Iniziativa parlamentare on Molea e Fossati: Disposizioni per il riconoscimento e la promozione della funzione sociale dello sport nonché delega al Governo per la redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di attività sportiva

Riconoscimento della funzione sociale dello sport e delega al Governo per la redazione di un testo unico in materia di attività sportive
A.C. 1680 Dossier n° 160 – Schede di lettura – Elementi per l’istruttoria legislativa

12 maggio 2014
Informazioni sugli atti di riferimento A.C. 1680
Titolo: Disposizioni per il riconoscimento e la promozione della funzione sociale dello sport nonché delega al Governo per la redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di attività sportiva
Iniziativa: Parlamentare dei parlamentari on. Molea e on. Fossati
Iter al Senato: No
Numero di articoli: 13
Date:
presentazione: 10 ottobre 2013
assegnazione: 9 gennaio 2014
Commissione competente : VII Cultura
Sede: referente
Pareri previsti: I, II, V Bilancio, VI (ex art. 73, co. 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria),
VIII, X, XII, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali
Contenuto
La proposta di legge intende riconoscere la funzione sociale dello sport e favorire la diffusione dell’attività sportiva di base, anche attraverso lo sviluppo dell’impiantistica
sportiva, affidandone la promozione alle istituzioni pubbliche centrali e territoriali, chiamate
ad operare in una logica di sistema con altri soggetti, anche privati, interessati.
Nell’esplicitare gli obiettivi del provvedimento, l’art. 1 enuclea, in particolare, i risvolti
sociali dell’attività sportiva di base, facendo riferimento, fra l’altro, alla sua valenza come
strumento di inclusione, solidarietà, dialogo, diffusione di valori di lealtà, correttezza, rispetto delle regole e legalità, in particolare in contesti disagiati e caratterizzati da un alto rischio di criminalità e dispersione scolastica.
Evidenzia, altresì, che il provvedimento reca principi fondamentali per il riconoscimento
e per la diffusione dell’attività sportiva di base.
I riferimenti soggettivi presenti negli articoli a seguire sono vari: in particolare, in alcuni
casi il riferimento è a tutte le associazioni sportive dilettantistiche, in altri alle associazioni
sportive dilettantistiche senza personalità giuridica, in altri ancora alle società e alle
associazioni sportive.
L’art. 2 introduce una disciplina particolare per le associazioni sportive dilettantistiche
senza personalità giuridica che rispondano ai requisiti indicati, volta ad attenuare la
responsabilità dei loro rappresentanti per le obbligazioni dell’associazione.
Preliminarmente, si ricorda che la disciplina delle società e associazioni sportive
dilettantistiche è recata dall’art. 90 della L. 289/2002, il cui co. 17 – come successivamente
modificato dall’art. 4 del D.L. 72/2004 (L. 128/2004) – specifica che esse possono assumere una delle seguenti forme: associazione sportiva priva di personalità giuridica (artt. 36 e ss. c.c.); associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato (DPR 361/2000); società sportiva di capitali o cooperativa senza scopo di lucro.
Il co. 18 – anch’esso modificato dall’art. 4 del D.L. 72/2004 – dispone che lo statuto deve
espressamente prevedere, tra l’altro, l’assenza di fini di lucro e che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette.
Obiettivi Responsabilità per le obbligazioni delle associazioni dilettantistiche senza
personalità giuridica
L’unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle
associazioni dilettantistiche, ossia l’unico soggetto che può riconoscerle a fini sportivi, è il CONI, come ha confermato l’art. 7 del D.L. 136/2004 (L. 186/2004).
A tal fine, nonché allo scopo di trasmettere annualmente all’Agenzia delle entrate l’elenco delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute, il CONI ha istituito un registro telematico, soggetto a verifica annuale (delibera del Consiglio Nazionale n. 1288 dell’11 novembre 2004, successivamente modificata dalla delibera del Consiglio Nazionale n. 1394 del 19 giugno 2009). Al registro possono essere iscritte le associazioni e le società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni sportive nazionali o a discipline sportive associate e/o a enti di promozione sportiva.
Con riferimento alle federazioni sportive nazionali e alle discipline sportive associate, si
ricorda che le stesse (art. 15 del d.lgs. 242/1999) hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse svolgono l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni delle federazioni internazionali e del CONI; non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto dal d.lgs. citato, alla disciplina recata dal codice civile. A fini sportivi, esse sono riconosciute dal Consiglio nazionale.
Le discipline sportive associate sono strutturate come le federazioni ma, diversamente da queste, sono preposte al governo ed all’organizzazione di discipline sportive non olimpiche.
Gli enti di promozione sportiva sono organizzazioni polisportive d’importanza nazionale che
svolgono attività di diffusione e promozione dello sport: la qualifica viene riconosciuta dal CONI  (art. 32, co. 2, del DPR 157/1986) e ne consegue l’attribuzione di contributi. In base allo Statuto del CONI e al Regolamento degli enti di promozione sportiva, questi ultimi – che, per statuto, non hanno fini di lucro – si distinguono in enti nazionali e enti su base regionale. In particolare, per il riconoscimento a livello nazionale, è necessario avere un numero di società o associazioni sportive dilettantistiche affiliate non inferiore a 1.000, con un numero di iscritti tesserati non inferiore a 100.000.
In particolare, l’art. 2 prevede che le associazioni indicate rispondono per le
obbligazioni sociali esclusivamente nei limiti del fondo comune.
