Riaperto il Museo civico di Viterbo con Vittorio Sgarbi

Sgarbi: Un fiume in piena, come sempre, attento e pronto a cogliere ogni sfumatura

Cerimonia di riapertura del Museo civico di Viterbo, giovedì 23 ottobre, con un ospite d’eccezione: Vittorio Sgarbi.

“Lo scandalo è finito”, afferma il critico storico dell’arte, parlando appunto del Convento, sede del Museo, fondato nel XII secolo e ristrutturato intorno alla metà del Trecento dai padri Serviti, che ne erano titolari. Un momento importante la riapertura, in una città che appartiene ai cittadini, dove il museo riguarda “la formazione, la coscienza dei giovani”.

Un fiume in piena, come sempre, attento e pronto a cogliere ogni sfumatura di tutto ciò che gli ruota accanto, tanto da correggere persino la data sulla targhetta di un’opera esposta.
Per Vittorio Sgarbi, inoltre, la stupenda “Pietà” di Sebastiano del Piombo, olio su tavola del 1515-1516, deve rimanere a Viterbo, non arricchire Vicenza, ed “è sbagliato togliere il quadro a Natale”, una mossa infelice che priva il capoluogo della Tuscia, di un gioiello di epoca rinascimentale, di inestimabile valore.

Invece secondo il professor Sgarbi, si potrebbe portare l’opera di del Piombo ad Expo 2015. Tra flash, autorità, cittadini e studenti accorsi, continua imperterrito in impeccabile completo blue e camicia bianca, affascinando i presenti.

Ribadisce l’importanza proprio del museo, soprattutto per i giovani, affinché si rendano conto del patrimonio della loro città.

In effetti il Museo civico di Viterbo, a differenza di altre città che li ha creati solo dopo l’unità d’Italia, sin dal Quattrocento iniziò a raccogliere reperti etruschi per esporli al pubblico. In esso, per il poliedrico Sgarbi, vi sono i più importanti capolavori del Lazio, dopo quelli conservati a Roma.
Successivamente continua il suo intervento nella Chiesa di santa Maria della Verità, che considera parte del Museo civico, con una lectio magistralis sulla Cappella Mazzatosta, che si trova sulla parete destra della navata, chiusa da una cancellata in ferro del Quattrocento. Spaziando sulle ricchezze viterbesi non adeguatamente valorizzate, che sono forse, “più importanti di quelle che si vedono a Roma”, parla della figura del pittore Lorenzo da Viterbo, artista morto all’età di venticinque anni.

Laura Ciulli

Pubblicato Giovedì, 23 Ottobre 2014 21:06 da lacitta.eu

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