ARSENICO NELL’ACQUA POTABILE. PERCHE’ A VITERBO NON E’ LA STESSA COSA CHE A ROMA ?

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Le iniziative che, nella zona a Nord di Roma, rifornita dall’ARSIAL si stanno prendendo, anche se in  ritardo rispetto l’allarme dato dalla ASL competente, sono apparse subito rispondenti alla consapevolezza della gravità della situazione.

Per affrontare l’emergenza, ormai evidente, l’ARSIAL, coadiuvato dall’ACEA,  ha messo a disposizione dei cittadini serbatoi idrici contenenti acqua potabile, le amministrazioni comunali provinciali e regionali, allo stesso modo, si sono date da fare nella programmazione di interventi e nella ricerca di soluzioni. L’Ordine dei Medici di Roma ha avviato una indagine conoscitiva sull’emergenza arsenico. La Procura di Roma ha immediatamente aperto un’indagine sui ritardi rispetto l’informazione ai cittadini ed ha interessato i  carabinieri NAS che hanno sequestrato le carte. Infine l’ARSIAL ha annunciato che non esigerà il pagamento delle bollette, fino a quando l’acqua non sarà potabile.

Ciò che ha pubblicamente dichiarato l’Ordine dei Medici di Roma è comunque la cosa che più ci ha fatto comprendere quanto siamo stati nel giusto nell’allarmare la popolazione rispetto la distribuzione di acqua avvelenata da arsenico e da altri veleni.
“L’obbiettivo è dare la massima diffusione ai rischi dell’acqua contaminata”, ha spiegato il Presidente dell’Ordine dei medici Roberto Lala .  “Tutti i medici della zona riceveranno un documento dell’Ordine “ in cui daremo una serie di suggerimenti. I cittadini devono capire che non devono utilizzare l’acqua per nessuna operazione di igiene personale, dal lavarsi i denti alla doccia. Perché anche la pelle può correre rischi di infezione”. E quindi l’invito ai medici della zona di “apporre nei propri studi manifesti e volantini” sulle malattie causate dall’esposizione all’arsenico.
Gli effetti per chi assume questa sostanza cancerogena per lungo tempo possono essere molto seri si rischiano tumori alla pelle e ai polmoni, alla prostata, danni neurologici, cardiovascolari e riproduttivi.

Tutto quello che a nord di Roma stanno mettendo in atto in questi giorni , anche se non è la soluzione definitiva del problema, va nel verso giusto e soprattutto da una informazione corretta alla popolazione.

Roma è la Caput Mundi e poi si tratta di 500.000 persone e ciò diventa più eclatante, rispetto la nostra piccola provincia di Viterbo, anche se tutto il territorio ne è interessato.

Le differenze di valutazione sulla emergenza acqua potabile, sono quindi evidenti e vorremmo fossero ben comprese, per tentare di uniformarle.

A Viterbo molti amministratori pubblici locali e provinciali e gli amministratori degli enti di gestione non si preoccupano minimamente di fare autocritica, anzi hanno cercato e cercano ancora d’insabbiare il tutto. Sottovalutano ancora la questione, forse sperando che i cittadini del viterbese siano tutti dei gonzi. Ciò nonostante la situazione sia emersa da anni, e non mesi come a Roma, e sia della stessa gravità, se non maggiore,  perché oltre all’arsenico in alcune località vengono distribuiti nell’acqua, altri veleni e sostanze cancerogene quali piombo, nichel, microcistine dell’alga rossa, fluoruri, particelle di amianto, ecc.

Il comportamento degli amministratori, vecchi e nuovi, risulta evidente ascoltando o leggendo le loro dichiarazioni pubbliche o confidenziali; leggendo gli allegati alle ordinanze dei sindaci ancora in vigore; leggendo  gli avvisi  emessi dalla Provincia, in particolare quando dicono che vanno evitati allarmismi; leggendo gli avvisi dei gestori;  dell’Istituto superiore di Sanità; ed infine dall’accertamento visivo se nelle fontane pubbliche del proprio paese, eroganti acqua all’arsenico, sia stato affisso il cartello: “acqua non potabile”.