Si ricorda che il codice civile prevede un diverso regime di responsabilità per i rappresentanti di associazioni riconosciute (dotate di personalità giuridica) o non riconosciute. Dal punto di vista patrimoniale, solo le obbligazioni sociali delle prime possono essere soddisfatte esclusivamente rivalendosi sul fondo comune dell’associazione (costituito, ai sensi dell’art. 37c.c., dai contributi degli associati e dai beni acquistati con detti contributi).
Al contrario, ai sensi dell’art. 38 c.c., i rappresentanti di associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute rispondono per dette obbligazioni sia col fondo comune che personalmente e solidalmente col proprio patrimonio (c.d. autonomia patrimoniale imperfetta). Ciò comporta la possibilità per i terzi creditori di escutere indifferentemente la sfera patrimoniale dell’associazione, tramite il fondo, ovvero quella del suo rappresentante (di regola, il presidente).
Va inoltre precisato che l’art. 38 c.c. prevede la responsabilità personale e solidale, oltre che dei rappresentanti dell’ente, anche di coloro “che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”, ovvero dei titolari di attività negoziale per conto dell’associazione.
Tale tipo di responsabilità “allargata” è una conseguenza della mancanza di personalità giuridica dell’ente e risponde all’esigenza di tutela dei terzi che vengono ad avere rapporti patrimoniali con l’associazione; la mancanza di controllo e di pubblicità legale garantita all’associazione dalla sua forma giuridica impedisce, infatti, ai terzi di verificarne l’effettiva consistenza patrimoniale.
Le condizioni richieste perché alle associazioni non riconosciute si applichi quanto
previsto dall’art. 2 sono le seguenti:
devono essersi costituite per atto pubblico o con scrittura privata autenticata (sono
escluse, dunque, quelle costituite con scrittura privata registrata).
L’art. 14 c.c. prevede che le associazioni debbano essere costituite con atto pubblico.
Tale previsione è integrata, per gli enti sportivi, oltre che dal citato art. 90, co. 18, della L.
289/2002, dall’art. 148 del DPR 917/1986, a mente del quale le associazioni sportive
dilettantistiche si costituiscono:
– con atto pubblico;
– con scrittura privata autenticata;
– con scrittura privata registrata (presso l’Agenzia delle Entrate);
devono essere iscritte nel registro del CONI;
devono essersi conformate agli obblighi contabili previsti per le ONLUS dall’art. 20-bis
del DPR 600/1973, finalizzati ad assicurarne la trasparenza dell’operato e l’affidabilità a
tutela dei terzi.
Il predetto art. 20-bis prevede che le ONLUS diverse dalle società cooperative, a pena di
decadenza dai benefici fiscali per esse previsti, redigono scritture contabili cronologiche e
sistematiche per ogni periodo di gestione, nonché un documento, da redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, concernente la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della organizzazione, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali, anche con modalità semplificate, in proporzione all’ammontare degli introiti.
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Ulteriori condizioni per beneficiare dell’autonomia patrimoniale perfetta (escussione sul
solo fondo sociale) riguardano la presenza obbligatoria di specifiche clausole statutarie, che sono, dunque, ulteriori rispetto a quelle recate dall’art. 90, co. 18, della L. 289/2002:
obbligo di istituzione (ove manchi) e accrescimento del fondo comune
dell’associazione ex art. 37 c.c.;
per garantire le obbligazioni dell’associazione, obbligo di vincolare al fondo comune i
contributi, le quote associative annuali e i beni durevoli con essi acquistati e divieto di
destinazione di tali risorse al finanziamento di spese correnti;
obbligo di copertura dell’eventuale disavanzo di gestione con gli avanzi di gestione
delle precedenti annualità nonché, in caso di insufficienza delle risorse, con versamenti
di denaro da parte degli associati da eseguire entro l’esercizio successivo a quello di
formazione del disavanzo.
L’art. 3 disciplina i criteri da seguire nelle procedure ad evidenza pubblica per
l’affidamento ai privati della gestione di impianti sportivi pubblici, prevedendo che:
deve essere sempre utilizzato il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa e, quindi, è vietato ricorrere al solo criterio del prezzo più basso;
il bando di gara deve stabilire i criteri di valutazione dell’offerta tenendo conto, oltre che
di quelli elencati dal Codice dei contratti pubblici (art. 83, co. 1, del d.lgs. 163/2006),
anche di criteri che valorizzano il ruolo delle organizzazioni di volontariato e
dell’associazionismo sportivo.
Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 90, co. 25, della L. 289/2002 prevede che, nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari. Prevede, inoltre, che le regioni disciplinano, con propria legge, le modalità di affidamento.
Si ricorda, altresì, che l’art. 81 del d.lgs. 163/2006 dispone che nei contratti pubblici, fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative alla remunerazione di servizi specifici, la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In tale secondo caso, ai sensi dell’art. 83, co. 1, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. Lo stesso comma elenca una serie di criteri a titolo esemplificativo (fra i quali, il prezzo e la qualità e, in caso di concessioni, anche la durata del contratto, le modalità di gestione, il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti).
Si ricorda, peraltro, che, ai sensi dell’art. 30 del medesimo decreto, le disposizioni del Codice non si applicano alle concessioni di servizi, in cui potrebbe essere configurato anche il contratto pubblico contemplato dalla norma in commento.
Da ultimo, si segnala che le nuove direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni (definitivamente approvate l’11 febbraio 2014 ed entrate in vigore il 18 aprile 2014, ossia 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE, avvenuta il 28 marzo 2014: a partire dalla data di entrata in vigore, gli Stati membri avranno 24 mesi per recepirle nell’ordinamento nazionale), recano una serie di principi innovativi, tra i quali la preferenza, nei criteri di aggiudicazione, per il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa e la valutazione degli aspetti qualitativi, ambientali o sociali (quale potrebbe essere quello della promozione di organizzazioni di volontariato e dell’associazionismo sportivo, contemplata dalla norma in esame) dell’offerta medesima. La nuova direttiva sulle concessioni, inoltre, disciplina organicamente anche le concessioni di servizi.
