Roma, Festa dell’Unità. Diritti e Ius Soli nel libro di Mattia Di Tommaso: “Italiani di Razza umana”

Il libro edito da Ars Media Group, affronta il tema dell’integrazione e del diritto all’uguaglianza.

Alla Festa dell’Unità a Roma, che si svolgerà fino al 29 luglio (dall’avvio del 19 giugno scorso), è stato presentato (il primo luglio scorso), tra stand enogastronomici e tanta musica, il nuovo libro di Mattia Di Tommaso: “Italiani di razza umana” (Ars Media Group editrice), con cui si è tornato a parlare di diritti umani e di Ius Soli. Dato che non vi può essere unità senza integrazione, ma non c’è inserimento sociale senza riconoscimento dei diritti, il giovane autore ha voluto affrontare il tema del diritto di cittadinanza così come quello correlato del diritto all’uguaglianza (sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione). Riconoscere ai figli di immigrati nati in suolo italiano la cittadinanza italiana significa fare del nostro Paese uno Stato più equo, giusto, civile, socialmente acculturato ed evoluto. Stiamo parlando di italiani a tutti gli effetti che vengono trattati da stranieri, col conseguente misconoscimento dei relativi diritti fondamentali direttamente connessi. Tuttavia si tratta di un fenomeno non più trascurabile: le statistiche dicono che in Italia ci sono quasi un milione di uomini e donne con genitori immigrati che sono nati e cresciuti qui, per circa il 12,6% di bambini nati da genitori non italiani. Eppure una regolamentazione normativa stenta ad essere sancita. Ed è proprio questo enorme gap tra realtà da una parte e burocrazia, giustizia, legalità dall’altra che intende mettere in evidenza nel libro Di Tommaso. Partendo da esperienze concrete e reali di vita, o meglio delle “disavventure” più o meno gravi che quotidianamente questi esseri umani sono costretti a vivere. Ed è per questo, quali esseri umani, che dovrebbero essere trattati. “Umanità” per una “legge di civiltà” sono le parole chiave per l’autore del testo. Ne ha voluto parlare allo stand RCF (di Radio Città Futura, in diretta radiofonica infatti), con l’avvocato Alessandro Crasta, con Claudia Bastianelli (della FGS). A moderare l’incontro è stata Claudia Daconto, che ha interagito col pubblico ponendo domande, sentendo i vari pareri ed opinioni, cercando di carpire emozioni e stati d’animo in merito.

La reazione ha confermato la sensazione già evidenziata da un rapporto Istat: 2/3 degli italiani (pari al 72,1% circa) sono favorevoli a concedere la cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia; il 91,4%, addirittura, darebbe la cittadinanza italiana agli immigrati che la richiedessero dopo un periodo di 1 o 5 anni; infine, il 42,6% è favorevole a riconoscere agli immigrati residenti il diritto di voto alle amministrative, che spesso non hanno pur vivendo in loco, a differenza degli italiani all’estero che votano pur non vivendo, in alcuni casi, da decenni in Italia. Quegli stessi immigrati che producono il 12% del Pil, ha aggiunto Bastianelli, e che versano all’Inps circa 7 miliardi di euro, ha rincarato l’avv. Crasta. “L’Italia è un Paese a forte immigrazione ed è compito della politica adattarsi a questo cambiamento (definito ‘irreversibile’ da Crasta ndr) dei tempi”, è stato l’appello di Di Tommaso.

