Per lo studioso la crescita non sarà per niente uniforme e ciò comporterà una serie di squilibri di notevole e forse incalcolabile portata. ‘Ci sarà stazionarietà nei paesi ricchi, un incremento del 30% nei paesi ‘meno poveri’ nelle aree in via di sviluppo e addirittura un raddoppio nei paesi poverissimi, in gran parte nell’Africa sub-sahariana’.
Quattro i fattori che mettono a rischio, alla luce del dato, la sostenibilità dello sviluppo. Nei Paesi ricchi continuerà a perdurare una natalità che si avvicina allo zero mentre i Paesi poveri e poverissimi proseguiranno la loro marcia verso l’alta natalità. Ciò vorrà dire prima di tutto uno spostamento massiccio delle popolazioni verso ‘lidi’ più confortevoli con indubbi squilibri sociali e ambientali (deforestazione, inquinamento, cementificazione). Necessità, poi, di produrre sempre più cibo per sfamare le popolazioni a rischio (ad oggi sono circa 800 milioni gli individui che soffrono la fame). Anche l’incremento di questo tipo di produzione creerà seri squilibri ambientali anche alla luce della scarsità di materie prime (pensiamo solo alla disponibilità di acqua potabile). “La questione demografica – ha ricordato Livi Bacci – è stata al centro del dibattito internazionale nel secondo dopoguerra. Nei paesi poveri il tasso di crescita annuo ha superato il 2% nella seconda parte del secolo scorso ponendo a rischio la scolarizzazione dei bambini, il lavoro dei giovani, i livelli di alimentazione e la produzione di cibo, gli equilibri ambientali”.
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