Fattori di cambiamento per una società automatizzata

Riceviamo e pubblichiamo – Il terzo millennio vede una richiesta via via minore di lavoratori per produrre i beni e i servizi necessari alla popolazione mondiale.

Questo fenomeno scaturisce dalle strategie di forze che muovono i mercati, le quali spostando di continuo i luoghi di produzione favoriscono le condizioni di instabilità del mondo del lavoro.

I vari territori si stanno confrontando con il progresso tecnologico che utilizza sempre più le innovazioni che portano verso una società automatizzata dove l’uomo lavoratore ricopre un ruolo sempre più marginale. La politica non può restare estranea al fenomeno limitandosi a guardare agli attori in campo che dirimono le questioni oggetto dello scontro, perché le soluzioni trovate e da trovare riguardano l’interesse generale.

Una politica in linea con le esigenze della gente, che vive il quotidiano, ha l’obbligo di capire e guidare le innovazioni che cambiano la vita di tutti i giorni; di controllare come i cambiamenti tecnologici possano condizionare la vita dei lavoratori; di trovare le risposte necessarie ad evitare un confronto che rischia di danneggiare i più deboli; di analizzare i cambiamenti che le innovazioni tecnologiche hanno apportato dove sono state già applicate e le relative conseguenze sul piano occupazionale e della qualità della vita; di capire quali variazioni alla struttura delle imprese apportano questi cambiamenti e la ricaduta sulla conduzione manageriale.

In base alla nostra esperienza come realtà associativa che ascolta e supporta le necessita dei lavoratori, sappiamo che una politica basata su visioni culturali di epoche precedenti non riesce a metabolizzare il fenomeno dello spiazzamento tecnologico che provoca l’espulsione di milioni di lavoratori dai processi produttivi. Per la prima volta nella nostra storia moderna i settori tradizionali non sono capaci di far fronte alla disoccupazione crescente.

Nell’ultimo decennio abbiamo assistito al ruolo di supplenza dello Stato, il quale, ai diversi livelli istituzionali, si è fatto carico del problema creando occupazione tramite l’inserimento nella Pubblica Amministrazione di figure precarie sottopagate, per molti anni senza previdenza, immesse in servizio senza concorso e senza una adeguata formazione.

In questo periodo, pur riconoscendo i diritti di questi lavoratori precari, si prova a stabilizzarli fermandosi solo all’aspetto occupazionale senza tenere nel giusto conto la qualità dei servizi che il “sistema pubblico” deve garantire. La stabilizzazione continua a non prevedere forme di monitoraggio atte ad appurare se le conoscenze e le competenze delle persone oggetto dei provvedimenti sono funzionali al ruolo che debbono ricoprire. Dalle trasformazioni è emerso un nuovo settore, chiamato “ il Settore della Conoscenza”.

Sebbene questo nuovo settore sia in crescita non è in grado di assorbire che una minima percentuale di milioni di lavoratori che vengono espulsi dai processi produttivi. In una fase critica, in cui si tende a sostituire completamente il lavoro umano nel processo di produzione, la proposta politica ha il fondamentale compito di capire come la forza lavoro verrà condizionata nei prossimi anni in conseguenza della sua sostituzione con processi completamente automatizzati. Il fenomeno descritto non riguarda solamente i Paesi industrializzati ma anche quelli emergenti dove erano state spostate le produzioni durante gli anni ’70, ’80, ’90 e 2000.

La politica deve farsi carico del rischio di un aumento di una subcultura criminale dal momento che saranno milioni gli emarginati, i quali in mancanza del necessario per vivere, si dedicheranno ad attività illegali.

Stefano Signori
Presidente Confartigianato

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