Stati Generali Green Economy: industria verde è fonte di nuova occupazione

La strada della nuova occupazione passa per la green economy: da questo settore si potrebbero avere quasi settecentomila nuovi posti di lavoro. Nel dettaglio: più di 460 mila nuovi posti di lavoro da un programma di rafforzamento dell’efficienza energetica; 30 mila da una gestione più efficiente della raccolta differenziata; 190 mila nel solo 2013 per la realizzazione e gestione di impianti di fonti rinnovabili; migliaia nelle 49.709 aziende bio italiane e in un’attività che deve prendere ancora il via quale il decommissioning delle centrali nucleari. Questo il tema, e i numeri, della green economy e di come questa può dare una risposta alla disoccupazione in Italia, che emergono dagli Stati Generali della Green Economy 2014, in corso a Rimini all’interno di Ecomondo-Key Energy-Cooperambiente.

da helpconsumatori.it

 

Gli Stati Generali sono promossi dal Ministero dell’Ambiente e dal Consiglio Nazionale della Green Economy, formato da 67 organizzazioni di imprese green, con il supporto tecnico della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. “Le imprese della green economy – ha detto il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti – sono imprese nuove che creano nuovi posti di lavoro. Dobbiamo aiutare queste realtà con regole semplici, certe, che durino nel tempo”.

“In Italia – ha dichiarato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – le imprese della green economy, sia core green, cioè quelle che producono beni e servizi ambientali, sia go green, che adottano cioè modelli di business ambientale, hanno un peso rilevante spesso sottovalutato. Il loro sviluppo può trainare la ripresa economica”. Gli Stati Generali hanno presentato un Piano nazionale per l’occupazione su due direttrici: la riduzione significativa, per almeno tre anni, del prelievo fiscale e contributivo per l’impiego dei giovani e il varo di un Piano Nazionale per lo sviluppo dell’occupazione giovanile. Quest’ultimo, spiega una nota, “deve essere sostenuto da misure mirate alla formazione e qualificazione, con lo scopo di dare più forza al manifatturiero Made in Italy associato alla bellezza e alla qualità ecologica, con produzioni pulite”.

Sono cinque le azioni considerate necessarie: la revisione e la riallocazione in chiave di green economy e di ecoinnovazione degli incentivi distribuiti all’industria; un rafforzamento green delle principali filiere produttive (agroalimentare, energia, turismo chimica, tessile); un programma di risanamento e riqualificazione ambientale degli impianti e delle produzioni ad alto impatto; il lancio di speciali iniziative nazionali di valorizzazione green del tessuto produttivo attraverso la produzione del “Made Green in Italy”; il sostegno alle start up di imprese giovanile della green economy.

L’industria verde del resto ha continuato a crescere nonostante la crisi: stime parlano di un giro d’affari globale (nel 2005) di 990 miliardi di euro in sei settori green (efficienza energetica, gestione sostenibile delle risorse idriche, mobilità sostenibile, energia, uso efficiente dei materiali, gestione dei rifiuti e riciclo) mentre nel 2020 è stato stimato che sarà più che raddoppiato arrivando a circa 2.200 miliardi di euro. In Italia oggi (Flash Eurobarometer 381), il 25% delle aziende fino a 250 dipendenti offre prodotti e servizi eco e un altro 7% intende offrirli nei prossimi 3 anni (sono il 33% in Germania, il 31% nel Regno Unito, il 30% in Francia e il 34% negli Usa).

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