L’acqua pulita e quella sporca: il Governo contro le inefficienze del sistema idrico

Siamo all’indomani delle celebrazioni della giornata mondiale dell’acqua, e il governo ha scelto di non rilanciare lo slogan referendario “acqua bene comune”, per andare sul concreto, affrontando i due aspetti fondamentali del ciclo dell’acqua: fognature e depurazione. Certo, parlare di fogne non scalda il cuore, fino a che non ci si trova davanti ad un divieto di balneazione, e allora ci rendiamo conto quanti conti un depuratore funzionante e una rete fognaria decente per la qualità delle nostre acque e del nostro mare.

I dati presentati sono significativi e ci restituiscono l’immagine di un paese fortemente arretrato, diviso tra cittadini di serie A (3/4 degli italiani del centro-nord) e serie B (gran parte del Sud, con aree che non superano le condizioni di un paese in via di sviluppo). Tutto questo nonostante le ingenti risorse economiche stanziate dal Cipe e non utilizzate. Anche sul versante delle tariffe il dato è impressionante: insieme alla Romania siamo ultimi su 28 paesi, tre o quattro volte sotto la media Ue.

La mancanza di depuratori vuol dire acque inquinate e le acque inquinate impediscono opere di prevenzione contro il dissesto. Secondo l’Arpa Sicilia:

quasi 2 milioni di persone scaricano nei corsi d’acqua, nel mare, nelle campagne o dove capita. In tutta la Regione risultano 431 impianti di trattamento delle acque reflue urbane, la maggioranza non sono attivi ovvero non sono connessi alla rete fognaria esistente e versano in stato di abbandono e degrado totale

Parole che pesano come macigni, nel 2015. A quattro anni di distanza da quel referendum (oggi lo possiamo dire?) tutto ideologico tra pubblicizzazione e privatizzazione. Dietro lo slogan demagogico dei beni comuni – quelli, ricordiamolo, la cui fruizione dovrebbe essere garantita a tutti – è stato protetto solo lo status quo, non certo la salute e l’interesse dei cittadini.

Infatti, se dai proclami di principio ci spostiamo verso i dati concreti, scopriamo una situazione drammatica, fatta di immobilismo, incapacità, colpevole inerzia. Le reti di approvvigionamento disperdono più di un terzo dell’acqua potabile italiana (37%), e nelle regioni meridionali (con l’esclusione della Puglia), la metà dell’acqua potabile non arriva a destinazione. Per questo, ben 9 milioni di italiani non ricevono acqua in quantità e/o in qualità adeguata alle loro esigenze. Per di più i dati rivelano che dal 2008 ad oggi queste condizioni sono peggiorate, perché le istituzioni regionali non solo non hanno avviato l’opera di risanamento, ma hanno trascurato pure la manutenzione, i tubi sono invecchiati e le perdite sono aumentate.

Ancora peggio per l’altra estremità del sistema, quella fatta di fogne e depuratori che dovrebbero bonificare l’acqua di scarico. L’Italia, che ha assunto di fronte all’Unione europea l’impegno di rimettere in funzione il sistema entro il 2005, non è riuscita a fornire impianti sufficienti a un terzo dei suoi abitanti, e per questo è stata condannata già due volte dalla Corte europea. La Sicilia detiene il primato del maggior numero di centri abitati privi di adeguati sistemi di fognature e depurazione: ben 175. La Calabria la segue con 130, mentre tutta la penisola conta più di 1000 agglomerati urbani che scaricano acque scure in quelle pulite o direttamente nel terreno.

Non è che manchino i fondi. Quelli che sono stati messi a disposizione non sono stati spesi. Parliamo di miliardi stanziati dal Cipe nel 2011 e nel 2012, che non sono stati neanche toccati.

L’aver stabilito che l’acqua è pubblica non ha affatto cambiato le cose. D’altra parte, è pubblica anche l’iniziativa del governo che invita gli operatori a guardarsi negli occhi negli Stati generali delle acque pulite. Che l’acqua sia pubblica, comune o privata, dunque, non cambia molto quando dal rubinetto non esce nulla o lo scarico versa in mare i liquami non trattati. Vogliamo, dobbiamo sperare che l’incontro del 24 marzo sia l’inizio di un modo nuovo di guardare alla comunità nazionale, in cui l’accesso all’acqua e il diritto ad averla pulita non sia una questione di principio, ma di efficienza.

http://www.huffingtonpost.it/francesca-santolini/acqua-pulita-sporca-governo-contro-inefficienze-sistema-idrico_b_6934210.html?utm_hp_ref=italia-politica

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