Ronciglione Continua il viaggio alla scoperta della Tuscia

da economiaitaliana.it  14/01/2014

di FERDINANDO MACCAGNANI

Il nostro viaggio alla scoperta della Tuscia, iniziato a Calcata con una sosta a Nepi e quindi a Sutri, prosegue ora verso Caprarola per una visita a Palazzo Farnese. Ma lungo il tragitto, dopo pochissimi chilometri, ci imbattiamo nel caratteristico borgo medievale di Ronciglione, che sicuramente merita una sosta.

 

 

Secondo alcuni il nome Ronciglione deriva da un certo Rossillon, nobile e potente francese stabilitosi in questi luoghi nell’VIII secolo per l’aria salubre che vi si respirava, il cui stemma era rappresentato da due leoni.
Altri sostengono che il nome deriva da runcola o roncilio, basando questa tesi sul fatto che in questo luogo si fabbricavano ronci ed attrezzi agricoli di ferro.
Tuttavia l’ipotesi più accreditata sembra essere quella che fa derivare il nome dalla rupe a forma di roncola su cui sorge l’antico abitato (massiccio rotondeggiante = rotonduscilio, rondus cilio, roncilio).

 

 

Visitando il paese, non aspettatevi grandi opere architettoniche o artistiche, il vero gioiello lo  troviamo nell’ambiente urbano nel quale si possono leggere, ben distinte, sia la fase medioevale che quelle rinascimentale e barocca, rendendolo unico esempio sopravvissuto, dopo la scomparsa di Castro, dell’urbanistica farnesiana.
Situata lungo un tratto della famosissima via Francigena, Ronciglione sorge a oltre 400 metri di quota, circondato da una natura splendida: boschi, corsi d’acqua e un vasto panorama che si apre intorno all’ampio bacino del lago di Vico.
Le origini della città sono incerte, furono probabilmente gli etruschi ad abitare la zona, come ipotizzato dai resti di alcune necropoli, ma certamente anche i romani si insediarono in questi luoghi, anche se fu nei secoli successivi che Ronciglione raggiunse il massimo splendore.
Il paese si compone di un caratteristico borgo medioevale e di una parte sviluppatasi tra il ‘500 e il ‘700 con ampie vie fiancheggiate da nobili palazzetti.
L’abitato presenta un duplice volto urbanistico: da una parte i due borghi antichi – Borgo di Sopra e Borgo di Sotto – segnalati dal medievale Campanile della Provvidenza; dall’altra, la città farnesiana, più ariosa e moderna, percorsa da una lunga via su cui troviamo la monumentale Porta Romana, attribuita al Vignola.
La parte medievale si costituì intorno al X-XI secolo sullo sperone tufaceo dominante la valle del rio Vicano e le due parti sono dominate dalla massiccia mole del castello.

 

 

La città godette di fama, dovuta alla sua pianta urbanistica di epoca rinascimentale, agli stucchi che decorano le facciate dei palazzi storici, al borgo medioevale ma, nel passato, al suo vasto apparato manifatturiero: ferriere, cartiere, concerie, ceramiche, armerie, stamperie ecc. Anche la vivace attività culturale legata a varie Accademie contribuì certamente a conferirle grande notorietà.
Per gli storici la rifondazione sopra le antiche rovine sarebbe caduta intorno al 1045 per intervento dei Prefetti di Vico.
Nei secoli successivi Ronciglione fu attraversata da importanti percorsi storici che contribuirono ad arricchirne il prestigio e il patrimonio architettonico.

 

 

Ronciglione, come moltissimi altri Comuni della Tuscia, è indissolubilmente legata alla storia e alle vicende della famiglia Farnese.
Nell’Alto Medioevo fu contesa dalle famiglie dei Di Vico e degli Anguillara, per poi divenire possedimento dei Farnese quando, nel 1537, il cardinale Alessandro Farnese, eletto papa Paolo III, costituì il Ducato di Castro e di Nepi e Ronciglione fu eretta a contea.
Il piano dei Farnese, oltre a quello di istituire uno Stato autonomo, prevedeva l’arricchimento architettonico dei feudi e il loro sviluppo economico, tanto che, realizzato un emissario artificiale sul lago di Vico, si abbassò il livello delle acque portando in superficie terreno coltivabile e per il pascolo.
Gli architetti farnesiani non interferirono sul preesistente, anzi, operarono con tale criterio che le colmate dei Farnese permisero lo sviluppo rinascimentale e moderno della cittadina.

