Ferento estate sì, ma conosci la storia di Ferento?

All’Età augustea si possono riferire il teatro, il foro, l’augusteo

di Laura Ciulli

Ferento nel 1917 (Archivio Mauro Galeotti)

15 Luglio 2014 da lacitta.eu

Nove spettacoli tra balletto, operette, classici e concerti per l’appuntamento della Stagione Teatrale di Ferento 2014. 

La città romana, ubicata nella parte occidentale del Colle di Pianicara e costruita dopo che fu abbandonato il centro etrusco eretto sul Colle di san Francesco, sarà ancora una volta la suggestiva location degli eventi teatrali di questa estate.

Ma conosci la storia di Ferento?
(Note tratte dal volume di Mauro Galeotti: L’illustrissima Città di Viterbo, Viterbo, 2002)

All’Età augustea si possono riferire il teatro, il foro, l’augusteo, già ricco di ben sessantasei statue, e un portico posto intorno ad una vasca d’acqua. Altri luoghi di culto erano dedicati alla Pietas e alla Fortuna e la Città di Ferento era talmente rinomata, che nel II secolo d. C. veniva distinta come splendidissima civitas.

E’ in questo secolo che vengono costruite o trasformate le terme in opus mixtum nel loro complesso, e che viene ricostruito il teatro, almeno in parte, verso gli ultimi decenni del medesimo secolo.  Un  fervore di vita della città stessa che andò scemando solo con la caduta dell’impero. La città fu anche sede vescovile, la serie dei vescovi è nota dal 487 al 595, poi venne trasferita a Bomarzo.

Successivamente fu semi distrutta dai Viterbesi in due tempi: il 1° Gennaio 1170 e nel 1172 a causa di un attacco a Viterbo da parte degli abitanti di Ferento, accaduto nel 1169. Tradizione vuole che alcuni Ferentesi vennero ad occupare il Piano di san Faustino a Viterbo.

Nello Statuto di Viterbo del 1251, a circa ottanta anni di distanza dai fatti di Ferento, si vieta a chiunque di abitare quella città e di coltivare le sue terre. Ma già il 13 Febbraio 1175, Cristiano conte di Buch, arcivescovo di Magonza, arcicancelliere di Germania e legato imperiale in Italia, promise al conte Ildebrandino e a Viterbo, che la città di Ferento non sarebbe stata più edificata.

I Viterbesi consentirono solo l’attività religiosa svolta dalla Chiesa di san Bonifacio, posta a pochi metri dal teatro e nello Statuto di Viterbo del 1251 viene decretata la definitiva distruzione del Circulum Ferenti.

Ferento fu abbandonata durante il Medioevo, ma non del tutto visto che all’interno del teatro è stata trovata una fondazione di quella che era una torre appartenuta ad un fortilizio. E se qualche abitante vi rimase, scelse per abitazione qualche sito costruito attorno o all’interno del teatro, tanto che le arcate furono in parte murate con materiale di risulta, almeno per metà della loro altezza, al fine di ricavarne piccole case, botteghe, magazzini e stalle.

Tali superfetazioni furono demolite verso il 1936, come riferisce Augusto Gargana († 1957), per esplorare gli strati più profondi e per liberare le luci delle arcate. Alcune tombe, realizzate con l’utilizzo dei mattoni del frontescena, furono ricavate persino all’interno del teatro. Abitanti insigni di Ferento furono l’imperatore Marco Salvio Otone e Flavia Domitilla.

A prendere rilievi del teatro attraverso il tempo, disegnandone la pianta, furono importanti architetti, dalla fine del secolo XV agli inizi del secolo seguente. Ricordo Baldassarre Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Sebastiano Serlio Bolognese e ancora, nel secolo XVI, sono da menzionare Pirro Ligorio e Francesco di Giorgio Martini.

Nella prima metà del secolo XIX è Francesco Orioli (1783 – 1856) che si interessa di Ferento e fa realizzare, forse dall’architetto Tommaso Giusti, una pianta del teatro e alcune vedute dei ruderi che comunque, a suo dire, formavano «cospicui avanzi».
Anche padre Pio Semeria nello stesso periodo se ne interessò, nonché Luigi Canina che realizzò una pianta del teatro.

Disegni furono eseguiti anche da Andrea Scriattoli nel 1889 e dall’indimenticabile Luigi Rossi Danielli (1870 – 1909), appassionato archeologo. Ma anche altri si interessarono a queste rovine come Golini di Bagnoregio, poi nel 1865 circa il cavaliere O. Vanni e Arnaldo Bazzichelli (1877), poi Benedetti e Mancinelli.

Si deve giungere al XX secolo perché siano iniziati metodici scavi a Ferento, proprio ad opera di Luigi Rossi Danielli, il quale, il 14 Marzo 1900, iniziò ad effettuare ricerche nel terreno di proprietà Piatti Salustri.

Ai primi di Novembre dello stesso anno, finalmente, ottenne regolare permesso per effettuare scavi archeologici. Assieme a Mario Balestra fece i primi ritrovamenti e, l’11 e 12 Dicembre successivi, scoprì due tombe vergini ad est di Ferento.