Andrebbe in ogni caso operato un coordinamento con l’art. 90, co. 25, della L. 289/2002,
tenendo conto, peraltro, del fatto che in tale materia alcune regioni hanno già disciplinato
con proprie leggi le modalità di affidamento della gestione degli impianti (più ampiamente, si veda par. Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente stabilite).
L’art. 4 prevede che i programmi integrati di edilizia residenziale e di riqualificazione
urbana, attuativi degli accordi di programma concordati tra Stato e regioni, per la
realizzazione del Piano nazionale di edilizia abitativa, sono finalizzati anche a promuovere
spazi per l’attività fisica di base.
A tal fine, aggiunge il co. 6-bis all’art. 11 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), che ha istituito
il Piano nazionale di edilizia abitativa.
Sul punto, si veda par. Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente stabilite.
Il Piano nazionale di edilizia abitativa istituito dall’art. 11 del D.L. 112/2008 è stato approvato con D.P.C.M. 16 luglio 2009. Il Piano può essere attuato con la realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, finalizzati a migliorare l’abitabilità, in particolare, nelle zone caratterizzate da un diffuso degrado delle costruzioni e dell’ambiente
Gestione degli impianti sportivi pubblici
Spazi per l’attività fisica di base 3 urbano.
L’art. 5 intende riconoscere il volontariato sportivo.
In particolare,il co. 1 riconosce alle “associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di
lucro” affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva
(e non anche, dunque, alle discipline sportive associate) la qualifica di “organizzazioni
promotrici” di volontariato sportivo, richiamando l’art. 2 della legge-quadro sul
volontariato (L. 266/1991).
Al riguardo, occorre valutare se il riferimento più congruo non sia all’art. 3 della L.
266/1991, che definisce le organizzazioni di volontariato (mentre, invece, l’art. 2 definisce
l’attività di volontariato). Inoltre, in considerazione di quanto disposto dall’art. 90, co. 18,
della L. 289/2002, la condizione relativa all’assenza dello scopo di lucro, recata dal testo,
sembrerebbe superflua.
Il co. 2 inserisce il volontariato sportivo tra le attività attraverso le quali si attua una delle
finalità del servizio civile nazionale, ossia quella di contribuire alla formazione civica,
sociale, culturale e professionale dei giovani.
A tal fine, novella l’art. 1, co. 1, lett. e), della L. 64/2001, che ha istituito il servizio civile
nazionale.
Le aree di intervento nelle quali è attualmente possibile prestare il servizio civile
nazionale sono riconducibili ai settori: assistenza, protezione civile, ambiente,
patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile
all’estero.
L’art. 6 è volto a tutelare i segni distintivi “di proprietà” delle “società e
associazioni sportive”, qualificandoli come appartenenti alle stesse in via esclusiva,
anche in deroga alle prescrizioni in merito al requisito di novità del marchio di impresa,
di cui all’art. 12 del Codice della proprietà industriale (d.lgs. 30/2005).
Occorre chiarire, preliminarmente, se i destinatari delle disposizioni recate dall’art. 6
siano le associazioni sportive dilettantistiche – come indicato nella relazione illustrativa
– ovvero tutte le società e associazioni sportive, o, ancora, solo le società e
associazioni sportive professionistiche, come risulterebbe, rispettivamente,
dall’espressione “società e associazioni sportive” e dal riferimento alle attività
“agonistico-sportive”.
In base all’art. 12 del d.lgs. 30/2005, per costituire oggetto di registrazione, il marchio deve essere nuovo, non presentare, cioè, caratteri di identità o similitudine con marchi già depositati, relativi a prodotti o servizi identici o affini, con segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio, con segni già noti come ditta, denominazione, ragione sociale, insegna o nome a dominio aziendali. La novità non difetta qualora il marchio precedente sia scaduto da più di due anni o decaduto per non uso ultraquinquennale.
L’elenco dei segni distintivi che si intende tutelare comprende i marchi, i loghi, le
denominazioni, i simboli, i colori sociali e i trofei che ne contraddistinguono le attività in
senso esteso, ovvero:
– attività agonistico-sportive;
– attività commerciali, connesse o non connesse a quelle agonistico-sportive;
– attività di licenza d’uso dei predetti segni distintivi e di merchandising (che viene
tipizzato, al co. 3, sotto il profilo contrattuale, come l’accordo con il quale il titolare di un
marchio o di un altro diritto esclusivo concede la facoltà di uso del marchio stesso a un altro
soggetto per apporlo su prodotti o per abbinarlo a servizi di natura diversa da quelli per i
quali lo stesso marchio o un altro diritto esclusivo è stato realizzato e registrato in
precedenza).
Tali segni distintivi non possono costituire oggetto di registrazione come marchio da parte
di soggetti diversi dalle società e associazioni sportive.
Al riguardo, al comma 2 andrebbe valutata l’opportunità di inserire, in fine, la precisazione
“a cui appartengono ai sensi del comma 1”.
In pratica, l’art. 6 configura una sorta di normativa di tutela parallela a quella già prevista
per i marchi d’impresa dal Codice della proprietà industriale, anche in considerazione della
Volontariato sportivo
Segni distintivi delle associazioni e delle società sportive
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“atipicità” dei segni distintivi delle società e associazioni sportive.