 

 

Sfruttando la caduta delle acque dell’emissario, furono costruiti cartiere, ferriere, mulini e tipografie, in una delle quali sorse una tra le prime stamperie in Italia delle carte da gioco.
Il dominio dei Farnese (1526-1649) corrispose al periodo di maggior sviluppo e splendore, con  un notevole arricchimento architettonico e uno sviluppo economico inusuale per i tempi.
Con la caduta del Ducato di Castro, crollato per volontà di papa Innocenzo X Pamphili con la distruzione della città di Castro da parte delle truppe pontificie, come tutti i feudi appartenenti ai Farnese, il paese venne incamerato dalla Santa Sede nel 1649 sotto l’amministrazione della Camera Apostolica.
Il secolo XVIII si chiuse drammaticamente con i moti antifrancesi nella Prima Repubblica Romana del 1798-1799, durante i quali il popolo insorse e, con atto folle e generoso, osò opporsi all’esercito straniero che in quegli anni doveva conquistare quasi tutta l’Europa, ma la reazione delle truppe francesi fu quella di distruggere la città uccidendo e appiccando il fuoco in ogni luogo, distruggendo 174 edifici e tutto l’archivio storico con i suoi preziosi documenti.

 

 

Pur non presentando un importante patrimonio artistico, il centro abitato, ricco di monumenti medievali e rinascimentali, ci offre  interessanti itinerari.
Si può partire dal borgo medievale, suddiviso in due diversi centri: inferiore e superiore.
La divisione fra i borghi antichi e la città moderna è segnata dalla Porta Romana, chiamata anche Porta di San Giovanni, fatta edificare dal duca Odoardo Farnese su progetto del Vignola.
Tra vicoli e minuscole piazze si possono visitare le chiese di Sant’Andrea e di Santa Maria della Provvidenza, dagli eleganti campanili.

 

 

Tra le viuzze pulsa una vita più intensa e serena, isolata dal ritmo caotico dei nuovi quartieri esterni dove si svolge la quotidianità. È come se due realtà, pur essendo estremamente connesse fra loro, si fossero divise il compito di tutelare certi valori l’una e di seguire l’inarrestabile sviluppo sociale-economico l’altra.
Numerosi sono i monumenti religiosi del borgo. Fra questi ricordiamo: il Duomo o Cattedrale, edificato alla fine del XVII secolo, affiancato dal campanile settecentesco; la chiesa di Santa Maria della Provvidenza, edificata nell’XI secolo ma modificata nei secoli successivi; l’antica chiesa di Sant’Eusebio, costruita tra l’VIII ed il IX secolo; la chiesa di San Sebastiano, la cui costruzione risale ai tempi dell’edificazione del castello; e la cinquecentesca chiesa di Santa Maria della Pace.

 

 

Tra i monumenti civili spiccano la Fontana del Vignola (o degli Unicorni), i ruderi del Castello della Rovere detto “I Torrioni”, la Porta Romana, il Palazzo Comunale.
Per chi ama le passeggiate nella natura, a nord del paese, inclusa tra le aree di particolare valore naturalistico, si trova una bellissima opportunità: il lago di Vico.
Il lago, risultato dell’attività vulcanica, ha conservato la caratteristica forma che ne testimonia l’origine, anche se, secondo una leggenda, ebbe origine dalla clava che Ercole infisse nel terreno per sfidare gli abitanti del luogo: nessuno riuscì a rimuoverla. Quando lo fece Ercole, sgorgò un fiume d’acqua che andò a riempire la valle formando così il lago.

 

 

Ricco è il calendario delle manifestazioni che Ronciglione offre al turista, fra tutte spicca il Carnevale, durante il quale si svolgono, lungo le vie cittadine, le caratteristiche Corse a Vuoto di cavalli senza fantino, oltre che sfilate in maschera e di bellissimi carri allegorici. Il 25 agosto, invece, si svolge la festa di San Bartolomeo, patrono del paese, oltre a un ricco programma estivo: da non perdere la festa di Santa Maria della Provvidenza.

Corse a Vuoto
Due volte l’anno sono corsi i palii di Corse a Vuoto, vere e proprie dispute tra i rioni della città. Nell’ambito del Carnevale si tiene il Palio Della Manna, in onore di un’antica famiglia locale, mentre in agosto quello di San Bartolomeo, in onore del Santo patrono del paese.