Soprattutto però, non intendono riconoscere di aver avvelenato per anni i cittadini senza la dovuta informazione; hanno anche chiuso i rubinetti dell’acqua ai cittadini ribelli; pretendono il pagamento per intero delle bollette; permettono o aumentano il canone dell’acqua; resistono  in giudizio nonostante le condanne dei Giudici; criminalizzano, infine, coloro che chiedono il rispetto dei diritti.

Le complicità e le responsabilità della inosservanza delle leggi e del rispetto della salute sono così tante, che l’aiuto all’insabbiamento viene offerto dai nuovi ai vecchi amministratori e da alcune istituzioni che hanno la grave responsabilità di essersi poco impegnate per evitare la vergogna degli avvelenamenti. Quindi sabbia a volontà, ma anche scelte fumogene o palliativi, quali le “casette fontanelline”, anziché la distribuzione di acqua potabile agli anziani, ai bambini e alle donne incinta,  e scelte, molto onerose, sia per la costruzione e soprattutto per la manutenzione dei dearsenificatori, anziché avvalersi degli studi sulle falde acquifere messi a disposizione dall’Università della Tuscia e prelevare acqua potabile da queste.

Il comportamento attuale di questi è quindi incomprensibile. Anche perché, come quella di  Roma,  la Magistratura di Viterbo, giustamente, ha da tempo avviato le indagini per l’accertamento delle responsabilità.

Riusciranno a far ammenda e comprendere gli errori commessi a danno della salute dei cittadini?

Finisca almeno il gioco dello scaricabarile attribuendo agli altri le proprie responsabilità; finiscano le diverse valutazioni tra Roma Nord e Viterbo e si lavori concretamente per il rispetto del diritto all’acqua potabile.

Da parte nostra, torniamo a chiedere la soluzione definitiva del problema e agli enti gestori degli acquedotti viterbesi, così come abbiamo fatto sin dal 2008, siano essi Talete o Comuni, di non pretendere più, similmente all’ARSIAL che gestisce gli acquedotti di Roma Nord,  il pagamento delle bollette, fino a che non verrà distribuita acqua veramente potabile.

Ciò sarebbe un giusto riconoscimento dovuto ai cittadini, che non possono utilizzare, così come ha affermato il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma per l’acqua all’arsenico di Roma Nord, l’acqua malsana distribuita nella provincia di Viterbo.

Ma gli amministratori e i dirigenti degli enti gestori  viterbesi, purtroppo, hanno scelto un’altra strada, addirittura aumentando le bollette nel 2013  e quelle che verranno nel 2014.

Ciò ci induce, a continuare l’azione rivendicativa, con la presentazione al Giudice ordinario dei ricorsi, per inadempimenti contrattuali, per violazione della normativa europea e delle leggi italiane,  al fine di ottenere il risarcimento dei danni calcolato, in via equitativa, in € 1600, e per la riduzione del canone del 50%, in base alle leggi e per il rimborso della spesa effettuata per la installazione nella propria abitazione o esercizio commerciale dei filtri o dearsenificatori; oltre alla presentazione di richieste al Giudice ordinario per il riconoscimento del danno biologico derivante dall’assunzione di veleni senza la dovuta informazione.
Le recenti sentenze che hanno condannato gli enti gestori al pagamento dei danni ( € 1000 ) ,   alla emissione delle prossime bollette ridotte del 50% e al rimborso per l’acquisto dei filtri ci sono di aiuto.

Per i chiarimenti e la partecipazione alle iniziative il mercoledì dalla 15,30 il comitato è presso la UIL pensionati di Viterbo Corso Italia 68, gli altri giorni il comitato è presente in altri Comuni della provincia. Informazioni  tel  3683065221 – 3894440387;  www.comitatoacquapotabile.it ; facebook comitato acqua potabile; email: comitato.acqua.potabile@gmail.com
Raimondo Chiricozzi
21/03/2014

ADUC – COMITATO ACQUA POTABILE
aderente Associazione italiana Cultura e Sport  – Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche
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