Il teatro di Dario Fo in tv. L’autore: “Il mio ‘Francesco’ e Bergoglio uniti dal coraggio”

Dario Fo (Adnkronos)
Dario Fo (da Adnkronos)

Dopo un lungo studio su testi canonici del trecento e documenti affiorati negli ultimi tre secoli, Dario Fo ritorna in scena con una nuova versione e una chiave originale del santo, che consente espliciti accostamenti con la figura dell’attuale Papa Francesco. Due figure unite dal “coraggio” e dal linguaggio diretto, che a volte sfiora “la violenza dell’espressione pur di far vincere la dignità dell’uomo”, spiega Fo. Una breve conversazione tra il maestro e il cantautore anglo-libanese Mika precederà lo spettacolo. Un coinvolgente e commovente intreccio di realtà storica e leggende popolari anima la scena medievale in cui Francesco vive alcuni dei suoi momenti più significativi: il confronto con Papa Innocenzo III per la richiesta di approvazione della Regola, la predica agli uccelli, il rapporto con i semplici, i confratelli, i cardinali. La rivisitazione dell’opera parte dal testo originale che Dario Fo ha riletto alla luce di “un personaggio imprevisto”, come afferma il maestro, riferendosi a Papa Bergoglio.

“Avevo già pensato di ristrutturare l’opera”, dichiara Fo che dopo essersi imbattuto in testi dimenticati sulla vita del santo, si è lasciato ispirare dalla figura dell’attuale pontefice per il nuovo Francesco. “Nuovi testi di alcuni seguaci di San Francesco mettevano in luce nuovi aspetti, quello che conosciamo noi oggi del santo non è sempre la verità”, afferma Dario Fo che, alla luce dei nuovi studi, spiega come la figura popolare del santo sia costruita sulla base di storie mai avvenute o prese in prestito ai racconti su altri santi del Nord Europa, soprattuto francesi. Emblematico è l’esempio del dipinto in cui San Francesco si mostra a cavallo nell’atto di spogliarsi del suo mantello per donarlo a un uomo infreddolito. Francesco in realtà, non andò mai a cavallo e la storia del dono del mantello appartiene a un santo francese, spiega Fo. Dunque, il Francesco inedito mette in luce una delle tante mistificazioni della storia: “Da sempre ogni organizzazione di potere cerca di mettere in campo la menzogna per evitare che la giusta dimensione dei fatti venga conosciuta”, ricorda Dario Fo, “perché cancellare il modo di conoscere la verità, significa controllarla”.

Ma la verità non è tutto, ci vuole poi l’invenzione. “Il nuovo Francesco ha la voce di Bergoglio”, spiega Fo. Non sono poche in effetti le somiglianze tra il “pontefice sudamericano che si lancia senza mezze parole contro vescovi e cardinali troppo spesso sedotti dal denaro e dal potere” e il santo medievale che si è messo a lottare contro i politici, le macchine del potere, la corruzione della Chiesa, dello Stato, degli uomini”, spiega Fo. Non poteva rimanere, dunque, indifferente a un personaggio come Bergoglio Dario Fo che ha ricevuto il premio Nobel in quanto scrittore italiano che “seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo dignità agli oppressi”, come spiegava la motivazione del premio. Ma l’allusione a Papa Bergoglio non implica l’imitazione: “l’imitazione è solo l’ultimo dei modi per parlare di satira e grottesco – spiega Fo – Non c’è bisogno dell’imitazione per portare i personaggi sulla scena, è tutto lo spettacolo che aiuta a ricostruirli”.

La fabulazione che conserva la magia del tono giullaresco secondo la tradizione medievale, sceglie però, invece dell’originale lombardesco, un linguaggio umbro fittizio, che attinge al lessico medievale pur rimanendo comprensibile al pubblico di oggi. “Mi ero reso conto – continua Fo – che esistevano vari volgari popolari, come quello di Jacopone da Todi e altri autori, che erano schiacciati dal lombardesco, lingua dei giullari e amata da Dante Alighieri, allora mi sono messo a studiare tutti gli autori del tempo per ricostruire un linguaggio comprensibile oggi, che comunque mantenga l’elemento magico del volgare popolare”.

18/06/2014

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