Festa di Santa Maria della Provvidenza
Le origini del nome e della festa di Santa Maria della Provvidenza si riallacciano a un episodio accaduto nel 1742 e del quale fu protagonista padre Angelo Ferretti, nipote della venerabile Mariangela Virgili che, ricordandosi di una profezia della zia, dopo la morte di questa aveva intrapreso il restauro della chiesa crollata.
Persuaso di trovare il “tesoro” di cui la zia aveva parlato, sotto il piccone dei muratori invece di oro e argento fu scoperta un’antica Madonna affrescata.
Capì allora che di questo “tesoro” parlava la zia e, per la gioia, incominciò a gridare “Provvidenza, Provvidenza” tanto da far accorrere tutta la gente del borgo.
Da quel giorno la chiesa fu chiamata Santa Maria della Provvidenza o Madonna della Provvidenza.

Chiesa di Santa Maria della Provvidenza
Prima chiesa parrocchiale del borgo, fu costruita sul ciglio di un burrone ai margini del borgo medioevale nell’XI secolo.

 

 

Originariamente conosciuta come Sant’Andrea, la chiesa prese il nome di Santa Maria della Provvidenza in seguito al ritrovamento di un affresco.
Nel XIII secolo la rupe, sul ciglio della quale era stata costruita la chiesa, cominciò a sfaldarsi, rendendosi così necessario operare un ingente restauro.
Nel rimuovere un blocco da una parete venne scoperto un affresco raffigurante la Madonna con bambino.
I fondi per il restauro erano terminati, e questo ritrovamento, definito come una provvidenza,  permise al parroco di ricevere nuovi fondi per continuare i lavori.
Il dipinto venne tolto dal luogo nel quale si celava e fu collocato sull’altare maggiore, attribuendo il nome a tutta la chiesa.
Il restauro conferì alla chiesa uno stile barocco e al complesso venne aggiunto un portichetto esterno.
Della primitiva struttura rimane il campanile romanico, risalente al XIII-XIV secolo.
Il suo interno, a navata unica, è decorato da vari affreschi, tra cui il resto di una crocifissione, un Cristo benedicente con cherubini e angeli del Quattrocento e altre opere di epoche diverse.

La chiesa campestre di San Eusebio
La chiesetta di San Eusebio, tutta in blocchi di tufo, è una delle più antiche testimonianze architettoniche cristiane della provincia.

 

 

Su un colle, sui resti di un mausoleo romano fatto costruire nel IV secolo dopo Cristo dal nobile Flavio Eusebio, si trova la chiesa romanica di San Eusebio, risalente al VII-VIII secolo.
Si tratta di un edificio a tre navate alle cui estremità troviamo ancora intatte alcune colonne romaniche, dall’impianto irregolare poiché condizionato dalle preesistenze di epoca romana che, ritenute sacre, non furono assolutamente toccate né modificate.
Sono ancora visibili, all’interno della chiesa, tracce di affreschi, resti di una decorazione in origine molto più estesa e ricca, databile al XII secolo: l’Albero di Iesse appena entrati, sulla sinistra; Cristo benedicente fra Santi, l’ultimo dei quali, sul lato di destra, rappresenta San Eusebio; l’Ultima Cena, in cui spicca il fatto interessante ed unico della posizione di Giuda che non è consona ai canoni tradizionali; la Lavanda dei piedi; un gruppo di figure femminili, forse Sante o forse le Vergini Sagge, nell’ultima campata della navata destra; e una quattrocentesca Madonna col Bambino tra i Santi Eusebio e Stefano.

 

 

Al suo interno sono inoltre visibili alcuni graffiti lasciati dai pellegrini come segno tangibile della loro devozione e, da rilevare, la presenza di un sarcofago etrusco con iscrizione.
Proprio per la presenza di tutti questi elementi, la chiesa di Sant’Eusebio rappresenta uno dei monumenti paleocristiani più importanti della Tuscia.
Nei secoli del primo Medioevo i fedeli identificarono l’Eusebio qui sepolto con Sant’Eusebio, primo vescovo di Sutri.
Di conseguenza, il mausoleo divenne frequentatissima meta di pellegrinaggio e fu per questo dapprima trasformato in una cappella dedicata al Santo e, successivamente, in una costruzione più grande, che è la chiesa attuale.

