nobili burloni gli fanno sottoporre. Sancio Panza non si perde d’animo e comincia immediatamente il suo lavoro, esclamando: “Ora si vedrà se ho bastante comprendonio per governare un regno intero”.
Mantiene l’impegno e sorprende tutti per l’equità, il senso di giustizia e il buon senso con cui esercitava il suo governo, al punto che “tutti rimasero stupiti, e ritennero il loro governatore un secondo Salomone”.
Ma Sancio Panza non era nato per fare il governatore e dopo appena dieci giorni, in cui con il suo buon governo e la sua concretezza aveva “burlato i burlatori”, decide di mollare la carica, facendo una cosa che pochi politici sanno fare: rassegnare le dimissioni.
Il suo discorso di commiato è una lezione di etica politica, ancora oggi di grande attualità.
Eccolo in sintesi: “Lasciatemi tornare alla mia antica libertà: lasciatemi andare a ricercare la mia vita passata, per resuscitare da questa morte presente. Io non sono nato per fare il governatore né per difendere isole e città assalite da nemici. Io sono adatto per arare, zappare, potare e propagginare le viti, che per fare leggi e difendere province e regni. San Pietro sta bene a Roma!: e con questo voglio dire che ognuno deve fare il mestiere per cui è nato…”.
E per dimostrare che aveva governato bene, aggiunge: “Sono venuto senza un soldo e senza un soldo me ne vo; tutto al contrario di come son soliti andarsene i governatori di altre isole. Siccome vado via da qui senza un soldo, questa è la prova più evidente che ho governato come un angelo”.
Come rileva José A. Merino nel saggio sopra citato: “Questo congedo sincero è espressione della dotta ignoranza di Sancio Panza. Potrebbe servire da profonda riflessione a non pochi politici declassati, i quali farebbero molto bene alla società se rinunciassero alle loro alte cariche e andassero a cercare la pace e la libertà tra le querce e le carrube o a guidare greggi di pecore e di capre”.
Sancio Panza, tuttavia, appena nominato ci aveva pensato ad usare la carica di governatore per far quattrini; ciò si evince chiaramente dalla sua lettera alla moglie Teresa: un capolavoro di arguzia e  di opportunismo, anche se solo a parole.
Ecco una sintesi della lettera:
“Sappi, Teresa mia, che ho deciso che tu vadi in carrozza, che è la cosa migliore; perché ogni altra maniera di camminare è lo stesso che andar carponi.
Sappi che sei la moglie di un governatore: pensa se ci può essere nessuno che ti morda i calcagni!
…Di qui a pochi giorni partirò per il governo, a cui vado con un vivissimo desiderio di far quattrini, perché mi hanno detto che tutti quanti i governatori appena nominati vanno con quest’idea; tasterò il polso e ti avviserò se devi venire con me, o no.
L’asino sta bene e ti fa molti saluti; io non intendo lasciarlo neppure se mi dovessero fare Gran Turco.
La Duchessa mia signora ti bacia mille volte le mani; e tu contraccambia duemila volte, perché non c’è nulla che costi di meno e sia più a buon mercato che i complimenti, come dice il mio padrone Don Chisciotte.
Sappi, Teresa mia, che chi  suona la campana non è in pericolo  e col bucato del governo spariranno tutte le macchie.
… Comunque stai tranquilla, perché,  per una via o per l’altra, tu dovrai esser ricca e aver buona fortuna. Te la dia il Signore, come può, e me, mi conservi per servirti.
Da questo castello, addì 20 luglio 1614.
Tuo marito il governatore  SANCIO PANZA”
E pur vero che Sancio i propositi di far quattrini con la carica di governatore non li ha messo neppure in atto: è entrato nel Palazzo e ne è uscito senza un soldo, tornando a guardare capre.  

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