Se, dunque, lo scopo della norma è di garantire una ulteriore forma di tutela per tale
tipologia di segni distintivi, aggiuntiva o alternativa all’acquisizione della proprietà
industriale, andrebbe valutata l’opportunità di prevedere uno specifico meccanismo di
accertamento delle violazioni (ad esempio, la registrazione di un marchio in violazione del
comma 2), con l’individuazione di un organo responsabile, e un sistema sanzionatorio.
L’art. 7 estende la detrazione fiscale delle spese per l’iscrizione ad associazioni
sportive, palestre, piscine e altre strutture che promuovono lo sport dilettantistico ai
soggetti di età pari o superiore a sessanta anni.
La relazione illustrativa fa, invece, riferimento ai soggetti di età superiore a 65
anni.
Attualmente, l’art. 15, co. 1, lett. i-quinquies), del DPR 917/1986 (TUIR) prevede la possibilità di detrarre il 19% delle spese, per un importo non superiore a € 210, sostenute per l’iscrizione annuale e l’abbonamento, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica rispondenti alle caratteristiche individuate con decreto (al riguardo, si veda il D.M. 28 marzo 2007- GU n. 106 del 9 maggio 2007). Tale possibilità vige dal 1° gennaio 2007.
Occorrerebbe, pertanto, novellare l’articolo 15, co. 1, lett. i-quinquies), del DPR
917/1986.
Con l’art. 8 si introducono una serie di modifiche in materia fiscale applicabili alle
associazioni e alle società sportive dilettantistiche.
In particolare, i co. 1 e 2 elevano, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla
data di entrata in vigore del provvedimento in esame, da € 250.000 a € 350.000 la
soglia massima dei proventi commerciali conseguiti dalle società e associazioni
sportive dilettantistiche, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali
di promozione sportiva, per accedere alla forfettizzazione dell’imposta sul valore
aggiunto (IVA) e dell’imposta sul reddito delle società (IRES), di cui alla L. 398/1991.
Il co. 3 eleva da € 7.500 a € 10.000 l’ammontare di indennità di trasferta, rimborsi
forfetari di spesa, premi e compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive
dilettantistiche, fra gli altri, dal CONI, dalle federazioni sportive nazionali, dagli enti di
promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che
persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto (art. 67, co. 1,
lett. m), DPR 917/1986), che non concorre a formare il reddito del percipiente
(art. 69, co. 2, DPR 917/1986).
Al riguardo si ricorda che l’art. 35, co. 5, D.L. 207/2008 (L. 14/2009), ha disposto che nelle parole “esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche”, di cui all’art. 67, co. 1, lett. m), del DPR 917/1986, sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica.
Il co. 4 estende il regime di esenzione dall’imposta di bollo per atti, documenti,
istanze, contratti, già previsto per le federazioni sportive e per gli enti di promozione
sportiva riconosciuti dal CONI, alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche
riconosciute dallo stesso CONI (art. 27-bis della tab. B del DPR 642/1972).
Al riguardo si rileva che, mentre con la disposizione in esame si prevede
l’estensione delle agevolazioni a tutte le associazioni sportive dilettantistiche
riconosciute dal CONI – e, dunque, anche a quelle affiliate alle discipline sportive
associate – la stessa agevolazione non è prevista – né in base alla legislazione
vigente, né in base alla disposizione in esame – per le medesime discipline sportive
associate.
Il co. 5 eleva il limite di deducibilità da € 200.000 a € 400.000 per le sovvenzioni
a favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da
istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono
Estensione delle agevolazioni fiscali per l’iscrizione ad associazioni sportive
Disposizioni fiscali a favore delle società sportive dilettantistiche e detraibilità delle
erogazioni liberali
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attività nei settori giovanili riconosciuta dalle federazioni sportive nazionali o da enti di
promozione sportiva, considerate spese di pubblicità (art. 90, co. 8, L. 289/2002).
Al riguardo la relazione illustrativa evidenzia che il limite di deducibilità
attualmente previsto si è rivelato di ostacolo al reperimento di mezzi finanziari da
destinare a finalità istituzionali e non ha recato apprezzabili benefici all’erario.
Si ricorda, peraltro, che, in base all’art. 108, co. 2, del DPR 917/1986, le spese di pubblicità sono deducibili (interamente) nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi.
Il co. 6 eleva da € 1.500 a € 3.000 il limite entro il quale è possibile detrarre
dall’IRPEF, per ciascun periodo d’imposta, il 19% dell’ammontare delle erogazioni
liberali eseguite in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche (art. 15, co.
1, lett. i-ter), DPR 917/1986). In virtù del rinvio contenuto nell’art. 78, co. 1, del DPR
917/1986, il medesimo nuovo limite risulterà elevato anche ai fini della detraibilità
dall’IRES.
L’art. 9 prevede l’aggiornamento del limite annuo complessivo entro il quale
determinati proventi sono esclusi dal reddito imponibile delle società e
associazioni sportive dilettantistiche che si avvalgono della forfetizzazione dell’IVA
e dell’IRES.
In base all’art. 25, co. 2, della L. 133/1999, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto MEF-MIBACT, i proventi realizzati dalle associazioni:
a) nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali;
b) per il tramite di raccolte pubbliche di fondi.
Attualmente è vigente il limite di 100 milioni di lire, pari ad € 51.645,69, fissato con DM 10
novembre 1999 (GU n. 275 del 23 novembre 1999).
In particolare, l’art. 9 prevede che l’aggiornamento è effettuato con decreto MEFMIBACT
entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e,
successivamente, con cadenza almeno quadriennale. Dispone, altresì, che, in sede
di prima applicazione, il limite è almeno raddoppiato rispetto a quello vigente.