Il Duomo
Su un lato della piazza si erge, imponente e maestoso, il Duomo.
Per volere della comunità, cui erano state devolute diverse terre e selve, nei primi decenni del 1600 si iniziò la sua costruzione sulle fondamenta del vecchio Duomo, di cui è visibile il campanile.
In questo periodo si era accesa una gara tra le diverse compagnie a chi rendeva più ricca e più bella la cappella assegnata. Furono chiamati grandi artisti e fu speso molto denaro.
L’impresa di costruzione fu molto sofferta a causa di alcune pastoie burocratiche: nelle vicinanze non era, infatti, lecito innalzare cupole che potessero in qualche modo gareggiare con quella di San Pietro.
È forse per questo che venne ultimato solo dopo molti anni, nel periodo dal 1671 al 1695.
Tutto il complesso è solenne, armonico e maestoso, e la cupola domina affiancata dall’aereo campanile.
Alla chiesa si accede per tre porte: una grande centrale e due minori laterali.
L’interno è a tre navate, quella centrale è divisa da quelle laterali per mezzo di quattro pilastri con tre arcate per parte ed è coronata in alto da una cupola di pietra, capolavoro dei maestri scalpellini.

 

 

Conserva importanti opere, tra cui: una pala raffigurante la Madonna del Rosario, il prezioso trittico quattrocentesco raffigurante il San Salvatore Benedicente, una pregevole tavola settecentesca raffigurante l’Assunta, e, sull’altare maggiore, una Madonna col Bambino e Santi, tavola attribuita alla scuola di Giulio Romano.

Fontana Grande o degli Unicorni

 

 

La vasta Fontana dei Liocorni, raffinato monumento cinquecentesco, è probabilmente il più bello fra i monumenti cittadini.
Posizionata di fronte al Palazzo Comunale, fu commissionata dal cardinale Alessandro Farnese e, per tale motivo, la tradizione popolare la attribuisce all’ingegno costruttivo del Vignola che, per il Farnese, aveva progettato il palazzo a Caprarola.
Costruita in pietra arenaria, presenta tre unicorni, spesso chiamati “cavalli marini”, dalla cui bocca sgorga l’acqua che va a riempire le due vasche sottostanti.

Castello Della Rovere, detto “I Torrioni”
La rocca, edificata dai Prefetti di Vico già alla fine dell’XI secolo (la prima notizia certa della sua esistenza è del 1103) a guardia dell’unico accesso naturale alla città, nei secoli successivi mutò spesso destinazione e forma.

 

 

Passò spesso di proprietà dagli Anguillara ai Della Rovere, poi, nella seconda metà del Millequattrocento, per la prima volta passò sotto il controllo pontificio.
In questo periodo la rocca subì notevoli cambiamenti: l’architetto incaricato della ristrutturazione vi aggiunse un mastio circolare e le quattro torri agli angoli dalle quali deriva l’attuale denominazione popolare della rocca, detta “I Torrioni”.
Nel 1526 Ronciglione fu affidato al cardinale Alessandro Farnese, diventando il primo nucleo di  quello che sarà il Ducato di Castro.
L’anno successivo i Lanzichenecchi diretti a Roma lo saccheggiarono e incendiarono, rendendo così necessario mettere mano al recupero dei danni.
Nell’occasione, il Farnese si dedicò ad alcuni restauri e migliorie della rocca, trasformandola in residenza nobiliare.
Tornato al patrimonio della Chiesa, dopo la caduta di Castro nel 1649, insieme all’intero territorio di Ronciglione, venne ceduto, nei primi decenni del Millesettecento, con la clausola della sua conservazione e abbellimento, ma la nuova proprietà lo lasciò allo stato di abbandono.
Oggi si presenta imponente nella parte alta del vecchio borgo, con la sua forma quadrangolare e i massicci torrioni cilindrici angolari.
Il castello appartiene ora a privati ed è aperto al pubblico in occasione di importanti eventi cittadini.

 

Le tante bellezze storiche e naturalistiche, il clima invidiabile, le innumerevoli e caratteristiche manifestazioni – fra cui il Carnevale, con la sua esuberanza, che ne è la punta di diamante – rendono assai piacevole una visita a Ronciglione.
Che questa fosse terra dei Farnese, potente e nobile famiglia che ha dato molti cardinali e papi, lo si capisce dalla fontana con i liocorni ornata dai gigli farnesiani, ma non solo: di quell’antico dominio possiamo degustare, prima di avviarci verso la prossima meta, le specialità della cucina, accompagnandole con un buon bicchiere di Est! Est!! Est!!! di Montefiascone.
E ora, in viaggio verso la nuova destinazione. In pochissimi chilometri, circa otto, raggiungeremo la nostra penultima fermata in un borgo della Tuscia: Caprarola.

 

(riproduzione riservata)

 

 

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