Dopo una breve sosta, i lavori ripresero nella seconda metà dell’Agosto 1901 fino al 1902, si hanno, infatti, i primi interventi tra l’orchestra e la scena, per opera diretta e finanziamento personale ancora dell’ingegnere Luigi Rossi Danielli.

In quel periodo vennero alla luce tredici sculture marmoree, ritrovate nella fossa scenica, delle quali nove di esse raffigurano le Muse. Belle alcune fotografie che ho pubblicato, relative a quegli anni, che ritraggono gli operai, uomini e donne, con picconi e pale, uniti nell’unico intento di ridare luce e vita a chi l’ebbe tanti secoli fa.

I reperti furono per lo più trasportati al Museo archeologico di Firenze e vi restarono conservati fino al 1984. Le statue ritrovate, della fine del II secolo d.C., sono Melpomene (tragedia) con la maschera tragica sorretta dalla sinistra e la clava dalla destra, Talia (commedia) con la maschera da comico e pedum, Erato (poesia lirica) con la cetra, Euterpe (danza e cori tragici) con la doppia tibia, Tersicore (poesia conviviale) con la lira, Urania (astronomia) con il globo e il radius, Clio (storia) con il dittico e forse Calliope (poesia elegiaca) della quale è solo il braccio con il rotolo.
Fu ritrovata, sempre nella fossa scenica, anche la statua di Pothos, riferibile all’età severiana. Si presenta di dimensioni minori delle Muse e per questo si suppone possa aver fatto parte di un secondo ordine del frontescena, assieme ad Afrodite e altre figure non conosciute.

Il 9 Agosto 1908, Luigi Rossi Danielli riprese a far scavare nei terreni prossimi al teatro e, con enorme soddisfazione, portò alla luce un colombario, alcune terme e due chiesette medioevali. Il 26 Settembre seguente ritrovò nelle terme una lapide in marmo con la memoria di Sesto Ortensio, il quale, come ho già accennato, a sue spese, aveva fatto edificare il Foro e l’Augusteo decorandolo con oltre cinquanta statue.

Ancora una tornata di scavi venne realizzata dal 21 Giugno al 15 Agosto 1909 a cura sia della Società Pro Ferento che dello Stato il quale, nel 1911, iniziò l’esplorazione sistematica del teatro romano che aveva riservata a sé sin dal 1902. Nel 1909 Edoardo Galli, durante gli scavi, portò alla luce diciotto monete d’argento dell’imperatore Ottone I o II di Sassonia del X secolo.

Altri scavi, iniziati il 24 Agosto 1925, che consentirono finalmente di portare alla luce tutto il teatro, vennero effettuati appunto dal 1925 al 1928 sempre nel teatro, ad eseguirle fu la Soprintendenza alle antichità di Roma, sotto l’attenta direzione dei lavori di Pietro Romanelli e con un cospicuo finanziamento da parte del capitano inglese Alexander Hardcastle.
Furono in questo periodo ricollocate a dimora le cornici del frontescena e atterrata la torre, che già ho citato, costruita nel Medioevo, innalzata sul lato occidentale della cavea, visibile in alcune foto d’epoca. La cavea del teatro ha dieci ordini di gradinate e alle spalle ventisette robuste arcate.

Nel 1938 vennero consolidate le camere radiali della cavea e furono costruiti gli archi di sostegno alle volte degli ambulacri interni. Nel 1942 – 1943, invece, avvenne il consolidamento delle volte del fronte scenico, di alcuni muri, come quelli in reticolato, e altri lavori furono eseguiti, dal 1958 al 1960, con la ripulitura della cavea del teatro e la riunione di tutti i conci in peperino della decorazione architettonica. Il  teatro ha continuato a vivere ancora la sua storia a luglio di ogni anno, poiché sono state v rappresentate a cura dell’A.P.T., Azienda di Pomozione  Turistica, una serie di manifestazioni comprendente commedie, drammi, monologhi, musica e spettacoli d’arte varia.

In zona esisteva una ferriera nominata nel 1668, fu ceduta in enfiteusi al conte Carpegna nel 1802, oggi ne sono rimasti pochi resti.

Società archeologica Pro Ferento

E’ sorta, per iniziativa del Consiglio direttivo della Società per la conservazione dei monumenti, il 18 Novembre 1906, e suo primo presidente fu il duca Pietro Lante Della Rovere.
Ha per scopo quello di esplorare l’area della distrutta città di Ferento eseguendo scavi archeologici.
Sin dall’Agosto del 1906 i soci di quella società, Anselmo Anselmi, Domenico Sansoni e Luigi Rossi Danielli, espressero la volontà di creare una società specifica che si occupasse dell’abitato di Ferento.
La società è ancora oggi pienamente attiva, grazie all’amore e alla dedizione dell’infaticabile archeologo Paolo Giannini.

Laura Ciulli

I comunicati inviali a spvit@tin.it

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