L’art. 10 esclude il pagamento dell’equo compenso per l’uso di musica registrata
in occasione di manifestazioni sportive dilettantistiche effettuate o organizzate dalle
federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, dagli enti di
promozione sportiva, nonché da associazioni o società sportive iscritte nel registro del
CONI.
Al riguardo la relazione illustrativa fa presente che per varie discipline sportive
dilettantistiche – quali il nuoto sincronizzato, la danza sportiva, la ginnastica artistica, il
pattinaggio – l’esecuzione di musica registrata perde la connotazione di pubblica
utilizzazione, in quanto finalizzata a fondersi, in funzione strumentale, nella
realizzazione della specifica disciplina sportiva che ne deve fare uso.
In materia si ricorda che, in base all’art. 73 della L. 633/1941 (come modificato dall’art. 12 del d.lgs. 68/2013, di recepimento della direttiva 2001/29/UE), il produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti o esecutori che abbiano compiuto l’interpretazione o l’esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi, hanno diritto ad un compenso per l’utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi. Il compenso non è dovuto per l’utilizzazione a fini di insegnamento o di comunicazione istituzionale fatta da amministrazioni statali o da enti autorizzati dallo Stato.
In base all’art. 73-bis della medesima legge – inserito dall’art. 9 del d.lgs. 685/1994, di
recepimento della direttiva 92/100/UEE, e che assieme al già citato art. 73 disciplina i c.d. diritti di comunicazione al pubblico –, il compenso è dovuto anche quando l’utilizzazione è
effettuata a scopo non di lucro.
L’art. 8, par. 2, della direttiva 92/100/UE stabilisce, infatti, che gli Stati membri prevedono un diritto per garantire che una remunerazione equa sia versata qualora un fonogramma pubblicato a scopi commerciali è utilizzato per una radiodiffusione o per una qualsiasi comunicazione al pubblico.
Ai sensi dell’art. 10 della medesima direttiva, eccezioni sono consentite da parte degli Stati
membri nelle seguenti ipotesi:
– quando si tratti di utilizzazione privata;
Esclusione dei compensi dovuti per l’uso di musica registrata
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– quando vi sia utilizzazione di corti frammenti in occasione del resoconto di un avvenimento di attualità;
– quando vi sia fissazione effimera da parte di un organismo di radiodiffusione fatta con i
propri mezzi e per le proprie emissioni;
– quando vi sia utilizzazione unicamente a fini di insegnamento o di ricerca scientifica.
Si ricorda, altresì, che con sentenza nella causa C-135/10 (Trasmessa alla Camera il 16 marzo 2012 – Doc. LXXXIX, n. 16) la Corte di giustizia UE ha stabilito che “la nozione di
«comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 92/100, deve essere interpretata nel senso che essa non comprende la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di uno studio odontoiatrico privato (…), a beneficio della relativa clientela e da questa fruita indipendentemente da un proprio atto di volontà. Siffatta diffusione non dà pertanto diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici”.
Occorre, dunque, valutare la compatibilità delle disposizioni recate dall’art. 10 con la
normativa UE.
L’art. 11 introduce disposizioni in materia di controlli fiscali. In particolare, estende
alle società sportive dilettantistiche l’esonero dall’onere di trasmettere all’Agenzia
delle entrate i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali (mediante il modello EAS) al
fine di beneficiare delle agevolazioni fiscali previste.
Si ricorda che, ai sensi dei commi 3 e 3-bis dell’art. 30 del D.L. 185/2008 (L. 2/2009), l’onere della trasmissione deve essere assolto anche dalle società sportive dilettantistiche, tranne quelle iscritte nel registro del CONI che non svolgono attività commerciale.
Con Circolare 12/E del 9 aprile 2009 e Circolare 45/E del 29 ottobre 2009, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che, per converso, sono tenute all’invio dei dati e delle notizie rilevanti ai fini fiscali, le associazioni sportive dilettantistiche che, oltre all’attività sportiva dilettantistica riconosciuta dal CONI, effettuano cessioni di beni (somministrazione di alimenti e bevande, vendita di materiali sportivi e gadget pubblicitari) e prestazioni di servizi (prestazioni pubblicitarie, sponsorizzazioni) rilevanti ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi.
Occorre, dunque, coordinare il contenuto dell’art. 11 con quanto dispongono i commi
3 e 3-bis dell’art. 30 del D.L. 185/2008.
L’art. 12 conferisce una delega al Governo per la redazione di un testo unico della
normativa in materia di attività sportiva, da emanare con decreto legislativo entro 24
mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Lo schema di d.lgs. è adottato su proposta del Ministro delegato per lo sport e del
Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previo parere del
Consiglio di Stato – da rendere entro 45 giorni dalla data di trasmissione – nonché
previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro 30 giorni
dalla data di trasmissione. Decorsi questi ultimi, il decreto può comunque essere
adottato.
Nel caso in cui il termine per l’espressione del parere parlamentare scade nei 30
giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega, o
successivamente, il termine stesso è prorogato di sessanta giorni.
Potrebbe essere utile esplicitare nel testo che lo schema di decreto legislativo sarà
trasmesso alle Camere dopo l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato.
Si ricorda, infatti, che, con lettera inviata al Presidente del Consiglio il 12 febbraio 1998, i
Presidenti delle Camere esprimevano l’esigenza che il testo trasmesso alle Camere per il parere avesse completato la fase procedimentale interna all’Esecutivo, tenendo conto anche del parere del Consiglio di Stato.
