Anteprima sui misteri della Tomba delle Mani d’Argento

 

 

 

 

 

 

 

Siamo alle porte dell’inaugurazione della mostra‘Principi immortali. Fasti dell’aristocrazia etrusca a Vulci’che si terrà il 15 luglio alle ore 18,00 presso il museo archeologico nazionale del castello dell’Abbadia, ove rimarrà visitabile fino al 14 settembre 2014.

14 Luglio 2014 da lacitta.eu

Un interessante ed esclusivo “assaggio” di alcuni dei reperti ritrovati, l’hanno potuto gustare (insieme ai raffinati piatti realizzati dallo Chef Antonio sulla base di antiche ricette etrusche) i partecipanti alla serata culturale gastronomica organizzata venerdì scorso dai gestori dell’Antico Borgo La Commenda d Montefiascone i quali settimanalmente coordinano convegni in cui illustri studiosi, ricercatori ed artisti espongono argomenti correlati con la storia del nostro territorio durante cene caratterizzate da menu armonizzati al periodo di cui si va a trattare.

Venerdì è stato l’archeologo Carlo Casi, direttore della Mastarna srl (ente gestore del Parco Naturalistico Archeologico di Vulci) ad intrattenere i commensali sul ritrovamento, avvenuto nel 2013 nella necropoli dell’Osteria in una tomba monumentale databile 640-620 a.C, degli 80 reperti fra cui spicca la singolare coppia di mani realizzate con una lamina in lega d’argento e rame, lavorata a sbalzo con una leggera foglia d’oro applicata sulle unghie di tre dita.

Queste mani sono un elemento di sfarzo unico, appartenenti ad una forma più complessa di scultura antropomorfa e polimaterica, ossia realizzata con più materiali preziosi in lamina ed applicati ad un’intelaiatura di legno… – spiega Casi – Infatti, di essa ne abbiamo trovato anche il collo in avorio… Abbiamo scoperto che sin dalle epoche protostoriche a Vulci si rileva questo tentativo di ricostruire il corpo dei defunti. Nel periodo in cui il rituale funerario prevedeva l’incenerazione del corpo ed il deposito di suoi resti, dentro urne… Gli Etruschi (soprattutto le classi più abbienti) mal accettavano questa modalità per cui hanno reagito cercando di ricreare il corpo del defunto smaterializzato nell’urna…

Si sono trovate in alcune tombe di epoca villanoviana, urne in cui si sono individuate delle forme di vestizione o personalizzazione delle stesse per rappresentare il defunto. Gli Etruschi, che sono un’evoluzione del popolo villanoviano, soprattutto a Vulci continuano con questa forma di contestazione contro la dissoluzione del corpo… e abbiamo compreso che hanno fatto propria la tecnica elaborata dai Greci per realizzare forme scultoree enormi (la più famosa che si conosca è quella di Zeus costruita da Fidia nel tempio di Olimpia e per la quale, non essendo in grado di fondere i metalli, si realizzò l’intelaiatura di legno, su cui si inchiodarono materiali preziosi e metalli battuti per creare lamine).

Gli etruschi apprendono la tecnica e la fanno propria rielaborandola a loro gusto, al fine di farne statue piccole. Dunque, si perde il motivo tecnologico dell’esistenza della tecnica degli sphyrelata a favore di un uso essenzialmente rituale che a Vulci doveva rappresentare esclusivamente il defunto e che spiega la presenza di queste sculture nelle tombe…”.

La panoramica offerta da Casi sullo straordinario lavoro svolto dagli archeologi e dai restauratori in collaborazione con l’ L’Istituto Superiore centrale per il Restauro e dell’Accademia di Belle Arti “Lorenzo da Viterbo” di Viterbo, ha permesso ai partecipanti alla serata di visionare in diapositiva molti degli oggetti recuperati).

Si tratta di elementi legati alla statua, di oggetti di ornamento che decoravano le vesti cerimoniali funebri, di finimenti di cavallo e resti di un carro che indicano il rango principesco dei defunti. Questi reperti, insieme ad altri oggetti rarissimi che documentano le relazioni che Vulci intratteneva con diverse regioni del Mediterraneo (come l’eccezionale esemplare di scarabeo-sigillo egizio, simbolo della rinascita del dio Sole, riferibile al faraone Bocchoris, che regnò alla fine dell’VIII secolo a.C.) sono esposti alla suddetta mostra.

Dunque, non resta che andare a visitare questa mostra che poichè allestita nei suggestivi luoghi di ritrovamento dei reperti esposti, consentirà a chi la visiterà di compiere un viaggio nel tempo tra i misteri dei principi etruschi.

In particolare, ricordiamo che all’inaugurazione della mostra saranno presenti, oltre all’amministrazione comunale, la soprintendente Alfonsina Russo, le dottoresse Patrizia Petitti e Simona Carosi, i sindaci dei territori limitrofi, le autorità civili e militari, il liquidatore della società Mastarna Alessandro Fiordomi con una delegazione di dipendenti del Parco di Vulci e di tecnici del laboratorio di restauro, oltre ad una rappresentanza della Regione Lazio.

Dopo l’inaugurazione della mostra, alle 19, si svolgerà una performance di danza e pittura dell’artista Maurizio Pio Rocchi con la musica dell’Ensemble Roma Sinfonietta intitolata la ‘Tessitura dello svelamento’. A seguire, dalle 20,30, l’aperitivo inaugurale con una degustazione di prodotti tipici locali.

I comunicati inviali a spvit@tin.it

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