UE, accordo su pacchetto clima-energia 2030. Non piace agli ambientalisti

L’accordo sul pacchetto clima al 2030 raggiunto dal Consiglio europeo su clima ed energia prevede il taglio di almeno il 40% di emissioni di CO2 e il raggiungimento di un target del 27% di energie rinnovabili sulla produzione totale e di almeno il 27% di aumento per l’efficienza energetica. L’annuncio dell’accordo è stato dato su twitter dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy: “Buone notizie per il clima, per la salute dei cittadini, per i colloqui in vista di Parigi 2015, per i lavori sostenibili”. Ma gli ambientalisti non sono affatto soddisfatti e pure i produttori di rinnovabili sostengono che si poteva fare di più.

 

L’accordo raggiunto prevede appunto la riduzione obbligatoria delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030 nell’insieme dell’Unione europea rispetto ai livelli del 1999, il 27% di quota di energia pulita proveniente da fonti rinnovabili (obiettivo vincolante solo a livello comunitario) e di portare al 27% l’aumento dell’efficienza energetica a livello europeo. L’accordo scontenta però gli ambientalisti, per i quali si tratta di obiettivi poco ambiziosi.

“Una grande occasione sprecata. L’Italia si è limitata  a svolgere un ruolo semplicemente notarile di presidente di turno dell’Unione europea cedendo alla minacce di veto britanniche e polacche – ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – Il nostro governo ha mostrato la sua scarsa capacità di leadership e volontà politica di investire nello sviluppo di un’economia europea a basse emissioni di carbonio cedendo alla lobby del fossile”. Gli obiettivi comunitari al 2030, spiega Legambiente, sono 40% di riduzione interna delle emissioni di CO2  vincolante per gli Stati membri; aumento al 27% per le rinnovabili, vincolante solo a livello comunitario; incremento al 27% dell’efficienza energetica, mantenendo questo obiettivo solamente indicativo. Ma l’ambizione di questi obiettivi non è coerente con la traiettoria di riduzione delle emissioni di almeno il 95% al 2050, “la sola in grado di contribuire a contenere il riscaldamento del pianeta almeno sotto la soglia critica dei 2°C – spiegano gli ambientalisti – Ridurre le emissioni dell’80% entro il 2050 non sarà sufficiente, visto che le emissioni globali continuano a crescere e il loro picco non sarà raggiunto presto”. Per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2°C i target devono essere più alti: “è necessario che l’Unione europea si impegni ad una riduzione delle emissioni di gas-serra del 95% entro il 2050, come giusto contributo per prevenire pericolosi cambiamenti climatici. A tal fine, la UE deve ridurre le sue emissioni ben oltre il 40% entro il 2030”, spiega Legambiente.

Anche l’obiettivo proposto per le rinnovabili “manca di ambizione”, perché il 27% è appena poco al di sopra dell’attuale trend, mentre è inadeguato e non adatto a cogliere le potenzialità del risparmio energetico il target del 27% di efficienza energetica proposto dal Consiglio europeo. Studi recenti, afferma Legambiente, dicono che il 40% di risparmio è possibile tecnicamente ed economicamente, consentendo una riduzione delle importazioni di gas del 40% e di petrolio del 22% e alleggerendo così sensibilmente la bolletta energetica europea che ormai supera i 400 miliardi di euro l’anno.

“Siamo solo all’inizio della partita – ha continuato Cogliati Dezza – Nei prossimi mesi la nuova Commissione Juncker dovrà predisporre il pacchetto di proposte legislative su cui Consiglio e Parlamento dovranno poi raggiungere un accordo. Legambiente – insieme ai principali network ed associazioni europei – si impegnerà con forza affinché il Parlamento costringa il Consiglio ad approvare un ambizioso pacchetto legislativo, che includa un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas-serra che vada ben oltre il 40%, noi proponiamo il 55%; escluda l’utilizzo di crediti internazionali per il raggiungimento di questo obiettivo perché oggi il 75% dei crediti esterni UE è realizzato in Russia, Ucraina e Cina, penalizzando gli investimenti domestici nelle tecnologie pulite; includa un obiettivo vincolante per l’efficienza energetica che vada ben oltre il 27% (noi proponiamo il 40%) e aumenti l’ambizione dell’obiettivo per le rinnovabili, noi proponiamo il 45%. Solo così  – ha concluso Cogliati Dezza – l’Europa potrà sviluppare una competitiva economia a basse emissioni di carbonio. La sola in grado di farci superare la doppia crisi climatica ed economica creando nuove opportunità dal punto di vista dell’occupazione, dell’innovazione e dello sviluppo di tecnologie pulite”.

Greenpeace a sua volta valuta come “decisamente modesti” gli obiettivi di politica climatica ed energetica al 2030 concordati questa notte dai leader dell’Unione Europea: sono target “poco ambiziosi, e rischiano di provocare un sostanziale rallentamento nella crescita delle energie pulite, favorendo così la dipendenza energetica dell’Europa da fonti inquinanti e costose”, afferma la sigla. “La lotta globale ai cambiamenti climatici richiederebbe un trattamento shock, invece quello che l’UE ci propone è, al massimo, una cura a base di sali – dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – I cittadini europei vogliono energia pulita, ma i loro leader politici sembrano non accorgersi della crescita delle fonti rinnovabili. O forse se ne sono accorti e vogliono contrastarla. L’Europa deve e può fare più di così, se vuole evitare che gli impatti dei cambiamenti climatici siano ancora più devastanti di quelli riscontrati negli ultimi tempi”. L’accordo è considerato un punto di partenza verso la conferenza sul clima di Parigi nel 2015: gli obiettivi possono essere rivisti al rialzo e per questo Greenpeace chiede che diventino più ambiziosi e diretti all’abbandono di carbone e nucleare.

I target sulle rinnovabili sono considerati poco coraggiosi da assoRinnovabili, l’Associazione dei produttori, dell’industria e dei servizi per le energie rinnovabili, per la quale si poteva fare molto meglio. La sigla “dà un voto di 5 (su 10) alla decisione assunta dal Consiglio Europeo nella “due giorni” di Bruxelles appena conclusa. Sebbene siano stati indicati nuovi obiettivi per il 2030 (il 27% di energia proveniente da fonti rinnovabili, il 40% di riduzione delle emissioni di CO2 rispetto ai dati del 1990 e il 27% in più di efficienza energetica), l’impressione è che i Capi di Governo dell’Unione Europea si siano limitati al “compitino”, rimanendo sordi agli inviti di maggior coraggio che fino all’ultimo sono arrivati dal settore della green economy”, si legge in una nota.

“Pur apprezzando in parte il lavoro svolto – commenta Agostino Re Rebaudengo, presidente dell’associazione – ritengo si potesse e dovesse fare di più. assoRinnovabili aveva chiesto in più occasioni che l’obiettivo per le rinnovabili non fosse inferiore al 30%, considerando i tanti vantaggi che la produzione di energia verde ha saputo offrire e offrirà al nostro Paese in termini di emissioni evitate di CO2, minori danni alla salute dei cittadini, incremento di PIL e occupazione. La stessa Commissione ha stimato che con un obiettivo per le rinnovabili al 30% si potrebbero avere al 2030 fino a 1.300.000 posti di lavoro in più in Europa, mentre con un obiettivo limitato al 27% se ne avrebbero solo 700.000: perché rinunciare a 600.000 occupati? Senza trascurare inoltre l’aspetto strategico che le rinnovabili possono rivestire in termini di security of supply per l’Unione Europea, fattore particolarmente rilevante in seguito ai recenti sviluppi geopolitici, sia a Est che a Sud dell’Unione Europea.”

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