In seguito, lo stesso invito è stato espresso dal Comitato per la legislazione, in sede di parere su progetti di legge (cfr. sedute del 2/10/2008 e del 14/10/2009).
Con riguardo al contenuto del testo unico, questo, in base al co. 1, deve recare “le
sole modificazioni necessarie al coordinamento normativo”. Tale indirizzo viene
declinato prevedendo fra i principi e criteri direttivi, in particolare, il coordinamento
delle disposizioni vigenti – anche attraverso la ricognizione delle disposizioni
implicitamente abrogate –, nonché l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio
normativo.
Peraltro, il co. 2 dispone che nell’esercizio della delega il Governo deve assicurare
Esoneri in materia di controlli fiscali
Delega al Governo
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ulteriori obiettivi.
Occorre, dunque, coordinare il co. 1 – che attribuisce al testo unico la natura di testo
ricognitivo delle disposizioni vigenti – con il co. 2, in base al quale lo stesso testo
unico è finalizzato ad assicurare (evidentemente introducendo nuove disposizioni)
ulteriori obiettivi.
Gli ulteriori obiettivi sono così individuati:
a) tutela dei vivai e dei giovani talenti sportivi, garantendone la partecipazione
alle competizioni di alto livello, quali i campionati.
In materia si ricorda che l’art. 3, co. 231, della L. 549/1995 ha disposto che il CONI destina
almeno il 5% dei proventi derivanti dalle scommesse alle attività dei settori giovanili e allo
sviluppo dei vivai per le attività agonistiche federali.
Inoltre, l’art. 27, co. 5-bis, del d.lgs. 286/1998 ha disposto che nella delibera adottata dal CONI per la ripartizione annuale degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita tra le federazioni sportive nazionali, sono stabiliti, altresì, i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica “anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili”.
A sua volta, l’art. 2, co. 4-bis, dello Statuto del CONI dispone che “il CONI detta principi ed
emana regolamenti in tema di tesseramento e utilizzazione degli atleti di provenienza estera al fine di promuovere la competitività delle squadre nazionali, di salvaguardare il patrimonio sportivo nazionale e di tutelare i vivai giovanili”.
Con direttiva 15 luglio 2004, n. 1276, il Consiglio nazionale del CONI ha indicato quale obiettivo da conseguire a decorrere dalla stagione agonistica 2006/2007 la presenza, nelle squadre che partecipano ai campionati di livello nazionale, di giocatori formati nei vivai giovanili nazionali non inferiore al 50% del totale dei giocatori compresi nel referto arbitrale.
Si ricorda, infine, che, durante la XVI legislatura, il 24 novembre 2009 sono state approvate, in testi riformulati, le mozioni 1-00222, 1-00274 e 1-00286, che impegnavano il Governo a tutelare i vivai nazionali;
b) incentivi statali e agevolazioni fiscali e tributarie per le società e le
associazioni sportive dilettantistiche ai fini dell’incremento e delle manutenzione degli
impianti sportivi;
c) rafforzamento dei controlli sulla fruizione delle agevolazioni finanziarie e
tributarie;
d) introduzione di livelli standard di insegnamento dell’attività sportiva nella
scuola, a partire dalla scuola primaria.
In materia si ricorda che nell’agosto 2009 il Governo ha emanato le Linee guida per le attività di educazione fisica, motoria e sportiva nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado.
Il 2 dicembre 2009 è stato, poi, presentato un progetto pilota per l’alfabetizzazione motoria nella scuola primaria, nato dalla collaborazione fra Presidenza del Consiglio dei Ministri, MIUR e CONI, con il supporto del Comitato italiano paralimpico (CIP), la cui ultima annualità si è svolta nell’a.s. 2012-2013.
Con nota prot. n. 304 del 17 gennaio 2014 sono state emanate le linee generali del progetto
nazionale per l’educazione fisica nella scuola primaria per l’a.s. 2013/2014. La nota, dando
conto del fatto che il 4 dicembre 2013 è stato sottoscritto un nuovo Protocollo d’Intesa tra MIUR e CONI (valido per gli aa.ss. 2013/2014, 2014/2015 e 2015/2016), evidenzia che è prevista, tra l’altro, la rivisitazione del progetto di alfabetizzazione motoria. Nelle more della definizione del nuovo modello di intervento, per l’a.s. 2013/2014 si garantirà la prosecuzione delle attività sulla scorta di quanto realizzato negli anni precedenti.
Si ricorda, inoltre, che, come evidenziato dal rappresentante del Governo il 20 febbraio 2014, nella risposta all’interrogazione 4-02953, nell’ambito del protocollo di intesa CONI-Presidenza del Consiglio definito nell’ottobre 2013 è stato rifinanziato, anche per il 2014, il progetto «Alfabetizzazione motoria», per un importo di € 3.450.000 a valere sui fondi delle «Politiche per lo sport» della tabella di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri. Sempre all’interno del citato protocollo di intesa è stato, inoltre, finanziato il «Progetto Doposcuola», con un importo di € 4.000.000 per favorire iniziative per promuovere, anche in orario extrascolastico, la diffusione dello sport di base.
Si ricorda, infine, l’Intesa MIUR-CIP (anch’essa valida per gli aa.ss. 2013/2014, 2014/2015 e 2015/2016) che ha tra i propri obiettivi quello di sostenere e implementare, con risorse finanziarie appositamente individuate, l’attività ludico-motoria per disabili nella scuola, e quello di sperimentare metodologie e percorsi didattici innovativi;
e) intervento delle regioni in materia sanitaria con visite mediche specifiche
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annuali e gratuite per tutti gli atleti, anche di età superiore a diciotto anni, tesserati
delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche.