Purtroppo la realtà è ben diversa. Partendo dalla scuola (di cui si è discusso con il ministro Giannini in un altro incontro-dibattito alla Festa dell’Unità). I figli di immigrati, infatti, nono possono partecipare a gite scolastiche, oppure molti studenti stranieri non possono accedere a borse di studio. Eppure, come ha spiegato il piccolo Lorenzo dal pubblico, spesso a scuola, nelle classi, tra gli alunni, nascono dei legami forti e spontanei profondi, di vera amicizia e di aiuto, rispetto e stima reciproci, che vanno al di là dei limiti dello Ius sanguinis. Segno di civiltà e solidarietà di una società italiana più evoluta di quello che si voglia far sembrare. Ragioni di sicurezza dietro l’attuale legge non reggono, poiché situazioni disperate nascono proprio dalle condizioni disumane in cui si ritrovano questi immigrati disperati, che cercano nell’Italia un aiuto e una vita migliore. Senza considerare che molti sono italiani a tutti gli effetti, amano e mangiano il cibo nostrano, parlano in dialetto, vestono italiano e alla moda. Sono e si sentono totalmente italiani. Allora per quale motivo –ha evidenziato l’avv. Crasta- considerarli diversi privandoli dei diritti fondamentali? Per quale motivo costringerli a fare richiesta di cittadinanza tramite un sistema telematico che funziona solamente poche ore al giorno ed esclusivamente in alcuni giorni della settimana? Senza avere un numero verde disponibile per chiedere informazioni. Per non parlare delle file lunghissime, con sveglia all’alba, con il terrore che manchi sempre della documentazione, per il rinnovo del permesso di soggiorno cui sono costretti (come denunciato nel libro). “Un segno di inciviltà inaudito”, ha commentato Di Tommaso, che purtroppo è quotidianità per molti dei giovani che ha intervistato andando in giro per Roma, sui mezzi pubblici o nei centri di ritrovo. “Non ci può essere integrazione senza la concessione di diritti. Occorre procedere con una semplificazione burocratica, per salvaguardare questo valore aggiunto che sono per l’Italia e che non va disperso, puntando tutto sullo Ius Soli”, ha esortato Bastianelli. La proposta di legge avanzata, infatti, è quella di riconoscere automaticamente la cittadinanza ai figli che abbiano almeno un genitore residente in Itala da 5 anni. Dal punto di vista normativo, poi, l’altro passo è “cancellare la Bossi-Fini”, ha suggerito l’avv. Crasta. La linea da seguire è adeguarsi a quanto fatto negli Stati Uniti ad esempio per rendere “un arricchimento e un’opportunità” questa popolazione senza terra, che non ha neppure la libertà di poter tornare in patria, ma spesso, dopo il danno subisce la beffa; dopo aver scontato la pena nelle carceri, nel caso dei detenuti, sono costretti a vivere in condizioni disumane ed atroci (pari alla detenzione appunto) nei CIE, associabili a ‘lager’, dove regnano scarse condizioni igienico-sanitarie, dove vengono loro somministrati psico-farmaci per tenerli sotto controllo, dove l’oppressione di una quotidianità monotona e statica, sempre sotto il ferreo controllo severo delle forze dell’ordine, conduce a reazioni estreme e violente. Spesso i CIE, ha spiegato Crasta, sono ai bordi delle periferie (a Ponte Galeria a Roma ad esempio), luoghi isolati in cui è difficile accedere e in cui regnano diffidenza ed ostilità.

Tutto spesso per l’esistenza del reato di clandestinità che andrebbe abolito, ha precisato Bastianelli, annunciando l’invio di una lettera al nuovo presidente europeo Martin Schulz per una mobilitazione e sensibilizzazione sul tema necessari. Iniziato il semestre italiano di reggenza europea occorre attivarsi per non far degenerare una situazione nata da paradossi sorti da una burocrazia e da una normativa statiche nei confronti di un’evoluzione sociale senza precedenti. Un attivismo fondamentale per mettere a tacere ogni forma di atto xenofo, su FB o sui media, e ogni forma di discriminazione, abolendo ogni preconcetto infondato. Concludiamo con le parole di Mattia Di Tommaso: “il titolo ‘Italiani di razza umana’ serve a evidenziare che la prima considerazione da cui muove la genesi del libro è che, spesso, di fronte ad una persona la tendenza è sempre quella a giudicarla in base alla provenienza, alle origini, dimenticando che, prima di tutto, è un essere umano e, secondo me, esiste una sola razza: quella umana, portatrice di diritti”, la maggior parte delle volte italiani proprio come tutti noi, come la gente e le persone che ci circondano, a cui vogliamo bene e per il cui futuro occorre agire in fretta. L’alta partecipazione e presenza del pubblico hanno confermato quanto l’argomento sia sentito.

Barbara Conti

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