Strumenti urbanistici e norme di salvaguardia comuni per tutelare le falde acquifere del Biodistretto della Via Amerina

La delicata vicenda del piano di recupero della cava di Lucciano nel territorio di Civita Castellana attraverso l’impiego di rifiuti inerti desta non poche preoccupazioni tra gli agricoltori, i portatori di interesse collettivo e le comunità di una intera area, quella della Media Valle del Tevere, perfettamente integrata nelle sue componenti naturalistiche, paesaggistiche e culturali. Un’area geografica che peraltro coincide con il Biodistretto della Via Amerina e delle Forre, un territorio naturalmente vocato alla pratica dell’agricoltura biologica e un’organizzazione sociale nata nel marzo 2013 per volontà degli agricoltori e dei produttori biologici, delle associazioni e dei comuni di Calcata, di Castel Sant’Elia, di Faleria, di Nepi, di Civita Castellana, di Fabrica di Roma, di Corchiano, di Gallese, di Orte e di Vasanello. Tra i suoi obiettivi, la promozione di una agricoltura amica dell’ambiente e della salute, la diffusione delle buone pratiche, la tutela della biodiversità e dei beni comuni, la valorizzazione del territorio e del suo patrimonio, l’affermazione di un modello di sviluppo territoriale integrato, sostenibile, partecipato e condiviso. Inoltre, dal 13 marzo 2014 il Biodistretto, unico nella regione, è parte della Rete nazionale dei biodistretti Aiab e, dal 14 dicembre scorso, tra i fondatori della Rete internazionale dei biodistretti. Ora, il recupero di una cava con materiali non compatibili ed estranei alla costruzione del paesaggio naturale, oltre alla legittima preoccupazione, deve spingerci a formulare delle proposte e a trovare delle soluzioni condivise. Il nostro territorio, pur in presenza di un importante patrimonio naturale e culturale, così come di un tradizionale tessuto agricolo e manifatturiero, risulta tuttavia fragile e delicato per la presenza di numerose cave dismesse. Il loro mancato recupero nel corso degli anni ha prodotto delle lacerazioni che hanno interessato in particolare le falde acquifere profonde. Che rappresentano l’unica possibilità di approvvigionamento idrico per intere comunità. Troppe le falde che nel tempo sono state intercettate dalle attività estrattive. Ferite che danno luogo a possibili porte d’ingresso per qualunque tipo di agente inquinante. Considerato dunque il serio e concreto rischio di inquinamento e depauperamento che corrono le falde acquifere superficiali e profonde del territorio, nella mia qualità di presidente del Biodistretto, ritengo necessaria una politica comune fra tutti gli enti locali volta alla gestione ambientale delle aree che nel passato sono state oggetto di attività estrattive e, soprattutto, alla tutela e alla conservazione del bene comune più prezioso e fondamentale per la vita: l’acqua, la risorsa esauribile che deve essere gestita in maniera efficace e corretta, e tramandata alle future generazioni. Pertanto, nell’assemblea del Biodistretto di venerdì e nella bella e partecipata riunione di ieri a Lucciano, a pochi passi dalla cava interessata dal piano di recupero, ho proposto a tutti i comuni di studiare la possibilità di adottare all’interno dei loro strumenti urbanistici delle specifiche “norme di salvaguardia” con la finalità di permettere alla terra di “riposare”, cosicché anche il legislatore regionale possa affrontare correttamente il problema attraverso un progetto e non si trovi, come spesso è accaduto, a legittimare lo stato di fatto rappresentato da situazioni che confliggono con la salvaguardia dei nostri luoghi. E ancora, cosa non meno importante, con la vita di chi vive e lavora nel Biodistretto. Oggi un vero e riconosciuto elemento di innovazione territoriale.

Pubblicato da Livio Martini a 15:03

da Ecologia e Comunità

lunedì 12 gennaio 2015

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