In materia si ricorda che l’art. 7, co. 11, del D.L. 158/2012 (L. 189/2012), al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un’attività sportiva non agonistica o amatoriale, aveva disposto che con decreto interministeriale fosse previsto, fra l’altro, l’obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l’effettuazione di controlli sanitari sui praticanti. Il D.I. 24 aprile 2013 (G.U. 20 luglio 2013, n. 169) ha poi definito nel dettaglio le diverse tipologie di attività e la corrispondente certificazione richiesta.
In particolare, il decreto ha definito attività sportive non agonistiche quelle praticate: dagli
alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli organi scolastici nell’ambito delle attività parascolastiche; da coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline associate, agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che non siano considerati atleti agonisti; da coloro che partecipano ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale.
Successivamente, l’obbligo della certificazione per l’attività amatoriale (praticata da soggetti non tesserati alle federazioni sportive nazionali, alle discipline associate, agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI) è stato soppresso dall’art. 42-bis, co. 1, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013).
Per quanto riguarda l’attività sportiva non agonistica il co. 2 del citato art. 42-bis – come
successivamente modificato dall’art. 4, co. 10-septies, del D.L. 101/2013 (L. 125/2013) – ha confermato l’obbligo di certificazione rilasciata dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, relativamente ai propri assistiti, o dal medico specialista in medicina dello sport, ovvero dai medici della Federazione medico-sportiva italiana del CONI. Ai fini del rilascio di tali certificati, i medici si avvalgono dell’esame clinico e degli accertamenti, incluso l’elettrocardiogramma, secondo linee guida che devono essere approvate con decreto del Ministro della salute.
Al riguardo, rispondendo all’interpellanza urgente n. 2-00277 l’8 novembre 2013, il rappresentante del Governo ha fatto presente che, al fine di avviare l’iter di definizione delle linee guida e poter ristabilire una maggiore coerenza e linearità interpretativa della disciplina normativa in vigore, il Ministero della salute ha attivato un tavolo di confronto;
f) l’introduzione di strumenti per favorire intese con l’ANCI e con l’UPI, per l’utilizzo
in orari extrascolastici delle strutture sportive degli istituti scolastici, nonché
intese con le amministrazioni locali per conferire maggiore rilevanza agli interventi che
realizzano sinergie fra i territori e diffondono buone prassi, innalzando, soprattutto
nelle aree più svantaggiate, il livello di pratica motoria.
Al riguardo si ricorda che l’art. 90, co. 26, della L. 289/2002 dispone che gli impianti sportivi di pertinenza di istituti scolastici, quali palestre, aree di gioco ed altre analoghe attrezzature, compatibilmente con le esigenze dell’attività didattica e delle attività sportive della scuola, anche extracurriculari, devono essere posti a disposizione di società e associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nello stesso Comune in cui si trova l’istituto scolastico, o in Comuni confinanti.
Il co. 24 del medesimo articolo stabilisce, altresì, che l’uso degli impianti sportivi in esercizio da  parte degli enti locali territoriali è aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri oggettivi, a tutte le società e associazioni sportive.
L’art. 13 quantifica gli oneri in 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2013 e
dispone che alla loro copertura si provvede mediante corrispondente riduzione
dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il pagamento dei canoni di
locazione degli immobili conferiti dallo Stato ad uno o più fondi immobiliari, istituito
nello stato di previsione del MEF (art. 1, co. 139, L. 228/2012).
Si segnala che l’autorizzazione di spesa indicata è stata soppressa dall’art. 1, co.
408, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014).
Le risorse del Fondo, pertanto, hanno costituito economie di spesa, a copertura
degli oneri recati dalla legge di stabilità medesima.
Occorre, altresì, aggiornare l’anno di decorrenza dell’onere.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge è corredata di relazione illustrativa.
Necessità dell’intervento con legge
L’intervento con legge è necessario perché si dispone l’utilizzo di risorse del bilancio dello
Stato.
Oneri e norma
di copertura
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Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il contenuto del provvedimento appare riconducibile prevalentemente alla materia
ordinamento sportivo, che l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione annovera fra le
materie di legislazione concorrente.
Al riguardo si ricorda che, con sentenza n. 424/2004, la Corte costituzionale,
evidenziando che non si può dubitare che la disciplina degli impianti e delle attrezzature
sportive rientri nella materia dell’ordinamento sportivo, ha chiarito che “lo Stato deve
limitarsi alla determinazione, in materia, dei principi fondamentali, spettando invece alle
regioni la regolamentazione di dettaglio, salvo una diversa allocazione, a livello
nazionale, delle funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, in
applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza con riferimento
alla disciplina contenuta nell’art. 118, co. 1, della Costituzione”.
Alla luce di ciò, le disposizioni statali che erano state impugnate da parte di alcune Regioni sono state ritenute non invasive delle competenze regionali, in quanto recanti principi fondamentali.
Tali, in particolare, sono stati configurati i citati co. 24 e 25 dell’art. 90 della L. 289/2002.
Ad analoghe conclusioni la Corte è giunta con riferimento al già citato co. 26 dell’art. 90. In
quest’ultimo caso, la Corte ha, infatti, rilevato che la disposizione intende salvaguardare,
innanzitutto, l’utilizzazione di impianti sportivi scolastici, perché siano soddisfatte integralmente le esigenze della scuola, curriculari ed extracurriculari. Solo subordinatamente a tali esigenze, per finalità di interesse collettivo, è prevista la utilizzazione degli impianti mediante il loro affidamento a società sportive e ad associazioni sportive dilettantistiche e, dunque, per il loro tramite, alla collettività insediata nel Comune sede dell’istituzione scolastica o in Comuni contermini. In tal modo si garantisce una fruibilità generale degli impianti stessi, salvaguardando prioritariamente, da
un lato, le esigenze della scuola e, dall’altro, la funzionalità delle strutture annesse agli istituti scolastici.
