“Immagina di essere imprigionato, in attesa di essere impiccato. Di sentire continuamente il rumore del ferro battuto dagli operai che preparano il patibolo destinato a te.”
– Selwyn Strachan, un ex prigioniero del braccio della morte di Grenada.
Nel 2013, 22 paesi hanno fatto ricorso alla pena di morte. Hanno impiccato, decapitato, fucilato, usato la sedia elettrica o l’iniezione letale per mettere a morte 778 persone, in alcuni casi con esecuzioni pubbliche.
Il quadro che emerge dal rapporto pubblicato oggi sulla pena di morte nel mondo nel 2013 conferma che è un pena crudele, disumana e degradante.
Fino a quando non sarà abolita, ci saranno giudici e autorità che riterranno giusto uccidere chi ha ucciso per insegnare che non si deve uccidere. E nelle carceri, ci saranno prigionieri sul punto di morire.
Come Hussain Almerfedi, detenuto a Guantánamo Bay senza alcuna accusa dal 2003. Se fosse riconosciuto colpevole di aver aiutato combattenti stranieri, rischierebbe la pena capitale.
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