Rilevano, peraltro, altri profili.
In particolare, quanto all’art. 3, si segnala che la sentenza n. 401/2007 ha ricondotto i
vari ambiti di legislazione in tema di contratti pubblici a un novero di materie di competenza legislativa esclusiva statale (tra le quali la tutela della concorrenza e l’ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lett. e) ed l), Cost.).
Alla materia ordinamento civile è riconducibile anche la disciplina recata dall’art. 6.
Con riguardo all’art. 4, rilevano aspetti inerenti l’edilizia e l’urbanistica, che sono
ricompresi nell’ambito materiale del governo del territorio, assegnato alla competenza
concorrente.
Al riguardo, si segnala che la norma integra il contenuto dei programmi di edilizia
residenziale e di riqualificazione, che sono attuati con accordi di programma tra Stato e
regioni già stipulati.
Compatibilità comunitaria
Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria
Il ruolo dell’UE nello sport è quello di sostenere, integrare e coordinare le azioni degli
Stati membri e di sviluppare una dimensione europea dello sport, tenendo conto, fra l’altro,
della sua funzione sociale ed educativa (Art. 165 TFUE).
Nel maggio 2011 il Consiglio dell’UE ha approvato la risoluzione 2011/C/162/01 su un
piano di lavoro dell’UE per lo sport per il 2011-2014.
La risoluzione, riconosciuto che lo sport può contribuire alla realizzazione degli obiettivi
della strategia Europa 2020 ai fini di una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva,
include fra i settori prioritari d’intervento i valori sociali dello sport (salute, inclusione sociale, educazione).
Il 31 gennaio 2014 la Commissione europea ha trasmesso la Relazione della
Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale
europeo e al Comitato delle regioni sull’attuazione del piano di lavoro dell’Unione
europea per lo sport 2011-2014 (COM(2014) 22 final), assegnata in sede primaria alla VII
Commissione.
La relazione rappresenta la base per un nuovo piano di lavoro dalla metà del 2014 in poi.
Per quanto disposto dall’art. 10 in rapporto alla normativa UE, si veda il par. Contenuto.
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Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
Nel novembre 2013 il Consiglio ha adottato formalmente la raccomandazione, proposta
dalla Commissione europea ad agosto 2013, volta a promuovere un’attività fisica
salutare (“health-enhancing physical activity” – HEPA): si tratta della prima proposta di
raccomandazione del Consiglio in materia di sport.
Lo stesso Consiglio nel 2012 aveva invitato la Commissione a presentare una proposta per
promuovere un approccio trasversale all’attività fisica salutare (“health-enhancing physical activity”
– HEPA) sulla base delle linee d’azione raccomandate dall’UE in materia di attività fisica del
2008. Tali linee di azione riprendono le raccomandazioni dell’OMS sui livelli minimi di attività
fisica, sottolineano l’importanza di un approccio all’HEPA trasversale ai settori e definiscono
41 linee di azione concrete. La raccomandazione è stata elaborata anche tenendo conto delle
risultanze del lavoro degli esperti nel quadro dell’attuazione del piano di lavoro dell’Unione
europea per lo sport per il 2011-2014.
La raccomandazione prende le mosse dalla constatazione che negli Stati membri, cui
compete la promozione dell’attività fisica salutare, le politiche di promozione dell’HEPA
non sono state efficaci. Questa situazione non solo è in contrasto con la strategia
Europa 2020, che riconosce la necessità di combattere le disparità nelle condizioni di
salute quale premessa indispensabile per la crescita e la competitività, ma è anche
incompatibile con gli obiettivi politici dell’Unione nei settori dello sport e della sanità.
Gli Stati membri sono pertanto invitati a sviluppare una strategia nazionale e un
piano d’azione per la promozione intersettoriale dell’attività fisica salutare sulla base delle
linee d’azione raccomandate dall’UE in materia di attività fisica e a monitorare i livelli di
attività fisica e l’attuazione delle politiche. La Commissione è invitata ad assistere gli
Stati membri nel loro impegno per la promozione effettiva dell’attività fisica salutare
fornendo loro assistenza per l’istituzione del quadro di monitoraggio, nonché a riferire
regolarmente sui progressi compiuti nell’attuazione della raccomandazione.
Formulazione del testo
All’art. 12, co. 1, lett. a), le parole “del testo vigente delle disposizioni” dovrebbero essere
sostituite con le parole “del testo delle disposizioni vigenti”.
Al co. 3, le parole “che si esprime entro 45 giorni dalla data di trasmissione” potrebbero
essere soppresse, in quanto si tratta del termine generale previsto dall’art. 17, co. 27, della
L. 127/1999.
Allo stesso co. 3, in base alla denominazione presente nell’attuale Governo, occorre
sostituire le parole “per la pubblica amministrazione e la semplificazione” con le parole “per
la semplificazione e la pubblica amministrazione”. Inoltre, poiché le competenze in materia
di sport, in base all’art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 (L. 233/2006) fanno capo al
Presidente del Consiglio dei Ministri, le parole “del Ministro delegato per lo sport”
dovrebbero essere sostituite con le parole “del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero,
se nominato, del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con
delega per lo sport” (in senso analogo, v. art. 1, co. 3, L. 128/2011).
CU0093 Servizio Studi – Dipartimento Cultura st_cultura@camera.it – 066760-3255 CD_cultura
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